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Definizione

Per resezione della parete toracica si inten-de asportazione di tessuto osseo con o senza resezione di parti molli contigue.

Considerazioni generali

Resecando creiamo da un lato un difetto delle parti molli, il quale deve essere riparato in ogni caso, e dall’altro una perdita della stabilità che è in relazione alla sede e alle dimensioni. In generale, se il difetto oltrepassa i 150 cm_ è necessaria una ricostruzione stabilizzatrice.

Note storiche

Le resezioni della parete toracica hanno una antica tradizione. Parham (1) riporta nel lonta-no 1899 una review dei primi 48 casi della lette-ratura (tra cui Aimar, Parigi 1778, Cittadini, Milano 1820, Krönlein, Zurigo 1883). La mor-talità in questo periodo era all´incirca 30%.

Questi interventi giustamente definiti eroici oggigiorno sono effettuati quasi routinariamen-te, anche devono rispettare regole fisse per ot-tenere una mortalità al di sotto del 5%.

Una svolta decisiva al successo di tale proce-dura chirurgica fu l’impiego appropriato dei materiali alloplastici per la stabilizzazione del-la parete toracica. Tale uso è stato ben dimo-strato negli primi anni ’80 in modo rilevante da Piehler et al. (2), confermando come anche

nel-l’esperienza di altri Autori l’impiego della ven-tilazione artificiale prolungata nel decorso po-stoperatorio poteva essere abbandonata quasi completamente (3).

Indicazioni

La maggior parte delle resezioni della pare-te toracica sono effetuapare-te per neoplasie, solo in pochi casi per malformazioni, spesso monola-terali, per traumi, talora, pochi casi, per infe-zioni (soprattutto tuberculosi, actinomicosi o ecchinococcosi (4) (Fig 1). In tempi di pace i difetti posttraumatici per ricostruzione di pa-rete sono notevolmente ridotti pur comprenden-do i traumi sul lavoro e gli incidenti stradali.

Fig. 1: Resezione complessa en bloc di 3 coste con fistola, diaframma, fegato, surrene destro e lobo inferiore del polmone per echinococcosi alveolare.

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Incidenza dei singoli tumori

I tumori primitivi della parete toracica sono rari, circa il 2% di tutti i tumori, e nel 50% deri-vano dai tessuti molli. Tra i tumori ossei il 7%

sono localizzati alla parete toracica e solo il 15%

di essi interessa lo sterno.

Circa il 5% dei carcinomi polmonari infil-trano la parete toracica e tra questi il 10% han-no sede nel solco posteriore apicale, i cosidetti tumori di Pancoast (5).

Sono da aggiungere le lesioni metastatiche, principalmente da carcinoma del rene e riguar-do la sede sternale da cancro di mammella. In totale anche essi sono infrequenti, tanto più che è importante la serie eccezionale di resezioni sternali per neoplasie primitive e secondarie di Lequaglie et coll. (6).

Materiali impiegati per la riparazione dei difetti delle parti molli

Lembi muscolari o musculocutanei: posso-no essere impiegati di solito peduncolati, ed ec-cezionalmente come lembi liberi

Il primo ad effettuare un flap muscolare con il muscolo gran dorsale fu il palermitano Tan-sani nel 1906 (7), seguì Brown di Rochester nel Minnesota ben 70 anni dopo (8) confezionan-do un lembo di gran pettorale omolaterale o bilaterale con peduncolo laterale a tipo paddle-flap o raramente col peduncolo mediale sull’ar-teria mammaria interna.

Il muscolo retto dell’addome, sia come ver-ticalizzato (VRAM) o traverso (TRAM) fu intro-dotto nel bagaglio del chirurgo ricostruttore da Hartrampf nel vicino 1982 (9).

Da ultimo l’omento, “traslato” in torace per primo da Kirikuta nel 1963 (10), è il materiale migliore soprattutto nei pazienti già irradiati, per la sua ottima vascolarizzazione e maggiore resistenza ai raggi X. Può, inoltre, essere usato come trapianto cutaneo immediato e può

rima-nere scoperto inizialmente per una successiva copertura cutanea se in presenza di tessuto di granulazione.

Materiali stabilizzanti

Contrariamente alla chirurgia pediatrica, nell’adulto non usiamo materiale autologo per la stabilizzazione della parete toracica, per non effettuare i interventi in modo inappropriato creando un nuovo difetto. Ad esempio l’impie-go del diaframma secondo Sauerbruch nel 1927 (11) non ha reso nel tempo risultati soddisfa-centi.

Da oltre 30 anni sono disponibili diversi materiali alloplastici in parte riassorbibili, in parte no, dalle reti ai patches, e noi perferiamo il Marlex-meshÆ introdotto da Graham e Usher nel 1959 (12) pur se in qualche caso abbiamo impiegato anche il Gore-TexÆ.

Tali reti e patch, disponibili in qualsiasi mi-sura richiesta, sono superiori per resistenza alla trazione ed il loro inglobamento è differente tra reti e patches.

A nostro parere non vediamo alcun vantag-gio nell’uso dei materiali riassorbibili.

Sono disponibili vari materiali alloplastici per le ricostruzioni:

• Polipropilene monofilo ((MarlexÆ)

• Polipropilene filo doppio (ProleneÆ)

• Polipropilene multifilo ((SurgiproÆ)

• Poliestro multifilo ((MersileneÆ)

• ePTFE (Gore-Tex Dual MeshÆ)

• PTFE multifilo (TeflonÆ)

• Poliglactin 910 (VicrylÆ) come materiale rias-sorbibile

La scelta dovrebbe essere effettuata tenendo in considerazione:

• la resistenza allo strappo

• la forza sostenitiva delle suture

• l’inglobamento del materiale, vedi Amid et coll. 1994 (13)

• il costo

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Per difetti estesi quali:

• oltre i 300 cm_

• oltre 1/3 della circonferenza

• oltre 4 coste

• sternectomia totale

sono raccomandate le stabilizzazioni combinate con MarlexÆ a sandwich secondo Eschapasse (14), o secondo il nostro metodo piú recente (15) che aggiunge una alloplastica ad una bar-ra metallica.

Tecnica personale

Dopo l’asportazione del tumore si fissa il materiale alloplastico scelto con una tensione appropriata. Successivamente si infila la barra metallica tra la protesi alloplastica curvandola dandogli più tensione con la barra stessa. Infi-ne, Come la barra viene fissata alle coste (Figg.

2-3).

Con questa tecnica ci riesce mantenere la tensione desiderata permanentemente poichè non può essere detesa dai piegamenti laterali.

Lo stesso risultato potrebbe essere raggiun-to con rete di MarlexÆ a sandwich, ma gli svan-taggi sono: dolore riferito con sensazione di ri-gidità del torace e respirazione impedita. Inol-tre, spesso vi è una certa retrazione verso il cavo pleurico dopo toracectomia e, particolarmente se in presenza di resezione polmonare sincro-na. Le dimensioni della retrazione cicatriziale non possono essere previste in un modo esatto.

Così che vi sono casi in cui il materiale protesi-co rigido diviene esuberante e deve essere aspor-tato di conseguenza. Questi eventi sfavorevoli non possono essere previsti neppure creando una zona a cuscinetto.

Al contrario della rete di MarlexÆ a sandwich, il metodo da noi descritto possiede un’altro van-taggio: nel decorso postoperatorio si sviluppa intorno al materiale alloplastico un tessuto ci-catriziale di granulazione, che di per se aumenta la stabilità della ricostruzione permettendo la rimozione della barra metallica dopo un vallo variabile da tre a sei mesi con un inter-vento molto semplice senza mettere a rischio la stabilità della riparazione effettuata prece-dentemente.

Fig. 3: Alla TAC dopo 1 anno si nota a livello della parete anteriore la reazione e la protesi in sede con geometria della gabbia toracica man-tenuta.

Fig. 2: Lo schema fa vedere come posizionare e fissare la protesi e la barra metallica alle coste

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Tipologia di interventi

Abbiamo suddiviso in 3 tipi sia per la corre-lazione di tipo di malattia che per tipo di infil-trazione ed interessamento della parete toraci-ca (Fig. 4).

Tipo I (eseguito in 83 casi):

Carcinoma broncogenico a crescita centri-fuga con infiltrazione della parete toracica, Sta-dio IIb secondo UICC.

Di solito vanno asportate non oltre 3-5 coste e le parti molli non sono interessate dalla neo-plasia. Di conseguenza, si esegue una resezio-ne polmonare anatomica (sia essa una lobecto-mia, sia una pneumonectomia) e in aggiunta una asportazione della parete toracica “en-block”. Segue la stabilizzazione della parete e la copertura della protesi con parti molli pre-senti.

Tipo II (eseguito in 132 casi):

Tumori primitivi della parete toracica, mu-scolari o ossei quali ad esempio i sarcomi, gli istiocitomi fibrosi e i tumori desmoidi (Figg. 5-6).

Mentre pazienti con osteosarcoma e sarco-ma di Ewing dovrebbero giovarsi di un tratta-mento multimodale con chemioterapia neoa-diuvante, neoplasie quali l’istiocitoma fibroso, il liposarcoma, il neurofibrosarcoma ed il con-drosarcoma non rispondendo alla radio- e/o alla chemioterapia vanno asportati in prima battuta con ampi margini di resezione senza indugio.

La diagnosi differenziale tra condroma ed condrosarcoma è difficile con i soli esami ra-Fig. 4: Tipo di neoplasia e infiltrazione relativa

della parete toracica.

Figg. 5-6: Immagine TAC e clinica di grosso fi-brosarcoma della parete (Tipo II) anterolatera-le sinistra con piccola metastasi polmonare.

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diografici, quindi, ogni lesione sospetta deve essere considerata come un condrosarcoma.

In tutti i casi va eseguita la resezione della trat-to di parete con estesi margini sani circostanti, qualche volte includendo la cute sovrastante, raramente in combinazione ad una resezione polmonare periferica, spesso atipica. La rico-struzione deve essere del tipo combinato, cioè stabilizzazione scheletrica associata a lembi muscolari o omentale. La sintesi cutanea soli-tamente è senza problemi particolari.

Tipo III (eseguito in 58 casi):

Carcinoma mammario (recidive locali con infiltrazione della parete (Figg. 7-8), sequele del trattamento, metastasi ossee, spesso sternali).

Tumori con crescita centripeta, a configura-zione imbutiforme, quindi, massima estensio-ne a livello cutaestensio-neo, il difetto delle parti molli oltrepassa di solito lo sterno e le coste (Fig. 8), di frequente si abbinano resezioni polmonari sincrone. La stabilizzazione è raramente neces-saria. La sintesi cutanea qualche volta è la par-te più difficile del inpar-tervento.

L’indicazione chirurgica per il Tipo I e il Tipo II è effettuata sempre con intento curativo, mentre nel caso del Tipo III, soprattutto per il carcinoma avanzato della mammella oltre che ulcerato anche l’aspetto palliativo ha un peso rilevante.

Le controindicazioni per questi interventi estesi sono gli stessi in altri campi della chirur-gia toracica:

- funzione cardiopolmonare proibitiva - inoperabilitá locale

- inutilitá oncologica - terapia alternativa migliore Complicanze

- Precoci

A cascata: disturbi della circolazione con necrosi successiva, come in un nostro caso con Figg. 7-8: Recidiva su cicatrice in pregressa

ma-stectomia secondo Patey per carcinoma mam-mario destro e visione alla TAC di non infiltra-zione apparente del piano costale

Fig. 9: Lesione a partenza dai linfonodi della catena mammaria interna destra in esiti visibi-li alla TAC di esofagectomia e gastroplastica per neoplasia esofagea pregressa.

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recidiva della X costa per un istiocitoma fibro-so maligno. Necrosi consecutiva della cute, del muscolo gran dorsale, del omento. Ed infine, guarito con un lembo libero miocutaneo gran dorsale controlaterale (Fig. 10).

- Tardive

Occlusione dell’arteria succlavia a distanza di un anno dalla resezione per un condrosarco-ma della pricondrosarco-ma costa, causata da una crescita callosa esuberante (Figg. 11-12).

Infezioni tardive fin a 12 anni dopo l’inter-vento. Come riporta Martini (16) esiste un di-screto numero di infezioni tardive non correla-te al macorrela-teriale impiegato.

L’esempio da noi riportato (Figg. 13-14) si verificò 12 anni dopo l’intervento resettivo per Fig. 10: Esiti di necrosi post-chirurgica cuta-nea-muscolare e omentale. Nuovo lembo libe-ro miocutaneo gran dorsale a riparazione del difetto.

Figg. 11-12: (10) Codrosarcoma della prima co-sta; campo operatorio con resezione della cla-vicola (freccia 1) e della prima costa, visibili l’ar-teria succlavia destra occlusa (freccia 2) e la vena succlavia (freccia 3). (11) Pezzo operato-rio (inserto 2) con radiografia del torace con angiografia (inserto 1) con occlusione dell’ar-teria.

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