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NeaScience N°9 – Anno 2 148 poste sotto osservazione circa la loro capacità di abbracciare e sezionare

compiutamente il sentire.

2) Zone grigie intra-modali- Non solo i confini tra diverse modalità appaiono talvolta incerti, ma anche la riconduzione di molteplici tipi di sensazione sotto un unico cappello può comportare delle proteste. L’esempio classico è quello del tatto (Fulkerson, 2014): da più parti si contesta la possibilità di trattare le sensazioni di pressione, di temperatura, di dolore, le sensazioni cinestesiche, le propriocezioni, sotto un unico comune denominatore. A ostare a questa categorizzazione stanno, tra le altre, ragioni esperienziali (esperire una bruciatura sulla mano non è il medesimo che toccare manualmente un barattolo) e fisiologiche (che si basano sulla distinzione tra nocicettori, meccanorecettori, fibre del caldo, fibre del freddo, fusi muscolari, etc.).

A livello neurale è possibile inoltre riscontrare una certa autonomia reciproca dei numerosi processi che compongono le singole modalità: per esempio, pur tra tutte le distinzioni e polemiche del caso, sembra un dato accettato dai più la macro-suddivisione del sistema visivo (e di quello tattile) in un what system, atto a identificare e riconoscere gli oggetti percepiti visivamente, e in un where system, atto alla guida visiva dell’agire non (necessariamente) cosciente nei confronti degli stessi (Milner e Goodale, 2002). Ciò che va compreso è se, seguendo questa strada, si arrivi solamente all’individuazione di subdomini visivi, o si giunga invece a una distinzione più marcata tra percezione per la cognizione da una parte e percezione per l’azione dall’altra.

3) Zone grigie extra-speciem- Non si deve sottovalutare il peso degli studi sulle sensazioni degli animali non umani. Studi comparati, biologia, etologia, forniscono informazioni decisive sul tema qui esaminato. Per esempio, se l’uomo possiede una visione tricromatica (possiede uno spazio cromatico descritto dagli output di tre diversi tipi di coni), altri animali si relazionano a un ambiente bi, tetra o penta cromatico (Thomson, Palacios, e Varela, 2002). L’equazione “più dimensioni cromatiche = migliore visione dei colori” non sembra reggere, poiché il tema posto da queste differenziazioni consiste nell’impossibilità di mappare nelle tre dimensioni umane le novità (per esempio a livello di tinte) che emergono in uno spazio a quattro o a cinque dimensioni. Emerge pertanto la domanda circa l’opportunità di porre sotto il comune cappello della vista spazi cromatici tra loro incommensurabili. Inoltre, il fatto che diversi animali percepiscano range anche molto diversi di lunghezze d’onda elettromagnetiche sembra implicare la necessità di trovare criteri stringenti utili a discriminare i casi in cui sarebbe preferibile continuare a parlare di visione, e i casi in cui sarebbe preferibile individuare una differente modalità sensoriale.

La considerazione delle modalità sensoriali degli animali non umani permette di porre attenzione anche sui confini che si potrebbero individuare tra sensazioni ed esperienza cosciente: infatti, per molti è difficile sostenere che un’anguilla, grazie alla sua capacità di produrre e sentire l’elettricità, faccia anche esperienza dell’elettricità. Le conseguenze nei termini di scissione categoriale tra sensazione ed esperienza non andrebbero sottovalutate, nemmeno per quanto concerne l’uomo.

4) Zone grigie intra-speciem- Le categorizzazioni modali possono essere messe sotto pressione anche ponendo al centro della scena quanto diversi

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esseri umani sentono in condizioni paragonabili. Per esempio, gli studi genetici sull’olfatto insegnano che la proporzione di geni e pseudogeni atti a codificare i recettori olfattivi subisce profonde oscillazioni da persona a persona; oppure, le differenze anatomiche nella distribuzione delle papille gustative fanno sì che gli ambienti gustativi dei supergustatori, dei gustatori medi, e dei non-gustatori siano significativamente diversi l’uno dall’altro. Ancora, la grande variabilità che si riscontra nello studio di individui sinestesici pone difficili dilemmi a chi desideri discriminare delle sotto- categorie (esperienziali, funzionali, fisico-fisiologico-psicologiche, etc.) di sinestesia che siano in grado di coprire il numero maggiore possibile di casi (Auvray e Deroy, 2015). Risulta chiaro da questi esempi come le differenze nei modi di sentire anche tra individui della medesima specie siano particolarmente profonde.

Si noti che, nella discussione concernente la zona grigia intra-speciem, si sono introdotti casi attinenti al solo livello individuale. Se si considerassero anche i livelli linguistici e culturali, le difficoltà concernenti le categorizzazioni modali si rivelerebbero probabilmente di ingestibile ampiezza.

Ciò che l’analisi delle zone grigie si propone non è, ovviamente, lo studio teorico di ogni singolo problema sopra esposto (o dei molti altri non citati). Piuttosto, l’obiettivo consiste nel mostrare che esiste una difficoltà rilevante nel momento in cui si cerca di categorizzare modalmente i sensi. La discussione delle zone grigie rende evidente la necessità di indagare se tale problema teorico consista nella sola difficoltà di trovare criteri di classificazione adeguati, o se sia il concetto medesimo di modalità sensoriale a necessitare di una profonda revisione. Questa seconda opzione sembra allo scrivente dotata di maggiore plausibilità.

Bibliografia

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Auvray, M., Deroy, O. (2015). How do synestheses experience the world? The Oxford handbook of philosophy of perception. Oxford: Oxford University Press.

Connolly, K. (2013). Making sense of multiple senses. Consciousness inside and out: phenomenology, neuroscience, and the nature of experience. Dordrecht: Springer.

Fulkerson, M. (2014). What counts as touch. Perception and its modalities. New York: Oxford University Press.

Gray, R. (2005). On the concept of the senses. Synthese, 147 (3): 461-75. Keeley, B. (2002). Making sense of the senses: individuating modalities in

humans and other animals. Journal of philosophy 99 (1): 5-28.

Macpherson, F. (2011). Individuating the senses. The senses: classic and contemporary philosophical readings. New York: Oxford University Press.

Matthen, M. (2015). The individuation of the senses. The Oxford handbook of philosophy of perception. New York: Oxford University Press.

Milner, A. D., Goodale, M. A. (2002). The visual brain in action. Vision and mind. Selected readings in the philosophy of perception. Cambridge: MIT Press.

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O’Callaghan, C. (2014). Not all perceptual experience is modality specific.

Perception and its modalities. New York: Oxford University Press. Roxbee-Cox, J. W. (1970). Distinguishing the senses. Mind, 79 (316): 530-

50.

Thomson, E., Palacios, A., Varela, F. J. (2002). Ways of coloring: comparative color vision as a case study for cognitive science. Vision and mind. Selected readings in the philosophy of perception. Cambridge: MIT Press.

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