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I musei virtuali

Capito 3. Il museo virtuale: la virtualità dei contenuti

3.7 I musei virtuali

Alla luce di quanto appena analizzato, lo sviluppo tecnologico ha condotto ad una incredibile trasformazione nell’ambito dei beni culturali, non solo nella produzione ma anche nella ricerca, nella conservazione e divulgazione.

Come accennato precedentemente, i musei si sono sempre più orientati ad una dimensione incentrata sul fruitore, sviluppando programmi che in tal senso si adattassero alle loro esigenze ed interessi, portando la modalità di visita da passiva ad attiva, dove la fruizione richiede degli interventi di scelta da parte del visitatore riguardo i contenuti che per esempio vuole visualizzare.

L’emergere del concetto di realtà virtuale prima e museo virtuale poi, non sono altro che fenomeni legati ad una estensione di queste tecnologie. A questo punto sarebbe opportuno una definizione di museo virtuale.

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Il termine virtuale è uno dei più abusati nel linguaggio contemporaneo, esso è infatti anche sinonimo di immateriale, ipotetico, non reale, digitale, cibernetico, potenziale. Nella sua definizione moderna, per virtuale si intende qualcosa che fisicamente non esiste ma nonostante ciò produce degli effetti che sono capaci di influenzare la realtà fisica. Nella tecnologia dell’informazione vi è stata un’alterazione del senso di virtuale che ha assunto due significati diversi (Bianchini, 2016):

- letto, memorizzato attraverso un computer, una rete;

- non esistente fisicamente in quanto tale, ma realizzato da un software che lo fa apparire tale.

Queste definizioni possono essere applicate ad entità diverse, si crea una certa confusione quando il termine è affiancato al concetto di museo, è infatti possibile avere diverse interpretazioni di quello che si intende con museo virtuale. Questa tipologia di museo ha sicuramente ampliato e favorito la conoscenza e l’apprendimento, le caratteristiche visive e interattive hanno condotto ad una modificazione delle modalità attraverso le quali avviene la comunicazione portando a nuove forme di apprendimento e di elaborazione della conoscenza in maniera intuitiva ma in particolar modo immediata.

Esistono diverse tipologie di musei virtuali i quali possono essere classificati in (Bonacini, 2011; Cataldo e Paraventi, 2007):

- Musei virtuali di tipo tradizionale, ovvero on line, su un sito web. Sono presenti tutte le informazioni riguardanti la struttura museale contenendo una replica digitale della maggior parte dei contenuti del museo fisico. Il museo virtuale in tal senso non si pone come alternativa al museo reale bensì si affianca complementarmente all’istituzione museale nell’esecuzione sia delle sue funzioni didattiche sia di quelle espositive e produttive.

- Musei virtuali che ampliano on line i contenuti museali, per esempio attraverso visite virtuali in funzionalità remota (effettuando cioè la visita stando seduti di fronte al computer), oppure forniscono contenuti virtuali in presenza (ovvero che utilizzano la multimedialità, la tridimensionalità o la virtualità). Si tratta di musei

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che utilizzano una tecnologia puramente a base visiva e interattiva ma che mantengono sempre un collegamento con l’istituzione fisica.

- Musei esclusivamente virtuali dove si possono trovare offerte differenti rispetto quelle di un museo fisico e che non necessariamente devono essere collegate ad un’organizzazione fisica reale, possono esistere solo online.

Il confine che separa i primi due gruppi di musei di questa classificazione (musei virtuali tradizionali e musei virtuali) sta diventando sempre più sottile e labile, sono infatti sempre più numerosi i musei on-line di tipo tradizionale dotati cioè di un proprio sito web e che decidono di ampliare la propria offerta con l’utilizzo di nuove tecnologie non solo in remoto (visite virtuali) ma anche in presenza (con allestimenti interattivi e multimediali). Per quanto riguarda queste ultime, si stanno infatti diffondendo sempre di più le mostre multimediali le quali stanno riscontrando un incredibile successo. È importante sottolineare la distinzione tra due tipologie di mostre multimediali, da un lato quelle che hanno la multimedialità come contenuto ovvero l’esposizione di opere dove gli artisti utilizzano la tecnologia, dall’altro invece mostre che hanno la multimedialità e la tecnologia come mezzo per esporre, interpretare al meglio oltre che coinvolgere il visitatore.

Uno dei punti di forza di questo tipo di mostre multimediali è l’abbattimento delle barriere tra l’arte e la sua comprensione, queste nuove modalità espositive infatti permettono ad ogni tipologia di pubblico una maggiore comprensione grazie all’integrazione di immagini, video, suoni. Queste trasformazioni stanno conducendo sempre di più i musei alla realizzazione di una esperienza partecipativa. Alla base di tutto ciò vi è l’edutainment ovvero una nuova modalità di comunicazione del patrimonio culturale che si fonda sulla partecipazione e interazione del fruitore.

3.7.1 L’edutainment

La spettacolarizzazione dei contenuti non rappresenta il fine ultimo dell’allestimento museale quanto piuttosto una nuova modalità di rappresentazione di essi. L’affermarsi di una cultura globale e la mediatizzazione della società, la diffusione di una cultura digitale e la crescente interazione tra mercato e cultura, cultura e tempo libero hanno modificato

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le modalità attraverso le quali la cultura e il patrimonio cultuale vengono offerti e consumati (Melotti, 2013).

Il termine edutainment non è di recente formazione, le sue origini infatti risalgono al 1973 quando Bob Heyman, un documentarista del National Geographic chiamò un suo film “Education by Entertaining”. Ma ancora prima negli anni ’60 del Novecento fondamentali sono stati gli studi di Marshall McLuhan il quale ha illustrato gli aspetti fondamentali del poter fare esperienza di un qualsiasi bene sia esso materiale o immateriale.

Diverse sono le definizioni date al termine, alcune di esse definiscono l’edutainment come: (Aksakal, 2015)

- Incoraggiare l’apprendimento tramite il divertimento attraverso l’interazione e la comunicazione, esplorare creando consapevolezza dell’apprendimento, attraverso la prova e l’errore;

- un luogo composto dalla fusione di molti elementi (suoni, animazioni, video, testi e immagini) e un luogo dove chi apprende si diverte e allo stesso tempo impara; - una tipologia di intrattenimento la quale ha lo scopo di educare includendo una

varietà di metodologie come software media, Internet, musica, film, video e giochi oltre che programmi TV;

- un ibrido che si basa sulla visualizzazione e sull’animazione, realizzate attraverso formati come giochi o materiali visivi;

- permettere la permanenza dell’apprendimento attraendo gli studenti e rigenerando i loro sentimenti.

La parola edutainment è creata da due sostantivi che racchiudono il duplice obiettivo della comunicazione culturale, educazione e apprendimento, intrattenimento e svago. Se inizialmente veniva definito come un ramo dell’e-learning che consentiva l’apprendimento di nozioni scolastiche ed extrascolastiche tramite formati multimediali, ad oggi lo sviluppo tecnologico ha ampliato la portata di applicazione pervadendo tutti gli ambiti affini al patrimonio culturale (Cervellini, Rossi, 2011). Comunicare divertendo è l’esigenza insita nel concetto di edutainment, una comunicazione che è rivolta ad ogni fascia di età dai bambini al pubblico extrascolastico. Nell’evolversi e nel diffondersi di questa nuova modalità di fruizione lo sviluppo tecnologico è stato fondamentale, esso

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infatti permette all’utente di utilizzare strumenti virtuali e multimediali che gli consentono un approccio diretto con il patrimonio culturale rendendolo un attore partecipe ed attivo. Nell’ambito museale questo approccio sta consentendo la creazione di un’economia dell’esperienza e la generazione in particolar modo di ricordi, il focus si è dunque spostato dal bene e dal suo utilizzo a come invece quest’ultimo possa far vivere una specifica esperienza.

3.7.2 Le mostre multimediali

L’edutainment è alla base delle mostre multimediali anche dette mostre experience, un format che si sta sempre più espandendo nel contesto internazionale e nazionale e che sta modificando il modo di vivere l’esperienza museale. Le sale espositive non contengono più artefatti ma schermi ad alta definizione che proiettano la riproduzione digitale delle opere d’arte, filmati o la ricostruzione digitale di ambienti. Il visitatore si trova immerso in un ambiente che genera emozioni e sensazioni, vive un’esperienza totalmente diversa rispetto alla visita tradizionale.

Nell’ambito di queste mostre così dette experience si assiste ad una totale assenza dell’originale, la digitalizzazione dei prodotti culturali ha portato, in una serie di passaggi, ad una loro riproducibilità e diffusione a costi zero dal momento che sono in formato digitale, vi è inoltre una diminuzione dei pesi dettati dai costi di trasporto e di assicurazione dell’originale. La riproduzione dell’opera ha condotto ad un cambiamento delle modalità di accesso e consumo, vi è infatti una maggiore fruibilità in quanto la peculiarità dell’artefatto consiste nel suo essere unico e dunque non fruibile in più spazi contemporaneamente, elemento che si sta di fatto superando consentendo la fruizione di una stessa opera in più luoghi e quasi contemporaneamente.

Da sottolineare è l’adattabilità di questo tipo di fruizione a quelle opere che per motivi di conservazione e di estrema fragilità non potrebbero altrimenti essere esposte al pubblico. È inoltre da aggiungere che attraverso queste modalità tecnologiche, è possibile che l’occhio umano percepisca dei dettagli meno appariscenti che altrimenti, attraverso una visione tradizionale, non avrebbe la possibilità di notare, dunque è possibile consentire uno sguardo totalmente inedito sulle tecniche artistiche.

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Ciò su cui si punta, attraverso questo tipo di esposizioni, è la generazione di emozioni e sensazioni nei fruitori, questo grazie ad ingrandimenti di opere d’arte ad alta definizione o grazie all’imponente dimensione delle proiezioni. Una spettacolarizzazione dell’arte la quale viene quasi trasformata in un film, la narrazione viene trasformata e resa cinematografica, vi sono continui movimenti di macchina sull’immagine e si ha l’aggiunta di colonne sonore che rendono il tutto più narrativo e coinvolgente.

Ideale sarebbe che il visitatore attraverso questa tipologia espositiva sia invogliato a vedere l’opera originale nella sua materialità e nel suo contesto. Certo non tutti sono a favore di queste nuove modalità espositive, specialmente coloro che sono favorevoli ad un approccio tradizionale, la maggior parte di essi infatti sostiene che la riproduzione manca di un elemento fondamentale, “l’hic et nunc dell’opera d’arte” (Benjamin et al. 2000). Come sosteneva già nel 1936 Walter Benjamin, tramite la riproduzione dell’opera viene a mancare la sua esistenza unica e irripetibile nel luogo in cui essa si trova, l’originale costituisce l’autenticità, certo la sua riproducibilità permette di lasciare intatta la sua consistenza intrinseca, ma ad ogni modo ve n’è una sua svalutazione. “Nell’ istante in cui il criterio dell’autenticità nella produzione dell’arte viene meno, si trasforma anche l’intera funzione dell’arte” (Bejamin et al. 2000).

Fondamentale in queste nuove tipologie espositive è che il museo non perda di vista il suo obiettivo fondamentale ovvero quello formativo. Queste nuove mostre sono indubbiamente una possibilità di ampliamento del proprio pubblico, è importante infatti trovare linguaggi nuovi per rendere più attrattivo il consumo culturale anche a quelle persone che altrimenti non si avvicinerebbero all’esperienza culturale. L’evoluzione delle modalità formative in ambito museale non sono che la conseguenza del cambiamento di orientamento delle istituzioni, ovvero un orientamento verso il visitatore e un guardare maggiormente a quelle che sono le sue esigenze.