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Numerosi personaggi della letteratura coeva sono caratterizzati dalla triplice sintomatologia dell’isteria, dell’epilessia e del misticismo, in linea con le teorie formulate da Lombroso e da Nordau. Tuttavia, se per lo scienziato l’esaltazione mistica faceva parte del disturbo epilettico o isterico, nel romanziere l’epilessia o l’isteria restavano peculiari della donna, ma provocavano la maturazione d’una crisi mistica nell’uomo, che diventava il vero fine di tutto il processo.

Di profonda fede cattolica, Fogazzaro era attratto dalla prospettiva di conciliare il cristianesimo con le acquisizioni della scienza contemporanea, in particolare l’evoluzionismo darwiniano. Esso non costituiva, a suo giudizio, una contraddizione del dogma religioso, in quanto la materia s’evolverebbe verso forme d’esistenza superiore; e la morale cristiana era naturalmente evoluzionista, fondandosi sullo sforzo costante dell’uomo di dominare l’animalità primigenia, in direzione del predominio dello spirito sugli istinti. La concezione dell’anima rappresentava lo sforzo centrale di Fogazzaro nel conciliare darwinismo e Rivelazione: ad un certo punto dell’evoluzione, Dio sarebbe intervenuto per determinare il salto di qualità dal bruto all’uomo, infondendo in questo l’anima. Nel discorso del 1872 Dell’avvenire del romanzo in

Italia Fogazzaro sosteneva che il narratore contemporaneo, sull’esempio della

scienza moderna, dovesse penetrare oltre la superficie dell’anima dei personaggi. Quindi richiamava l’attenzione sulla psicologia del profondo, identificando in questa non solo una dimensione essenziale del personaggio, ma l’origine stessa della creazione artistica.

Fin dai primi anni Ottanta Fogazzaro aveva tentato di conciliare le nuove teorie psicologiche con i precetti della fede cristiana, ipotizzando l’azione degli spiriti dietro i fenomeni metapsichici e paranormali.16 Malombra, pubblicato nel

1881, presenta una vicenda pervasa di mistero ed occultismo, dove l’analisi psicologica viene approfondita fino a sondare le più sottili inquietudini

16 Ritroveremo il nesso tra l’eziologia delle patologie nervose e l’interesse per lo spiritismo anche nella prefazione che Fogazzaro scriverà nel 1898 per l’edizione francese di Malombra: «Avant d’écrire Malombra je m’étais plongé dans l’occultisme; j’avais été fasciné par une philosophie étrange où le mysticisme indien était mêlé au mysticisme chrétien» (‘Prima di scrivere Malombra mi ero immerso nell’occultismo; ero rimasto affascinato da una strana filosofia in cui il misticismo indiano era mescolato al misticismo cristiano’; la traduzione è mia).

Federica Adriano, Alienazione, nevrosi e follia: esiti della ricerca scientifica nella narrativa italiana tra Otto e Novecento, Tesi di Dottorato in Scienze dei Sistemi Culturali; Università degli Studi di Sassari

dell’anima dei protagonisti. Nel romanzo l’indagine sui conflitti tra la sfera della sensualità e quella dello spirito ci porta lontano dall’oggettività naturalista, verso una dimensione arcana ed inafferrabile.

Il giovane e misconosciuto scrittore del romanzo Un sogno, Corrado Silla, è misteriosamente invitato in un lugubre castello, arroccato su alture brumose e selvagge, da un vecchio ed ombroso gentiluomo, il conte Cesare, che è da molti ritenuto suo padre naturale. Nel remoto maniero abitato da fantasmi il vecchio misantropo convive con una fanciulla orfana, sua nipote Marina, bellissima, demoniaca e ribelle. La giovane, suggestionata da un messaggio fortunosamente ritrovato in un ripostiglio segreto, immagina di essere la reincarnazione dell’ava Cecilia, la Matta del Palazzo, rinchiusa fino alla morte in una stanza di esso dal padre di Cesare, per gelosia d’un innamorato precedente. Convinta di dover rivivere le tappe salienti della vita di lei per vendicarla, l’eterea marchesina si trasforma in erinni vendicatrice sul burbero zio discendente del persecutore, ed in amante diabolica di Corrado, che identifica nell’antico e redivivo innamorato di Cecilia. Ed al primo provocherà un colpo apoplettico, apparendogli di notte fuori di sé e nell’atto d’evocare il nome della defunta e il delitto; poi, in uno stato d’eccitazione parossistica compare al capezzale dell’agonizzante per maledirlo. Dopo un banchetto sacrilego accanto al cadavere di Cesare, Marina fulmina con un colpo di pistola Corrado, il quale, pur stregato dal suo fascino, l’ha delusa negando le reincarnazioni. Infine, come uno spettro delirante, attraversa sulla sua barca il lago in tempesta e scompare per sempre negli abissi del golfo di Val Malombra.

Le strutture ed i tòpoi del noir e della narrazione metapsichica, già esaltati dal Fogazzaro,17 si riflettono nell’architettura del romanzo: le premonizioni

oniriche, le rivelazioni medianiche, le parole scritte col sangue, l’animazione di oggetti, le allucinazioni e i delirii, alimentando una continua suspense preannunciano le catastrofi. E l’enigmatica, nerissima, demonica Marina, con le sue chiome corvine e lucenti, le iridi azzurre e lampeggianti come diamanti, le mani bianchissime e gelide, con la sua risata satanica, la sua interiorità misteriosa, ripete il tipo romantico-decadente della beauté funeste.

17 Nell’Avvenire del romanzo (1872) Fogazzaro aveva insistito sulla necessità di rinnovare la narrativa sotto il segno della contemporaneità e della psicologia.

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Corrado cela nel proprio animo un dissidio contorto tra impulso sensuale ed anelito mistico, sviluppando la struttura psicologica tipica del personaggio di crisi, in cui confliggono inattingibili aspirazioni ideali ed estetiche, incoercibili forze istintuali e complessi d’inettitudine. All’inizio di Malombra Silla si fa portavoce del pensiero dell’autore, postulando l’esistenza d’una parte dell’anima, che si nutre in un «misterioso contatto con Dio», e aggiunge:

È un gran torto […] della psicologia moderna, di non aver sufficientemente osservato i fatti interiori che vengono in appoggio di tale contatto. […] I sogni profetici, i presentimenti, le subitanee inspirazioni artistiche, le illuminazioni fugaci della nostra mente, i ciechi impulsi al bene e al male, […] certi movimenti involontari della nostra memoria, sono probabilmente opere di spiriti superiori, parte buoni, parte malvagi.18

L’ingresso in scena della nipote del conte è preannunciato dall’eco languida e misteriosa del suo vecchio pianoforte, che suona un brano del Don

Giovanni di Mozart con una melodia così maliarda e stregata che Steinegge

commenta «Suona come un maligno diavolo che abbia il vino affettuoso» per poi ammonire il già rapito Silla «Vi consiglio di non credere alla sua musica, signor» (M 48). È notte fonda, una placida notte agostana del 1864, e

mademoiselle, non riuscendo a prender sonno, si mette a scrivere una lettera

all’amica Giulia: «Mandami una boccettina d’egnatia;19 ho i nervi scordati come

un pianoforte di collegio. È mezzanotte e non possiamo dormire né io né il lago che se ne lagna qui sotto» (M 49). Gli archetipi culturali cui risale la patologia di Marina, appassionata cultrice d’arte e letteratura, sono segnalati nel testo sia dalle «moltissime opere forestiere e nostrali di scienze occulte» (M 25) contenute nella libreria del Palazzo, che dal repertorio delle sue letture di gusto romantico, gotico e decadente: «Byron e Shakespeare […], Poe e tutti i romanzi di Disraeli, suo autore favorito […]; aveva tutto Musset, tutto Stendhal, le Fleurs du Mal di Baudelaire» (M 63). Il ritratto dell’altera protagonista evidenzia alcune linee caratteristiche della donna nervosa: lo spirito seduttivo e mordace, il pallore febbricitante dell’incarnato, le mani gelate, la figura sinuosa ed elegante, il viso minuto e delicato di bimba

18 A. FOGAZZARO, Malombra, introd. e note di V. Branca, Milano, Biblioteca Universale

Rizzoli, 2001, 94 (= M).

19 Probabilmente l’ignatia amara, una pianta contenente due alcaloidi con proprietà nervine, tuttora usata come rimedio omeopatico negli stati d’ipotonìa dell’umore.

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capricciosa, i grandi occhi corruschi e penetranti «fatti per l’impero e per la voluttà» (M 53). All’inizio donna Marina considera una follia la credenza nella metempsicosi suggeritale dal sinistro messaggio:

Quella donna non era sana di mente. Lo diceva la tradizione, lo confessava lei stessa […], quand’anche il concetto sostanziale dello scritto non bastasse per sé a dimostrarlo. Lo scritto era dunque un frutto del delirio. Solo qualche ricordo della vita anteriore che si destasse ora nell’animo di lei, Marina, potrebbe dimostrare l’opposto (M 83-4).

L’insorgere dell’ossessione della protagonista viene descritto con termini affini a quelli usati dalla scienza psichiatrica coeva per descrivere la sintomatologia dell’isteria femminile (la febbre, la smania, le urla, l’afasia): «Conseguenza di quella notte fu per Marina una violenta febbre cerebrale di cui nessuno potè indovinare la causa. […] Quando vedeva il conte, e anche solo all’udirne i passi pel corridoio vicino, l’ammalata diventava furibonda, urlava, smaniava senza articolar parola» (M 86).20 Nel seguito della narrazione

l’aggravarsi del male viene spesso adombrato da foschi presagi, paramnesie e lampi di déjà vu:

Ai suoi piedi oscillava l’ombra rotonda del candeliere. Fu assalita, pietrificata da una delle sue reminiscenze misteriose. Le pareva esser venuta su quella soglia un’altra volta, anni ed anni addietro, di notte, discinta, con i capelli sciolti, aver visto ai suoi piedi l’ombra oscillante del candeliere, il lume intorno a sé per breve spazio di pareti e di pavimento, e, là davanti, lo stipo nero, i caratteri arcani (M 243-44).

L’eroina di Val Malombra, dalla grazia conturbante e dal talento geniale, è vittima di un’allucinazione spiritica. Man mano che s’acuisce il suo squilibrio psichico, il lessico acquisisce una specificità scientifica sempre più accentuata.

20 «Je considère comme probable l’existence de deux sortes de suggestion mentale: l’une conditionnée par une exaltation des sens […]; et une autre conditionnée par une paralysie complète des sens, avec l’exaltation tout à fait exceptionnelle du cerveau. Dans ce dernier cas, il y a toujours une sorte de fièvre localisée au cerveau tout seul. La tête est chaude, les membres froids. On dirait que toute la force nerveuse s’est concentrée dans les hémisphères»; ‘Io considero come probabile l’esistenza di due specie di suggestione mentale: una condizionata da un’esaltazione dei sensi […]; ed un’altra condizionata da una paralisi completa dei sensi, con l’esaltazione del tutto eccezionale del cervello. In quest’ultimo caso, c’è sempre una sorta di febbre localizzata soltanto nel cervello. La testa è calda, le membra fredde. Si direbbe che tutta la forza nervosa s’è concentrata negli emisferi’; la trad. è mia (OCHOROWICZ, De la suggestion…, 526).

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All’inizio il suo comportamento è descritto con una prevalenza di termini generici (mistero, destino, fascino); in seguito il lessico si colora di sfumature più adatte a designare un atteggiamento patologico ( follia, matta, convulsioni terribili,

delirio; compaiono parole quali spiritismo, sonnambulismo), per il quale la mania

spiritista è dovuta allo sdoppiamento della personalità, frequente nei casi d’isteria. Troviamo anche un vocabolo chiave nella designazione della sindrome isterica: accesso; mentre nelle ultime pagine s’addensano i termini medico-psichiatrici (depressione, apiressi completa, polso di cento battute, accesso nervoso,

monomaniaci…) ed il dottore emette una puntuale diagnosi clinica:

Vedono, dopo il travaglio nervoso di stanotte quella donna lì doveva essere a terra, oggi, sfasciata. Ma no; non abbiamo che il pallore veramente straordinario e la cerchiatura livida degli occhi. […] Qui, mi son detto subito, l’accesso nervoso sussiste ancora, questa calma non è fisiologica […]. Mi ha investito con una veemenza! Anzi, se debbo dire il vero, si è scagliata più contro di Lei, signor commendatore, che contro di me, perché ha compreso subito, con l’acume de’monomaniaci, che dovevo aver parlato con Lei (M 419-20). 21

Il misticismo della marchesina presenta similarità essenziali con la definizione che di esso propone il lombrosiano Max Nordau in Degenerazione:

Questo vocabolo [misticismo] indica uno stato della mente in cui si crede di avvertire o di presentire relazioni ignote ed inesplicabili tra i fenomeni; in cui si riconosce nelle cose un accenno a misteri, che si considerano siccome simboli mediante i quali una forza occulta cerca di scoprire o di indicare miracoli d’ogni specie, ad indovinare i quali il più delle volte ci si affatica invano. Tale stato della mente è congiunto sempre con eccitazioni dell’animo […].

Il mistico vede tutti i fenomeni del mondo e della vita sotto un aspetto differente dall’uomo sano. La più semplice frase ch’egli pronuncia gli sembra un accenno a qualche cosa di occulto; nei movimenti ordinari e naturali vede cenni segreti; tutti gli oggetti hanno per esso lati nascosti e profondi; […]. In casi estremi questo morboso modo di vedere, assume le proporzioni dell’allucinazione la quale si impossessa, di regola, dell’udito, ma può colpire altresì la vista e gli altri sensi. In tali casi il mistico non si limita più a supporre o ad indovinare alcunché di misterioso nelle cose vedute, ma vede ed ode cose che per uomini sani non esistono affatto. (D 90-1)

21 «Siamo ben lontani dall’atteggiamento del Follini di Giacinta, fiducioso nei poteri illimitati della scienza, capace di classificare ogni sintomo della paziente […]. Il dottore è terrorizzato» (B.

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A proposito della tenebrosa sensualità di Marina, avvolta da un alone magnetico ed elettrizzante, troviamo un riferimento ancora in Nordau:

Nella mente di un tale degenerato esistono […] sempre anche idee sessuali, e ad ogni impressione che riceve da esseri o da cose vi associa anche pensieri erotici. […] Così avviene che nella maggior parte dei casi il misticismo ha una tinta erotica distinta e che il mistico, interpretando le sue idee nebulose, inclina sempre ad ascrivere alle stesse un contenuto erotico. (D 119)

In Malombra ci sarebbe una storia di reincarnazione oppure un caso clinico di sdoppiamento della personalità (che oggi chiameremmo schizofrenia). Lo stesso Fogazzaro descriveva nel complesso la vicenda di Marina come un arduo caso psicopatologico, piuttosto che come un fenomeno di reincarnazione o possessione. L’ambiguità interpretativa permane tuttavia, ed autorizza allora l’ipotesi di Ghidetti che il narratore considerasse ancora la malattia mentale come una sorta di tramite, pericoloso ma privilegiato, con la sfera del trascendente.22 Malombra, in questo senso, rappresenta un testo

esemplare come drammatizzazione in termini gotici e decadenti della suggestione mentale, e come tentativo d’articolare organicamente in un’opera narrativa un fenomeno d’anomalia psichica, generatosi in una mente predisposta e labile come quella di Marina.23 Attraverso il motivo della

metempicosi – osserva Finotti – «la vicenda di Marina si collega ai motivi più caratteristici del perturbante freudiano: la relazione con la morte, il tema del doppio, il ritorno dell’uguale, la coazione a ripetere il passato».24 La

marchesina percepisce in se stessa un’alterità che si fa pian piano così ingombrante, da costringerla a seguire le tracce di una vita precedente. Molti elementi che collegano il romanzo ed il saggio freudiano derivano dal comune interesse per la letteratura fantastica di Hoffman e Poe, ma Fogazzaro

22 E. GHIDETTI, Immagini della follia nella narrativa italiana del secondo Ottocento, «Il Ponte», a. XLII, n. 6, nov.- dic. 1986, 112-15.

23 Cfr. G.BALDI, Darwinismo e parapsicologia in Fogazzaro, «Critica letteraria», III, 8, 1975, 568-

71, e la bella introd. di V. Branca, X-XI: «E’ l’interesse alla psicologia e alle nuovissime scienze dell’anima – e non una fede spiritistica – che domina nel Fogazzaro di Malombra. […] L’elemento metapsichico si offre al Fogazzaro soprattutto come mezzo nuovo e à la page per creare e animare il mistero e il favoloso».

24 Cfr. F.FINOTTI,L’inconscio in Fogazzaro, in Antonio Fogazzaro tra storia, filologia, critica (atti della giornata di studio: Vicenza, 16 maggio 1997), a cura di G. Pizzamiglio e F. Finotti, Vicenza, Accademia Olimpica, 1999, 140.

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compiva un passo importante, anticipando direttamente la svolta psicanalitica: lo spiritismo, la metempsicosi, gli elementi fantastici perdono via via di pregnanza oggettiva, per spostarsi all’interno delle dinamiche psicologiche del personaggio; gli elementi ripresi dalla tradizione del romanzo fantastico e del

noir tendono ad essere riattualizzati come sintomi d’una psicologia del

profondo.

Nella Préface (1898) alla traduzione francese di Malombra, Fogazzaro confessava di aver lasciato che vi emergessero liberamente i contenuti del proprio mondo interiore e s’esprimessero nei protagonisti:

Il [le roman] s’est emparé de tout ce que j’avais chez moi – idées, amours, chagrins, souvenirs […]. Malombra a paru il y a dix-sept ans, lorsque ma jeunesse était déjà derrière moi, mais il avait germé depuis bien longtemps au fond de mon coeur. […] Pas un mot du roman n’existait encore sur le papier et la belle, hautaine, fantasque Marina de Malombra me hantait déjà; j’en étais amoureux et rêvais de m’en faire aimer. Elle était pour moi la femme qui ne ressemble à aucune autre, et je l’avais pétrie d’orgueil pour l’inexprimable plaisir de la dompter. […] elle est bien ce voluptueux mélange féminin de beauté, d’étrangeté, de talent et d’orgueil que je recherchais avec ardeur dans ma première jeunesse. […] Edith n’est qu’ une réaction de la conscience et du sentiment religieux: elle est née de la terreur d’un abîme.25

La scrittura – ammise l’autore – diventava uno strumento per far materializzare, proiettandoli all’esterno, i propri fantasmi interni, nel tentativo di soggiogare l’oscura potenza che li generava; fungeva da veicolo ed insieme controllo di energie psichiche compresse. Si trattava di un’anticipazione della tesi fondamentale del saggio di Freud Il poeta e la fantasia (1907), che avrebbe individuato la genesi della creatività poetica nel rapporto tra liberazione e idealizzazione.

25 Préface, XLIII-IV, riprod. in A.FOGAZZARO,Malombra…, XLII-V: ‘Esso [il romanzo] s’è impadronito di tutto ciò che avevo dentro di me – idee, amori, dolori, ricordi […]. Malombra è apparso diciassette anni fa, quando la mia giovinezza era ormai alle mie spalle, ma aveva germogliato già da tempo nel fondo del mio cuore. […] Non una parola del romanzo esisteva ancora sulla carta, e la bella, altera, stregata Marina di Malombra già mi ossessionava; io ne ero innamorato e sognavo di farmi amare da lei. Ella era per me la donna che non assomiglia a nessun’altra, ed io l’avevo colmata d’orgoglio per l’inesprimibile piacere di domarla. […] ella è proprio quella voluttuosa miscela femminile di bellezza, di stravaganza, di talento e d’orgoglio che io ricercavo con ardore nella mia prima giovinezza. […] Edith non è che una reazione della coscienza e del sentimento religioso; ella è nata dal terrore di un abisso’ (la traduzione è mia).

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Sin dalla fine del secolo Fogazzaro esponeva nelle sue conferenze gli sviluppi della psicologia contemporanea. Il romanzo anticipava i temi che saranno ribaditi più chiaramente nel celebre discorso del 1895 Per una nuova

scienza, dove la «nuova scienza» è la psicologia del profondo, di cui l’autore

individua la nascita nel magnetismo di Mesmer, rievocandone le alterne fortune fino alla riabilitazione dell’ipnotismo da parte di Charcot. Nel discorso il rapporto con un universo soprannaturale si conferma un’esigenza costante per Fogazzaro. Sua peculiarità era il tentativo di spostare sul piano mistico il problema dei fenomeni metapsichici, pur senza sottrarlo al suo sostrato scientifico, ed opponeva polemicamente alla scienza occidentale, positivistica e materialistica, la civiltà orientale, assai più sensibile al richiamo della quarta dimensione: invitava dunque a studiare «le occulte facoltà dell’uomo nei fatti ordinari della sua vita normale prima che nei fatti meravigliosi. Esaminate questi fatti con lo spirito scientifico europeo, ma consideratene la natura […] con lo spirito scientifico dell’Oriente».26 Nel capitolo III, dopo aver riportato

alcuni casi di suggestione ipnotica considerati riusciti dalla scienza medica, egli conclude:

Io non so come nello stato ipnotico l’idea d’una ferita faccia arrossare la pelle e spicciarne il sangue, ma osservo che il potere delle emozioni morali sul fisico è