Parallelamente all’ “Operazione Milazzo” e agli scontri dell’8 Luglio, il giornale ha seguito un'altra grande inchiesta, destinata a rivoluzionare il modo di fare giornalismo in Sicilia: quella sulla mafia.
Il primo incontro che Nisticò ha avuto con la mafia, è stato pochi mesi dopo il suo arrivo a Palermo152. Il 16 Maggio 1955, nella campagna aspra di un borgo rurale, chiamato Sciara, a pochi chilometri da Palermo, stava disteso un uomo: il suo nome era Salvatore Carnevale ed era stato ucciso con sei colpi di fucile dai mafiosi- gabellotti nel feudo della principessa Notarbartolo- per la sua attività di sindacalista. Un anno e mezzo dopo era toccato al neo eletto Sindaco di Camporeale Pasquale Almerico che, impedendo il tesseramento alla DC del boss del paese, Vanni Sacco, aveva ostacolato l’ infiltrazione della mafia nel partito.
Ad uccidere Almerico era stata la cosca di Vanni Sacco, la quale non gli perdonava di essersi opposto tenacemente a che la sezione del suo partito e il controllo del comune cadessero nelle mani del potente capo mafia locale. Detto ciò resterebbe da spiegare come mai proprio da parte della Dc si sia fatto di tutto per lasciare nell’ombra un caso come questo che ha per vittima un suo giovane, onesto e coraggioso dirigente. Ebbene, la ragione è presto detta. Il torbido retroscena cui si accennava all’inizio sta proprio qui, ed è contenuto fra l’altro in un drammatico e clamoroso memoriale, destinato agli organi dirigenti della Dc, e nel quale Almerico faceva la storia della sua lunga battaglia contro la cosca locale e accusava esplicitamente la segreteria provinciale, tenuta allora dall’on. Gioia, di averlo indotto a dimettersi dalle sue cariche allo scopo di far via libera all’alleanza con il gruppo di liberali controllato da vanni Sacco.153
152
V. Nisticò, Accadeva in Sicilia. Gli anni ruggenti dell'«Ora» di Palermo. Palermo, Sellerio, 2001 pag 46
153 Torna il caso Almerico, in L’Ora, 22 Giugno 1967. Il caso Almerico, è stato ripreso dal giornale dieci
anni dopo i fatti, poiché la Commissione Parlamentare Antimafia, attiva in quegli anni, era riuscita a sostenere le pesanti infiltrazioni mafiose nella sede della Democrazia Cristiana nel comune di Camporeale.
78 Il caso Almerico è stato importante per il giornale perché ha rappresentato il primo omicidio documentato, scaturito dall’intreccio tra mafia e politica. La stretta connessione tra queste due compagini era stata sottolineata dal giornale già pochi giorni dopo l’omicidio del Sindaco; non fosse altro che per il memoriale che lo stesso Almerico aveva redatto.
I detti familiari dell’Almerico esibivano, dapprima in copia e poi in originale un lungo memoriale redatto dall’insegnante Almerico in data 28 Maggio 1955(f.29e129) nel quale questi narra le vicissitudini in seno alla politica locale e manifesta il suo dolore per le infiltrazioni nel partito di elementi indesiderabili e insinceri, che avevano trovato l’appoggio degli organi provinciali i quali si erano prestati al giudo di quelli facendo un ingiustificato ostruzionismo ad esso insegnante Almerico. Almerico Liborio, padre dell’ucciso, esibiva inoltre copia di due esposti a firma del figlio e di tutti i dirigenti la locale sezione della Democrazia cristiana di Camporeale e di numerosi iscritti alla sezione medesima, inviato al segretario politico della democrazia di Roma ed al collegio del probiviri di Palermo, nei quali si deplora e si fa vibrata proposta per il contegno del segretari provinciale della democrazia cristiana di Palermo che illegalmente e senza giustificazione alcuna aveva proceduto allo scioglimento della sezione della Democrazia cristiana di Camporeale scendendo a compromessi non onorevoli e lesivi nella dignità del partito “con elementi di estrema destra e del liberalismo camorrista locale con grave danno del partito stesso”. In tali esposti si manifesta la volontà dei ricorrenti di considerare inefficace il detto provvedimento.154
Nonostante, «L’Ora» si fosse occupato, fin da subito, del fenomeno mafioso, a segnare un punto di svolta-dando inizio allo scardinamento di quei corollari intoccabili per la forma mentis siciliana- è stato l’omicidio di Michele Navarra, avvenuto a Corleone nell’Agosto del 1958. Da tale avvenimento è di fatto scaturita l’inchiesta di Nisticò e dei suoi giornalisti; «L’Ora» iniziava a scoperchiare affari e a denunciare nomi, ponendo l’attenzione sulle logiche dietro i silenzi, in cui la mafia proliferava e illecitamente agiva. La mafia che Nisticò si era trovato a sbattere in prima pagina era una mafia moderna, che stava cambiando adattandosi alle nuove situazioni, allargando i suoi
154 Documentazione allegata alla relazione conclusiva della Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul
fenomeno della mafioso in Sicilia (DOC XXIII N.2. VI Legislatura), Vol IV, tomo XXII, 1973. In particolare DOCUMENTO 296- Atti del procedimento penale a carico di Giovanni Sacco e altri, imputati di associazione per delinquere di strage, dell’omicidio di Pasquale Almerico e di altri omicidi nonché di detenzione e porto abusivo d’armi, reati commessi a San Giuseppe Jato e Camporeale tra il 1955 e il 1957.
79 interessi. Era una mafia che cementificava quel rapporto ondivago con le alte sfere politiche che si era aperto fin dall’inizio del secolo. Ha scritto Lupo:
Gli anni Cinquanta del nostro secolo rappresentano il punto di svolta epocale nella storia della mafia Sicilia, il momento in cui essa trasferisce i suoi interessi dalla campagna alla città, mutando radicalmente funzione e trasformandosi da apparato legato al vecchi latifondo in associazione criminale che organizza il “sacco” edilizio di Palermo e che si prepara a lanciarsi nel grande affare internazionale degli stupefacenti[…] Gli anni Cinquanta non segnano una mutazione genetica nel fenomeno mafioso, ma un importante punto di svolta da leggersi soprattutto in relazione al consolidarsi di gruppi politico- affaristici all’ombra del comune di Palermo e della Regione siciliana.155
Perno della nuova strategia affaristica mafiosa era, quindi, l’infiltrazione nell’amministrazione pubblica, che tramite le numerose sovvenzioni statali- come la Cassa del Mezzogiorno- ha fornito ampi e nuovi territori dentro i quali “Cosa Nostra” ha potuto svilupparsi.
L'intreccio e la compenetrazione tra blocchi di potere e mafia ormai hanno raggiunto forme mostruose. Se, in una città come Palermo, chi dirige l'Amministrazione comunale decide di utilizzare tutti gli strumenti del potere comunale non come strumenti per soddisfare gli interessi dei cittadini in base ai diritti del singolo ed alle leggi ed ai regolamenti vigenti, ma di creare il regime della giungla nel senso che ogni pratica amministrativa va trattata per favorire o no gruppi di persone o singoli individui, è chiaro che su questo terreno la mafia si inserisce come a casa sua e fa il bello e cattivo tempo156.
Per esercitare il suo potere, per potersi infiltrare in questo nuovo giro d’azione, la mafia doveva crearsi alleati che consapevolmente, inconsapevolmente o semplicemente indifferentemente, facevano i suoi interessi. È stato necessario, quindi, intrecciare relazioni con quello che all'epoca era, in Sicilia ma anche in Italia, il partito di maggior consenso, ovvero la Democrazia Cristiana.
155 S. Lupo, La mafia, in Storia della Sicilia, ed.F. Benigno e G. Giarrizzo, Vol II Dal seicento ad oggi,
Laterza, Roma-Bari 2003 pp146-148
156 D. Rizzo, Pio La Torre. Una vita per la politica attraverso i documenti, Rubbettino Editore
80 I vantaggi di tale interconnessioni non favorivano unicamente gli interessi della mafia, ma naturalmente anche a tutti coloro che, in un modo o nell’altro, l’avevano aiutata ad infiltrarsi in maniera così capillare. È documentata, infatti, la congiunzione di alcuni esponenti del partito con “Cosa Nostra”: esempi di ciò sono personalità come Salvo Lima e i cugini Nino e Ignazio Salvo.
È la prima volta che la Commissione antimafia dedica un’apposita relazione ai rapporti tra mafia e politica.[…]il riconoscimento delle connessioni con al mafia non ha riguardato solo i “rami bassi” della politica. È impensabile che un fenomeno di collusioni così vaste nei comuni del Mezzogiorno potesse svilupparsi senza una qualche partecipazione di volontà politiche di livello superiore. Le collusioni tendono a sconfinare negli ambiti locali perché i capi mafia che controllano i voti, orientandoli a favore di uomini politici locali, sono disponibili a sostenere anche candidati regionali e nazionali, legati ai primi da fedeltà di partito o, più, spesso, di gruppo. Gli interessi che cementano queste alleanze spaziano, dalle piccole esigenze locali ai grandi affari nazionali. Può essere necessari alla mafia attivare direttamente il politico locale per modeste questioni comunali e poter ricorrere ai referenti regionali e nazionali per risolvere questioni di maggior importanza, facendo valere il consenso elettorale prestato157.
Questi aspetti, queste interconnessioni, all’epoca dei fatti potevano essere solo intuite senza che ci fosse rassicurazione probatoria e giuridica; ciò non faceva altro che circoscrivere il tutto nel campo delle ipotesi, delle fantasie giornalistiche, facilmente occultabili e screditabili.
Nonostante questo, deve esser dato merito a «L’Ora» di aver intuito e soprattutto di aver scritto prima di altri come andassero davvero le cose all’interno dell’organizzazione mafiosa. L’inchiesta “Tutto sulla mafia” si apriva con un articolo intitolato « Da pane e morte- romanzi e fantasie, dice ancora qualcuno- ma ecco un paio di nomi che pochi
157
Commissione Parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno della mafioso e sulle altre associazioni criminali similari. Relazione sui rapporti tra mafia e politica (DOC XXIII N.2. XI Legislatura), 1993
Nonostante sia del 1993 la completa e effettiva relazione sulle connessioni tra mafia e politica, il legame tra queste due compagini è stato sottolineato, in documenti legislativi, anche negli anni precedenti. Nelle relazioni, istruttorie e requisitorie- che hanno formato la base per il Maxi processo- si sottolineava la “contiguità” tra l’organizzazione mafiosa e personaggi di spicco della politica sicula e non solo. Si veda a tale riguardo Documentazione allegata alla relazione conclusiva della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia in Sicilia doc. 23 n. 2, 6° legislatura, 1976 ;
Documenti dell’istruttoria del maxi processo in Mafia. L’atto d’accusa dei giudici di Palermo, a cura do G.Stajano, Editori Riuniti, Roma1986.
81 osano pronunciare a voce alta »158 che ha tenuto la notizia per molti giorni occupando quasi tutto il mese di Ottobre del 1958.