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Ben maggiormente corposa ed interessante, fors'anche sotto il fondamentale profilo cronologico (23), risulta comunque la

regola:IVAj = ti IVA v

3. Ben maggiormente corposa ed interessante, fors'anche sotto il fondamentale profilo cronologico (23), risulta comunque la

prospet-t i ) Senza che al riguardo assuma rilievo discreprospet-tivo, e così evenprospet-tualmenprospet-te preclusivo, la impostazione accolta sulla natura dell'oggetto del processo tri-butario; sia tale natura quella di giudizio sul rapporto intercorrente fra le parti oppure quella di giudizio costitutivo di impugnazione-annullamento del-l'atto di imposizione (sulla nota problematica, perlopiù risolta dalla giurispru-denza e dalla, forse prevalente, dottrina nel primo senso, v. per tutti Russo,

Il nuovo processo tributario, Milano, 1974, p. 72 ss. e MAGNANI, Il processo

tri-butario. Contributo alla dottrina generale, Padova, 1965, spec. p. 57 ss.). Quand'anche cioè si tratti di giudizio di accertamento sul rapporto — come ritengono Oass. e Corte cost. — non per questo potrebbe linearmente trarsi la negazione del potere di sospensione della efficacia dell'atto finanziario (accer-tamento o titolo esecutivo), potere ben diverso da quello di annullamento proprio della sola giurisdizione costitutiva: v. con approfondita indagine, che oppor-tunamente si richiama anche ad ALT.ORIO (Per una nozione del processo

caute-lare, in Riv. dir. proc. civ., 1936, I, 31), spec. GI.ENDI, Ancora sulla sospensione, cit, ce. 1299-1301 ; conf. anche PROTO PISANI, In tema di significato

costituzio-nale, cit., e. 1220 e F. TESAURO, L'inesistenza., cit., p. 109 ss. (per una via in parte diversa, facendo cioè leva sul carattere di giudice «amministrativo», benché « speciale », delle commissioni) ; ID., La sospensione della riscossione al

vaglio della Corte costituzionale, in Boll, trib., 1982, p. 733 ss.

(22) Invero solo quando il periculum in mora assurga agli estremi della irreparabilità del temuto pregiudizio una autorevole ed equilibrata dottrina ravvisa nella relativa tutela cautelare una componente essenziale (della effet-tività) della tutela giurisdizionale dei diritti, come tale anch'essa «garantita» dall'art. 24 Cost. : v. così, da ultimo e per tutti, PROTO PISANI, I provvedimenti

d'urgenza ex art. 700 c.p.c., in Appunti sulla giustizia civile, Bari, 1982, spec. pp. 358 s. e 377. Y. pure supra nota 19.

(23) Pur se molto tempo è passato dai primi auspicii in tal senso (v. già VIRGA, Intervento in II contenzioso tributario, Atti del Convegno di Sanremo 2-3 marzo 1974, Padova, 1975, p. 129 ; v. pure CIANI, in Boll, trib., 1979, p. 13 ss.).

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tiva di un chiarimento legislativo della delicata problematica ; da esso è infatti lecito attendersi addirittura qualcosa di più, in termini di intensità della tutela cautelare offerta al contribuente, di quanto appare conseguibile per le varie vie che si aprono de iure condito. Si allude, evidentemente, alla opportunità di considerare rilevante in sede di valutazione inibitoria, anche il pericolo di pregiudizi non propriamente irreparabili.

A tale proposito abbiamo ascoltato, per quanto il punto sia ap-parso trattato solo incidentalmente, le non pienamente convergenti prese di posizione di Uckmar e Falsitta. Il primo relatore conside-rerebbe cioè appagante la espressa previsione legislativa di un potere di inibitoria in presenza dei soli pregiudizi che si profilino caratte-rizzati in termini di irreparabilità ; il secondo si mostra più « possi-bilista » ed aperto — anche sulla base della deludente esperienza dei tempi e dei modi in cui vengono effettuati i rimborsi di imposta — e così approva la più larga soluzione che al riguardo si legge nell'art. 15 del disegno di legge predisposto dal Comitato tecnico per l'at-tuazione della riforma tributaria (sospensione « ove sussistano gravi motivi »). Ciò, almeno, fintanto che il rimborso sia retto dal principio nominalistico ed avvenga così sulla base di un tasso di interesse assai minore non solo della odierna svalutazione monetaria, ma anche dei saggi di remunerazione del capitale praticati dagli istituti di credito e dalla stessa finanza pubblica] a differenza — come abbiamo sentito in un intervento — della più logica ed equa impostazione adottata in proposito nella Repubblia federale tedesca).

Entrambi i relatori concordano invece nel riconoscere che il potere di sospensione, proprio in quanto misura cautelare, possa eser-citarsi solo in presenza di un ricorso del contribuente che sappia evidenziare almeno un fumus boni iuris.

La riflessione in ordine ad entrambi tali profili ricostruttivi del-la auspicata inibitoria tributaria, così de iure condendo emersi, mi pare di non scarsa importanza e merita allora venire ulteriormente approfondita (24) in vista della delineazione di uno (od eventual-mente anche di più) modelli coerenti e funzionali da consegnare alla attenzione del tanto atteso intervento legislativo in materia. Tale dunque il senso ed il punto di riferimento della seconda parte del nostro intervento, nella quale — pur nella necessità di attenersi in questa sede a canoni di estrema concisione — conviene allargare

innanzitutto la visuale al ricco dato normativo ed alla interessante esperienza applicativa che evidenziano gli istituti inibitorii predi-sposti nel processo civile e amministrativo.

a) Breve ed agevole discorso basterà per mostrare come il re-quisito del fumus boni iuris effettivamente attenga, oltreché alla tu-tela cautu-telare in genere, altresì alle cautele realizzantesi in via di inibitoria della efficacia (rectius : esecutorietà) (25) di un atto pub-blico (atto amministrativo, sentenza di condanna esecutiva pur se non passata in. giudicato) o di altro titoio esecutivo giudiziale od anche stragiudiziale (art. 474 c.p.c.) (26). E ciò quand'anche la legge, come per lo più avviene, rimanga al riguardo muta — esclusivamente sot-tolineando e variamente puntualizzando l'elemento del periculum in mora (ad es. artt. 670, 671, 692, 700 c.p.c., nonché — nel campo delle inibitorie — artt. 373, 401, 407, 431, 3° comma, c.p.c.; artt. 21 ult. coma e 33 legge n. 1030 del 1971 sui TAR e artt. 39 T.U. 26 giugno 1924, n. 105 sul C.d.s.) — ; oppure quando essa indichi, con generica comprensiva previsione (perlopiù parlando cioè di « gravi motivi »), entrambi i presupposti del fumus e, forse in sottordine, del periculum : artt. 649, 624, 650, 7° comma, 668 ult. coma, c.p.c., nonché oggi art. 22 ultimo comma legge 24 novembre 1981, n. 689 (27) (altre previsioni legislative di inibitorie sono, infine, del tutto generiche ed indetermi-nate : cfr. gli artt. 283 e 830, 2° comma c.p.c.).

Un'unica puntuale eccezione (ma forse meglio peculiare atte-nuazione) può riconoscersi al rilievo del fumus boni juris della do-manda di merito, là dove cioè la relativa valutazione spetta allo stesso giudice che ha già approfonditamente conosciuto del diritto pronun-ciando l'atto impugnato la cui esecutorietà si tratta di sospendere

(25) Cfr. su tale distinzione, incisivamente, ALLORIO, Sulla nozione, op.

loc. cit. ; conf., da ultimo, CARPI, La provvisoria esecutorietà della sentenza, Milano, 1979, p. 239.

(26) Si tralascia ovviamente di considerare, in una ottica ancor più lata, il fenomeno della inibitoria di atti collegiali prevista da varie norme del c.c. Sul dibattito — avviato già da Carnelutti — in ordine alla generale configura-bilità di un fenomeno cautelare inibitorio, non limitata al campo processual-civilistico, cfr. CALZONE, L'inibitoria giudiziale della operatività degli atti

giu-ridici con particolare riguardo agli atti amministrativi, Milano, 1966, passim e spec. p. 104 ss. (ampiamente recependo e sviluppando lo spunto carnelut-tiano) e — assai più tepidamente, ridimensionando concretamente l'unità con-cettuale al profilo finalistico — CARPI, La provvisoria esecutorietà, cit., pp. 245-252.

(27) Si tratta della ipotesi, non poco significativa, della sospensione della esecutorietà della ordinanza-ingiunzione cbe irroga le sanzioni amministrative (sul cbe v. VACCARELLA, in Le nuove leggi civili, 1982, p. 1156).

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(così, dopo la riforma del 1950, avviene ex art. 373 c.p.c. per le sen-tenze di appello) (28).

Comunque, ove difetti radicalmente una qualche plausibilità in capo alla « domanda di merito », è lo stesso fondamentale presupposto della sussistenza di un reale periculum in mora che si stenterebbe a riconoscere (29).

Calando immediatamente tali considerazioni nelle esperienze del contenzioso tributario, sembra giustificato manifestare l'avviso che proprio l'attenta valutazione ad opera delle commissioni della non manifesta infondatezza del ricorso del contribuente debba costituire il fulcro del delineato giudizio cautelare, il suo centro di gravitazione suscettibile — come si vedrà ancor meglio dalla pur necessaria e deli-cata considerazione dell'esistenza del periculum — di salvaguardare efficientemente l'interesse dell'Amministrazione finanziaria a quella sollecita riscossione dei tributi che certo non deve essere indiscrimi-natamente esposta a troppo facili, prevedibili, tattiche dilatorie (30).

Può pertanto ritenersi addirittura conveniente, in sede di previ-sione legislativa del potere di inibitoria giudiziale in materia tribu-taria, usare a questo riguardo una dizione meno vaga e riposta ri-spetto a quanto si vide accadere per le ipotesi di sospensione pro-eessualcivilistiche ed amministrativistiche (il che spesso ha condotto la prassi applicativa a sottovalutare o pretermettere tale profilo del giudizio cautelare richiesto); può anche considerarsi l'opportunità di puntualizzare come la sospensione ope iudicis, a fronte di un ricorso almeno in parte (come sovente accade) manifestatamente implausibile, possa avvenire in modo corrispondentemente parziale secondo un re-gime, cioè, di scindibilità che, non di rado, potrebbe consentire l'im-mediata riscossione di percentuali senz'altro superiori a quella di un terzo del tributo accertato dalla Amministrazione.

b) Veniamo a considerare il presupposto del periculum in mo-ra e le divergenti impostazioni, emerse anche in questo convegno,

(28) Per una menò sommaria riflessione al riguardo, relativamente ad ogni ipotesi di sospensione della esecutorietà di accertamenti giurisdizionali pieni di cui si tratti di inibre la efficaca, cfr. ancora CABPI, op. et., spec. p. 244 s.

(29) Per un tentativo di considerazione « relazionale », piuttosto che di-sgiuntiva, delle due tradizionali condizioni cautelari del fumus e del periculum

(ponendo soprattutto l'accento sulla seconda, anche in vista della individua-zione del proprium della tutela cautelare), ci si consenta di rinviare, anche per le opportune indicazioni bibliografiche, a CONSOLO, Periculum in mora ed

inam-missibilità della domanda principale nella istruzione preventiva, in Giur. it., 1979, I, 2, c. 535 ss.

(30) Profilo su cui, da ultimo, richiama opportunamente l'attenzione PROTO PISANI, In tema di significato costituzionale, cit.

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in ordine al suo grado di intensità in vista della sospensione della riscossione.

La posizione, per così dire, più garantistica di Falsitta è condi-visa, ad es., anche da F. Tesauro e sovente è stata fatta propria dai giudici che hanno accettato di sospendere la riscossione (31) muoven-dosi per lo più sulla stessa base argomentativa (danno da svaluta-zione monetaria e, correlativamente, incredibile lungaggine della even-tuale procedura di rimborso). Per contro, nel medesimo rigoroso or-dine di idee di Uckmar (esigenza di irreparabilità del pregiudizio) si muove la prevalente dottrina (ricordo, fra le più recenti, le posizioni di Glendi, Proto Pisani, Morbidelli; in particolare, con riguardo al-l'argomento tratto dalla svalutazione monetaria, Batistoni Ferra-ra (32) obietta cbe il relativo gFerra-rave danno verrebbe, in caso diverso, altrettanto incongruemente patito dall'ente pubblico titolare del di-ritto alla percezione del tributo).

Almeno de iure condito — già lo si disse — questa seconda più rigorosa interpretazione è da condividere. Diverso e più articolato discorso conviene peraltro svolgere nell'ottica, in cui adesso ci muo-viamo, di una riforma legislativa della scottante materia. Al quale proposito è innanzitutto appena il caso di ricordare come, pur quan-do la legge parli di pregiudizio irreparabile, la prassi giudiziale si è sovente orientata nel senso di attenuare e diversificare notevolmente la portata di tale requisito rispetto alla sua rigorosa, inelastica, va-lenza logico-giuridica (efficacemente illustrata spec. da Salvatore Satta).

Significative esperienze di questo genere più o meno vistosamente si sono verificate, e sono state attentamente decifrate (e non di rado approvate) dalla dottrina, nei riguardi di tutte e tre le principali previsioni normative cautelari imperniate sulla irreparabilità del

(31) Y. TESAURO, Sul potere di sospensione cautelare delle commissioni

tributarie, in Boll, trib., 1978, p. 1178 ed in giurisprudenza ad es. Comm. trib. I grado Brescia 1 dicembre 1979, in Foro it., Rep. 1980, voce «Tributi in ge-nere», n. 698; P r e t Firenze 26 gennaio 1982, in Boll, trib., 1982, p. 474; Comm. trib. I grado Milano 16 settembre 1977, in Dir. e prat. trib., 1977, II, P- 925. . .

Sovente, pur parlandosi di irreparabilità, ed anzi sottolineandosi il rigore di tale presupposto, non si manca poi di ricomprendere fra i pericola tutelabili in via inibitoria anche ipotesi di danno grave ma pecuniariamente risarcibili o addirittura il semplice danno di natura inflattiva subito immancabilmente dal contribuente nell'attesa del rimborso — sul che infra — : v. così M. MA-FEZZONI, -Sulla sospensione cautelare degli atti di imposizione, op. loc. c i t

(par. 6) ; ed oggi fors'anche MAXAGÙ, Tutela cautelare atipica ed esecuzione

fiscale, cit., p. 605.

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pregiudizio; alludo all'art. 700 c.p.c., all'art. 373 e.p.c., all'art. 21 ult. comma legge n. 1034 del 1971 sui T.A.R. (33)

Se dunque si verificassero anche in materia tributaria analoghe tendenze estensive dei contorni della irreparabilità, una tale previ-sione legislativa potrebbe dopotutto non risultare eccessivamente an-gusta e giungere, almeno in taluni casi, a ricomprendere anche quei pregiudizi certo gravi, ma non strido sensu irreparabili almeno alla stregua del principio nominalistico, conseguenti all'esigenza di smo-bilizzi patrimoniali, di ingenti e costosi indebitamenti, di sensibili riduzioni del tenore di vita del contribuente. Finanche l'indubbio ed immancabile pregiudizio consistente nella secca perdita di valore di acquisto arrecata al contribuente da un rimborso inevitabilmente dilazionato ed eroso dall'inflazione potrebbe, in quest'ottica realistica ed elastica, reputarsi in re ipsa non riparabile (come oggi notava Falsitta) stante il vigente sistema di restituzioni e la carenza in esso di un incisivo meccanismo risarcitorio, o comunque compensativo, almeno con riguardo ai casi di più grave errore dell'Amministrazione finanziaria (e salvo il ricorso, impervio, ai comuni rimedi della re-sponsabilità aquiliana).

(33) Sull'art. 700 pare davvero superflua ogni notazione poiché il feno-meno cui si allude è da tempo alla ribalta : v. comunque, ptr tutti, VERDE,

Con-siderazioni sul procedimento d'urgenza (come è e come si vorrebbe che fosse),

in I processi speciali, cit., p. 409 ss. ; LA CHINA, Quale futuro per i

provvedi-menti d'urgenzai, ivi, p. 169 ss. ; ARIETA, I provvedimenti d'urgenza, Padova, 1982, p. 124 ss. ; da ultimo, con impostazione più restrittiva, v. tuttavia TOM-MASEO, I provvedimenti di urgenza, Padova, 1983, passim e spec. p. 138 ss.

In ordine alla inibitoria della esecutorietà delle sentenze di appello (art. 373) il requisito logico della oggettiva infungibilità della prestazione è non di rado superato o comunque relativizzato e soggettivizzato (per l'illu-strazione delle linee di tendenza emerse in proposito v. spec. CARPI, op. cit., p. 290 ss.) ; da ultimo lo stesso legislatore si è posto su tale via quando ha tipicizzato, con previsione notevolmente larga, la irreparabilità del pregiudizio nel processo agrario (cfr. artt. 50 e soprattutto 46, u l t comma, 1. J3 maggio 1982, n. 203) : sul che v. CONSOLO, Commento all'art. 46 della l. n. 203 del 1982, in Le nuove leggi civili commentate, 1982, p. 1512 s.

Quanto, infine, alla inibitoria amministrativa la giurisprudenza appare, se non largheggiante, almeno elastica (v. da ultimo la panoramica svolta da SAPORITO, La sospensione della esecuzione del provvedimento impugnato nella

giurisprudenza amministrativa, Napoli, 1981, passim e spec. p. 34 ss.), mentre è piuttosto il legislatore amministrativo che ricorrentemente dà luogo a rigur-giti di estremo — ed incostituzionale — rigorismo: v. da ultimo, sul punto, MARONE, La sospensione di due mesi (continua la tendenza a comprimere il

potere cautelare), in Foro it., 1982, V, c. 201 ss. ; richiamerei inoltre, per il loro interesse anche in prospettiva riformatrice, le considerazioni di M. NIGRO,

Tra-sformazioni dell'amministrazione e tutela giurisdizionale differenziata, in Atti

del XIII Convegno naz. dell'Associazione tra gli studiosi del processo civile

(Catania 28-30 settembre 1979), Milano, 1981, p. 89 ss., spec. p. 116 ss. 46. Riv. dir. fin. - 1 - 1983.

Dubito tuttavia clie convenga similmente giocare con le parole, appagarsi cioè di una dizione legislativa tanto letteralmente rigorosa quanto sostanzialmente labile, sì da poter costituire uno strumento buono davvero a tout faire nelle mani dei vari giudicanti (come in effetti attualmente accade per l'art. 700 c.p.c., non raramente vero regno dell'imprevidibilità e della soggettività, quando non addirittura del protagonismo di taluni giudici).

Gravissimo sarebbe infatti il pericolo di concrete ineguaglianze e di rigorismi, tanto pili insoffribili in quanto isolati e casuali. A rigore, invero, la irreparabilità sarebbe innegabile solo in quelle ipo-tesi in cui il versamento generi la elevata probabilità di cessazione di attività imprenditoriali o professionali o comunque di una loro irreversibile compressione; fuori dal campo lato sensu imprendito-riale — in presenza cioè di esigenze di smobilizzo patrimoniale o di indebitamento ad opera di titolari di reddito di lavoro e/o di capitale — la qualificazione in termini di irreparabilità del pregiudizio rimar-rebbe probabilmente opinabile e variamente risolta all'atto pratico. Il che è quanto, a mio avviso, occorrerebbe invece evitare con ogni cura.

Neppure l'alternativa di far ricorso, una volta di più, alla gene-rica dizione dei « gravi motivi » (così l'art. 15 del cit. progetto di legge), pur avendo il pregio di assimilare il trattamento del titolo esecutivo fiscale e quello dei titoli esecutivi di diritto processuale comune (v. infatti l'art. 624 c.p.c.) (34), appare tuttavia soddisfacente;

(34) Nonché, correlativamente, di sganciarsi da un parallelismo, solo par-ziale e potenzialmente fuorviante, con il trattamento generale della esecutorietà degli atti amministrativi impugnati : invero, specie se si muova dalla tesi •— cara alla giurisprudenza e autorevolmente sostenuta in dottrina ad es. da Capacci oli, Potito e Russo — per cui l'atto di accertamento fiscale non costi-tuisce il rapporto di imposta e la giurisdizione tributaria è volta all'accerta-mento della sussistenza o meno di una obbligazione ex lege (verte, cioè, sul rapporto anziché sull'atto), si riduce il ruolo degli atti della Finanza a mere fattispecie utili a puntualizzare l'interesse ad agire o a far decorrere i termini per la proposizione del ricorso (per un accenno alla tesi opposta v. infra nota 39). Situazione dunque tutt'affatto diversa da quella che ricorre in tema di giu-risdizione amministrativa generale, connotata in termini di costitutività-negativa rispetto all'atto impugnato poiché lesivo di un (semplice) interesse legittimo

(su tale iato fra le due ipotesi v. da ultimo MICHELI, IM tutela giurisdizionale

differenziata del contribuente nel processo tributario, in questa Rivista, 1980, I, p. 128 ss. ; si tratta di un intervento al Convegno catanese citato in nota prec.). Ciò può rilevare anche in vista della configurazione del potere di inibitoria ; è invero singolare che la S.C. e la Corte cost,, proprio muovendo da tale rico-struzione dell'oggetto della giurisdizione tributaria, finiscano con l'attribuire agli atti finanziari esecutivi un trattamento decisamente privilqgiato rispetto agli ordinari titoli esecutivi contenenti un accertamento (magari anche giu-risdizionale) del rapporto creditorio (arg. da artt, 283 e 604 c.p.c.), nonehé rispetto agli altri atti amministrativi lesivi solo di interessi legittimi. Sul che

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e ciò pei- una pluralità di controindicazioni : innanzitutto si offre così al giudicante un parametro ancor meno specifico ed impegnativo di quello precedentemente esaminato; poi v'è il rischio che, col parlare di gravi motivi, si accomunino entrambi gli elementi del periculum e del fumus quasi dissolvendo il primo nel secondo, pure esso comun-que non puntualizzato con la desiderabile (v. supra) chiarezza ed uni-vocità (come avviene negli artt. 624 e 649 c.p.c.) (35) ; infine è difficile escludere che un motivo bastantemente « grave » per accordare la so-spensione possa esser quello, purtroppo immancabile, della non sa-tisfattività restitutoria dei futuri eventuali rimborsi.

Questo profilo, così frequentemente addotto nel dibattito sulla sospensione della riscossione, mi pare meglio suscettibile di venire affrontato e convenientemente risolto secondo canoni di equità e ci-viltà tributaria attraverso una ulteriore riforma ; quella appunto di un adeguamento del tasso di remuneratività sulle somme indebita-mente percette e temporaneaindebita-mente trattenute dallo Stato onde ri-portarlo in sintonia, se non altro, con i tassi di interesse praticati dallo stesso Stato sul debito pubblico : risulta in effetti singolare che un credito accidentale e forzato (tale a posteriori risultando la specie da regolare) subisca un trattamento deteriore rispetto ad un credito spontaneo e programmato. Inoltre, se non altro pei casi di grave negligenza amministrativa, occorre provvedere ad una più incisiva e sicura attuazione della responsabilità aquiliana dello Stato e dei suoi funzionari (art. 28 Cost.) (36), stimolando il corretto adempi-mento di tale funzione amministrativa secondo linee di evoluzione emerse, anche sotto il profilo comparatistico, nell'attuale convegno. ampUus in GLENDI, Ancora sulla sospensione, cit., c. 1299 ss. E ciò — si badi — in presenza di una giurisprudenza della S.C. ormai costante nel negare all'ac-certamento tributario una presunzione di legittimità (cfr. Cass. 23 maggio 1979, n. 2990. in Giur. it„ 1979, I, 1, c. 1774; Cass. 15 novembre 1979, ivi, 1980, I, 1, c. 833 ; nonché — focalizzando il profilo dell'onere probatorio — Cass. 17 aprile 1982, n. 2343, in Giur. imo., 1982, p. 1183).

Proprio la peculiarità della esecuzione tributaria stimola a ricercare forme differenziate di tutela giurisdizionale, ma delle posizioni di entrambi i suoi pro-tagonsti ed eventualmente (almeno nell'ottica sopra accennata) piuttosto mag-giormente intensa che depotenziata rispetto alla tutela cautelare nel processo amministrativo, dovendosi tutelare veri diritti soggettivi del contribuente (da ultimo MICHELI, op. loc. ult. cit.). Non è dunque facendo leva sulla teorica della tutela giurisdizionale differenziata che può comprimersi la tutela caute-lare in campo tributarlo (come dimostrano, fra l'altro, le vive critiche che un