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NeaScience N°9 – Anno 2 94 catturare le risorse attentive dei soggetti attraverso la presentazione d

immagini spiacevoli-ansiogene (come volti ostili o ferite) e neutre, posizionate a destra e sinistra dello schermo (in modo casuale), 800 ms prima dell'apparizione dello stimolo target (un cerchio di colore verde) che compariva nella stessa posizione di una delle due immagini (anch’esso in maniera random).

In questo secondo esperimento le ipotesi iniziali prevedevano che i soggetti con ansia più elevata mostrassero una performance peggiore nei casi in cui lo stimolo target fosse apparso nella posizione dello stimolo neutro, in quanto la loro attenzione, sarebbe stata attirata dallo stimolo "minaccioso". Questo si tradurrebbe in tempi di risposta più elevati.

In entrambi i compiti, i 40 soggetti coinvolti nello studio, di età compresa tra i 21 e i 55 anni (età media 28,6), di entrambi i sessi (12 maschi e 28 femmine), venivano posizionati a 70 cm dallo schermo di un computer e utilizzavano una tastiera nella quale erano messi in rilievo due pulsanti “DX” e “SX” per indicare rispettivamente che la scelta effettuata ricadeva sulla risposta destra o sinistra.

Il software utilizzato è stato Ogama in collegamento con un Eye-Tracker head-mounted.

Figura 3. Esempio di trial in cui lo stimolo target appare nella posizione dell'immagine neutra.

Figura 4. Esempio di trial in cui lo stimolo target appare nella posizione dell'immagine spiacevole.

3. Risultati

Le analisi statistiche, condotte tramite ANOVA riguardo il primo task, mostrano differenze significative nei tempi di risposta (RT) tra i soggetti "ansiosi" e i soggetti "non ansiosi". In particolare, emerge che i soggetti con un punteggio più alto allo STAI (cioè ansiosi) hanno risposto significativamente più lentamente rispetto ai soggetti con un livello d'ansia basso (F value=3.624, Pr<0.05) (ansiosi=498.600; non-ansiosi=465.248).

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Nel secondo task, l'analisi dei dati, che ha visto impiegati gli stessi strumenti, ha rilevato che i soggetti del gruppo "ansiosi" hanno mostrato, con un'alta significatività, punteggi peggiori, rispetto ai “non ansiosi”, nei casi in cui lo stimolo target appariva nella stessa posizione dell'immagine neutra (F value=9.596, Pr<0.001, ansiosi = 505.071, non ansiosi = 469.372), mentre quando lo stimolo target appariva nella posizione dell'immagine "minacciosa" i RT sono stati simili tra i due gruppi (ansiosi = 499.5840 non ansiosi = 478.3015). Questa differenza è da imputare al fatto che i soggetti ansiosi spostavano l'attenzione verso l'immagine minacciosa prima della comparsa dello stimolo target; dunque le loro performance, nel caso in cui lo stimolo target appariva nella stessa posizione dell'immagine "minacciosa", sono state addirittura leggermente migliori rispetto a quelle dei soggetti "non ansiosi". Il software impiegato per le analisi è stato R.

3.1. Analisi dei movimenti oculari

Dall'analisi dei movimenti oculari è stato possibile rivelare interessanti suggerimenti in riferimento, soprattutto, alle mappe attentive. Il software utilizzato (Ogama 4.5) permette infatti di creare delle mappe attentive "medie" per gruppi di soggetti, colorando le parti della slide osservate per più tempo e con maggior frequenza da parte dei soggetti di un determinato gruppo.

Si ricorda che i soggetti erano istruiti a ignorare i suggerimenti nel primo task e le immagini nel secondo task. Le sostanziali differenze delle mappe attentive suggeriscono che il funzionamento attentivo e il controllo volontario dell'attenzione funzionano diversamente all’interno dei due gruppi. Nello specifico si è rilevata una diversa distribuzione nello spazio dell'attenzione durante il compito; i soggetti del gruppo “ansiosi” hanno mostrato un maggior numero di movimenti oculari nel primo esperimento, spesso seguendo il suggerimento e quindi anticipando la comparsa dello stimolo (dati supportati anche dalle analisi sui RT). Nel secondo task, invece, l'attenzione dei soggetti più ansiosi è stata più facilmente catturata dagli stimoli ansiogeni mentre i soggetti meno ansiosi riuscivano con più facilità ad ignorare, nella maggior parte dei casi, le immagini e mantenere lo sguardo sul punto di fissazione al centro dello schermo.

Figura 5. Due esempi dello stesso task svolto da soggetti del gruppo “ansiosi” (sinistra) e soggetti del gruppo non ansiosi (destra)

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Figura 6. Esempio di mappe attentive dello stesso task svolto dal gruppo ansiosi (sinistra) e dal gruppo non ansiosi (destra)

4. Conclusioni

A differenza di tutti gli altri animali, l'essere umano possiede la capacità di riconoscere e controllare le proprie emozioni e di agire cognitivamente su di esse all'interno di un range di intensità non ben definito. Contenere un'emozione è dunque possibile ma solo fino ad un certo punto. Un soggetto che soffre di attacchi di panico con agorafobia, ad esempio, non è in grado di sopprimere la sensazione di intensa paura che scaturisce dalla situazione fobica, tantomeno è in grado di reprimere il comportamento conseguente, nonostante da un punto di vista strettamente cognitivo il soggetto può essere perfettamente consapevole del fatto che lo stimolo fobico sia innocuo. Discorso analogo vale per fobie specifiche, in cui, i soggetti che ne soffrono, vivono incontrollabili e involontarie reazioni di terrore alla presenza dello stimolo fobico.

In questo lavoro è stato possibile indagare la capacità (meta)cognitiva di interagire con le nostre emozioni, controllarle e infine modificarle. Questa capacità, conosciuta come regolazione emotiva (Gross e Thompson, 2007), sembra essere molto importante per l'adattamento dell'individuo nel proprio contesto socioculturale; infatti molte delle psicopatologie sembrano essere caratterizzate da difficoltà nella regolazione delle emozioni (John e Gross, 2004). Va precisato, comunque, che la regolazione emotiva non è un meccanismo adattivo in sé, ma lo diventa in determinate circostanze sociali o in base agli obiettivi perseguiti. La regolazione emotiva acquista dunque un significato pluridimensionale, caratterizzato da consapevolezza, comprensione e accettazione delle emozioni; capacità di impegnarsi in comportamenti diretti verso un obiettivo specifico, in risposta alle esperienze emotive; 'uso flessibile di strategie adeguate al contesto per modulare l’intensità e/o la durata della risposta emotiva e la disponibilità a sperimentare emozioni negative (Gratz e Roemer, 2004).

Questi concetti si ritrovano anche all'interno di alcuni modelli teorici sull'intelligenza emotiva. Ad esempio, secondo Mayer et al. (2004) gli individui capaci di riconoscere le proprie esperienze emotive, comprenderne il significato, usare il loro valore informativo e gestire l’esperienza e l’espressione di un’emozione in modo adeguato rispetto al contesto, appaiono più capaci di rispondere efficacemente alle richieste e alle situazioni della vita quotidiana.

L’esperimento ha dimostrato che le prestazioni nei compiti attentivi sono infulenzate dallo stato d’ansia rilevato in fase di assessment in entrambi i

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