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Fig. 1: Avvicinamento delle due limitanti (su-periore ed inferiore) del corpo vertebrale e ci-fosi successiva

Il paziente generalmente riferisce un improv-viso “dolore in regione dorso-lombare” accom-pagnato da una apparente deformità spinale, con conseguente riduzione dell’altezza e presen-za di addome sporgente.

La frattura vertebrale, più o meno dolorosa, ha come conseguenza a lungo termine l’aumen-to dell’incidenza di altre fratture superiore a 5 volte il normale con conseguente alterazione della statica della colonna. Tali modificazioni della colonna determinano alterazioni della cassa toracica e della cavità addominale con conseguenti disturbi del ritmo sonno-veglia, depressione, riduzione della funzionalità

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monare, fenomeni di malnutrizione secondari alla compressione gastrica; a conseguenza di ciò si può osservare un incremento della mor-talità pari al 23-34%.

Riguardo la funzionalità polmonare (FVC, FEV1) essa si riduce sensibilmente nei pazienti con frattura toracica e lombare. In particolare, una frattura vertebrale toracica provoca una perdita del 9% della capacità vitale forzata (FVC).

Nell’intento di ottenere analgesia, di evitare il collasso vertebrale, di ripristinare la normale anatomia e in conseguenza alla sintomatologia dolorosa e all’incapacità di deambulare, il pa-ziente con una frattura vertebrale di origine osteoporotica e/o neoplastica è generalmente costretto all’allettamento forzato per un perio-do di circa 2-3 mesi.

In quasi il 70% dei casi le metastasi al rachi-de sono dovute a tumori rachi-della mammella, pol-mone, prostata e melanoma.

Le vertebre dorsali sono i più frequentemente coinvolte dalla malattia (70%), seguite da quel-le lombari (20%) e, infine, quelquel-le cervicali (10%) (Fig. 2).

La metà posteriore del soma vertebrale è ge-neralmente la prima parte ad essere coinvolta,

mentre la porzione anteriore, la lamina ed i pe-duncoli sono interessati solo successivamente dalla diffusione sistemica della malattia (Fig. 3).

Di fronte ad una lesione vertebrale metasta-tica o da mieloma, il trattamento non invasivo include il ricorso ad analgesici per via orale o parenterale e alla radioterapia; in alcuni casi con lesioni tumorali si può ricorrere alla tera-pia ormonale, ai farmaci chemioterapici e ai bifosfonati. Nessuna delle suddette opzioni con-sente comunque di alleviare adeguatamente il dolore e favorire la deambulazione.

Il trattamento chirurgico, raramente utiliz-zato nei pazienti con malattia vertebrale multi-focale, prevede l’asportazione del corpo verte-brale, la sua ricostruzione, la stabilizzazione del Tecniche minivasive percutanee nel trattamento delle fratture vertebrali

Fig. 2: Incidenza delle fratture vertebrali. Nevitt MC et al. Bone.1999;25:613–619.

Fig. 3: I tre tipi di fratture vertebrali

Tecniche minivasive percutanee nel trattamento delle fratture vertebrali 161

Fig. 4: Iniezione di metilmetacrilato nel corpo vertebrale collassato

rachide mediante viti, comportando un prolun-gato ricovero ospedaliero ed una elevata mor-bilità e mortalità in quei pazienti che hanno già di per sè una limitata aspettativa di vita.

Una valida alternativa è rappresentata dalla vertebroplastica e/o dalla cifoplastica, cioè dal-l’iniezione di polimetilmetacrilato o PMMA (Fig. 4) mediante aghi posizionati nel corpo della vertebra fratturato, nel tentativo di rin-forzare e stabilizzare la frattura ed eventual-mente di riespandere la vertebra crollata e con-temporaneamente di alleviare il sintomo dolo-re da essa derivante.

La vertebroplastica (VPL), iniziata in Fran-cia negli anni ’80, è stata utilizzata per la prima volta per trattare il dolore derivante da un eman-gioma aggressivo vertebrale e più tardi per al-tre lesioni causanti indebolimento della verte-bra come le metastasi osteolitiche ed il collasso osteoporotico.

Il metilmetacrilato introdotto all’interno del corpo vertebrale sotto guida fluoroscopica me-diante un ago metallico (Figg. 5-6-7-8) deter-mina la scomparsa del dolore sia per la fusione acrilica dei signoli frammenti in un unico bloc-co prevenendone gli spostamenti sia a seguito

Fig. 5: Visione floroscopica di cementificazio-ne di corpo vertebrale lisato

Fig. 6: Procedure di aggressione al corpo ver-tebrale

della reazione esotermica determinata dalla po-limerizzazione del cemento con conseguente ef-fetto microneurolesivo.

Fig. 7: Posizione prona del paziente per aggres-sione posteriore

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La maggior parte delle complicanze relative a questa tecnica sono rappresentate dallo stra-vaso del cemento che può verificarsi o nello speco midollare con conseguente compressio-ne e richiedere una immediata lamicompressio-nectomia decompressiva, o nei vasi perivertebrali con possibile migrazione di un embolo a livello del-la circodel-lazione polmonare. Neldel-la realtà lo stra-vaso del cemento nei vasi vertebrali avviene fre-quentemente e non è quasi mai responsabile di sintomatologia.

Nel 1998 è apparsa una nuova possibilità te-rapeutica per le fratture vertebrali, la cosiddet-ta cifoplastica a palloncino o cosiddet-tampone osseo gonfiabile KyphxÆ; tale tecnica prevede il

trat-tamento del dolore combinato con il recupero dell’altezza del corpo vertebrale e la riduzione della cifosi (Fig. 9).

Solo a partire dal 2000 la cifoplastica (KPL), utilizzata principalmente per il trattamento delle fratture vertebrali osteoporotiche, divie-ne oggetto di studio per il trattamento delle frat-ture vertebrali sintomatiche nei pazienti neo-plastici ed è attualmente inclusa nelle linee gui-da della Società Italiana di Ematologia nel trattamento del mieloma multiplo in caso di crollo vertebrale.

La cifoplastica a palloncino comporta l’in-flazione di un pallone all’interno del corpo ver-tebrale collassato per ricuperare l’altezza e per ridurre la deformità cifotica, prima di ottenere la stabilizzazione con il metacrilato. Il rischio di stravaso di cemento rispetto alla vertebro-plastica è teoricamente ridotto poichè l’infla-zione del palloncino determina la creal’infla-zione di un vuoto all’interno del corpo vertebrale in cui il cemento può essere iniettato con una relati-va bassa pressione (Fig. 10).

La KPL viene eseguita in anestesia generale con un rapido risveglio del paziente per assicu-rare un adeguato comfort sia del paziente che dell’operatore.

L’imaging utilizzato in corso di procedura è Tecniche minivasive percutanee nel trattamento delle fratture vertebrali

Fig. 8: Dopo infissione degli aghi nel corpo ver-tebrale si insuffla il metilmetacrilato

Fig. 9: Cifoplastica a palloncino con recupero dell’altezza del corpo vertebrale

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in alcuni casi rappresentato dalla TAC ma rite-niamo la fluoroscopia biplanare più corretta non solo nel corso dell’infissione degli aghi, ma soprattutto al momento dell’inflazione del pal-lone o dell’iniezione del cemento.

I rischi della metodica includono infezioni, sanguinamenti, danno midollare o nervoso, fratture costali e embolia polmonare. L’inciden-za di complicanze è di circa lo 0.5% mentre il 10% dei pazienti non ottiene un significativo miglioramento. Alcuni pazienti sviluppano spa-smi muscolari nelle prime 24-48 ore che posso-no essere trattati con riposo e farmaci miori-lassanti. Una reazione allergica è sempre pos-sibile.

Wang et al. (2000) dell’MD Anderson Cancer

Tecniche minivasive percutanee nel trattamento delle fratture vertebrali

Center di Houston hanno riportato la loro espe-rienza di vertebroplastiche su pazienti con mie-losa multiplo. La maggioranza dei pazienti (91%) ha riportato un marcato o completo pain relief post-procedura. La media pre-procedura (11-point numeric rating scale 0-10) del NRS pain score era 7/10 mentre il pain score posto-peratorio era di 2/10, che perdurava per un pe-riodo di follow-up pari a 12 mesi (p†<†0.005).

Non sono state osservate complicanze maggio-ri ma si è osservato uno stravaso asintomatico di acrilico nel 4% dei casi.

Fourney e coll. (2003) dell’MD Anderson Cancer Center di Houston hanno riportato una review retrospettica di 56 pazienti sottoposti a vertebroplastica e/o cifoplastica per fratture vertebrali metastatiche, 21 mieloma e 35 altre neoplasie metastatiche. Nell’84% dei casi vi è stato un miglioramento o la completa scompar-sa del dolore dopo la procedura. Non vi sono state complicanze correlate al trattamento. Uno spandimento asintomatico di metacrilato è sta-to notasta-to nel 9.2%.

Infine, la cifoplastica (KPL) è in grado di al-leviare il dolore secondario a frattura vertebra-le e può essere eseguita da medici bene adde-strati con una accettabile incidenza di compli-canze; in ogni caso sono necessari studi più ampi ed approfonditi per comparare la sua ef-ficacia nei riguardi della terapia conservativa.

Fig. 10: Cifoplastica a palloncino, visione fluo-roscopica

Fig. 11: Differenze tra vertebroplastica e (nella seconda colonna) cifoplastica

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Tecniche minivasive percutanee nel trattamento delle fratture vertebrali

La videotoracoscopia ha mosso i primi pas-si nel lontano 1912, quando venne pubblicato il lavoro: “Laparo und Thorakoskopie.” da par-te di un medico inpar-ternista di Stoccolma, von Hans-Christian Jacobaeus (1), il quale con l’im-piego di un cistoscopio di Nitze effettuò la pri-ma pleuroscopia. All’inizio l’unico scopo era di esplorare la cavità pleurica ma, successivamen-te, lo stesso Autore pensò che, effettuando la lisi delle aderenze pleuriche nelle infiammazio-ni tubercolari nei casi post-collassoterapici non andati a buon fine proprio per il mancato col-lasso polmonare, avrebbe favorito l’efficace pneumotorace come dagli insegnamenti di For-lanini fin dal 1880 (Fig. 1). Questa tecnica de-scritta dal medico svedese prese il nome di “In-tervento di Jacobaeus” (Figg. 2-5) (2-4).

Successivamente la toracoscopia venne uti-lizzata a scopo prevalentemente diagnostico per le patologie pleuriche. Solo negli anni ‘90 con

Videotoracoscopia medica e chirurgica