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Introduzione

La capacità di risolvere problemi e svolgere compiti, anche difficili, ha caratterizzato la specie umana sin dagli albori della sua storia (Darwin 1871). Questa abilità è inestricabilmente connessa ad un'elevata socialità che ha permesso alla nostra specie di affrontare problemi e sfide impossibili da superare per i singoli individui. Naturalmente, le attività sociali complesse proprie di Homo sapiens presuppongono un robusto livello di cooperazione tra gli individui (Barrett et al. 2002), cosa che implica l'esistenza di un numeroso sottogruppo di cooperatori che garantiscano il necessario livello di

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collaborazione. Allo stesso tempo, ciò crea una nicchia socio-ecologica adatta alla diffusione dei cosiddetti free-rider, soggetti che beneficiano delle attività sociali degli altri senza contribuirvi (o contribuendo molto poco). Anche i free-rider possono essere individuati come sottogruppo dell'intera popolazione, e competono per la sopravvivenza all'interno di diverse società (Baumol 1952, Cornes et al. 1986).

Ai nostri giorni, un interessante fenomeno di collaborazione sociale nei più disparati campi (scienza, economia, sport, ecc.) è dato dal crowdsourcing, un processo in cui più soggetti possono partecipare e dare un contributo per raggiungere collettivamente un certo scopo. Esempi notevoli sono Wikipedia, l'enciclopedia online composta dagli utenti, il Polymath Project (Polymath 2012), in cui un teorema avanzato di matematica è stato risolto dallo sforzo congiunto di diversi matematici “chiamati a raccolta” da un blog, le raccolte di fondi online, e molti altri.

Capire l'evoluzione e il funzionamento di questo fenomeno è di fondamentale importanza non solo per ovvie ragioni pratiche, ma anche perché contribuirebbe alla comprensione dei meccanismi cognitivi alla base di tutti i fenomeni sociali umani. In questo lavoro presentiamo un approccio evoluzionistico-simulativo al problema per studiare l'efficacia del crowdsourcing in relazione al livello di cooperazione della popolazione.

Modello

Si considera una popolazione di N individui divisi in n gruppi di uguale taglia S=N/n. Ogni individuo, che appartiene a uno e un solo gruppo, deve portare a termine dei compiti, o “task”, caratterizzati da una data difficoltà D e che, se risolti, garantiscono un dato beneficio in termini di fitness (maggiore è la difficoltà del compito, maggiore il beneficio che se ne può ricavare). Gli agenti sono di due tipi: i “collettivisti” e gli “individualisti”. I primi preferiscono lavorare in comune e hanno quindi una probabilità maggiore di risolvere i task, ma quando lo fanno i benefici ottenuti vengono equamente divisi con tutti gli altri membri del gruppo (individualisti compresi); i secondi invece, prediligendo lavorare da soli, hanno una minore probabilità di risolvere i task ma quando ci riescono non devono dividere con nessun altro il guadagno ottenuto. Come si vede, da una parte gli individualisti hanno la possibilità di raggiungere livelli di fitness più alti perché quando risolvono da soli un task tengono per sé il beneficio, mentre i collettivisti lo dividono con tutti gli altri membri del gruppo; d'altro canto se il numero di individualisti diventa troppo alto tutti rischiano di avere una bassissima fitness, in quanto è più difficile risolvere i task da soli.

L'intera dinamica è composta da diverse generazioni che si succedono nel tempo: al termine di ciascuna generazione, gli individui si riproducono con probabilità proporzionale alla fitness raggiunta nel corso della generazione stessa. Quindi, in quella successiva, se in media i collettivisti (individualisti) avranno ottenuto una fitness media maggiore, nella nuova generazione il numero dei collettivisti (individualisti) sarà maggiore. Questo permette di selezionare col passare delle generazione la configurazione (cioè la proporzione tra i due caratteri) che massimizza la fitness dell'intera popolazione.

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Risultati

Sono state effettuate diverse simulazioni del modello con diversi valori dei parametri N, S, D. Per ragioni pratiche, si è preferito utilizzare la semplicità del compito, che chiameremo R, pari all'inverso della difficoltà stessa (R=1/D). Ogni simulazione è stata ripetuta 20 volte e i risultati mediati su tutte le realizzazioni. Le grandezze misurate al termine delle simulazioni sono essenzialmente la probabilità di cooperazione media (cioè la probabilità che un individuo preso a caso affronti un task collettivamente invece che individualmente), la frazione finale di collettivisti e la fitness media finale degli individui. Siccome queste tre grandezze risultano direttamente proporzionali, ci limitiamo qui a riportare solo la probabilità di cooperazione media finale P (cioè come appaiono al termine dell'ultima generazione). Inoltre, avendo verificato che i risultati sono essenzialmente indipendenti dalla taglia della popolazione, ci limitiamo a riportare il caso N=100.

In Figura 1 si riporta il comportamento della probabilità finale di cooperazione P in funzione dei parametri S (taglia dei gruppi) ed R (semplicità dei compiti).

La conclusione più importante è che vediamo che il sistema raggiunge, per gran parte dei valori dei parametri, una configurazione finale mista (individualisti e collettivisti convivono in differenti proporzioni). L'unica situazione in cui i collettivisti spariscono del tutto si ha nel caso in cui il sistema sia composto da un unico sottogruppo che comprende tutta la popolazione. Questo è estremamente significativo, perché in realtà rafforza il concetto che la presenza di entrambi i tipi (individualisti e collettivisti) è necessaria per il buon funzionamento della società e fornisce una spiegazione razionale del fenomeno: se da un lato gli individualisti sono necessari perché tendono a “migliorare la specie” (accumulando personalmente una fitness molto alta), i collettivisti fanno sì che i benefici siano ripartiti più equamente aumentando di conseguenza la fitness del gruppo nel suo complesso, e rendendo il gruppo stesso più forte nella competizione con altri gruppi. I collettivisti difatti vengono eliminati con l'evoluzione solo in mancanza di competizione tra gruppi, cosa che però non è praticamente osservabile nella realtà.

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Figura 1. Valore della probabilità media finale della cooperazione, P, in funzione della taglia del gruppo e della semplicità del compito. Codice dei colori: Rosso → P alta, verde → P media, blu → P bassa.

Conclusioni

In questo lavoro si è definito e testato un modello simulativo, ispirato alla Teoria dei Giochi, con lo scopo di investigare i meccanismi fondamentali che sottendono all'origine e all'evoluzione del fenomeno del crowdsourcing, cioè dell'attitudine a risolvere i problemi in modo collettivo osservata nelle società umane. Le conclusioni di questo studio mostrano come la configurazione migliore per un gruppo sociale sia la coesistenza di individui adatti alla cooperazione, i collettivisti, insieme con individui più inclini ad affrontare compiti in solitario, gli individualisti. Tale necessaria compresenza di caratteri tanto diversi implica anche lo sviluppo di particolari caratteristiche cognitive non solo per sviluppare e sostenere comportamenti cooperativi, ma anche per favorire la coesistenza stessa tra individui con attitudini opposte, sollevando altre interessanti questioni. Ulteriori e più complete informazioni si possono trovare nel nostro più recente lavoro (Guazzini et al. 2015).

Bibliografia

Barrett, L., Dunbar, R., & Lycett, J. (2002). Human Evolutionary Psychology. Princeton University Press.

Baumol, W. (1952). Welfare state economics and the theory of state. Cambridge: Harvard University.

Cornes, R., Sandler, & T. (1986). The Theory of Externalities, Public Goods and Club Goods. New York.

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Darwin, C. (1871). The descent ofman. The Great Books of the Western

World, 49, 320.

Guazzini, A., Vilone, D., Donati, C., Nardi, A., & Levnajic, Z. (2015). Modeling crowdsourcing as collective problem solving. Scientific Reports, 5, 16557.

Polymath, D. H. J. A new proof of the density Hales-Jewett theorem (2012). Annals of Mathematics, 175, 1283-1327.

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