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Una «traccia» di Dio nel volto dell’Altro

Nel capitolo precedente, alla fine della sezione dedicata all‟analisi di Totalità e Infinito, avevamo brevemente accennato al tema della «curvatura dello spazio intersoggettivo» come luogo della «presenza stessa di Dio»180. Levinas, infatti, collocava la relazione etico- metafisica tra il Medesimo e l‟Altro non all‟interno di uno spazio omogeneo, ma sullo sfondo di una spazialità asimmetrica, che dall‟Io si rivolgeva all‟«Altezza» e alla «Maestosità» di Altri. Se davvero l‟essere è esteriorità radicale, assoluta, allora la sua verità non può darsi in termini di immagine o di idea, ma mi raggiunge dall‟alto di una distanza che «deforma la visione»181. Il volto nudo dell‟Altro, in sostanza, mi chiama e mi interpella istituendomi come soggetto responsabile ma senza reciprocità: la sua «espressione» ed il suo comando a non uccidere giungono da un livello più alto di me. Levinas parlava in proposito di « “curvatura” dello spazio intersoggettivo in cui si effettua l‟esteriorità come superiorità»182 e indicava questo campo come l‟espressione della «relazione tra esseri umani»183

: l‟uomo in quanto Altri è «separato – o santo – volto»184 e la sua verità (ovvero l‟appello che mi lancia) è una «sporgenza» sull‟essere.

A conclusione del ragionamento, il filosofo francese suggeriva poi di intendere questo spazio asimmetrico come «l‟intenzione divina di ogni verità»185, nonché presenza di Dio.

Riprendendo le parole di Ferretti, siamo autorizzati a pensare che «questa metafora dello spazio curvo, solidale con le caratteristiche di Infinito e di Maestà del volto, non tende certo ad identificare l‟Altezza infinita del volto d‟Altri come l‟Altezza stessa di Dio, ma ne offre come una traccia»186.

180

Cfr. supra p.22 181

E.LEVINAS, Totalità e Infinito, cit., p.299 182 Ibid. 183 Ibid. 184 Ibid. 185 Ivi, p.300 186

GIOVANNI FERRETTI, Emmanuel Levinas. Un profilo e quattro temi teologici, Queriniana, Brescia, 2016, p.61

Pur nella forma di una semplice allusione, Levinas sembra intendere che nella trascendenza etica del volto sia possibile individuare una «traccia» della trascendenza teologica. Ad ogni modo, è lo sviluppo complessivo della riflessione che delinea con chiarezza il motivo fondamentale di queste affermazioni: ogni discorso su Dio deve passare necessariamente dall‟analisi delle relazioni etiche interpersonali. Levinas lo sottolinea più volte proprio all‟inizio dell‟opera:

La dimensione del divino si apre a partire dal volto umano. Una relazione con il Trascendente – libera però da qualsiasi influenza del Trascendente – è una relazione sociale187.

È necessario un atto di giustizia – la rettitudine del faccia a faccia – perché si produca il varco che porta a Dio – e la «visione» coincide qui con questo atto di giustizia188.

E ancora, nelle righe successive:

Non può esserci nessuna «conoscenza» di Dio a prescindere dalla relazione con gli uomini. Altri è proprio il luogo della verità metafisica, indispensabile al mio rapporto con Dio. […] Altri non è l‟incarnazione di Dio, ma appunto attraverso il suo volto, nel quale è disincarnato, la manifestazione della maestosità nella quale Dio si rivela189.

Se in Totalità e Infinito si trattava di una semplice segnalazione, negli anni successivi il tema della «traccia» trova una trattazione più articolata, in particolare all‟interno di due saggi contenuti nella raccolta Scoprire l’esistenza con Husserl e Heidegger, intitolati rispettivamente La traccia dell’altro (1963) ed Enigma e fenomeno (1965)190.

Il volto dell‟Altro che si presenta nella sua miseria e nudità, nella sua supplica esigente e che «scuote» la mia coscienza, consentendo all‟Io di riscoprirsi come infinitamente responsabile di fronte ad Altri – questo volto – sostiene Levinas - proviene «da una sfera assolutamente estranea»191, «da un assoluto che, del resto, è il nome stesso dell‟estraneità innata»192. Si tratta

187

E.LEVINAS, Totalità e Infinito, cit., p.76 188

Ibid. 189

Ivi, pp.76-77 190

Cfr. E.LEVINAS, Scoprire l’esistenza con Husserl e Heidegger, cit., pp.215-251 191

Ivi, p.224 192

di un al di là che «è proprio al di là del “mondo”, e cioè al di là di ogni disvelamento»193: paradosso di una relazione con un‟Assente che non indica e non rivela, ma che tuttavia significa nel volto. L‟astrattezza del volto – sottolinea ancora Levinas – è «visitazione e venuta», ma non è il risultato di un processo logico194 ; «la sua meraviglia deriva dall‟altrove da cui proviene e in cui subito si ritira»195, in un processo estraneo a qualsiasi rimando simbolico. Quale tipo di relazione, dunque, è qui in gioco? Levinas individua una terza via possibile oltre la rivelazione e la dissimulazione nel rapporto che va dal volto all‟Assente:

L‟al di là da cui viene il volto significa in quanto traccia. Il volto si trova nella traccia dell‟Assente assolutamente tale196.

La particolarità della traccia risiede nel fatto che in essa «il significato e la significazione non sono in rapporto di correlazione, ma la loro relazione è invece la non-rettitudine stessa»197. Di contro a qualsiasi «statuto del rivelato e del dissimulato», per il quale la trascendenza si annulla ed entra nell‟ordine dell‟immanenza, nella significazione della traccia siamo immersi in un «passato irreversibile» e «immemoriale»198.

Pur svolgendo il ruolo di segno, la traccia si distingue per una caratteristica peculiare: «essa significa al di fuori di ogni intenzione di far segno e al di fuori di ogni progetto di cui sarebbe la mira»199. Quel particolare modo di essere in quanto lasciare traccia ha il significato di «passare, partire, assolversi»200. La specificità della traccia è proprio la capacità di non rivelare né nascondere nulla, di diventare «presenza di ciò che, propriamente parlando, non è mai stato qui, di ciò che è sempre passato»201. La traccia, in definitiva, «sfugge a quel gioco

193 Ivi, p.227 194 Ibid. 195 Ibid. 196 Ivi, p.228 197 Ibid. 198 Ibid. 199 Ivi, p.230 200 Ibid. 201 Ivi, p.231

bipolare tra l‟immanenza e la trascendenza dell‟essere»202, in cui il Medesimo assorbe l‟Altro,

e rimanda ad un «al di là dell‟Essere»:

L’al di là dell’Essere è una terza persona che non viene definito dal Se stesso e dall‟ipseità. […] Il pronome Egli esprime proprio la sua inesprimibile irreversibilità, che è tale perché sfugge ad ogni rivelazione e a ogni dissimulazione, e, in questo senso, è assolutamente non inglobabile o assoluto, trascendenza in un passato as-soluto203.

Levinas, coniando un neologismo, indica con il termine «illeità» (illeitè) questo passato irreversibile, questa «terza direzione di radicale non rettitudine»204 non riconducibile né alla prima persona, né al tu, che indicano invece una relazione di reciprocità.

Il volto, dunque, «visitazione e trascendenza», si inserisce nella traccia dell‟illeità, che si colloca al di fuori della distinzione tra essere ed ente, in una dimensione di divinità e superiorità.

Nella parte conclusiva del saggio, Levinas fa riferimento proprio al tema della trascendenza del volto come «traccia» della trascendenza teologica, cercando di evidenziare nuovamente la portata etica della sua riflessione, in riferimento al passo biblico di Esodo 33:

Il Dio che è passato non è il modello di cui il volto sarebbe l‟immagine. Essere a immagine di Dio non significa essere l‟icona di Dio, ma trovarsi nella sua traccia. Il Dio rivelato della nostra spiritualità giudaico-cristiana conserva tutto l‟infinito della sua assenza nell‟ordine personale stesso. […] Andare verso di Lui non significa seguire questa traccia che non è un segno, ma andare verso gli Altri che si trovano nella traccia205.

Ancora una volta il filosofo francese ribadisce che qualsiasi ricerca di Dio non può prescindere dal piano etico. Contro ogni pretesa ontologico-teoretica che «prende di mira» il divino per «assorbirlo», l‟uomo può avvicinarsi a Dio solo rispondendo alla chiamata del volto d‟Altri, inserito nella traccia della sua trascendenza assoluta.

202 Ivi, pp.228-229 203 Ivi, p.229 204 Ivi, p.228 205 Ivi, p.233

Questo modo particolare di significare la trascendenza viene sviluppato anche attraverso la nozione di enigma, contrapposta a quella di fenomeno. Nel breve saggio pubblicato nel giugno 1965, Levinas rinnova la sua critica alla filosofia come «comprensione dell‟essere, o ontologia, o fenomenologia» che si caratterizza per il suo radicamento nel «presente»: «l‟essere e il discorso hanno lo stesso tempo»206

- afferma il filosofo francese - e qualsiasi discorso non ancorato al presente sarebbe insensato, poiché «al di là della ragione». Eppure, nella nozione del «Bene al di là dell‟essere» o di «Dio» - concetti che esprimono la trascendenza - il pensiero umano ha intravisto un elemento in cui «la distinzione tra la presenza e l‟assenza non era così netta come l‟idea dell‟essere […] raccolto e annodato attorno al presente avrebbe richiesto»207. Questa «invisibilità di Dio» appartiene ad un altro piano che rifugge la correlazione tra soggetto e oggetto, «l‟ordine indistruttibile dell‟essere», la «simultaneità non sfasabile»208, la totalità che tutto ingloba.

In particolare, la trascendenza significata dal volto d‟Altri – così come pensata da Levinas - è ciò che opera un vero e proprio «sconvolgimento irriducibile»209, che «sconvolge l‟ordine senza turbarlo seriamente»210: movimento che «s‟insinua, si ritira ancora prima di entrare»211 e rimane solamente per chi vuole seguirlo. Una modalità del tutto nuova di «manifestarsi senza manifestarsi», «in cui l‟Altro cerca il mio riconoscimento pur conservando la sua incognita», poiché spetta soltanto a me «trattenere o respingere questo Dio privo d‟audacia»212

: Levinas chiama questo procedimento «enigma», in opposizione all‟apparire del «fenomeno».

L‟enigma «è la trascendenza stessa, la prossimità dell‟Altro in quanto tale»213

e la sua significatività – come lo era quella della traccia – risulta estranea al gioco della conoscenza e 206 Ivi, p.235 207 Ivi, p.236 208 Ivi, p.237 209 Ivi, p.238 210 Ivi, p.241 211 Ibid. 212 Ivi, p.242 213 Ivi, p.247

delle alternative ontologiche soggetto-oggetto, Io-Tu; «l‟enigma ci raggiunge dall‟Illeità»214, da un Egli alla terza persona ed è il modo dell‟As-soluto, che impone una versione del tempo diversa da quella della contemporaneità dell‟essere, «passato irrecuperabile».

In questa prospettiva, comprendiamo che il volto è ciò che appare in quanto tale, come prossimità che «disturba» l‟ordine, poiché proviene «enigmaticamente dall‟Infinito e dal suo passato immemoriale»215: il volto rimanda - ancora una volta - ad un al di là dell’Essere. La nozione di enigma, dunque, ci parla di una «originaria anteriorità di Dio in un mondo che non può ospitarlo», di quell‟ «Uno al di là dell‟essere che ogni filosofia avrebbe voluto dire».216

Un ultimo aspetto da sottolineare riguarda infine la configurazione non-violenta della trascendenza teologica, così come emerge nei modi di significare della traccia e dell‟enigma. Come osserva Ferretti, Levinas prende le distanze da una concezione “sacrale” della trascendenza divina, che implica violenza nei confronti dell‟uomo, e delinea invece un modo di verità che si qualifica come “verità perseguitata”, sulla scia del pensiero di Kierkegaard217

. Queste le parole di Levinas in proposito:

Il Dio che ha parlato non ha detto nulla, è passato in incognito, nella luce del fenomeno tutto lo smentisce, lo rifiuta, lo rimuove, lo perseguita. Il Dio kierkegaardiano che si rivela solo per essere perseguitato e misconosciuto […] è un modo della verità che, in questo caso, non è determinata dal fenomeno. […] Il Dio ai margini, “verità perseguitata”, non è solamente una “consolazione” religiosa, ma il disegno originario della “trascendenza”218.

A partire dalle analisi condotte finora possiamo tracciare alcune conclusioni relative al tema del nostro interesse, ovvero i modi di significazione della trascendenza teologica. Innanzitutto, Levinas si colloca al di fuori di qualsiasi «oggettivazione» della categoria «Dio» e critica fortemente quei tentativi di definire la trascendenza in termini teoretico-ontologici: la

214 Ivi, p.248 215 Ivi, p.251 216 Ivi, p.251 217

Cfr. G.FERRETTI, Emmanuel Levinas. Un profilo e quattro temi teologici, cit., p.67 218

“conoscenza” di Dio passa innanzitutto dal piano etico. Una posizione ribadita già durante la discussione seguita alla conferenza «Trascendenza e altezza» del 1962219, quando Levinas sostiene che si può parlare di Dio soltanto a partire dalle relazioni umane e non mediante una «concettualizzazione» astratta220.

Non è un caso, allora, che il filosofo francese chiami in causa la relazione etico-metafisica: l‟Altro che si manifesta nel suo volto nudo non è una semplice imago Dei ma “traccia” che si inscrive nella trascendenza assoluta, e Dio lo si raggiunge precisamente rispondendo all‟appello di Altri.

Tuttavia, questa chiamata alla responsabilità può essere rifiutata, scartata, rimandata. Per questo motivo la trascendenza teologica non si impone come verità “rivelata” ma piuttosto “perseguitata”: la possibilità di accoglierla dipende in ultima istanza soltanto da noi.

Proprio il tema della soggettività responsabile sarà l‟elemento centrale della riflessione levinasiana successiva per aprire una seconda via alla trascendenza divina.

219

Cfr. E.LEVINAS, Trascendenza e altezza, in Libertà e comandamento (a cura di Giuseppe Pintus), Inschibbolet, Roma, 2014

220