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1.2 Le politiche educative prescolastiche in Europa

1.2.2 Le invarianti delle politiche prescolastiche

1.2.2.1 Liberazione dell’occupazione femminile

1.2.2.4.1 Lo sviluppo psicologico

Mentre si discute sulla necessità di politiche educative prescolastiche coerenti e lungimiranti, la ricerca nell’ambito delle neuroscienze offre risultati capaci di stimolare e favorire l'interpretazione politica e la giustificazione pedagogica del recente interesse attribuito all'educazione infantile.

Alcuni risultati scientifici (NSC on the Developing Child, 2007) dimostrano la sostanziale insostituibilità, nello sviluppo infantile, dell’interazione "servizio- risposta" con la persona che interagisce con il bambino. Le modalità di risposta al bambino utilizzate di consueto dagli adulti (la riproposizione del linguaggio infantile, i sorrisi, la ripetizione di suoni, parole e gesti) vengono elaborate terminologicamente secondo i concetti scientifici di “mutualità” e “reciprocità”, e tradotte secondo l'accezione di “danza della mutua responsività”. La ricerca The Science of Early Childhood Development del Centro sul bambino in età evolutiva dell’Università di Harvard precisa che “Il servizio e la risposta si verificano quando i bambini piccoli interagiscono naturalmente attraverso la lallazione, le espressioni facciali, le parole, i gesti e le grida e gli adulti rispondono entrando in sincronia con il bambino, emettendo gli stessi suoni e facendo gli stessi gesti, e il processo continua avanti e indietro. Un altro aspetto importante del concetto di interazione del servizio e della risposta è il fatto che funziona meglio quando è radicato in un rapporto in atto tra un bambino e un adulto, che è sensibile

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all’individualità peculiare del bambino. Decenni di ricerche ci dicono che le interazioni reciprocamente gratificanti sono requisiti essenziali per lo sviluppo sano dei circuiti cerebrali e

di abilità sempre più complesse”84.

Altri ambiti di ricerca nel campo delle neuroscienze identificano nei cosiddetti “periodi sensibili” (Heckman, 2006) lo sviluppo sequenziale del cervello umano, ciascuno dei quali è associato ad aree specifiche dei circuiti neurologici a cui si fanno corrispondere le abilità umane, che si basano a loro volta su circuiti ed abilità maturate nel periodo precedente. Tale processo può essere interpretato in termini di predittività dello sviluppo cognitivo ed emotivo, che si sviluppa in maniera tanto più efficace quanto più significative e qualificanti risultano le interazioni sociali a cui il bambino viene introdotto fin dalla più tenera età (UNICEF Report card, 2008).

Ne deriva l'assunto per cui la cura e l’educazione in età infantile non costituiscono processi tra loro separati, come affermano anche Contini & Manini (2007)85, e che il rapporto che si crea tra adulto e bambino è essenziale tanto per lo sviluppo intellettuale che per quello emotivo.

Ne consegue che approcci riduttivistici o funzionalisti (come quelli centrati sulla focalizzazione tecnico-strumentale della performance scolastica in funzione del successo futuro) che non considerano la stretta interdipendenza delle diverse dimensioni dello sviluppo infantile risulterebbero non solo poco accreditati a livello psico-pedagogico ma anche scarsamente efficaci rispetto alla maturazione e formazione individuale. Impostazioni didattico- metodologiche e pedagogiche focalizzate sulla compartimentazione e accentuazione delle singole dimensioni di sviluppo (es., cognitive) a scapito delle altre, risulterebbero capaci di

      

(84) (National Scientific Council on the Developing Child (2007). The Science of Early Childhood Development:

Closing the gap between what we know and what we do, National Scientific Council on the Developing Child,

Cambridge, MA: Center on the Developing Child, Harvard University, 6).

(85) Una ricerca promossa e finanziata dal Dip.to di Scienze dell’Educazione dell’Università di Bologna, iniziata nell’anno 2005 e terminata nel 2007 ha previsto una prima fase di ricerca intitolata “La cura della professionalità insegnante nella scuola dell’infanzia” condotta sulle educatrici del nido e le insegnanti della scuola dell’infanzia, tesa ad indagare il tema del rapporto tra educazione e cura, rilevando l’identificazione pressoché totale tra cura ed educazione, individuata principalmente sui seguenti aspetti:

•La cura si costruisce nella reciprocità: cura ed educazione si costruiscono nelle relazioni plurime di cui sono protagonisti i soggetti/individui, gli altri, il mondo della vita.

•La cura è un’attenzione specifica che può essere rivolta al singolo bambino e/o al gruppo; le differenti modalità corrispondono a modelli educativi diversi, pertanto diviene interessante comprendere le implicazioni educative che ne conseguono per i piccoli, anche in relazione all’organizzazione del lavoro delle adulte.

•La cura si manifesta come complesso di segni di attenzione nei confronti dei diversi interlocutori delle relazioni educative: le colleghe di lavoro, i bambini, i genitori, i coordinatori, i dirigenti scolastici.

•La cura è da intendere soprattutto come metodo: non sono specialmente importanti le cose che si fanno, ma il modo con cui si fanno.

L’ambito specifico relativo al personale docente e alle sue convinzioni rispetto all’idea di cura e alle procedure concrete della sua realizzazione è stato investigato dalle ricercatrici Balduzzi, Gherardi e Manini, nei seguenti saggi pubblicati all'interno del testo citato a fondo nota: Balduzzi, L. Pensieri e azioni di cura, pp. 86-97; Gherardi, V ., La

cura della professionalità nei servizi per l’infanzia, pp. 73-86; Manini, M., Relazioni di cura, tempi, contesti, pp. 16-25.

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influenzare negativamente uno sviluppo armonico ed equilibrato, rischiando paradossalmente di compromettere ciò che gli intenti funzionalistici intenderebbero, in linea teorica, favorire. Lo

studio Eager to Learn: Educating our preschoolers (Bowman et al., 2001, 2) 86conclude a tal

proposito che: «La cura e l’educazione non possono essere considerate entità separate quando si tratta di bambini piccoli… Amare o insegnare ai bambini non sono sufficienti presi singolarmente per stimolare uno sviluppo ottimale». Ad esempio, è confermato che situazioni prolungate ed eccessive di stress influiscono sullo sviluppo infantile in misura tale da condurre i ricercatori del Centro sul bambino in età evolutiva dell’Università di Harvard ad affermare con decisione che livelli eccesivi di ormoni dello stress «sconvolgono letteralmente l’architettura del cervello» (UNICEF Report card, 2008, 6).

Un altro fattore che legittima un'azione educativa di tipo omnilaterale in età infantile concerne lo sviluppo del "sé emergente" o "sé agente", che riferisce alla sensazione sviluppata dal bambino di percepire sé stesso come soggetto agente, capace di influenzare gli eventi e le situazioni esterne, che costituisce la base per lo sviluppo della motivazione personale e del senso di autostima e fiducia di sé (Bowman et al., 2001).

Per tutti questi motivi il rapporto tra bambini e adulti risultano essenziali ai fini dello sviluppo emozionale, cognitivo e psicologico. I problemi dello sviluppo e comportamentali che spesso si manifestano in età più avanzata, tali da compromettere i risultati scolastici e formativi, nella maggior parte dei casi sono correlati al turbamento di questo rapporto (Shonkoff & Phillips, 2000, 28) 87.

Pertanto, la definitiva conferma dell’insostituibilità di una relazione educativa positiva e stabile negli anni dell’infanzia acquista maggiore rilevanza se pensata non solo in termini di prevenzione di comportamenti devianti e compensazione educativa, secondo cioè un'ottica meramente tecnico-strumentale e funzionalista, ma al fine di favorire la piena espressione delle potenzialità di sviluppo individuale e promuovere l'autodeterminazione e l'emancipazione personale. Alla luce dei risultati scientifici di cui sopra, e in funzione dell'ammissibilità pedagogica e della percorribilità di un'educazione pluridimensionale integrata, acquista valore il ripensamento in senso progettuale ed organizzativo del segmento dell'educazione prescolastica nella convinzione che «l’interesse superiore del fanciullo deve essere una considerazione preminente» (UNICEF, Convenzione sui diritti dell'infanzia, art.3, 2007).

      

(86) Bowman, B. T., Donovan, M. S. & Burns, M. S. (a cura di) (2001).Eager to Learn: Educating our preschoolers,

National Research Council, Committee on Early Childhood Pedagogy, Commission on Behavioural and Social Sciences and Education, Washington, D.C.: National Academy Press, p. 2.

(87) Shonkoff, J. P. & Phillips, D. A. (a cura di) (2000). From Neurons to Neighborhoods: The science of early

childhood development, Committee on Integrating the Science of Early Childhood Development, National Research

Council and Institute of Medicine Board on Children, Youth and Families, Commission on Behavioural and Social Sciences and Education, Washington, D.C.: National Academy Press, p. 28.

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Inoltre, il riconoscimento dell'importanza della relazione adulto- bambino investe l'ambito della relazione educativa, producendo una serie di implicazioni sulla qualificazione professionale degli insegnanti prescolastici e degli operatori dei servizi. All’interno di un complesso quadro politico-istituzionale e sistemico-educativo come quello attuale, emerge l'esigenza di percorrere l'evoluzione e trasformazione del sistema formativo nel suo complesso attraverso la valorizzazione di nuovi paradigmi concettuali di sistematicità e integrazione, che oltre a delineare la praticabilità una nuova progettualità politica e sociale, contribuiscono parallelamente alla ridefinizione e tematizzazione della professionalità prescolastica.

1.2.2.4.2 Lo sviluppo pluridimensionale integrato

In accordo con l’approccio dinamico della costruzione della conoscenza che emerge dall’impostazione sistemica curricolare, le ricerche svolte dall’agenzia OCSE- Eurydice (2009) tendono a confermare i benefici dell’educazione prescolastica in particolare per compensare lo svantaggio socio- culturale e ottenere benefici di ordine generale sullo sviluppo della personalità. Infatti, i programmi educativi prescolastici impostati su un orientamento didattico disciplinarista di potenziamento dei prerequisiti agli apprendimenti scolastici si sono dimostrati relativamente efficaci sul piano cognitivo (Schweinhart et al., 2011, 2005; Schweinhart & Weikart, 1997; Gersten et al.,1988), ma carenti sulle dimensioni socio-relazionali ed emotivo- affettive, rivelandosi incapaci di perseguire uno sviluppo armonico e coerente dal punto di vista dell’integrazione pluridimensionale (Stipek et al., 1995; Haskins, 1985). L’importanza di legami socio-affettivi sicuri e stabili nell’età infantile sono ampiamente riconosciuti come elemento essenziale per uno sviluppo armonioso e un apprendimento efficace (Pianta Et Al.,1997; Hamre & Pianta, 2001; Rimm-Kaufman et al., 2002) e come sviluppo dell’autoregolazione e del controllo emotivo (Mcclelland et al., 2006), scaturente da interazioni sociali positive (Kochanska et al., 2000).

60  1.2.2.4.3 La socializzazione precoce

L’educazione prescolastica si qualifica quale percorso formativo di inclusione sociale non solo in relazione alla partecipazione e condivisione interculturale, ma anche a livello di governance locale, coinvolgendo i contesti d’apprendimento allargati e gli stakeholders educativi della comunità, al fine di condividere ed elaborare strategie educative coerenti dal'importante ricaduta sociale.

Il MIUR, nelle Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione (2012) 88, e ripreso nella Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione (Ddl 20 maggio 2015, n.1934), definisce l’ambito di sviluppo delle competenze di cittadinanza attiva, segnalando come i contesti educativi rivolti alla prima infanzia rappresentino il contesto privilegiato per favorire la partecipazione e collaborazione allargata delle agenzie educative per obiettivi di coesione sociale e crescita collettiva, stimolando la maturazione di modalità cooperative ed atteggiamenti proattivi.

Al fine di progettare adeguatamente percorsi ed esperienze educative, va indagata la correlazione esistente tra l’inserimento del bambino in un contesto educativo di tipo scolastico e la dimensione della socializzazione con norme, valori e stili di vita che lo contraddistinguono. La formulazione educativa dei contesti scolastici in virtù dell'integrazione con i contesti d’apprendimento allargati non formali ed informali (Urbani, 2013b, 2015) esige un ripensamento pedagogico ed epistemologico del paradigma educativo e formativo attuale, per riformulare in senso finalistico un orizzonte di senso condiviso entro cui inscrivere obiettivi, azioni ed interventi educativi mirati e congruenti. Tale prospettiva non intende negare il valore della discontinuità tra contesti d'apprendimento differenti in funzione della stimolazione e mobilitazione personale in senso proattivo e costruttivo, la cui variabilità dei risultati dipende tanto dal dato personale che contestuale e culturale allargato, che dalla convergenza in senso umanistico ed esistenziale del progetto formativo allargato.

Alcune ricerche empiriche (Coates & Bromberg, 1973; Gunnarson et al., 1999; OECD, 2001; Leseman, 2002; Esping-Andersen & Mestres, 2003; Anderson & Minke 2007)

      

(88)Le indicazioni nazionali definiscono nell’ambito della socializzazione come promozione di comportamenti favorevoli alla costruzione della cittadinanza attiva: la scoperta dell’alterità e l’attribuzione di bisogni, la percezione della necessità di stabilire e condividere regole comuni e una prima introduzione al dialogo intersoggettivo come riconoscimento/accettazione della diversità pur nel rispetto dell’uguaglianza dei diritti e dei doveri, al fine di produrre un comportamento eticamente orientato. Il documento esplicita come “tali finalità sono perseguite attraverso

l’organizzazione di un ambiente di vita, di relazioni e di apprendimento di qualità, garantito dalla professionalità degli operatori e dal dialogo sociale ed educativo con le famiglie e con la comunità”. (MIUR (2012). Indicazioni

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dimostrano l’utilità dell’inserimento precoce del bambino entro un sistema di "cura" e "pre- educazione collettiva" sullo sviluppo di abilità cognitive, linguistiche e comportamentali, correlate a maggiori competenze sociali e relazionali. La ricerca di Coates & Bromberg, (1973), svolta su un campione longitudinale di ragazzi svedesi, ha evidenziato già negli anni Settanta come i bambini che frequentavano "servizi di cura collettivi" ottenevano, al momento dell'inserimento alla scuola dell’obbligo, migliori risultati in termini di apprendimento e di capacità socio-relazionali rispetto ai loro coetanei educati esclusivamente dai genitori in contesto domestico. Risultati analoghi vengono riportati da ricerche condotte in Francia (Jeantheau & Murat, 1998) e nei contesti della nursery-school education in Gran Bretagna (Feinstein, Robertson & Symons, 1999).

Si può pertanto ipotizzare che l'inserimento prescolastico in servizi per la prima infanzia di tipo universalistico può contribuire efficacemente a neutralizzare l’irregolare distribuzione di capitale culturale Bourdieu, 1989)89 tra studenti e famiglie. Esping- Andersen & Mestres (2003) affermano che il beneficio dell'educazione prescolare consta nella sua capacità di "spostare" la stimolazione cognitiva dalla sola responsabilità famigliare e sociale ai "centri collettivi" (asili nido) che non riproducono (o almeno non totalmente) le differenze tra classi sociali. I programmi di cura per l'infanzia di natura intensiva che intervengono precocemente e promuovono elevati standard pedagogici contribuiscono in misura significativa ad accrescere il rendimento cognitivo dei bambini che provengono da differenti contesti socio-culturali. I bambini riuscirebbero così a raggiungere una posizione quasi di parità al momento dell’inserimento nel segmento dell’istruzione formale, con minore probabilità che il rendimento scolastico rifletta le condizioni socio-economiche o culturali delle famiglie d’origine (Fraisse et al., 2004).

L'indagine dell'Istituto di Ricerca Regionale della Lombardia (IRER, 2004) segnala come nella realtà italiana la famiglia costituisca la risorsa principale in termini cura ed educazione per la prima infanzia, pur rilevando una tendenza incrementale a preferire i servizi collettivi tradizionali o integrativi per permettere al bambino di socializzare con i coetanei, che di fatto

      

(89) Pierre Bordieau (1989) ha fornito la spiegazione sociologica più efficace ed ampiamente accettata degli effetti primari, intesi come "differenziali di abilità scolastiche" , come le chiama Bouden (1979), tra studenti che appartengono a classi socio-culturali differenti e i risultati scolastici conseguiti. Bourdieu ritiene che gli studenti provenienti da classi socio-culturalmente "elevate" conseguano mediamente migliori risultati scolastici dal momento che il contesto famigliare trasmette loro un insieme di conoscenze, valori e atteggiamenti nei confronti della cultura (capitale

culturale) che favoriscono il loro rendimento scolastico, e determinano il cosiddetto "livello culturale" dell'individuo.

Questo, pertanto, finisce per essere un prodotto dell’appartenenza a un determinato gruppo o classe sociale. Questa eredità culturale viene tramandata attraverso le consuetudini familiari e domestiche, ed in parte da agenzie educative esterne (anche la scuola e la cultura "libera" vi contribuiscono) ed è pertanto ritenuta un processo "spontaneo" di socializzazione primaria dell'individuo. (Bourdieu, P. (1989). Social space and symbolic power. Sociological theory, 7(1), 14-25) (Di Nuoscio, E. (1996). Le ragioni degli individui. L'individualismo metodologico di Raymond Boudon. Catanzaro: Rubbettino) .

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risultano sempre meno presenti all’interno della rete parentale o sociale. A conferma del fatto che l’aspetto della socializzazione in ambiente extrafamiliare stia assumendo sempre più rilevanza nella percezione educativa famigliare, i dati indicano che gli "spazi gioco" costituiscono la realtà dei servizi non tradizionali che presentano maggior interesse anche in termini di start-up d'impresa, “il che indica una maggiore attenzione ai servizi di socializzazione rispetto a quelli che garantiscono la cura” (IRER, 2004, 17). Lo sviluppo di servizi innovativi, integrativi e/o alternativi a quelli tradizionali segnala come, in una strategia complessiva di promozione di una rete di servizi per la prima infanzia dotata di standard qualitativi elevati e diffusi sul territorio, il coinvolgimento di più attori sociali per la costruzione di ambienti d'apprendimento di tipo socio-relazionale costituisce un elemento cardine per la personalizzazione e diversificazione dei bisogni educativi.

Tuttavia, la tematizzazione della relazione tra educazione prescolastica e socializzazione non si limita a indagare le ricadute sullo sviluppo infantile, bensì approfondisce la rilevanza dei contesti parentali e intergenerazionali in termini di coinvolgimento e partecipazione all'educazione prescolastica: alcune ricerche90 svolte dagli esperti in servizi per l'infanzia delle Università Milano-Bicocca e dell'Università di Pavia segnalano la centralità della dimensione gestionale ed organizzativa nella strutturazione di una progettazione didattico–pedagogica di qualità. Infantino (2008) descrive l’esperienza dei nidi famiglia (nif) in Lombardia soffermandosi ad ipotizzare un percorso di riqualificazione del servizio capace di combinare la sua natura flessibile con l’istanza partecipativa dei genitori, escludendo al contempo sia derive personalistiche che indebite ingerenze familiari di tipo pedagogico- educativo. Attraverso una disamina capace di coniugare istanze pedagogiche con quelle più prettamente gestionali l’autrice suggerisce una ri-considerazione della struttura organizzativa capace di far leva su nuove opzioni gestionali e su una nuova strategia formativa volta all’acquisizione di competenze specifiche delle operatrici. Le competenze professionali del responsabile dell’educazione prescolastica travalicano quelle tradizionali centrate sulla relazione educativa con il bambino per accogliere nuove istanze di coinvolgimento e partecipazione parentale ed intergenerazionale, valorizzata sia in funzione dell'educazione scolastica che di apprendimento allargato in termini di socializzazione e interazione costruttiva, in funzione dell'incremento di cooperazione sociale e responsabilizzazione collettiva.

      

(90) Infantino, A.( a cura di) (2008). Il lavoro educativo con la prima infanzia. Parma: Junior.

Mantovani, S. (a cura di) (2012). Bambini e genitori immigrati nei servizi per l’infanzia: modelli educativi e questioni

di metodo, Milano: Università Milano-Bicocca.

Bondioli, A., Savio, D. (2012). Promuovere l’alleanza tra insegnanti e genitori: un processo partecipativo di

valutazione formativa in un servizio di scuola dell’infanzia, Rivista della Società Italiana di Ricerca Didattica, n. 8,

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Ricerche svolte nell’ambito del Centro per la Famiglia della Regione Veneto (Miele, 2011) evidenziano come la riconfigurazione del contesto parentale in qualità di co-produttore e co- gestore dei servizi esprima la transizione in atto dalla sua tradizionale identità di mero fruitore di servizi a quello di contributore attivo, riconoscendo di fatto la famiglia come soggetto politicamente rilevante. Dalla ricerca si rileva la priorità affidata ai servizi di garantire un luogo adatto alla socialità infantile, ma che allo stesso tempo offra spazi ed occasioni per incontrarsi e confrontarsi con altri genitori. Il quadro variegato dei servizi integrativi ed alternativi esistenti, pur incontrando la domanda di personalizzazione delle famiglie rispetto alla socializzazione dei bambini91, dimostra differenze notevoli in ordine alle idee sulle forme da realizzare e sul grado di coinvolgimento e partecipazione sociale dei genitori. Risulta decisiva per questi servizi la capacità di offrire risposte differenti alle famiglie, non solo rispetto alle esigenze di sostegno e supporto della crescita del bambino, ma anche di arricchimento in termini di offerta formativa e di orientamento pedagogico grazie al coinvolgimento delle competenze e disponibilità di madri e padri (Catarsi, 2010; Galardini, 2003; Bondioli & Savio, 2012). La focalizzazione sulla personalizzazione dei servizi nei termini di una mobilitazione/ attivazione personale (parentale, intergenerazionale) per l'elaborazione progettuale e l'implementazione dell’offerta determina un miglioramento in termini di qualificazione educativa e sociale dei servizi educativi prescolastici. Il coinvolgimento delle famiglie e la possibilità di rispondere ai bisogni su un piano di collaborazione reciproca permette non solo di valorizzare competenze e potenzialità relazionali presenti nel tessuto sociale, ma anche di configurare nuove modalità d'intervento che coinvolgono le dimensioni di attivazione e mobilitazione individuale e collettiva per la risoluzione dei problemi educativi e sociali. Tale riflessione investe anche il piano delle professionalità educative: in tutti i servizi integrativi frequentati dalle famiglie intervistate, il coinvolgimento dei genitori sembra dipendere non solo dal tipo di relazioni che si instaurano con gli altri genitori presenti, ma anche dalle capacità del personale di coinvolgerli e renderli realmente partecipi: in alcuni casi sono queste fattori a costituire l'elemento decisivo, facendo passare in secondo piano la qualità delle attività proposte dagli operatori (MIELE, 2011, 78)92.

      

(91) Dalle interviste realizzate nell'ambito della Ricerca della Provincia di Verona presso il Centro per la Famiglia della Regione Veneto emerge un quadro variegato di richieste espresse dalle famiglie: dalla prima intervista emerge una richiesta di costruzione di un luogo di aggregazione per le famiglie che offra delle attività specifiche per bambini di età differenti, mentre nella seconda intervista si propone un servizio di attivazione e potenziamento delle risorse dei genitori per stimolarli ad acquisire competenze relazionali e di gioco con i propri figli, ed infine la terza intervista evidenzia il bisogno di uno spazio in cui i bambini possano socializzare liberamente, non necessariamente in presenza dei genitori (in: Miele F., La cura e l’educazione dei bambini in età prescolare nel territorio del Comune di Verona, Associazione Le Fate Onlus, Verona 2011, p.115).

(92) Nonostante l’asilo nido sia fondato su un contratto esplicito che prevede la delega temporanea del bambino dalla