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4.   VALUTAZIONE DEL LIVELLO DELLE CONOSCENZE

4.1   F AUNA

4.1.5   Mammiferi

Le conoscenze sui mammiferi nell’area di studio sono abbastanza buone per quanto riguarda la presenza e la distribuzione generale a scala provinciale, ma disomogenee o addirittura scarse per quanto riguarda lo status delle popolazioni a livello locale.

Decisamente buona la presenza dei mammiferi nell’area dei Monti Lepini e nell’area dei Monti Aurunci dove sono presenti rispettivamente 44 e 51 delle 58 specie presenti nell’area presa in esame.

Viceversa solo 20 specie risultano essere presenti nell’area dei Monti Ausoni. Tale dato evidenzia una lacuna conoscitiva piuttosto marcata anche in considerazione della posizione di cerniera assunta dagli Ausoni rispetto ai Lepini agli Aurunci. Le tre catene collinari montuose racchiudono le maggiori aree boscate della provincia con un grande diversificazione a partire dai versanti esposti a Nord-Est dove permangono vaste aree boscate ancora parzialmente in connessione con le

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Mainarde e quindi con il Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

I versanti, invece, esposti a Sud-Ovest presentano grandi aree di macchia mediterranea più o meno evoluta verso i boschi xerofili, ma anche delle vere e proprie garighe e praterie ad ampelodesma. La presenza di numerose tipologie ambientali così diversificate determina un aumento considerevole della biodiversità animale di queste aree.

Buona è anche la presenza dei mammiferi nell’area del Parco Nazionale del Circeo con ben 44 specie, grazie soprattutto alla conservazione di una parte della foresta planiziale che una volta era presente su tutta la pianura pontina e la piana di Fondi. Solo 7 specie risultano presenti nell’area della Riviera d’Ulisse.

La presenza di mammiferi sulla pianura pontina e la Piana di Fondi risulta scarsa a causa delle presenza di estese aree a coltivazione intensiva e seminativi e alla quasi totale assenza di aree di rifugio. In quest’ottica le aree con lembi di vegetazione spontanea favoriscono comunque la presenza di Roditori e Insettivori, e i canali e i corsi d’acqua con sponde naturalizzate la presenza di alcune specie di Chirotteri. Anche per l’area collinare tra i comuni di Fondi, Sperlonga, Gaeta e Itri non sia hanno dati sulla presenza di mammiferi. Molto probabilmente la causa è una mancanza di studi e ricerche nell’area. La vicinanza e la continuità con l’area dei Monti Aurunci lascia presupporre la presenza di specie di mammiferi che selezionano gli ambienti di macchia mediterranea e che sono meno sensibili alla frammentazione dell’habitat.

L’elenco complessivo delle specie rilevate si compone anche di una specie esotica invasiva (nutria), 3 specie introdotte in epoca storica e ormai naturalizzate (coniglio selvatico, ratto nero e ratto

norvegico) e di 2 specie introdotte nel secolo scorso (daino e muflone, presenti entrambi nel Parco del Circeo).

Degne di nota anche alcune assenze importanti, e significative di uno status preoccupante del livello di frammentazione a cui sono soggetti molti degli habitat forestali presente nell’area indagata.

Risultano infatti assenti che in altre aree montuose del Lazio risultano presenti (talora comuni) come lo scoiattolo (Sciurus vulgaris) e il capriolo (Capreolus capreolus).

Il capriolo, presente con certezza nel Parco del Circeo nel 1911 (Ghigi in Montemaggiori, 2000) sembra essersi estinto negli anni ’30 del secolo scorso. Il Parco sta attualmente valutando l’ipotesi di una re-introduzione della sottospecie italica (C.C.

italicus) con esemplari da prelevare a Castelporziano. Nella restante parte della provincia è assente ma potrebbe ritornare anche spontaneamente a partire da nuclei presenti nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.

Non esistono segnalazioni recenti neppure di scoiattolo che dal Circeo sembra si sia estinto a partire dagli anni’40 del secolo scorso, mentre l’ultima segnalazione certa per i Lepini risale al 1980.

Analoga sorte è toccata alla Lontra, segnalata fino agli anni ’60 al Parco del Circeo.

Anche per la Martora (Martes martes) lo status appare incerto. L’ultima segnalazione risale al 1990 (M.te Semprevisa, sui Lepini).

Pagina46 Tabella 6 – Elenco specie di Mammiferi

Nome scientifico Nome italiano

N.

segnalazioni

Erinaceus europaeus Riccio europeo 66

Sorex samniticus Toporagno appenninico 29

Neomys anomalus Toporagno acquatico di Miller 1

Suncus etruscus Mustiolo 33

Crocidura leucodon Crocidura a ventre bianco 25

Crocidura suaveolens Crocidura minore 27

Talpa romana Talpa romana 60

Rhinolophus euryale Rinolofo euriale 13

Rhinolophus ferrumequinum Ferro di cavallo maggiore 51

Rhinolophus hipposideros Ferro di cavallo minore 44

Myotis bechsteinii Vespertilio di Bechstein 3

Myotis blythii Vespertilio di Blyth 7

Myotis capaccinii Vespertilio di Capaccini 17

Myotis daubentonii Vespertilio di Daubenton 12

Myotis emarginatus Vespertilio smarginato 15

Myotis myotis Vespertilio maggiore 15

Myotis nattereri Vespertilio di Natterer 2

Pipistrellus kuhlii Pipistrello albolimbato 46

Pipistrellus nathusii Pipistrello di Nathusius 2

Pipistrellus pipistrellus Pipistrello nano 17

Pipistrellus pygmaeus Pipistrello pigmeo 6

Nyctalus leisleri Nottola di Leisler 1

Nyctalus noctula Nottola comune 2

Hypsugo savii Pipistrello di Savi 9

Eptesicus serotinus Serotino comune 4

Barbastella barbastellus Barbastello comune 9

Plecotus auritus Orecchione bruno 4

Plecotus austriacus Orecchione grigio 4

Miniopterus schreibersii Miniottero di Schreiber 33

Tadarida teniotis Molosso di Cestoni 8

Oryctolagus cuniculus Coniglio selvatico 1

Lepus europaeus Lepre europea 24

Lepus corsicanus Lepre appenninica 8

Eliomys quercinus Quercino 10

Glis glis Ghiro 24

Muscardinus avellanarius Moscardino 46

Clethrionomys glareolus Arvicola rossastra 18

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Nome scientifico Nome italiano

N.

segnalazioni

Arvicola terrestris Arvicola terrestre 19

Microtus savii Arvicola di Savi 35

Apodemus flavicollis Topo selvatico a collogiallo 21

Apodemus sylvaticus Topo selvatico 39

Rattus norvegicus Ratto delle chiaviche 32

Rattus rattus Ratto nero 49

Mus domesticus Topo domestico 47

Hystrix cristata Istrice 76

Myocastor coypus Nutria 19

Canis lupus Lupo 31

Vulpes vulpes Volpe 50

Meles meles Tasso 36

Mustela nivalis Donnola 39

Mustela putorius Puzzola 13

Martes foina Faina 41

Martes martes Martora 1

Felis silvestris Gatto selvatico 15

Sus scrofa Cinghiale 24

Dama dama Daino 1

Ovis orientalis musimon Muflone 1

4.1.5.1 Roditori

Presenti su tutti e tre le catene della provincia, l’assenza di dati di presenza sulla piana di Latina e di Fondi evidenzia una lacuna conoscitiva.

Interessante sarebbe monitorare la distribuzione e lo stato di salute delle popolazioni di alcune specie di arvicole, in particolare dell’Arvicola terrestre (Arvicola terrestris), che potrebbero risentire della competizione e dell’erosione dell’habitat a causa della nutria (Myocastor coypus). Non si dispone di dati attendibili sulla consistenza delle popolazioni italiane di questa arvicola. Tuttavia, essa sembra in diminuzione nelle aree maggiormente antropizzate e attraversate da grandi corsi d'acqua. Le ragioni di tale decremento vanno ricercate essenzialmente nella mutata gestione dei canali e nella

sistemazione dei corsi d'acqua, in quanto la specie necessita di argini provvisti di ricca vegetazione erbacea. In questo senso, la ripulitura e la cementificazione degli argini sono due pratiche che rendono inospitale l'ambiente per questa specie.

I problemi determinati dalla crescente presenza della nutria sono diversi. La specie è solita scavare una serie di cunicoli e camere sotterranee, che nelle arginature pensili dei canali di irrigazione possono compromettere la tenuta strutturale di tali manufatti, soprattutto in occasione delle ondate di piena. La nutria può altresì provocare danni economici localmente elevati per il prelievo operato a fini alimentari sulle coltivazioni agrarie, quali granoturco, ecc. Quest’ultima risulta ampiamente

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diffuse in tutti i corpi d’acqua della provincia, particolarmente sulle piane e nei principali laghi pontini fino a risalire i principali corsi d’acqua (Amaseno) verso l’interno. Non si hanno dati sui laghi di San Puoto e Lago Lungo tra Fondi e Sperlonga e lungo il Garigliano, l’Ausente e gli altri corsi d’acqua sulla piana tra Formia e Minturno, ma la situazione potrebbe essere la stessa del resto dei corsi d’acqua della pianura pontina. Grazie alle potenzialità riproduttive e alla capacità di adattamento ad ambienti e condizioni climatiche diverse, la nutria può raggiungere localmente densità anche molto elevate. In tali situazioni l'impatto sui biotopi può essere notevole.

L’ampiezza della pianura pontina e la complessità dei corsi d’acqua che vi si trovano rendono un piano di controllo difficilmente applicabile.

Viceversa la piana di Fondi, anche se attraversato da vari corsi d’acqua, potrebbe risultare un bacino di prova più adatto per la sperimentazione di un piano di controllo della specie. La piana, infatti, e completamente circondata dai Monti Ausoni e dai Monti Aurunci che la racchiudono come un abbraccio lasciandola libera solo verso mare.

Interessante ai fini della rete ecologica considerare la distribuzione del Ghiro (Glis glis), dal momento che la frammentazione delle aree boscate ha effetti negativi sulla distribuzione della specie, che risulta assente nei boschi assoggettati a tagli troppo

frequenti, in quanto necessita di piante adulte in grado di fruttificare abbondantemente e di assicurare cavità naturali adatte per la costruzione del nido e per il riparo durante la stagione fredda.

La specie risulta presente nell’area del Parco Nazionale del Circeo e del Parco Ragionale dei Monti Aurunci e distribuita nella parte Nord e lungo il confine ciociaro dei Monti Lepini. La sua assenza dai Monti Ausoni è da attribuire ad una mancanza di indagini nella zona. Mentre per le piana di Fondi e la pianura pontina l’assenza di habitat forestali estesi ne giustifica l’assenza.

L’Istrice (Hystrix cristata)è segnalata sui Monti Lepini, Ausoni e Aurunci, nel Parco nazionale del Circeo e nel Parco di Gianola. Molto probabilmente il suuo areale di distribuzione è molto più continuo di quella mostrata dai dati in nostro possesso, comprendendo tutte le aree collinari e le pianure dove ci siano lembi di vegetazione che le permettano di nascondersi di giorno. L’attività di bracconaggio in provincia, a causa della commestibilità delle carni, sembra in calo o almeno limitata ad alcune aree. In altre zone viene perseguitata per i danni che può arrecare soprattutto alle colture ortive. Non di rado nell'attraversamento delle strade è oggetto di investimento da parte di autovetture. Nonostante queste minacce, la sua distribuzione nella area di studio è omogenea e in aumento,

4.1.5.2 Lagomorfi

Negli ultimi cinquant'anni la situazione complessiva delle popolazioni di Lepre comune (Lepus europeus) in Provincia, come d'altronde nel resto d’Italia, è stata caratterizzata da una graduale diminuzione. Buone consistenze si sono mantenute

nelle aree protette ed in quelle caratterizzate da un'attenta gestione venatoria. Le cause del declino vengono in genere attribuite sia alla modificazione quali-quantitativa degli ambienti adatti, dovuta ai moderni criteri di coltivazione (sensibile riduzione

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della diversità ambientale e delle superfici coltivate a foraggere, meccanizzazione, uso di pesticidi, abbandono delle zone agricole non meccanizzabili), sia all'elevata pressione venatoria. Anche l'aumentato grado di antropizzazione ha favorito tale situazione, e soprattutto il notevole incremento del traffico stradale e della stessa rete di strade asfaltate, che originano effetti diretti (investimenti) ed indiretti (frazionamento dell'habitat).

Localmente l'aumento dei predatori, e in particolare della Volpe e dei cani randagi, può solo avere contribuito all'ulteriore rarefazione della specie. La distribuzione e la densità delle popolazioni della lepre comune risultano decisamente condizionate dalle operazioni di ripopolamento da un lato e dal prelievo venatorio dall'altro. Per questo, mentre la specie può ritenersi presente un po' ovunque, la sua effettiva consistenza subisce profonde variazioni stagionali.

Se c’è una specie tra i mammiferi che gioverebbe di un’efficacia rete di aree protette per la conservazione delle popolazioni esistenti, sia per favorirne la diffusione naturale che la reintroduzione, è la lepre italica (Lepus corsicanus).

La specie risulta segnalata nel Parco Naturale dei Monti Aurunci, nel SIC “Bosco di Polverino” e nel

parco Nazionale del Circeo; la densità di queste popolazioni e la sua distribuzione in altre aree idonee (Monti Lepini e Monti Ausoni) non sono note a causa dell’assenza di studi mirati. In questo secolo la diffusione della specie ha subito una sostanziale contrazione accompagnata da una sensibile riduzione di densità delle popolazioni e addirittura la scomparsa da diverse aree. Le cause di questo fenomeno non sono sufficientemente note, benché si possano richiamare alcune modificazioni ambientali, il randagismo canino e sistemi di gestione faunistico-venatoria spesso errati. La frammentazione dell’habitat unita alle basse densità delle popolazioni hanno sicuramente influito sullo scenario attuale. Uno dei principali problemi di conservazione delle popolazioni di Lepre italica nei territori di caccia è rappresentato dalla notevole difficoltà di riconoscimento rispetto alla lepre comune (soprattutto a distanza e con l'animale in fuga) e, quindi, dall'estrema difficoltà di rendere eventualmente efficace un divieto di caccia alla lepre italica in presenza di entrambe le specie.

Per quanto concerne il coniglio selvatico, l’unica segnalazione è da riferirsi al Parco Nazionale del Circeo.

4.1.5.3 Insettivori

Nella provincia di Latina sono presenti 7 specie.

Tra queste il toporagno appenninico risulta omogeneamente distribuiti sui Monti Lepini e Aurunci e nel Parco Nazionale del Circeo e nel

Parco Regionale della Riviera di Ulisse. L’assenza di dati potrebbe essere dovuta alla mancanza di studi nell’area. La specie non sembra a rischio.

4.1.5.4 Chirotteri

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La particolare ecologia dei Chirotteri ne fa creature estremamente vulnerabili: le cause della loro rarefazione sono state identificate nelle alterazioni degli habitat boschivi, nell’ostruzione degli ingressi delle grotte, nell’impiego di pesticidi in agricoltura e nella ristrutturazione edilizia, nonché nel disturbo antropico e nelle oscillazioni climatiche. La dieta strettamente insettivora rende i pipistrelli soggetti a fenomeni di bioaccumulo per gli agenti tossici di origine antropica; quindi lo stato di salute di questi animali rappresenta una sorta di campanello di allarme sulla qualità dell’ambiente in cui viviamo. I trattamenti chimici non risolvono il problema delle insetti nocivi o fastidiosi, anzi lo rendono sempre più grande. Infatti mentre questi insetti si adattano velocemente ai veleni sviluppando ceppi resistenti, i loro predatori naturali in città (rondini, balestrucci, rondoni e pipistrelli) subiscono una disastrosa diminuzione.

In Italia i Chirotteri rappresentano l'ordine dei Mammiferi con il maggior numero di specie, ma quasi la totalità di esse sono minacciate o a rischio di estinzione. Per questi motivi nell'elenco delle specie rigorosamente protette (Allegato II) dalla Convenzione di Berna sulla Conservazione della Vita Selvatica e dell'Ambiente Naturale in Europa (1979, ratificata in Italia con Legge 503/1981) rientrano tutti i Microchirotteri eccettuato il solo Pipistrellus pipistrellus, compreso peraltro nell'allegato relativo alle specie protette (Allegato III). Tutti i pipistrelli europei sono anche protetti dalla "Convenzione di Bonn sulla conservazione delle specie migratorie di animali selvatici" (1979, ratificata con Legge 4/1983) e dal successivo

"Accordo sulla conservazione dei pipistrelli in Europa". Appartengono alla fauna italiana 30 delle 31 specie di Chirotteri europee. Tutte le 31 specie

sono ripartite in tre sole famiglie: Rhinolophidae, Vespertilionidae e Molossidae. In Italia, le conoscenze relative alla loro biologia sono tuttora ridotte, nonostante lo svilupparsi recente di gruppi di lavoro sui chirotteri, anche grazie all'impulso delle iniziative legate alle direttive comunitarie.

Le condizioni climatiche con inverni abbastanza miti, i numerosi fenomeni carsici ipogei che interessano i monti della provincia di Latina, la ricchezza d’acqua sulla pianura sono tutte condizioni che faviriscono la presenza di questi animali sul nostro territorio, almeno per quanto riguarda le specie troglofili cioè che usano anfratti rocciosi come rifugi estivi o invernali. Prioritaria risulta la protezione di questo patrimonio speleologico che, oltre ad assumere particolare rilevanza idrogeologica e paesaggistica (geodiversità), rappresenta anche l’habitat per le comunità cavernicole e in particolare per una fauna troglobia di elevato valore sia dal punto di vista evoluzionistico che biogeografico, in gran parte ancora da scoprire.

Nella provincia di Latina è stata accertata la presenza di ben 24 specie appartenenti a quest’ordini. Di queste, 21 sono presenti sui Monti Aurunci, mentre solo 13 sui M. Lepini e 14 nel Parco Nazionale del Circeo. Di notevole interesse conservazionistico le colonie riproduttive presenti in queste aree: la colonia mista di Myotis blythii e Mioniopterus schreibersii in un rudere storico (Itri), la colonia di Miniopterus schreibersi nella grotta Cimmera delle Donne (Formia), la colonia di Myotis capaccinii (Prossedi), la coloni mista di Rhinolophus ferrumequinum, R. euryale, R.

hipposideros, Myotis capaccinii e M.emarginatus (Sabaudia) e la colonia di Pipistrellus kuhli e Myotis daubentonii (Viallafogliano). Di altrettanta

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importanza è la grotta di Vallemarina (Monte San Biagio) utilizzata come sito di svernamento da Miniopterus schreibersi e Rhinolophus euryale e da sito di accoppiamento per i Myots blyhti della colonia di Itri.

Non è nota la presenza e la distribuzione dei Chitotteri sui Monti Ausoni poiché mancano studi approfonditi nell’area; sarebbe quindi auspicabile avviare un indagine sulla loro presenza nell’area che potrebbe confermare le scoperte eccezionali effettuate già sui vicini Monti Aurunci. La piana di Latina e di Fondi vengono utilizzate da diverse specie come aree di alimentazione. Il Myotis capaccinii e il Myotis daubentonii sono noti per cacciare sull’acqua. Ma anche alcuni individui della specie Rhinolophus euryale sono stati monitorati in caccia nei terreni agricoli che circondano il Lago di Fondi. E’ fondamentale sottolineare a questo punto che i Chirotteri possono avere le aree di alimentazione distanti anche chilometri dal sito scelto come rifugio (dove spesso avvengono le catture), un individuo di Myotis blythii radio marcato era solito cacciare in un area che distava 20 km dalla colonia riproduttiva.

Nell’ambito della rete ecologica diviene pertanto estremamente importante considerare la distribuzione delle diverse specie e le loro esigenze ecologiche. Ad esempio le tre specie di Rinolofidi presenti nella provincia potrebbero prediligere una continuità dell’habitat forestale su larga scala, ma zone ecotonali a piccola scala. Il Rhinolophus ferrumequinum sembra distribuito omogeneamente, anche dal punto di vista quantitativo (colonie a Sabaudia ed Esperia) nell’area di studio sia sui Monti Lepini e Monti Aurunci che nel Parco Nazionale del Circeo e nell’area del Parco della Riviera di Ulisse. L’assenza di dati sui monti

Ausoni è da attribuire alla mancanza di indagini nella zona.. Il Rhinolophus hipposideros sembra ben distribuito nell’area di studio sia sui Monti Lepini e Monti Aurunci che nel Parco Nazionale del Circeo. L’assenza di dati sui monti Ausoni e la riviera di Ulisse è da attribuire alla mancanza di indagini nella zona. Il Rhinolophus euryale è presente sui Monti Aurunci e Lepini e nel Parco nazionale del Circeo anche in colonie numerose (Fondi e Sabaudia). L’assenza di dati sui monti Ausoni e la riviera di Ulisse è da attribuire alla mancanza di indagini nella zona.

Analogamente il Mionopterus schreibersi sembra distribuito omogeneamente, anche dal punto di vista quantitativo (colonie a Monte San Biagio Formia, Sperlonga e Sabaudia) nell’area di studio sia sui Monti Lepini e Monti Aurunci che nel Parco Nazionale del Circeo. L’assenza di dati sui Monti Ausoni e la Riviera di Ulisse è da attribuire alla mancanza di indagini nella zona, da verificare la sua presenza in una grotta tra Sperlonga e Gaeta.

Potrebbe altresì risultare interessante verificare la distribuzione del Myotis emarginatus presente nel Parco Naturale dei Monti Aurunci, sui Monti Lepini e sui Monti Ausoni e nel Parco Nazionale del Circeo, presente in una colonia mista con Rhinolophus euryale (Monte San Biagio) di cui un individuo fu trovato in caccia nella sughereta di San Vito (Monte San Biagio). Interessante anche la distribuzione delle due specie gemelle Myotis myotis e Myotis blythii, che pur essendo simili hanno esigenze ecologiche differenti, più forestale la prima mentre la seconda preferisce la macchia mediterranea. La prima sembra più omogeneamente distribuita, presente sui Monti Aurunci e nella parte sud-est dei Lepini, nel parco Nazionale del Circeo.

Da verificare la sua presenza in una grotta tra

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Sperlonga e Gaeta. La seconda presente sui Monti Aurunci con una colonia mista con il Miniopterus schreibersi (Itri), degli individui della colonia esistono dati sulle aree di alimentazione, sui rifugi alternativi e sui siti di accoppiamento grazie al monitoraggio di 5 individui radiomarcati. Myotis capaccinii e Myotis daubentonii sono entrambie presenti nell’area di studio. Il primo oltre che nella colonia mista di Sabaudia e presente anche in una grotta tra Lepini e Ausoni (Prossedi). Il secondo è presente in due colonie a Villa Fogliano e presenta due segnalazioni sugli Aurunci. Entrambe le specie selezionano come aree di caccia i canali e le zone umide e i campi che le circondano.

Interessante, infine, anche il Plecotus austriacus segnalato nel Parco Nazionale del Circeo e sui Monti Aurunci, seleziona aree ecotonali per l’alimentazione. Probabile la presenza anche in

altre zone della Provincia. Specie a minor rischio d’estinzione.

Meno buona la situazione delle specie legate agli habitat forestali perché utilizzano alberi cavi come rifugi diurni. La frammentazione delle aree boschive, la moderna gestione forestale (con cicli di taglio dei boschi frequenti) e gli incendi boschivi rendono spesso difficile la sopravvivenza di estese aree forestali cosiddette ‘mature’, cioè con alberi molto vecchi, in grado di ospitare i pipistrelli arboricoli. Esplicativo, in tal senso, l’unica

Meno buona la situazione delle specie legate agli habitat forestali perché utilizzano alberi cavi come rifugi diurni. La frammentazione delle aree boschive, la moderna gestione forestale (con cicli di taglio dei boschi frequenti) e gli incendi boschivi rendono spesso difficile la sopravvivenza di estese aree forestali cosiddette ‘mature’, cioè con alberi molto vecchi, in grado di ospitare i pipistrelli arboricoli. Esplicativo, in tal senso, l’unica

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