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2. LINGUA, GENERE E SESSUALITA’

2.1 Dalla Linguistica Femminista alla Linguistica Queer

2.1.2 La “lingua delle donne”

Fino agli anni ‘70 il tema della variazione linguistica legata al genere si sviluppa intorno ai concetti di “lingua delle donne” e “lingua degli uomini” (Motschenbacher 2010:45).

Questo concetto dualistico di lingua, delineato sui due generi uomo-donna, ha le sue basi nella linguistica strutturalista, di matrice antropologica, del XIX secolo.

Già nel 1912 Chamberlain cita una serie fonti nelle quali identifica una variazione legata al sesso nella lingua caribe. Nella sua interpretazione, questa variazione sarebbe il risultato di concetti animisti e religiosi relativi alla sfera femminile (Parker 2014: 2-3).

Questo modello, che supporta una dicotomia linguistica tra “maschile” e “femminile”, rimane pervasivo nella letteratura linguistica fino alla metà del XX secolo.

La tendenza, in questa prima ondata di studi, è quella di individuare una distinzione tra lingua delle donne e degli uomini nelle culture esotiche, ignorando le differenze di genere all’interno delle lingue europee (Motschenbacher 2010: 45). In Parker (2014: 4-5-6) troviamo molti esempi della sovrapposizione del concetto di variazione legata al genere con quello di cultura “moderna” e “primitiva”.

Ad esempio Jespersen (1922), citando diverse variazioni fonetiche di alcune lingue non-europee, descrive la lingua delle donne come qualcosa di diverso e separato dalla norma (i.e. gli uomini).


Tra i vari, Haas (1994) intuisce l’importanza anche dell’ascoltatore nelle variazioni legate al genere e Flannery (1944) è la prima a non utilizzare l’espressione “lingua delle donne” e “lingua degli uomini” ma a parlare semplicemente di “differenze”.

Dopo gli antropologi, la questione del rapporto tra la lingua e il genere inizia ad attrarre l’interesse della nascente sociolinguistica, influenzata dall’altrettanto nascente pensiero femminista.

Negli ’60 e ’70 si diffonde negli Stati Uniti, all’interno dei movimenti femministi, l’idea della lingua come strumento per affermare le posizioni dominanti del sessismo e del patriarcato (Weatherall 2002:2). 


Nasce così la linguistica femminista, basata sull’idea che l’ideologia dominante sessista e il potere degli uomini si manifesti in diverse modalità anche attraverso la lingua (2002:3).


Questo approccio, seppur di fondamentale importanza storica, è stato molto criticato successivamente. La critica principale che gli è stata mossa riguarda la caratterizzazione delle categorie di “uomini” e “donne” come comunità di parlanti naturali, concetto che rafforza, come vedremo in seguito, il binarismo della nozione di genere.

I numerosi articoli e libri scritti tra gli anni ’60 e gli anni ’80 riguardano principalmente due questioni: l’indagine dei pregiudizi di genere presenti nella lingua e le differenze di genere presenti nell’uso della lingua.

Language and Woman’s Place di Robin Lakoff (1975) è considerato il testo

fondante della ricerca sulla lingua e il genere. Lakoff identifica la ragione per la variazione linguistica legata al genere nella società patriarcale che affida tutto il potere agli uomini e nella quale le donne sono marginalizzate, professionalmente e sessualmente (Parker 2014: 8). L’autrice identifica quindi una “lingua delle donne” (women’s language) che veicola debolezza ed incertezza. Le principali caratteristiche della “lingua delle donne” descritte da Lakoff includono un maggior utilizzo di forme standard di gentilezza e formalità

e di tag questions (you know?, isn’t it?) (Cameron e Kulick 2003: 48; Parker 22

2014: 8-9).

Questo sarebbe dovuto alla costante ricerca di approvazione da parte del proprio interlocutore (per quanto riguarda le tag questions) e ad una ricerca di maggiore autorità e autorevolezza di cui le donne sono prive nella società (tramite l’utilizzo di forme standard).

Nonostante l’importanza storica di Lakoff, quale ispiratrice di una vasta quantità di studi sul tema, il suo libro è stato molto criticato (Cameron e Kulick 2003, Hall 2003). Le critiche principali riguardano la sua stereotipizzazione della lingua delle donne e l’acquisizione acritica delle categorie di genere “donna” e “uomo”, concepite come comunità linguistiche “naturali”.

Romaine (2000: 101-104), ad esempio, critica Lakoff, affermando che le risorse linguistiche sono utilizzate da persone diverse in contesti diversi e che il contesto è un fattore più determinante del genere. Afferma piuttosto che nella lingua vi è proprio il potenziale necessario a sfidare l’egemonia maschile

Le caratteristiche della lingua delle donne secondo Lakoff (1990:204 in Cameron e Kulick 2003:49)

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sono le seguenti:

1.Women often seem to hit phonetic points less precisely than men: lisped ‘s’s, obscured vowels.

2. Women’s intonational contours display more variety than men’s. 3. Women use diminutives and euphemisms more than men . . .

4. Women make more use of expressive forms (adjectives and not nouns or verbs and, in that category, those expressing emotional rather than intellectual evaluation) than men: lovely, divine.

5. Women use forms that convey impreciseness: so, such.

6. Women use hedges of all kinds [‘Well . . .’; ‘I don’t really know, but maybe . . .’] more than men.

7. Women use intonation patterns that resemble questions, indicating uncertainty or need for approval.

8. Women’s voices are breathier than men’s. 9. Women are more indirect and polite than men. 10. Women won’t commit themselves to an opinion.

11. In conversation, women are more likely to be interrupted, less likely to introduce successful topics.

12. Women’s communicative style tends to be collaborative rather than competitive.

13. More of women’s communication is expressed nonverbally (by gesture and intonation) than men’s.

14. Women are more careful to be ‘correct’ when they speak, using better grammar and fewer colloquialisms than men.

(107) e che più che di “lingua delle donne” è opportuno parlare di “lingua creata dagli uomini” (man made language) .23

Bucholtz e Hall (1995: 5-10 ), pur adottando un approccio opposto a quello di Lakoff, ne riconoscono il merito in almeno due aspetti: il suo lavoro si focalizza sulla lingua delle donne e degli uomini in America (e non più nelle società esotiche) e identifica le differenze tra uomini e donne come frutto del loro status differente all’interno della società e non più come un’inevitabile conseguenza della loro natura.

Il tema della differenza rimane pervasivo almeno fino alla prima metà degli anni ’90.

Alcuni (O’Barr and Atkins 1980, Aries 1996, Fishman 1977, Zimmerman and West 1975) sottolineano la natura gerarchica delle relazioni di genere, cioè la subordinazione delle donne agli uomini in termini di potere (dominance

approach). Altri (Gumperz 1982, Tannen 1990, Maltz and Borker 1982)

ritengono che la differenza di genere nel modo di parlare sia dovuta a modelli comunicativi diversi dovuti al tipo di socializzazione diversa tra uomini e donne (cultural approach) (Weatherall 2002: 65-71).

Deborah Tannen nel suo famoso libro You Just Don’t Understand (1990) riassume la differenza tra il modo di parlare di uomini e donne come frutto di una serie di incomprensioni dovuta a una diversa socializzazione durante l’infanzia. Tannen afferma che le donne enfatizzano il rapporto con gli altri, evitano scontri aperti, ricercano empatia e comprensione reciproca nella conversazione, consigliano o chiedono piuttosto che affermare; gli uomini tendono invece allo scontro, evitano di mostrarsi vulnerabili, sono inclini a cercare un grande pubblico, a dare istruzioni e difendere le proprie affermazioni contro gli altri (Eckert e McConnell-Ginet 1992: 466). Per quanto riguarda gay e lesbiche, Tannen contribuisce ad alimentare lo stereotipo secondo cui essi adotterebbero un comportamento linguistico corrispondente

L’idea femminista che la lingua sia “costruita dagli uomini”, come prodotto di un modo maschile di

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organizzare e percepire il mondo. Questa visione del mondo, prodotta dagli uomini, si riproduce in un uso sessista della lingua che si manifesta nella connotazione negativa che hanno molti termini usati

alle loro controparti eterosessuali (idea in nuce già presente in Lakoff) (Jacobs 1996:49).

Entrambi gli approcci (dominance e cultural) mantengono comunque una visione essenzialista, perché assumono che ci sia qualcosa che esiste e che si può etichettare come lingua delle donne e lingua degli uomini.