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I maestri della Rivelazione

Questo contributo dei lettori, degli ascoltatori e degli allievi all‟opera aperta della Rivelazione è così essenziale ad essa che io ho potuto leggere recentemente in un libro notevolissimo di un dottore rabbinico della fine del XVIII secolo, che la minima domanda posta da un allievo debuttante al suo maestro di scuola costituisce un‟articolazione ineluttabile della rivelazione intesa sul Sinai. (L’aldilà del versetto, p.219)

In questo paragrafo ci occuperemo di ripercorrere l‟influenza ed il ruolo decisivo che le più autorevoli «figure dell‟ebraismo», sia pure in un‟ottica di superamento, hanno giocato nella costruzione del pensiero di Levinas. Figure che, «all‟inizio del secolo, hanno fatto sentire il suono nuovo di un ebraismo che ha attraversato l‟assimilazione da parte a parte restando se stesso»415. In particolare faremo riferimento a Franz Rosenzweig e Martin Buber da una parte, ma anche a Rabbi Hayyim di Volozhyn e all‟enigmatico Monsieur Chouchani.

3.2.1 Buber e Rosenzweig: per un ebraismo rinnovato

Nella conferenza intitolata Martin Buber e l’ebraismo contemporaneo416, Levinas ripercorre la vicenda biografica e filosofica dell‟autore di Io e Tu (1923), mettendo in evidenza luci e ombre del suo contributo.

Martin Mardocheo Buber, (Vienna 1878 – Gerusalemme 1965), formatosi alla scuola di due grandi tradizioni, quella ebraica – il padre era un dirigente della comunità ebraica di Lemberg – e quella dell‟Illuminismo tedesco, attraverso gli studi si filosofia e storia dell‟arte – rappresenta a ben vedere uno dei primi pensatori moderni che hanno tentato di «dire l‟ebraismo con le parole del suo tempo»417

.

Agli occhi di Levinas, infatti, Buber è innanzitutto colui che ha mostrato «al mondo occidentale che l‟ebraismo esiste come attualità di vita e di pensiero»418

. Di fronte all‟assimilazione o «sgiudaizzazione» di molti intellettuali ebrei, egli è stato uno dei pochi ad

415SALOMON MALKA, Leggere Levinas (a cura di Emilio Baccarini), Queriniana, Brescia, 1986, p.65

416

Cfr. E.LEVINAS, Fuori dal Soggetto (a cura di Francesco Paolo Ciglia), Marietti, Genova, 1992, pp.11-24

417

S.MALKA, Leggere Levinas (a cura di Emilio Baccarini), cit., p.66 418

affrontare «l‟ebraismo post-cristiano come una cultura viva, dotata di una mirabile maturità»419, installandolo come interlocutore dell‟Occidente. Si tratta a ben vedere di un segno indelebile che ha rimesso al centro l‟antica sapienza ebraica rendendola capace di dialogare con le lingue moderne.

Levinas si addentra poi nello specifico della riflessione buberiana individuando anche i punti di disaccordo. Scopriamo così che, se da un lato il nostro filosofo accetta sostanzialmente la sua interpretazione del chassidismo420, difendendolo da critiche e pregiudizi421, dall‟altro prende in parte le distanze dal suo metodo esegetico della Scrittura, che «resta all’interno del liberalismo religioso e non vuole ignorare la critica biblica»422. Pur riconoscendo il merito di aver posto nuovamente l‟accento sullo «spessore ebraico» di questi testi, Levinas rimprovera a Buber di trascurare completamente l‟apporto talmudico nell‟interpretazione della Bibbia423

, quando in realtà è soltanto l‟unione dell‟esperienza personale e della tradizione che consentono di esprimerne il senso pieno. In questo modo, Buber sembra rimanere «fedele al Trattato teologico-politico di Spinoza che non attribuiva nessuna importanza all‟esegesi rabbinica»424 nonostante l‟insistenza sul carattere morale dell‟insegnamento biblico (un aspetto quest‟ultimo che Levinas valuta positivamente).

A fianco di Buber troviamo l‟altro grande maestro del pensiero ebraico moderno: Franz Rosenzweig. Levinas non nasconde la sua ammirazione per questo pensatore e si occupa di ripercorrere la sua «biografia spirituale» in tre occasioni: una conferenza del 1959 al secondo Colloquio degli intellettuali di lingua francese («Tra due mondi». La via di Franz

419

Ivi, p.12 420

Lo stesso Levinas fornisce una breve descrizione di questa corrente: «Movimento religioso che si era sviluppato nel XVII secolo. […] Questo movimento, nel cui ambito il sentimento gioca un ruolo considerevole, è considerato per la sua opposizione all‟intellettualismo aristocratico del rabbinismo» (Ibid.) 421 Cfr. in particolare Ivi, pp.14-15 422 Ivi, p.15-16 423

Levinas fa senz‟altro riferimento all‟opera di traduzione della Bibbia ebraica in tedesco, intrapresa da Buber dopo l‟incontro con Rosenzweig a partire dal 1921.

424

Rosenzweig)425, un saggio contenuto nei Cahiers de la nuit surveillèe dedicato a Rosenzweig («Franz Rosenzweig: un pensiero ebraico moderno)426 ed infine la prefazione allo studio sull‟opera di Rosenzweig realizzato da Stéphan Mosès427

.

Nato a Kassel nel 1886, in una famiglia assimilata della borghesia tedesca, Rosenzweig vive inizialmente al di fuori dell‟ebraismo, e, dopo l‟approdo agli studi filosofici – con la pubblicazione di uno scritto su Hegel -, si volge addirittura verso il cristianesimo, sull‟orlo della conversione. Ma – scrive Levinas - «non compie questo passo, dopo una notte drammatica»; addirittura scrive ad un amico – che attendeva la buona notizia: «Non è possibile, non è più necessario»428. Questo tratto esistenziale del pensatore ebreo acquista per Levinas un valore del tutto particolare: indietreggiare davanti all‟estremo gesto dell‟assimilazione è la testimonianza di una «potenza della spiritualità ebraica che, a detta dei cristiani sopravviveva a se stessa svuotata della sua sostanza»429.

In Rosenzweig assistiamo ad «un brivido particolare del Ritorno», capace di incarnare la situazione dell‟intellighenzia ebraica dell‟Occidente. La sua opera e la sua stessa vita – interrotta a 43 anni dopo una terribile malattia – hanno dato uno slancio decisivo per interpretare l‟ebraismo non già come un reperto archeologico del passato ma come «evento essenziale dell’essere», «categoria dell’essere»430

. Il libro principale di Rosenzweig, La Stella della Redenzione431, pubblicato nel 1921 ma elaborato a partire dal 1917 («scritto su cartoline postali indirizzate a casa»432 - commenta Levinas), incarna propriamente «l‟opera di

425

Cfr. E.LEVINAS, Difficile libertà, cit., pp.227-249 426

Cfr. E.LEVINAS, Fuori dal soggetto, cit., pp.51-68 427

Cfr, STÉPHANE MOSÈS, Système et Révélation. La philosophie de Franz Rosenzweig, Paris, 1988, pp.7-16

428

E.LEVINAS, Fuori dal soggetto, cit., p.54 429

Ivi, p.55 430

E.LEVINAS, Difficile libertà, cit., p.229 431

Cfr. FRANZ ROSENZWEIG, La Stella della Redenzione (a cura di G.Bonola), Marietti, Casale Monferrrato, 1985

432

una vita» nel senso che l‟autore «lo ha vissuto come un momento essenziale della sua relazione con la vita»433.

Il filosofo francese ne offre una splendida sintesi nei suoi scritti, tracciando un quadro complessivo di quelle intuizioni fondamentali. Per Levinas, il punto di partenza da cui matura la riflessione di Rosenzweig è precisamente la ricerca di un altro ordine che si opponga alla «filosofia della totalità»: un ordine che prende il nome di «religione» ma non sta ad indicare una forma culturale o un‟istituzione speciale, bensì un piano ontologico originario e originale al pari di quello della filosofia. Contro il prototipo della verità filosofica che ingloba la verità dei fenomeni in un Tutto indistinto, Rosenzweig tenta un ritorno all‟esperienza, «ovvero all‟irriducibile»434

. Il termine «esperienza» fa qui riferimento all‟insieme di eventi, valori, idee in mezzo ai quali si svolge l‟esistenza umana. Rosenzweig individua poi tre grandi realtà irriducibili che vengono a costituirsi in questa esperienza pura: Uomo, Dio e Mondo.

Ognuna di essere si concepisce per sé e non ha alcun legame con le altre. Il primo «passaggio» da compiere, dunque, per ritornare all‟esperienza eternamente vera, è questa «separazione degli esseri».

Ma già si preannuncia un secondo «passaggio» fondamentale, poiché in realtà, nella nostra esperienza concreta, Dio, Uomo e Mondo non risultano mai separati ma in relazione. Questo legame non ha niente a che vedere con lo sguardo onnicomprensivo del filosofo ma «è realizzato dagli stessi esseri che si uniscono»435: è la vita e il tempo. Si tratta di un «rapporto instaurato dalla vita», al di là di ogni «sintesi astratta»436. In particolare, il legame che unisce Dio e Mondo prende il nome di «creazione», quello tra Dio e Uomo è «rivelazione», ed infine, tra Uomo e Mondo il rapporto è «redenzione».

Per Rosenzweig, queste categorie diventano ontologiche, ovvero sono in grado di spiegare e di esprimere il funzionamento della realtà.

433 Ivi, p.231 434 Ivi, p.235 435 Ivi, p.236 436

Nel prosieguo della sua esposizione, Levinas mette in luce la particolarità del rapporto Uomo- Dio:

Dio ama l‟uomo come ipseità: tutto ciò che si trova nella sua relazione con l‟uomo è amore […] la Rivelazione è amore437.

Movimento di Dio verso l‟uomo e verso la singolarità – cioè l‟ipseità – umana, essa è subito riconosciuta come amore: l‟amore dischiude questa singolarità438

.

A questo amore da parte di Dio corrisponde ipso facto una risposta da parte umana, e dunque un «comandamento d‟amare». Si preannuncia qui una indicazione importante sul significato ed il valore della Legge ebraica. Se per l‟ebraismo, infatti, la rivelazione è inseparabile dal comandamento, allora la Mitzwah – regola che tiene in ansia l‟Ebreo - non è semplicemente un formalismo, un giogo insopportabile, ma «attesta il rinnovamento degli istanti dell‟amore di Dio per l‟uomo»439, la «vivente presenza dell‟amore divino»440

.

In questa interpretazione del pensiero di Rosenzweig, Levinas manifesta la sua personale visione del giudaismo che troviamo all‟opera in tutti gli scritti «ebraici» e che approfondiremo meglio nel prossimo capitolo.

Alla realtà della Rivelazione è collegata quella della Redenzione, che realizza il rapporto Uomo-Mondo. Scrive Levinas in proposito:

La Rivelazione suscita la Redenzione. La Rivelazione di Dio all‟uomo – l‟amore di Dio per l‟uomo – suscita la risposta dell‟uomo. La risposta dell‟uomo all‟amore di Dio è l‟amore del prossimo. La Rivelazione inizia dunque l‟opera della Redenzione che è, tuttavia, opera dell‟uomo441.

La Rivelazione, che è amore, sta in attesa della risposta dell‟uomo. […] la risposta all’amore che Dio offre all’uomo è l’amore dell’uomo per il suo prossimo. Amare il prossimo significa andare verso l‟Eternità, redimere il Mondo o preparare il Regno di Dio442

.

437

E.LEVINAS, Difficile libertà, cit., p.237 438

E.LEVINAS, Fuori dal soggetto, cit., p.60 439

Ibid. 440

E.LEVINAS, Difficile libertà, cit., p.238 441

Ivi, pp.238-239 442

Dinanzi a questi due tratti specificamente ebraici («l‟amore si manifesta come comandamento»; «l‟uomo è il mediatore della redenzione, indispensabile intermediario del movimento che parte da Dio»443), l‟opera di Redenzione, per compiersi autenticamente, ha bisogno di una esistenza collettiva. Rosenzweig compie il secondo movimento fondamentale che consiste dunque nel passaggio alla Comunità, focalizzando la sua attenzione innanzitutto sull‟esperienza ebraica e poi su quella cristiana, con la ferma convinzione che esse «sorgono nella storia non come avvenimenti contingenti, ma come ingresso dell‟Eternità nel Tempo»444. Come è possibile tutto questo? Il cristiano, da un lato, «riveste la sua essenza cristiana al di sopra di quella naturale»445, la sua eternità «è una Via, un Cammino, una Missione»446. Nel caso dell‟ebreo, invece, egli «possiede l‟eternità nella sua stessa natura»447 e si scopre da sempre estraneo alla Storia, «separato con una separazione senza frontiere» e tuttavia vivendo «con tutti e con il contatto di tutti»448: particolarismo dell‟universale.

Per Levinas, interprete di Rosenzweig, dunque, la religione come «essenza dell‟essere» deve manifestarsi nel giudaismo e nel cristianesimo, e necessariamente in entrambe. La parziale verità dell‟uno presuppone la parziale verità dell‟altro, senza che nessuna rinunci alla propria integrità e assolutezza, ma in un dialogo fecondo che non deve cancellare la separazione: ciascuno deve rimanere fedele alla propria verità che, tuttavia, è necessario verificare nella vita, rispondendo all‟amore di Dio (Rivelazione).

Il ritratto di Rosenzweig offerto da Levinas è quello di un «autentico ebreo, ma preoccupato di capire i problemi del mondo occidentale nel quale si trovava», un ebreo fedele ma attento a comprendere il «linguaggio “greco”»449

.

Attraverso Rosenzweig, il nostro filosofo trova il modello per rispondere affermativamente alla domanda: «il giudaismo è ancora vivo?»450, mettendo a tacere quanti negano la sua

443

E.LEVINAS, Fuori dal soggetto, cit., pp.61-62 444

E.LEVINAS, Difficile libertà, cit., p.240 445 Ibid.

446

E.LEVINAS, Fuori dal soggetto, cit., p.64 447

E.LEVINAS, Difficile libertà, cit., p.240 448

E.LEVINAS, Fuori dal soggetto, cit., p.63 449

pretesa antichità. L‟eternità di Israele – questa è l‟idea difesa strenuamente da Rosenzweig – si colloca al di là della storia, e anzi rifiuta questa storia come misura di tutte le cose. L‟eternità del popolo ebraico «afferma il diritto posseduto da ogni coscienza di giudicare un mondo pronto in ogni istante al giudizio»451 e comprende in sé «tutte le persone che rifiutano il verdetto puramente autoritario della Storia»452.

I due scritti di Levinas su Rosenzweig che abbiamo preso in esame453 restituiscono sicuramente un‟interpretazione suggestiva del pensiero ebraico nel contesto della cultura occidentale, evidenziando una forte influenza del maestro nei confronti del discepolo.

Come ricorda Chiappini, infatti, questi due autori sono accomunati da una preoccupazione fondamentale, ovvero «quella di esprimere la verità dell‟ebraismo senza rompere i legami con un pensiero diverso, quello dell‟occidente in cui vivono»454

. E probabilmente non sarà un caso se alla concezione di redenzione propria di Rosenzweig (l‟obbedienza alla Legge e il servizio al prossimo) corrisponda sia l‟intera etica di Levinas, incentrata sull‟ «altro», sia il suo pensiero ebraico e le sue letture del Talmud, come avremo modo di specificare in seguito. Rimane tuttavia una differenza notevole tra i due pensatori nonostante le due opere siano molto affini «nella loro ispirazione, nella loro serenità, nella loro comune preoccupazione di dare l‟espressione più alta dell‟ebraismo»455

. Una differenza che nasce dalle diverse esperienze di vita: Rosenzweig non ha conosciuto la «prova ultima», quella della Shoah, che indubbiamente tocca il cuore della riflessione levinasiana.

450

E.LEVINAS, Difficile libertà, cit., p.245 451

Ivi, p.249 452

E.LEVINAS, Fuori dal soggetto, cit., p.67 453

Abbiamo tralasciato l‟analisi del terzo scritto – la prefazione all‟opera di Stéphan Mosès – perché non riguarda specificamente l‟ebraismo e comunque non fornisce ulteriori spunti di riflessione. 454

A.CHIAPPINI, Amare la Torah più di Dio, cit., p.37 455

3.2.2 Monsiuer Chouchani e Rabbi di Volozhyn: la tradizione rabbinica

«Incontrare lui era come entrare in contatto con un genio nel senso assoluto della parola; era un uomo che poteva tenere insieme un numero molto vasto di idee senza essere soggetto alla costrizione di condurle a un esito conclusivo. […] L‟incontro con lui, dopo quello con Heidegger e con Husserl, ha rappresentato il grande avvenimento della mia vita»456. Difficilmente Levinas avrebbe potuto utilizzare parole più alte per esprimere la sua gratitudine nei confronti di Chouchani, maestro «geniale» e circondato tutt‟oggi da un‟aura di mistero. All‟indomani della seconda guerra mondiale, un amico di sempre, il professor Nelson – ebreo alsaziano e amante di letteratura ebraica – presenta a Levinas la figura di un uomo «dall‟aspetto trasandato che gironzolava nella Parigi dell‟epoca senza che nessuno sapesse esattamente donde venisse»457. Un incontro fatale, affascinante, che lascia un segno indelebile nell‟esperienza del filosofo francese, al punto che a distanza di trent‟anni da quell‟avvenimento ne parlerà ancora in questi termini:

Al mio ritorno della prigionia in un campo di prigionieri francesi in Germania, ho incontrato un gigante della cultura tradizionale ebraica. Egli non viveva il rapporto al testo come un semplice rapporto di pietà o di edificazione, ma come orizzonte di rigore intellettuale […] Tutto ciò che io oggi pubblico sul Talmud, lo debbo a lui458.

L‟irruzione di Chouchani coincide per Levinas con l‟irruzione del Talmud nel suo orizzonte di pensiero. Ma chi era questo strano personaggio esigente, «dall‟aspetto di un mendicante»459? Tutto ciò che sappiamo sulla figura di Chouchani è dovuto in gran parte all‟opera di Salomon Malka, allievo di Emmanuel Levinas, giornalista e scrittore, che ha

456

RENATO PARASCANDOLO – SERGIO BENVENUTO, Emmanuel Levinas: «Il volto dell’altro», in https://antemp.com/2011/06/10/emmanuel-levinas-il-volto-dellaltro-intervista-di- renato-parascandolo-sergio-benvenuto/

457

SALOMON MALKA, Leggere Levinas, cit., p.57 458

Intervista apparsa su Le Monde (2 novembre 1980), in S.MALKA, Leggere Levinas, cit., p.58 459

raccolto le testimonianze di quanti lo hanno conosciuto, ripercorrendo luoghi e memorie del suo itinerario biografico ed intellettuale460.

Nato probabilmente alla fine del XIX secolo in Lituania (lo si deduce dall‟accento yiddish), fin da piccolo viene iniziato alla Bibbia, al Talmud e alla Cabala, formandosi all‟interno delle Yeshivot di Israele (ndr, istituti rabbinici). Viene segnalato il suo passaggio a Beirut, nell‟università americana, ma anche in Marocco, Algeria e in Germania, a Berlino, intorno agli anni venti del Novecento. Poi si sposta a Strasburgo, «venuto chissà da dove, privo di risorse, privo di carta d‟identità»461, dove per la prima volta entra in contatto con l‟ambiente

francese e raduna attorno a sé un gruppo di intellettuali. Ovunque vada, si guadagna da vivere offrendo lezioni di Talmud a quanti lo desiderano. Durante la guerra, il suo modo di vivere non sembra essere particolarmente stravolto: la sua specialità rimane quella di «farsi passare per qualcun altro»462. Si racconta addirittura che una volta sia scampato alla prigionia fingendosi musulmano e mostrando una tale conoscenza del Corano da meravigliare perfino il capo religioso convocato per metterlo alla prova463. Alla fine del conflitto, Chouchani è ancora peregrino: Taverny, Amblois, e soprattutto Parigi, dove avviene l‟incontro con Emmanuel Levinas ed Elie Wiesel464, due discepoli d‟eccezione.

Dopo un ultimo viaggio in Israele ed un breve soggiorno in Francia, si trasferisce definitivamente in America del Sud, a Montevideo, dove muore per infarto nel 1968, sulla soglia dei cinquant‟anni. Il maestro è tutt‟oggi sepolto nel cimitero ebraico di La Paz. Sulla

460

Cfr. SALOMON MALKA, Monsieur Chouchani. L’énigme d’un maître du XXe siècle, J.C.Lattes, Paris, 1994 461 Ivi, p.77 462 Ibid. 463 Ivi, pp.77-78 464

Allievo di Chouchani, Wiesel ne offre un ritratto nel suo scritto «L‟ebreo errante», all‟interno del romanzo Il canto dei morti: «Parlava molto e bene. Conosceva una trentina di lingue fra antiche e moderne, compreso lo hindi e l‟ungherese. Il suo francese era puro, il suo inglese perfetto e il suo yiddish si armonizzava con l‟accento dell‟interlocutore. Ebreo errante, si sentiva a casa propria in tutte le culture. Sempre sporco, irsuto, aveva l‟aria di un barbone divenuto pagliaccio, o di un pagliaccio che giocava a fare il barbone. Portava un cappello minuscolo, sempre lo stesso, su una testa immensa, rotonda, gonfia; i suoi occhiali, dalle lenti spesse e polverose, gli annebbiavano lo sguardo. […] Per tre anni a Parigi io fui suo allievo. Accanto a lui imparai molte cose sui pericoli del linguaggio e della ragione, sui furori del saggio e del folle, sul misterioso progredire di un pensiero attraverso i secoli, ma niente sul segreto che lo insidiava e lo proteggeva da un‟umanità malata» (S.MALKA, Leggere Levinas, cit., pp.57-58)

lapide è incisa la seguente iscrizione: «Il rabbino e saggio Chouchani, sia benedetto il suo ricordo, la sua nascita e la sua vita sono avvolti dal mistero, morto il giorno del santo chabbat, 26 tevet 5726», accompagnata da alcuni versetti del Salmo 136.

Levinas, lo abbiamo detto, incontra Chouchani alla fine della guerra grazie al professor Nelson. E fin da subito rimane ammaliato dalla sua personalità, da questo «essere eccezionale, straordinario in tutti i sensi e anche nel senso letterale del termine»465, uomo dai mille nomi e dai mille volti, «vagabondo mistico»466: gli offre ospitalità nel suo appartamento ogni qualvolta ne ha bisogno. Levinas ricorda le lunghe notti in cui il maestro dialogava senza mai smettere, la sua vita segreta senza un indirizzo ed anche qualche eccesso di rabbia; ma anche il suo amore profondo per Israele, il suo disprezzo per i ricchi, le istituzioni e i «grandi» di questo mondo. Ma soprattutto ricorda il suo insegnamento, dopo aver visto all‟opera la sua sapienza per quattro lunghi anni, studiando assieme a lui il Talmud:

Lui mi ha insegnato il modo in cui cercare, “perforare” i testi, tutto ciò che si può ricavare da una parte di versetto467.

Un maestro del prestigio di Chouchani […] ci ha mostrato di che sia capace, qui, il vero metodo. Per noi, egli ha reso per sempre impossibile un accesso dogmatico, puramente fideistico, o anche teologico, al Talmud468.

Uomo dalla memoria fotografica, capace di recitare interi testi del Talmud dopo aver ascoltato soltanto l‟incipit469

; da una parola era in grado di estrapolare tutti i concetti del giudaismo, tutte le idee della storia ebraica470, poteva discutere ore ed ore sulla stessa frase senza mai