2. U N MEDIOEVO DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI ?
2.2 Di chi è il Mar Mediterraneo?
«Siamo tornati indietro ad una voglia di chiusura» diceva Andrea Camilleri. É proprio quell’essere tornati indietro ad un Medioevo culturale quanto geopolitico che dovrebbe risvegliare le coscienze occidentali e successivamente le istituzioni politiche al fine di superare questa frontiera che sembra ormai insormontabile. Eppure sembra un grido muto in uno spazio indefinito quanto conteso e manipolato da tutti come il mare
nostrum.
La «fortezza europea», che con il Patto Schengen24 ha creato la più grande area di libera circolazione di capitali, persone, bene e servizi, abbattendo così le frontiere interne agli Stati, portò alla costruzione di una barriera esterna, invisibile agli occhi e alla geografia ma tangibile nella stipulazione di trattati con paesi terzi, nelle politiche di accoglienza e integrazione con cittadini stranieri e immigrati che godono di una qualche protezione internazionale. Nel caso dell’immigrazione illegale, poi, il costo delle politiche è stato da sempre maggiore e così il rischio; i governi dei paesi di destinazione, in materia di sicurezza, hanno detenuto la sovranità e continuano ad applicare misure a fini securitari. Schengen è di fatto una fortezza politica, culturale, sociale che ha bloccato tutte le possibilità legali per raggiungere l’Unione Europea:
Contrariamente all'articolo 14, paragrafo 2, del codice frontiere Schengen, a norma del quale «il respingimento può essere disposto solo con un provvedimento motivato che ne indichi le ragioni precise», un numero crescente di Stati membri ha gradualmente intrapreso la costruzione di muri o di barriere alle frontiere al fine di evitare, in modo indiscriminato, che migranti e richiedenti asilo accedessero ai loro rispettivi territori nazionali25.
24
La convenzione di Schengen ha perfezionato l’omonimo accordo e definisce le condizioni e le garanzie inerenti all'istituzione di uno spazio di libera circolazione. Firmata il 19 giugno 1990, è entrata in vigore nel 1995. L'accordo e la convenzione, nonché gli accordi e le regole connessi, formano insieme l’«acquis di Schengen», che è stato integrato nel quadro dell'Unione europea nel 1999 ed è diventato legislazione dell’UE. Si veda il sito di diritto dell’Unione Europea: https://eurlex.europa.eu/summary/glossary/schengen_agreement.html?locale=it. Ultima consultazione gennaio 2019; V. Hreblay, Les accords de Schengen: origine, fonctionnement, avenir, Bruylant, Bruxelles, 1998.
25
U. Bux, Gestione delle frontiere esterne, «Note tematiche sull’Unione Europea», Parlamento Europeo, ottobre 2018: http://www.europarl.europa.eu/factsheets/it/sheet/153/gestione-delle-frontiere-esterne. Ultima consultazione gennaio 2019.
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La frontiera invisibile così arrivò a materializzarsi e divenne un muro fisico contro lo straniero. Negli anni passati il fenomeno migratorio era di competenza dell’assessorato ai diritti sociali, adesso è appannaggio del Ministero dell’Interno a dimostrazione del fatto che da una questione sociale si è trasformata in una questione di ordine pubblico criminalizzando la figura del migrante.
2. Les accords de Schengen au coeur de la crise migratoire, “Le Figaro”, 2/09/2015: http://www.lefigaro.fr/actualite-france/2015/09/02/01016-20150902ARTFIG00222-les-accords-de-
schengen-au-coeur-de-la-crise-migratoire.php, ultima consultazione gennaio 2019.
Le grandi migrazioni transoceaniche dell’Ottocento erano dirette verso paesi dotati di ingenti risorse naturali. La grande maggioranza di migranti verso il Nuovo Mondo era della medesima cultura della popolazione residente. Lo stesso non si può dire delle migrazioni attuali verso l’Europa. Le migrazioni transatlantiche ottocentesche, in cui l’elemento cruciale era l’abbondanza di risorse naturali nei paesi di immigrazione e la principale attività economica era l’agricoltura, sono andate sostituendosi da un nuovo tipo d’immigrazione: «la terra e il lavoro erano i fattori di produzione dominanti
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un secolo fa, non il lavoro qualificato e il capitale come oggigiorno»26. Quello che contraddistingue l’Europa, e che è fondamento della sua relativa ricchezza, al di là dei capitali fisici e intellettuali accumulati, sono le Istituzioni e la cultura27.
La grandezza dell’Europa risiede nei suoi valori democratici, nella libertà e nello stato di diritto messi a garanzia di ogni cittadino. La cultura così detta «occidentale» e le istituzioni statali, ma soprattutto sovranazionali dell’Unione Europea, hanno creato un sistema di potere e di misure volte alla tutela dei suoi cittadini invidiabili in gran parte del mondo.
Alla luce di ciò la definizione di «vaso chiuso» utilizzata da Pirenne nei confronti dell’Occidente all’inizio del Medioevo può essere applicata anche oggi nei confronti dell’Unione Europea che nella crisi delle istituzioni sovranazionali, della sicurezza comune e nella gestione condivisa del fenomeno migratorio, non riesce a trovare un campo d’azione comune. È rilevante, a tal proposito, la dichiarazione di Al-Sarraj, il Presidente del Governo di Tripoli:
Io vedo una ipocrisia enorme nelle richieste europee al nostro Paese. Voi ci state chiedendo di accogliere e trattenere all’interno dei nostri confini più di 600 mila migranti, dei quali 30 mila si trovano nei campi gestiti dal nostro Governo. Ma voi, che siete infinitamente più ricchi di noi, rifiutate di accoglierne ancora perfino uno. Scacciate i pochi che arrivano. Mi piacerebbe che ci fosse più collaborazione. Perché, in realtà, l’immigrazione è un problema comune che va condiviso. Anche perché tra loro potrebbero esserci infiltrati dell’Isis. Le nostre polizie e i servizi d’informazione devono lavorare assieme se vogliono evitare il peggio e bloccare i traffici internazionali di esseri umani28.
Un appello alla cooperazione e alla condivisione che vede nell’Unione Europea una grande assente. Elly Schlein, eurodeputata, in una conferenza sull’Europa in vista delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo di maggio 2019 ha detto:
Siamo andati in missione in Uganda l’anno scorso e non mi scorderò mai cosa mi disse il leader della comunità ugandese, territorio martoriato dai conflitti. Vivono insieme ugandesi e rifugiati “noi abbiamo aperto la porta ai nostri fratelli perché una volta eravamo noi a
26 T.J. Hatton-J.G. Williamson, Global Migration and the World Economy Two Centuries of Policy and Performance, MIT Press, Cambridge (Mass.), 2005, p.119
27 A. Chilosi, Migranti, migrazioni e le ingiustizie del mondo, Della Porta Editori, Firenze, 2017, p. 23. 28 L. Cremonesi, Libia, il premier Sarraj: «Io e Haftar? Divisi sull’esercito ma possiamo lavorare insieme», “Corriere della Sera”, 14 novembre 2018.
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fuggire e non sappiamo chi potrà essere domani. Lo abbiamo fatto dando loro un piccolo appezzamento di terreno di modo che siano loro a poterlo coltivare ed essere autosufficienti. Lo abbiamo fatto per insegnare loro un mestiere e lo abbiamo fatto perché un giorno loro possano tornare a casa non da mendicanti ma con la dignità”29.
La potenza di questo messaggio è stata riportata all’interno degli ambienti comunitari dove i più forti interessi nazionali continuano a prevalere.
Il paradosso più grande con il quale oggi ci scontriamo è la forte internazionalizzazione dei nazionalismi che si stanno diffondendo a macchia d’olio in tutto il mondo Occidentale. I paesi dell’est Europa entrati a far parte dell’Unione Europea con il grande allargamento del 2004, e “figli” del crollo del muro di Berlino, sono gli artefici dell’emergere di nuovi muri culturali e fisici contro gli immigrati accentuando il traffico di esseri umani.
Il Parlamento Europeo a dicembre 2018 ha votato una proposta di legge sul rilascio di visti umanitari europei che ritiene
contribuirebbero a ridurre l'intollerabile numero di vittime nel Mediterraneo e sulle rotte migratorie verso l'UE (almeno 30.000 persone sono morte alle frontiere dell'UE dal 2000). Permetterebbero, inoltre, di combattere il traffico di esseri umani e gestire meglio gli arrivi, l'accoglienza e il trattamento delle domande di asilo30.
Il Parlamento Europeo quindi ha cercato di difendere un’altra idea di Europa che si prende la responsabilità di condividere l’esame delle richieste d’asilo e l’accoglienza. In aggiunta a ciò, nel novembre 2017, lo stesso Parlamento ha votato con una maggioranza di 2/3 una proposta di legge per sostituire la Convenzione di Dublino31 con un meccanismo di ricollocamento permanente, automatico ed obbligatorio che costringa tutti gli Stati membri a fare la propria parte sull’accoglienza stabilendo un sistema di
29 Intervista con Elly Schlein rilasciata il 12/01/2019 a Lucca durante la conferenza “Lucca@Europa” 30
Comunicato stampa Parlamento Europeo, Visti umanitari per diminuire morti e migliorare gestione dei rifugiati,11/12/2018: http://www.europarl.europa.eu/news/it/press-room/20181205IPR20933/visti- umanitari-per-diminuire-morti-e-migliorare-gestione-dei-rifugiati. Ultima consultazione gennaio 2019; C. Favilli, La politica dell'Unione in materia d'immigrazione e asilo. Carenze strutturali e antagonismo tra gli Stati membri, Il Mulino, Bologna, 2018; C. Costello, The Human Rights of Migrants and Refugees in European Law, Oxford University Press, Oxford, 2016; T. Hatton, Refugees and Asylum Seekers, the Crisis in Europe and the Future of Policy, CEPR Discussion Paper, agosto 2016.
31 Testo completo: https://eur-lex.europa.eu/legal-
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quote su criteri oggettivi quali la quantità di popolazione. Questa proposta è ferma al tavolo delle trattative con i governi europei che non sono ancora riusciti a trovare un accordo comune sulla questione.
La debolezza dell’impianto dell’Unione Europea sta nel fatto che è un’Europa ancora a trazione intergovernativa quindi il Parlamento Europeo da solo non decide. Questo è colegislatore con il Consiglio Europeo nel quale risiedono i Capi di Stato e di Governo di tutti i Paesi membri. Interi Stati, quelli del gruppo di Visegrád, si sono opposti alla riforma. «La riforma infatti toglie loro l’arma principale su cui reggono il loro consenso politico, la costruzione dei muri, la logica dell’invasione e della difesa dall’invasione»32
. In queste frasi riecheggiano le parole di Pirenne quando descrisse la chiusura del Mediterraneo in seguito all’ascesa dell’Islām. La paura del nemico perché diverso per lingua, cultura, religione portò le piccole città medievali ad innalzare muri a protezione di una possibile invasione e conseguente perdita dei commerci. La questione economica, in particolar modo la crisi che nel 2008 ha colpito l’economia mondiale, impattando in modo consistente su quella occidentale, ha contribuito a far sì che gli Stati si ripiegassero su sé stessi. L’ascesa dei più triviali nazionalismi all’interno dell’Unione Europea ha accentuato l’incapacità delle sue Istituzioni, in particolar modo il Consiglio Europeo, di agire con un’unica voce.
Nel Mediterraneo, ad esempio, di fronte alla questione migratoria, manca ad oggi una risposta umanitaria europea che porti avanti una missione di ricerca e soccorso condivisa da parte di tutti gli Stati membri. Allo stesso modo nel conflitto mediorientale, in Siria in particolar modo, l’Unione Europea è la grande assente.
L’internazionalizzazione del nazionalismo europeo ha reso ciechi gli Stati che pensano di poter affrontare le sfide globali da soli. Come può l’Italia, ad esempio, competere da sola con Potenze quali la Russia, la Cina, gli Stati Uniti? Verrebbe spazzata via.
L’Africa è il continente più ricco al mondo di materie prime e, come è stato precedentemente detto, è da sempre terra di conflitti, invasioni e conquiste da parte di Stati stranieri; non a caso le principali rotte migratorie hanno origine da là. I conflitti, le disuguaglianze sociali e i cambiamenti climatici sono le maggiori questioni che spingono le persone a fuggire dalle proprie case.
32 Intervista G. Schiavone a cura di A. Camilli, Il Parlamento Europeo dà il via libera alla riforma di Dublino sull’asilo, “Internazionale”, settimanale, 16 novembre 2017.
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3. “Limes Rivista Italiana di Geopolitica”, «Mediterranei», N.6, 2017.
Il Mediterraneo è sempre stato esaltato come mare dei commerci che permise gli scambi fra il Nord e il Sud e fu il cuore dei contatti fra l’Oriente e l’Occidente, ma fu anche il mare di una pirateria costante e feroce, tanto radicata da dominare per centinaia d’anni grandi tratti della costa dalmata e del Maghreb. Un mare che ha sempre nascosto due facce della stessa medaglia, che è sempre stato una strada maestra per le migrazioni, ma allorché queste iniziarono a superare una certa soglia diventavo invasioni33. Da sud arrivarono gli Arabi, sbarcando nell’826 a Mazara del Vallo e ci vollero più di due secoli per riuscire a cacciarli, ma la cultura rimase, si imperniò delle tradizioni e resistette nel tempo, come da sud-est arrivarono i Turchi che si concentrarono sulle coste pugliesi. Questo mare, culla di incontri e scontri, non fu mai «un mare mamma» dai connotati sempre e solo positivi. Oggi è «uno di quei nodi storico-politico-geografici in cui si manifestano in anticipo, iniziando a scontrarsi fra loro, tutte le tendenze e le
33
B. Bell, F. Fasani, S. Machin, Crime and Immigration: Evidence from Large Immigrant Waves, in «Review of Economics and Statistics», Vol. 85, fasc. 4, 2013; R. Martinez Jr, M.T. Lee, Immigration and Crime in «The Nature of the Crime: Continuity and Change», Vol. 1, a cura di G. Lafree, R.J. Bursik Jr, J.F Short Jr, R.B. Taylor, National Institute of Justice, Washington DC, 2000, pp. 485-524.
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tensioni che domineranno la scena umana, o perlomeno quella dell’area, per i decenni successivi»34.
Da qui l’importanza di un fronte comune, di un’Unione Europea che agisca sinergicamente e che non lasci alle altre Potenze il ruolo di protagoniste.
Il Mediterraneo era un tempo l’ombelico, il centro, l’area gravitazionale di tutto il mondo occidentale. Un privilegio perso con la scoperta dell’America, assieme a tutti i vantaggi che ne derivavano. La nuova centralità europea divenne allora una centralità atlantica, mentre la circumnavigazione dell’Africa operata con successo dai portoghesi sottraeva al Mediterraneo anche il monopolio dei commerci con l’Asia, di cui aveva sino ad allora goduto. I porti mediterranei decaddero di conseguenza, come decaddero tutti gli Stati che non avevano almeno un tratto di costa sull’Atlantico35.
Oggi il Mediterraneo è diventato il mare di tutti e di nessuno, una «frontiera fluida» di cui le Potenze ne aspirano il controllo. L’Unione Europea continua ad essere un grande assente perché non ha una politica comune ma sono i singoli Stati, ciascuno dei quali con interessi diversi e spesso divergenti tra di loro, che tramite accordi bilaterali dettano l’agenda della loro politica estera. La questione migratoria, che trova le sue radici nell’Africa più profonda, è la grande assente dalle politiche dell’Unione. I modelli di sviluppo e di consumo, gli accordi commerciali che L’UE ha stipulato nel continente africano con alcuni dei suoi Stati non sono paritari, bensì volti sempre a vantaggio degli interessi dei primi. Durante i negoziati il potere contrattuale occidentale è sempre più forte. Da qui l’impossibilità di poter concludere accordi con attori internazionali africani che abbiano la stessa valenza di quelli che vengono conclusi tra attori occidentali. L’indipendenza politica postcoloniale non corrisponde ad un’indipendenza finanziaria. Il rapporto, non essendo paritario, non produrrà mai un vero sviluppo del continente africano.
L’evasione fiscale delle grandi multinazionali europee, basti pensare all’Eni36
, che investono in Africa, utilizzano i suoi paesi come paradisi fiscali. Un rapporto
34 G. Cucchi, Se non nostrum, di chi?, in «Mediterranei», “Limes Rivista Italiana di Geopolitica”, mensile, N. 6, 2017, p. 128.
35
Ivi, p. 134.
36 G. Tarantino, Il primato di Eni in Africa, tra guerre e instabilità Con le attività in Nigeria e Libia, “Linkiesta”, 28/12/2013: https://www.linkiesta.it/it/article/2013/12/28/il-primato-di-eni-in-africa-tra- guerre-e-instabilita/18517/. Ultima consultazione gennaio 2019.
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dell’Unione Africana del 2016 riportava che il continente africano negli ultimi 50 anni ha perso mille miliardi di dollari di flussi finanziari in illegittima uscita tra evasione, elusione e corruzione37. Il paradosso sta nel fatto che la cifra si avvicina all’ammontare dei soldi che questi paesi hanno ricevuto dalla stessa Unione Europea sottoforma di aiuti allo sviluppo. Ciò che manca all’Unione è una maggiore coerenza e trasparenza nell’applicazione delle politiche fiscali, nel concludere accordi commerciali più bilanciati e soprattutto evitare di far passare come aiuti allo sviluppo per la riduzione della povertà ciò che in realtà va solo ad ingigantire le multinazionali. Un altro problema sono i soldi destinati agli investimenti, che invece vengono utilizzati per il controllo delle frontiere sia tra gli Stati africani, che lungo le coste europee del Mediterraneo, sempre in quell’ottica di Schengen «fortezza europea» e delle sue politiche di sicurezza, che hanno un impatto devastante sull’economia africana che si basa su protocolli regionali di libera circolazione, come l’ECOWAS (è bene ricordare che le maggiori migrazioni sono interne all’Africa)38
. A causa quindi della condizionalità degli aiuti allo sviluppo che vengono utilizzati per il controllo delle frontiere, gli attori africani hanno iniziato a guardare ad altri investitori: la Cina. I cinesi non chiedono il criterio della condizionalità delle frontiere all’Africa in cambio di aiuti né guardano al rispetto dei diritti umani. In questa misura l’UE sta perdendo il suo ruolo di soft power cioè di capacità di promuovere il dialogo alla pari con paesi terzi e lo sviluppo dei diritti umani. Ergendosi a paladini di questi diritti, spesso, gli Stati occidentali si sono nascosti dietro questi per sviluppare politiche economiche e commerciali con paesi che li vìolano costantemente.
Oggi, ad esempio, è controverso il commercio di armi dell’Italia con i regimi autoritari, in particolar modo con le monarchie del Golfo Persico (Kuwait, Qatar) e l’Arabia Saudita, in totale disprezzo dei diritti umani, del loro coinvolgimento nei conflitti mediorientali e nel sostegno a gruppi terroristici39. L’autorizzazione
37
https://au.int/sites/default/files/documents/31828-doc-au_annual_financial_statement_report- _year_2016.pdf. Ultima consultazione gennaio 2019.
38 Economic Community of West African States- Comunità Economica degli Stati dell’Africa Occidentale. U. Ezenwe, ECOWAS and the economic integration of West Africa, C. Hurst and Company, London, 1983; T. Jaye, D. Garuba, S. Amadi, ECOWAS and the Dynamics of Conflict and Peace-building, African Books Collective Codesria, Dakar, 2011.
39 G. Beretta, Export armi: Italia sfiora il record vendendo ai regimi autoritari, «Osservatorio Diritti», 10 Aprile 2018: https://www.osservatoriodiritti.it/2018/04/10/export-armi-italia/. Ultima consultazione gennaio 2019.
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all’esportazione di armamenti nel 2017 ha portato ad una vendita pari a più di 411 milioni di euro costituita da bombe aeree MK82, MK83 e MK84 prodotte dalla RWM Italia S.p.A40. Le stesse bombe i cui reperti sono stati ritrovati dalla commissione di esperti dell’Onu nelle città e zone civili bombardate dalla Royal Saudi Air Force in Yemen. Resta il fatto che l’ex governo Gentiloni non sospese le esportazioni di queste bombe alla monarchia saudita ma autorizzò anche altre forniture militari a Riad. Tutto ciò è stato fatto in violazione delle ben tre risoluzioni del Parlamento Europeo, votate ad ampia maggioranza, nelle quali si chiedeva ai governi degli Stati membri di porre un embargo di armi verso l’Arabia Saudita «visto il coinvolgimento del paese nelle gravi violazioni del diritto umanitario accertato dalle autorità competenti delle Nazioni Unite»41.
Anche con l’attuale governo Conte, nonostante in passato il Movimento 5 Stelle si sia espresso contro la vendita di armi all’Arabia Saudita, sembra che le cose continueranno in questa direzione anche in futuro, soprattutto per volontà della Lega42. Nonostante le enormi polemiche successive all’omicidio Khashoggi43, l’attuale governo italiano non
ha preso alcun provvedimento contro la vendita di armi all’Arabia Saudita a differenza di altri paesi europei, tra cui la Germania44. Gli interessi economici erano e resteranno sempre superiori a qualsiasi violazione di diritti umani e di presunti nemici di «fede».
Questo lungo excursus per sottolineare come le dinamiche geopolitiche e geostrategiche di oggi sono uno specchio ingigantito di eventi e modalità di agire tipiche del passato. Lo scontro-incontro tra due mondi, due culture, ben si cela dietro interessi commerciali ed economici che portarono gli Stati di allora45, come gli odierni,
40
Ibidem.
41 Risoluzione del Parlamento europeo del 14 novembre 2018. Esportazione di armi: applicazione della
posizione comune 2008/944/PESC (2018/2157(INI)):
http://www.europarl.europa.eu/sides/getDoc.do?pubRef=-//EP//TEXT+TA+P8-TA-2018- 0451+0+DOC+XML+V0//IT&language=IT. Ultima consultazione gennaio 2019.
42 Perché l’Italia continua a permettere la vendita di armi all’Arabia Saudita?, “Il Post”, 24 dicembre 2018: https://www.ilpost.it/2018/12/24/italia-vende-armi-arabia-saudita/. Ultima consultazione gennaio 2019.
43 D. Santoro, La teoria lineare e quella complottista sull’omicidio di Khashoggi ,«Limes, Rivista Italiana di Geopolitica», 11/10/2018: http://www.limesonline.com/chi-ha-ucciso-khashoggi-istanbul-saudita-mbs- complotto/109039. Ultima consultazione gennaio 2019.