• Non ci sono risultati.

M9 Il distretto commerciale

Capitolo 2. L’ M9, il Museo del Novecento

2.3 M9 Il distretto commerciale

Il distretto commerciale è il secondo elemento che caratterizza e distingue il progetto M9 e la cui idea di realizzazione è nata di pari passo con quella del museo.

50

La Fondazione ha infatti pensato alla creazione di un city district che coniughi in modo dialettico funzioni commerciali e culturali, senza allontanare o sconvolgere il sistema commerciale preesistente quanto piuttosto integrandosi ad esso. Il distretto è ospitato nel complesso dell’ex Convento delle Grazie, il quale è rimasto per anni in un totale stato di abbandono ed ora invece è stato sottoposto ad un’attenta ristrutturazione e trasformazione adattandolo così ad ospitare le sue nuove funzioni. Lo spazio commerciale oltre a comprendere il convento, coinvolge anche i fabbricati delle ex cavallerizze.

Il progetto architettonico del duo anglo-tedesco ha proceduto con il restauro conservativo della facciata lungo via Poerio, aprendo nella zona dei portici una serie di ampie vetrine in corrispondenza degli spazi commerciali al piano terra. Le vetrine si affacciano anche verso l’interno, lato chiostro, il quale è stato trasformato in una piazza coperta e in un luogo di incontro grazie ad una copertura leggera e dalla superficie irregolare formata da una struttura in acciaio (otto colonne distribuite su una griglia irregolare) che sorregge elementi translucidi posti a 15 metri di altezza. La copertura permette di proteggere la zona dalle intemperie e dalla luce, la quale è filtrata dalle membrane traslucide consentendo di avere un’atmosfera soffusa. La funzione della copertura è anche quella di raccogliere l’acqua piovana, grazie a diversi pluviali inseriti nelle colonne portanti e che convogliano le acque in una vasca di laminazione sotterranea posta al di sotto della corte. Diverse sono le motivazioni che hanno portato alla realizzazione di un city district. Da un lato tale scelta si basa sul riconoscimento che questi hanno quali luoghi ideali per lo sviluppo di “small business creativi” (Lucchetta, 2014). I distretti si sono affermati sulla spinta di nuovi imprenditori alla ricerca di spazi diversificati e dai costi ridotti rispetto a quelli dei centri commerciali urbani o extraurbani. Uno spazio retail indipendente può essere un luogo vitale per le economie urbane, e così sembra essersi mostrato negli ultimi anni in quanto nei distretti tendono a insediarsi giovani imprenditori con le qualità necessarie per anticipare le tendenze future. Da qui dunque la volontà di insediare nel distretto diverse tipologie di imprenditori, da quelli nuovi a quelli locali. Nei tre piani dell’ex convento sono infatti stati creati luoghi dedicati alla cucina, all’artigianato locale, alle industrie creative, a librerie e laboratori. Nell’insieme si crea un luogo dove poter acquistare prodotti e servizi e condividerli nello spazio fisico o online.

Dall’altro lato, un’altra motivazione che ha portato alla scelta di realizzare due aree tra loro diverse, vi è l’obiettivo di creare un sistema economicamente autosufficiente. La

51

compresenza di diverse funzioni, una museale più impegnata ed una invece commerciale che volge più verso lo svago, permette alle due di sostenersi a vicenda, e trainarsi per quanto riguarda non solo l’attrattiva ma anche la frequentazione. In particolar modo, l’obiettivo è quello di consentire una piena autonomia di gestione del polo museale. Attraverso il distretto commerciale e quindi sfruttando l’affittanza degli spazi, è possibile sostenere economicamente la gestione integrandola agli incassi della biglietteria del museo. Alla base dell’idea vi è la difficoltà storica di garantire l’autofinanziamento delle istituzioni culturali, per fare in modo che l’M9 diventasse un motore di rinnovamento non solo urbano ma anche civile vi era la necessità di allontanarsi dai modelli consolidati dei musei e intraprendere piuttosto una strada nuova che potesse portare ad un cambiamento radicale (De Michelis, 2014).

Molte sono state e sono le preoccupazioni riguardo alla realizzazione di un’area commerciale nel centro della città. Ad essere timorosi in particolar modo sono i commercianti locali i quali temono che un punto commerciale di tale portata nel centro cittadino possa essere dannoso per le loro attività. Da sottolineare è però la totale assenza da parte del city district di porsi in concorrenza con gli esercizi presenti nel centro cittadino, l’obiettivo è piuttosto quello di integrare l’offerta mestrina con delle funzioni più specializzate e rivolte ad un target medio-alto.

Gli spazi commerciali al momento non sono ancora stati del tutto aperti, la Fondazione sostiene la loro affittanza per l’80% degli spazi totali. Ad insediarvisi per il momento vi sono ditte venete e locali e non solo, dalla cucina si passa allo sport, alla lettura e ai giocattoli per bambini, alla tecnologia. Tra le aziende infatti si trovano: il Caffè Diemme nella zona delle ex cavallerizze, l’azienda di Padova propone diverse miscele di caffè e proporrà dei percorsi di formazione specifici per professionisti e appassionati grazie alla nuova Accademy di Diemme; il ristorante FNC1920, la famiglia Fedalto proprietaria di una delle storiche macellerie di Mestre fondata nel 1920, ha aperto un ristorante avente come specialità la carne, con l’obiettivo di far conoscere il cibo e la sua elaborazione; lo store della Venezia Calcio; la Legea, negozio di articoli sportivi; Il libro con gli stivali, libreria dedicata ai bambini; Città del sole, negozio di giocattoli per bambini; Copernico, società italiana che offre spazi di lavoro interconnessi per professionisti, start up o freelancer.

52

Appendice capitolo 3

Fig.1 Pianta delle sezioni tematiche dell’esposizione permanente, Primo piano (Fonte: Brochure M9)

Fig.2 Pianta delle sezioni tematiche dell’esposizione permanente, Secondo piano (Fonte: Brochure M9)

Primo piano Secondo piano

1.Come eravamo, come siamo. Demografia e strutture sociali

5.Guardiamoci intorno. Paesaggi e insediamenti urbani

2.The italian way of life. Consumi, costume e stili di vita

6.Res publica.

Lo stato, le istituzioni, la politica

3.La Corsa al progresso.

Scienza, tecnologia e innovazione

7.Fare gli italiani.

Educazione, formazione e informazione

4.Soldi soldi soldi.

Economia, lavoro, produzione e benessere

8.Per farci riconoscere. Cosa ci fa sentire italiani

53

Fig.3 Polo culturale, vista su corte dell’albero (Fonte: https://www.archdaily.com/909280/m9-museum- distric-sauerbruch-hutton , fotografia di Alessandra Chemollo)

Fig.4 Polo culturale (Fonte https://www.archdaily.com/909280/m9-museum-distric-sauerbruch-hutton, fotografia di Alessandra Chemollo)

Fig.5 Corte dell’albero (Fonte: https://www.archdaily.com/909280/m9-museum-distric-sauerbruch- hutton, fotografia di Alessandra Chemollo)

54

Fig.6 Particolare della copertura in piastrelle policrome

Figura 7. Distretto commerciale, vista della copertura del chiostro (Fonte:

https://www.archdaily.com/909280/m9-museum-distric-sauerbruch-hutton , fotografia di Alessandra Chemollo)

55

Fig.9 Auditorium (Fonte https://www.m9digital.it/it/il-museo )

Fig.10, 11 Scalinate di accesso ai piani

Fig.12 Piano terzo dedicato alle mostre temporanee (Fonte: https://www.archdaily.com/909280/m9- museum-distric-sauerbruch-hutton , fotografia di Alessandra Chemollo)

56

Capito 3. Il museo virtuale: la virtualità dei contenuti

In questo elaborato il museo M9, per le peculiarità che lo caratterizzano, viene definito un museo virtuale. Alla luce di quanto analizzato nei capitoli precedenti, in quelli seguenti verrà esaminata la dimensione della virtualità del museo del Novecento mestrino.

Ciò che si intende mostrare è come, in questo progetto di rigenerazione urbana, la virtualità sia fortemente radicata e altamente complessa. Essa non si sviluppa semplicemente da un punto di vista dei contenuti ma anche della comunicazione, estendendosi dunque in due dimensioni tra loro ben distinte. La prima è legata ai contenuti museali, il museo M9 si caratterizza infatti per una dematerializzazione degli artefatti artistici e per l’utilizzo di nuove tecnologie e modalità espositive ad esse correlate. Si tratta infatti di un museo che basa la propria esposizione permanente sul concetto di

edutainment ovvero un modello che intende conciliare le esigenze e le tecniche di

apprendimento con un sistema comunicativo incentrato sul divertimento, sull’emozione e sull’intrattenimento, configurando così la visita al museo come un’avventura ludica ed un’esplorazione emozionante. L’esposizione permanente utilizza così la multimedialità, la realtà virtuale e altre tecnologie immersive le quali portano il visitatore a sviluppare un’esperienza museale totalmente nuova. In tal senso dunque il museo M9 è definibile un museo virtuale.

La seconda dimensione della virtualità è invece quella comunicativa, che verrà trattata nel capitolo successivo. Con questa si intende cioè, che la portata comunicativa da parte dell’ente finanziatore connesso all’interesse da parte dei media giornalistici che si è sviluppato intorno al nascente progetto, ha portato ad una sua percezione ed esistenza ancora prima della sua realizzazione fisica. Il museo M9 è quindi definito in questo