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Capitolo 3: Il modello di management delle competenze, il ruolo di coordinatori e dirigenti e

3.2. Il management delle competenze

L’ambiente in cui attualmente si trovano ad operare le organizzazioni sanitarie è un ambiente in continuo mutamento poiché cambiano il quadro epidemiologico, i processi da attuare, i servizi da offrire.

La stessa autonomia professionale sancita dal profilo professionale dell’infermiere (D.M. 739/94) diviene ora più che mai necessaria per fronteggiare situazioni non sempre prevedibili nel contesto sanitario ed adattare le attività alle esigenze degli utenti, nell’ottica di un’assistenza sempre più personalizzata.

I professionisti sono inoltre letteralmente “sommersi” da una notevole quantità di informazioni, da quelle fornite nei corsi di studi universitari, a quelle affrontate dall’ aggiornamento professionale, alle evidenze scientifiche che derivano dalla ricerca, senza contare le conoscenze gestionali ed organizzative che le aziende sanitarie hanno dovuto acquisire in seguito alla riforma del Servizio Sanitario Nazionale.

In tale quadro la formazione viene considerata un aspetto strategico per il buon andamento organizzativo in quanto attraverso essa è possibile rendere i professionisti capaci e

29 indicato con l’acronimo MeS;

competenti rispetto alle richieste organizzative che devono adattarsi al contesto sociale mutevole e spesso portatore di esigenze contraddittorie.

Una formazione mirata e costante risulta una condizione determinante affinché i professionisti, singolarmente ed in gruppi, acquisiscano e migliorino le proprie capacità di autorganizzarsi, di autodirigersi e di assumersi la responsabilità della qualità del loro lavoro, aspetto molto importante soprattutto per coloro che rivestono ruoli gestionali.

Il professionista qualificato ed aggiornato si sforza di adattare le conoscenze acquisite, le proprie caratteristiche, il problem-solving alle diverse situazioni, alle aspettative ed alle richieste dei soggetti con cui interagisce (3), in questo senso la formazione e l’addestramento sul campo rappresentano degli strumenti molto utili per colmare i gap di competenze che si osservano in particolar modo nei momenti di cambiamento organizzativo, in quanto permettono di trasmettere le competenze specifiche e di consentire lo sviluppo delle capacità comportamentali richieste.

Inoltre le attività formative ed il training possono rappresentare delle occasioni per integrare professionisti con schemi comportamentali e cognitivi differenti, sviluppando un linguaggio condiviso che agevoli la diffusione della conoscenza, la quale spesso resta “vincolata” al contesto in cui si è sviluppata, proprio per l’elevata autonomia dei professionisti e per l’attuale tendenza della struttura organizzativa a divenire sempre più specializzata.

L’acquisizione e il perfezionamento delle proprie competenze deve necessariamente basarsi su un impegno costante all’apprendimento in ogni sua forma ed in particolare attraverso l’ apprendimento basato sull’esperienza, vale a dire da quell’insieme di relazioni che ciascuno sperimenta in ambito lavorativo incontrando persone diverse, depositarie tanto di saperi codificati quanto di quelle conoscenze più sommarie ma spesso determinanti

sedimentate nelle consuetudini (3). Esso consente dunque di acquisire la practice - based knowledge, individuabile come quella conoscenza che deriva dalle esperienze pregresse,

da variabili legate a precise circostanze, dalle discussioni con i colleghi (21).

L’ americana Patricia Benner ha apportato un notevole contributo alla letteratura infermieristica scrivendo un libro sul tema dell’apprendimento basato sull’esperienza in cui l’autrice sottolinea l’importanza delle esperienze cliniche reali come fonti di apprendimento senz’altro più approfondite e complesse delle teorie ed dei modelli formali, intendendo l’esperienza come un concetto legato all’anzianità di servizio in una specifica area ma anche come un processo di affinamento e di revisione delle nozioni teoriche confrontate con la realtà operativa concreta, come risulta facilmente comprensibile dalla definizione che ne dà un autore citato da Benner “una conoscenza ottenuta non con le

parole, ma con il tatto, la vista, l’udito, le vittorie, le sconfitte, l’insonnia, la devozione, l’amore – le esperienze e le emozioni umane di questa terra, le proprie e quelle degli altri uomini”(3).

Il libro dell’autrice Benner ha inoltre apportato contributi notevoli in merito ai cinque livelli di competenza identificati attraverso la ricerca (novizio, principiante avanzato, competente, abile ed esperto) di cui descrive performance e differenze in termini di bisogni di apprendimento ed in riferimento ad un convegno in cui sono state riportate ed analizzate le esperienze dei risultati raggiunti da alcuni “best performer”, sottolineando e valorizzando i comportamenti di successo dei professionisti.

Risulta doveroso precisare che anche in ambito manageriale le attività formative ufficiali non costituiscono le uniche fonti ai fini dell’apprendimento, basti pensare ad esempio ad uno stile di direzione basato sul coinvolgimento dei propri collaboratori nei processi

decisionali e nel realizzare e preservare un clima positivo, motivante, che lasci spazio anche all’iniziativa, alla capacità di innovare,e, entro certi limiti, all’errore.

Il professionista competente e sostenuto da una buona motivazione può affrontare e controllare svariate situazioni e realtà collegando le conoscenze che ha acquisito alla loro applicazione pratica ed adattandole alla peculiarità del contesto in cui si trova ad operare. Ciò determina un meccanismo auto-rinforzante in quanto il professionista acquisisce sempre di più padronanza, sicurezza e consapevolezza delle sue possibilità di controllare le situazioni, che a loro volta alimenteranno e miglioreranno le competenze che possiede ed è in grado di mettere in pratica.

Le organizzazioni sanitarie ed in particolar modo i dirigenti ed i coordinatori, partendo dalla consapevolezza che tale aspetto rappresenta una fonte di valore vantaggiosa per i pazienti e per il successo dell’organizzazione stessa, dovrebbero far leva sulle competenze dei professionisti attraverso un vero e proprio management delle competenze, definibile come un processo mediante il quale coloro che sono dotati di responsabilità gestionali ( direttamente o mediante organismi o gruppi ad hoc ) si occupano di gestire e di favorire lo sviluppo delle competenze in sintonia con la mission e la vision aziendale, nel costante tentativo di rispondere al quesito : “Come posso contribuire a promuovere un

miglioramento delle competenze grazie ad un apprendimento mio e dei miei collaboratori che sia rapido ed innovativo e che possa diventare patrimonio comune?”(3).

Il management delle competenze passa attraverso diverse fasi, ciascuna delle quali risulta ulteriormente scomponibile in varie possibili attività :

1. Individuazione delle competenze necessarie per raggiungere gli obiettivi prefissati a livello macro attraverso il Piano Sanitario Nazionale ed il Piano Sanitario Regionale ed a livello micro da una specifica organizzazione sanitaria. Si tratta

dunque di rintracciare, attraverso l’analisi delle richieste ambientali, dei processi, della cultura aziendale, quelle competenze che i professionisti devono possedere per realizzare la performance richiesta dall’organizzazione.

2. Traduzione delle competenze individuate in comportamenti osservabili all’interno del contesto organizzativo di riferimento, adattandole al suo linguaggio, alla sua cultura, ecc. Ne è un esempio la definizione, da parte dei coordinatori, dei piani di lavori per ed in collaborazione con i professionisti di quella specifica unità organizzativa, che definiscano gli obiettivi da raggiungere, i tempi, le azioni e le risorse previsti.

3. Rilevazione e mappatura delle competenze esistenti per area e ruolo professionale, processi estremamente complessi che si prefiggono lo scopo di identificare i diversi ruoli aziendali ed i livelli di competenze ad essi associati. La mappa delle competenze può essere realizzata per una o più famiglie professionali oppure può essere riferita a precisi processi o funzioni ed all’interno di un’ organizzazione sanitaria è possibile realizzare anche la mappatura delle core

competences, cioè delle competenze distintive dell’azienda (3).

Tuttavia la rilevazione e la mappatura delle competenze rappresentano una tematica tutt’ oggi molto discussa che ha visto in Italia l’emanazione di leggi e la stipula di diversi accordi (Accordo per il lavoro tra il Governo e le parti sociali del 24.9.1996, Legge Treu 196/97, Legge Bassanini 59/97, decreti attuativi 502/92 e delega al governo del 22.12.98 e Accordo Stato Regioni dell’8 Febbraio del 2000 e D.lgs 229/99) nel tentativo di definire un sistema nazionale di certificazione delle competenze nella formazione professionale (22).

4. Gestione delle competenze : anche questa risulta essere una fase molto complessa a sua volta scomponibile in due sottofasi : la diagnosi e lo sviluppo. Nella prima

vengono censite e valutate le competenze possedute all’interno dell’organizzazione dalle diverse categorie professionali per poi essere comparate a quelle che l’ organizzazione individua come necessarie e basilari. Solo dopo aver effettuato la diagnosi si potrà procedere alla fase dello sviluppo caratterizzata dalla presa di decisioni circa possibili strategie volte a colmare il gap riscontrato nella fase diagnostica, dall’attuazione delle misure individuate e dalla costante verifica dei risultati raggiunti.

Le possibili scelte strategiche attuabili, che rientrano pienamente in strategie di knowledge management possono essere :

- consolidamento, valorizzazione e condivisione di alcune competenze ad es. attraverso incontri tra coordinatori e dirigenti per discutere e diffondere i risultati ottenuti dai best performers;

- sfruttamento di tutti i possibili canali comunicativi presenti all’interno dell’organizzazione, facendo in modo ad ed. che il Servizio delle professioni sanitarie diffonda costantemente documenti e newsletter che informino i professionisti circa le esperienze significative di acquisizione, consolidamento e applicazione di competenze professionali all’interno dell’organizzazione;

- conduzione di riunioni intese come momenti formativi da parte di coordinatori e dirigenti;

- attivazione di sistemi di monitoraggio che consentano di individuare quei professionisti capaci di apportare cambiamenti e innovazioni, quei gruppi o quelle unità organizzative particolarmente dediti ed attenti a sviluppare costantemente le loro competenze affinché siano d’esempio e d’ispirazione per gli altri professionisti;

- attivazioni di sistemi di “deposito” e conservazione delle competenze ad es. attraverso sistemi informatici o manuali che racchiudano procedure, progetti,ecc, da cui tutti possono attingere per utilizzarli, ampliarli, discuterli, rilevarne limiti e criticità;

- creazione di gruppi di professionisti guidati da un leader che fungano da punto di riferimento per una precisa area di competenze e che si rendano responsabili della gestione della documentazione relativa ad esse affinché venga costantemente aggiornata e migliorata (3).

3.3. Le competenze manageriali per un efficace management delle

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