• Non ci sono risultati.

Negli ultimi tre decenni, col crescere del tem- po disponibile e della disponibilità di spesa, le persone tendono a spendere una quota sempre maggiore di reddito in attività ricrea- tive e in viaggi: un numero crescente di viag- giatori affolla aeroporti, stazioni ferroviarie, autostrade. Il viaggio apre nuove prospetti- ve al retailing. Si tratta infatti di intercettare i consumatori nei luoghi in cui essi si trovano, al fi ne entrare nella loro sfera percettiva. Si spiega così il crescente fatturato dei negozi presenti negli aeroporti, nelle stazioni ferro- viarie, nei porti. La logica che ispira l’apertura di punti vendita in questi luoghi di transito è quella di raggiungere le persone dove esse si trovano, ottenendo il duplice vantaggio di un elevato numero di contatti e di un pubblico spesso più omogeneo nei comportamenti e nelle motivazioni di quanto non sia quello di un centro cittadine. (Castaldo & Mauri, 2010)

3.1 Stazioni ferroviarie

La stazione del XIX secolo nasce e si svi- luppa come la nuova porta della città. Poi- ché costruita ai margini della città storica, ne segna il limite di separazione rispetto alla campagna e alla periferia. Essa è una so- glia, come un luogo di confi ne tra la città e l’altrove, una zona fi ltro, un interscambio tra il pedone e il treno e assume l’aspetto ed il valore simbolico di monumento. Mentre il tre- no assieme una valenza signifi cativa come spazio del viaggio, la stazione entra nel’im-

maginario collettivo come il luogo elettivo della partenza e dell’arrivo. È inizio e fi ne di un viaggio, spazio di relazione e di isola- mento rispetto alla città. (Colquhan, 1995 ) La stazione tende progressivamente ad as- sumere le caratteristiche e le sembianze della città in quanto gli spazi tendono ad assomigliarsi e ad essere vissuti in modo analogo. Proust defi nisce le stazioni “luo- ghi speciali”, che non fanno parte della cit- tà, ma contengono l’essenza della sua personalità allo stesso modo che ne por- tano il nome su un cartello segnaletico. La contiguità tra stazione e città e la gran- de forza di attirare a sé i simboli e le fi gure della metropoli, sono evidenti in Proust che interpreta la stazione contemporanea, ca- rica di vetrine e insegne e messaggi com- merciali, come il museo della città stessa. (Verna & Frigerio, 2009) La stazione come il museo e la città, è un luogo di mescolan- ze, dove regna il “caos”: un caos non solo umano, ma di immagini, cartelli, indica- zioni, insegne luminose e merce esposta. La stazione è ormai un luogo di attraver- samento, una soglia veloce dove prevale l’esporre, il mettere in mostra: è il museo del moderno, è il tempio della merce. Il mu- seo diventa gran bazar dove l’opera d’arte si confonde con la merce esposta, spes- so riproduzione delle opere d’arte origina- li. Diventa una città dentro la città. Come la stazione ferroviaria, dove i percorsi sono le gallerie commerciali e l’atrio un grande cro- cevia-piazza cittadino. Come dice Adorno

tra la stazione e il museo vi è una relazione fi siognomica connessa all’architettura alle dimensioni spaziali al carattere “espositi- vo” di entrambe le strutture. (Adorno, 1976) Entrambi diventano luoghi dell’eccesso e dell’abbondanza, per l’affollamento di uomini e per la concentrazione d’immagini che dege- nerano in “inquinamento visivo” e in “iperaccu- mulo di stimoli”. Stazione e museo, in quanto luoghi della mercifi cazione, trovano il punto di contatto nell’immagine del bazar entrambi infatti pongono l’uomo in una condizione di marginalità e extraterritorialità per la mancan- za di una rispondenza all’aspettativa di fami- liarità “con il luogo stesso, in cui la merce, nuova icona della modernità, diventa predo- minante. La stazione tende progressivamente a diventare altro da sé: la componente acces- soria è senza dubbio quella predominante. I luoghi di sosta e le sale d’attesa, stanno scomparendo per lasciare posto alle strutture commerciali, di vendita e consumo, i negozi, bazar, che espongono prodotti di ogni gene- re, agenzie di viaggi, ristoranti e bar, pensati come luoghi di transito ad alta frequentazione non sono attrezzati per una sosta prolungata, l’attenzione ad esempio è rivolta, più che ai posti a sedere, ai banconi dove appoggiarsi momentaneamente per consumare il proprio pasto/spuntino; il viaggiatore vive l’attesa in un senso di precarità, quasi costretto a “vagare” da un servizio all’altro per adattarsi ai ritmi im- posti dal sistema ferroviario. (Ferrarini, 1999) Negozi, ristoranti, cinema, sportelli bancari e uffi ci anagrafe. Ma anche terrazze, giardi- ni e sale museali. La stazione di oggi è un edifi cio complesso in continua trasforma- zione; è un luogo urbano dell’architettura non ancora del tutto codifi cata. (Mazzoni, 2001) Le principali stazioni ferroviarie han- no seguito l’esempio degli aeroporti, e al- tre si stanno rinnovando per assomigliare di più a centri commerciali. (Ritzer, 2000) Questo fenomeno di trasformazione ha avuto inizio negli ultimi decenni, con la progressiva

necessità di rinnovamento e adeguamento ai nuovi traffi ci veloci ferroviari. Nuove sta- zioni sono in costruzione e quelle vecchie, nella maggioranza risalenti agli inizi del se- colo scorso, hanno avuto la necessità di grandi lavori di restauro e di rinnovamento. “Le ristrutturazioni tendono a trasformare inte- re città in supermercati, quella è la logica domi- nante. Ma si tratta di una pseudosoluzione. In parte il commercio non fa male, ma lo shopping non può essere l’unica strada”. (Fuksas, 2004) La prima che ha anticipato questo fenomeno è stata la Grand Central di New York. Essa già durante i primi anni di esercizio si era confi - gurata come un centro multi servizi della città, facendo le veci della piazza moderna, ossia il centro commerciale che dopo qualche anno avrebbe cambiato il volto degli Stati Uniti. Già nel 1929 Paul Morand, diplomatico e narratore francese, scriveva: «E’ una sta- zione questa galleria di pietra levigata illu- minata da immensi porticati a vetri e dove circolano tranquillamente viaggiatori senza

bagaglio? Ristoranti, bar, farmacisti, parruc- chieri, librerie, venditori di grammofoni, c’è di tutto qui, salvo i treni.» (Calabresi, 2003 ).

Imm. 3.1 Grand Central New York

Non solo: erano già presenti spogliatoi, sa- loni di bellezza e vasche da bagno, come da progetto di realizzazione, fi glio di una nascente cultura igienista. Ma è solo dopo il grande restauro del 1998 che la stazione la- scia maggior spazio alle logiche commercia- li. Spuntano 23 tra caffè e ristoranti, cucina italiana, ebraica kosher, cinese, giapponese, giamaicana e ovviamente fast food. Un mer- cato dei prodotti alimentari freschi con banchi di frutta, pesce, spezie, formaggi, prosciutti tedeschi, lumache francesi. Panetterie, ne- gozi di ceramiche, cartoleria, dischi, libri, fi ori, orologi, edicole, una sede esterna della New York Transit Museum, e più di quaranta punti vendita al dettaglio. Grand Central contiene in genere solo punti vendita in franchising e privati di piccole dimensioni; non ci sono gran- di catene all’interno del complesso ad ecce- zione di una caffetteria Starbucks e un Rite Aid farmacia/negozio. (Grandcentralterminal) Anche la Union station Washington ha se- guito lo stesso destino. Dopo lunghi lavori di restauro e rinnovamento, la stazione riaprì nel 1988. Fu installato sotto l’atrio principa- le un cinema della catena AMC. Altri punti di ristoro e negozi furono installati nei piani sotterranei dove un tempo si depositava e smistava la posta. Negozi furono aperti an- che nell’atrio centrale e nella zona dei bina- ri. Oggi la stazione ospita in tutto 112 pun- ti vendita di varia natura. (Unionstationdc) Ma non è solo negli Stati Uniti che ha avuto luogo questa trasformazione. A Tokyo, le stazioni delle tre linee dell’alta ve- locità (JR) dove corrono i famosi treni Shin- kasen sono dei veri e propri centri polifunzio- nali: all’interno si trovano non solo esercizi commerciali di ogni tipo, ma anche strutture ricettive (numerosi ristoranti e alberghi), ci- nema e teatri e non mancano gallerie d’arte e musei. Bisogna sottolineare che le stazio- ni ferroviarie nipponiche non sono mai state solo funzionali al trasporto: il Giappone si è sviluppato principalmente con la costruzione

delle linee veloci dei treni e contestualmente le attività all’interno delle stazioni rappresen- tano i punti di ritrovo, di scambio, di incon- tro principali delle città. (TeMALab, 2008) Nel 2002 hanno avuto termine i lavori di ri- sistemazione della principale stazione di Parigi, nonché la più frequentata d’Europa per numero di passeggeri: la Gare du Nord. Una quarantina di nuovi negozi sono stati inaugurati, che sommati ai precedenti for- mano un complesso di 100 negozi distri- buiti su 3500 metri quadri. (Demotz, 2002) Emblematico è il progetto di Rafael Moneo della stazione Atocha di Madrid. Nel progetto di Moneo l’aspetto espositivo è evidente e pre- dominante: ne è esempio la decisione di arre- trare i binari, trasformando la stazione in altro da sé. In uno spazio urbano e commerciale. La stazione si riappropria dell’immagi- ne di contenitore e di luogo dal carattere espositivo, facendo riemergere con forza aspetti tecnici della stazione ottocentesca. In Italia il fenomeno della trasformazio-

Imm. 3.2 Stazione Atocha di Madrid

ne delle stazioni secondo questi nuo- vi canoni commerciali ha come antesi- gnana la principale stazione di Firenze. Negli anni 80 Santa Maria Novella, ha su- bito degli importanti lavori di risistemazio- ne. Contestualmente alla costruzione di un parcheggio interrato, è stato costruito un sottopassaggio pedonale sotto la piaz- za omonima che fungesse da congiunzio- ne tra la stazione, l’accesso ai parcheggi e l’inizio di via Panzani. Il sottopasso è stato confi gurato come una vera e propria galleria commerciale, con punti vendita di ogni ge- nere dislocati in entrambi i lati della galleria e dei suoi bracci. (Grandistazioni) Un inter- vento commerciale che fa da giunzione fra il non luogo della stazione e la città stessa. Ma il più grande esempio di ampia ri- qualifi cazione di una stazione fer- roviaria è quello di Roma Termini. La riqualifi cazione della stazione della Ca-

pitale (conclusasi nel 2000) rientra nel pro- gramma “Grandi Stazioni SpA” che rappre- senta la società del gruppo Ferrovie dello

Stato che gestisce il processo di riqualifi ca- zione e di valorizzazione delle tredici mag- giori stazioni ferroviarie italiane. La mission della società è proprio quella di trasformare le stazioni reinventando lo spazio pubblico: da stazioni a centri servizi, a piazze urbane, a shopping mall. La stazione di Roma Ter- mini era stata scelta come progetto-pilota all’interno del Programma “Grandi Stazioni” per la consistenza dei fl ussi in transito (circa 400.000 persone al giorno), per le dimensio- ni del complesso immobiliare (225.000 mq), e in quanto era stata la porta-ingresso alla nazione durante il Giubileo. (Ferpress, 2010) Nel livello sotterraneo della stazione, un tempo simbolo del degrado del complesso, è stato realizzato il Forum Termini: un cen- tro servizi con una vastissima offerta com- merciale, 14mila mq di vetrine scintillanti a rappresentare ogni categoria merceologica, un nuovo modo di vivere la stazione con un occhio di riguardo anche al pubblico “non viaggiatore”: un vero e proprio cen- tro commerciale urbano. (Grandistazioni) Oggi la stazione Roma Termini è un centro po- lifunzionale aperto 365 giorni l’anno, che ac- coglie al suo interno oltre 180 categorie mer- ceologiche diverse ed eventi di ogni genere. Oltre ai servizi inerenti il viaggio (biglietterie, depositi bagagli, agenzie viaggi, autonoleg- gi, prenotazioni alberghiere), l’interno della stazione ospita ogni tipologia di esercizio per la ristorazione (bar, fast-food, self-service, ri- storanti, gelaterie, wine bar), per la pubblica utilità (servizi bancari, fi nanziari, postali, pre- vendite spettacoli), per la salute e cura del- la persona (farmacia, poliambulatori, centro fi tness, centro benessere, solarium, sauna), commerciali (abbigliamento, accessori, idee regalo, articoli sportivi, gioielli, profumi, mul- timediali, supermercati), culturali e di intrat- tenimento (esposizioni museali permanenti e temporanee, concerti, spettacoli, e librerie). La stazione è stata riqualifi cata attra- verso un’operazione di recupero del

Imm. 3.3 Roma Termini

preesistente coniugato ad una nuova visione funzionale pronta a recepire le at- tuali esigenze di mercato. (TeMALab, 2008) Anche la stazione di Milano Centrale è stata interessata da grandi interventi di recupero e restauro, che, secondo una serie di voci, ne hanno alterato l’impianto originario per as- servirlo a fi nalità prettamente consumistiche. Nel progetto di ristrutturazione, parzialmen-

te concluso nel 2008, è stata progettata ex novo una galleria commerciale nel piano del sottosuolo, nei passaggi che condu- cono alla nuova biglietteria, nei nuovi per- corsi creati per la salita al piano dei treni. Da progetto sono previsti 120 negozi, di cui per ora circa un ottantina sono già stati inaugurati. Il progetto è stato vittima di numerose cri- tiche: la stazione è stata snaturata nella

sua architettura originaria per asservirla ad una logica prettamente commerciale. Sono stati allungati i percorsi per obbligare i viaggiatori a passare davanti alle vetrine dei negozi, nella logica di un grande cen- tro commerciale, che è appunto la stessa logica applicata alle attività aeroportuali. I viaggiatori (320mila al giorno, 120 milioni all’anno) si sono visti restituire “una stazione

con percorsi allungati e maliziosi, nel senso che obbligano il passaggio davanti ai negozi: sono state sradicate quattro coppie e mez- za di scale mobili, che facevano benissimo il loro lavoro di salita e discesa meccanica, ma che avevano il difetto di portare troppo direttamente ai treni; sono state sostituite da tapis roulant più lunghi e più lenti, che spez- zano orizzontalmente, in maniera innaturale,

Imm. 3.4 Stazione Centrale, Milano

l’asse verticale città-stazione, ma che fanno sfi lare la gente davanti alle vetrine.” (Stefa- nato, 2010) Come accade negli Autogrill (i padroni sono gli stessi, la famiglia Benetton, che ha una quota consistente della società Grandi Stazioni): nelle stazioni di servizio sull’autostrada per uscire bisogna “passare tortuosamente tra gadget e provole locali” (Beltrami Gadola, 2008). Alla Centrale dun- que l’approccio ferroviario, arrivo, compro il biglietto e parto, ha ceduto all’approccio com- merciale più aggressivo: ti obbligo a passare davanti ai miei negozi, anche a rischio di farti perdere il treno. “Ci sono insegne luminose, scale mobili, cartelloni pubblicitari dapper- tutto: più che una stazione sembra un cen- tro commerciale.” (De Vito & Carra, 2011) Quattro totem luminosi e rotanti, tappezza- ti di messaggi pubblicitari, scandiscono la distribuzione degli spazi. Appesi al soffi tto, manifesti elettorali che incombono sopra le teste dei viaggiatori. Tutta intorno, incastra- ta nelle pareti, una valanga di negozi-bar- tabaccherie-bistrot: led e luci ovunque, che invogliano i passeggeri a entrare e, possibil- mente, a spendere. (De Vito & Carra, 2011) La nuova Stazione Centrale di Milano era sta- ta progettata, caso sorprendente, senza sale d’aspetto: o meglio con “modalità d’aspetto differenti” come ha sempre ripetuto il progetti- sta, Marco Tamino. Nel suo progetto del 2000 aveva previsto che l’attesa avvenisse nei bar, nei ristoranti, sulle balconate, nei negozi. oggi esiste soltanto la saletta vip riservata ai soci di Cartafreccia, “Oro” e “Platino”. “E tutti si chiedono: era il caso di creare una sala d’at- tesa per il traffi co «business» e abbandonare al loro destino tutti gli altri viaggiatori?” (Stefa- nato, 2010) Per tutti gli altri viaggiatori invece ci sono circa 350 posti a sedere distribuiti sui vari piani, che diventeranno 462. Ma quasi tut- ti al freddo. Per il resto, se si vuol stare seduti si può scegliere: seggiolini al freddo e gratis, oppure al caldo e nei negozi. Con consuma- zione obbligatoria. (De Vito & Carra, 2011)

Le stazione a spingere i viaggiatori a trasfor- marsi in consumatori. Il rinnovamento della stazione secondo un’impronta commerciale però ha uno scopo di carattere economico- fi nanziario: aumentando la superfi cie com- merciale aumentano le entrate relative agli affi tti dei negozi; nella stazione rinnovata i canoni di affi tto sono anche triplicati; molti negozi sono costretti a versare royalties su- gli scontrini a Grandi Stazioni, impegnandosi a un’apertura continuata dalle 8 alle 22, con multe per i ritardi, per 365 giorni all’anno. Ma anche le stazioni più piccole si stanno dando a questo restyling in versione com- merciale: artefi ce ne è sorella più piccola di Grandi Stazioni, la società Centostazio- ni, alla quale invece è affi data la gestio- ne di centotre stazioni ferroviarie italiane. “Caffè e giornale prima di prendere il tre- no. Ma anche una pizza o un hambur- ger, il pane da portare a casa, i libri per il viaggio, e perché no?, una messa in pie- ga per arrivare in ordine.” (Ravelli, 2004) Un po’ piazze moderne, un po’ centri commer- ciali, in Lombardia le prime stazioni a rifarsi “il trucco” sono state Milano Porta Garibaldi e Brescia nel 2006. Maria Teresa Genoni, l’ ar- chitetto che ha coordinato il progetto di Porta Garibaldi spiega: “Abbiamo completamente riprogettato la stazione: lo scopo è migliora- re la distribuzione degli spazi, [..] e natural- mente creare tanti nuovi negozi”. I 25 milioni di passeggeri che ogni anno passano per la stazione di Porta Garibaldi ora troveranno, ol- tre al bar e all’ edicola, anche un minimarket, una farmacia, un’ erboristeria, un bancomat, una profumeria, un ristorante, un tabaccaio, un’agenzia di viaggi, un ottico e negozi d’ab- bigliamento, e con orari più fl essibili rispetto ai negozi del resto della città. (Ravelli, 2004) A Brescia il progetto di riqualifi cazione ha permesso l’aumento dello spazio dedicato ai negozi. Così la stazione di Brescia dove- va diventare”una specie di centro commer- ciale”: bar - ristorazione, tabaccaio, barbie-

re, profumeria, edicola, forno, cioccolateria, ottico, bancomat, calzature, abbigliamento. E la sala d’attesa? “Non c’è, è stata chiu- sa perché insicura”. Risposta lapidaria ma poco realistica. Molto più probabilmen- te non c’è più perché al suo posto ci sono esercizi commerciali, molto più remunerati- vi di una sala per i viaggiatori. Lo conferma Centostazioni: “il progetto ha consentito di incrementare la superfi cie destinata ai ser- vizi per gli utenti”. (Beltrami Gadola, 2008)

3.2 Aeroporti

Sino a pochissimi anni fa, gli aeroporti ve- nivano generalmente considerati dei luoghi poco ospitali, anonimi e confi nati molto lon- tani dalla città perché bisognava quasi ver- gognarsene. Erano cioè dei luoghi di transito, concepiti per passarci soltanto il tempo ne- cessario a espletare le formalità necessarie per volare. Ma, progressivamente, ci si è accorti che, poiché si tratta di luoghi dove l’individuo è costretto a molto tempo, forse conviene che lo passi al meglio. Pertanto: “Si moltiplicano gli sforzi degli architetti per pro- gettare aeroporti che, pure nelle loro gran- di e spropositate scale, creino un ambiente famigliare e stimolante per i passeggeri e che, soprattutto, si presentino sempre più come parti di una città a cui si saldino senza soluzione di continuità”. (Amendola, 1997) Ecco dunque che gli aeroporti hanno tenta- to di migliorare la loro offerta di servizi e il loro aspetto estetico. Prima timidamente, con l’arricchimento e l’innalzamento qualitativo dell’offerta di cibi e con l’innovativo esem- pio rappresentato dall’aeroporto che all’epo- ca aveva il maggior volume di traffi co di tutti gli Stati Uniti: quello di Chicago, il quale ha commissionato alla fi ne degli anni Ottanta delle installazioni artistiche, come la scultura al neon con effetti musicali di tipo elettronico collocata nella galleria che collega i due prin-

cipali terminal. Similmente, l’aeroporto di San Francisco ha riempito un corridoio con mo- stre temporanee di artigianato e arti minori. Ma il vero cambiamento è avvenuto negli

ultimi anni con gli interventi di allargamento degli aeroporti esistenti e con la progetta- zione dei nuovi aeroporti, che hanno trasfor- mato questi luoghi in aree di divertimento soprattutto di consumo. L’acquisto dei beni del free-shop viene praticato da anni e ora in realtà questa istituzione in Europa sta scomparendo, ma al suo posto gli aeroporti stanno progressivamente creando delle nuo- ve aree di shopping, con boutique e nego- zi di alto livello per i viaggiatori, ma anche i semplici consumatori. (Codeluppi, 2000) Se i lontani predecessori di questa tenden- za sono stati i negozi duty free e le piazzet-

Documenti correlati