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PARAMETRI DI RIFERIMENTO

7.1. Il modello geografico di confronto

7.1.8. Marghine-Planargia

Alberto Moravetti indaga l’area in un’ampia pubblicazione del censimento dell’intera regione storica (Moravetti 2000b) e in pubblicazioni più di dettaglio (Moravetti 1992): lo studioso, tramite analisi spaziali, analizza le evidenze archeologiche nel loro rapporto con il territorio.

In questi lavori viene evidenziato soprattutto l’aspetto diacronico delle strategie insediative, analizzando somiglianze e differenze nelle scelte locative dei protonuraghi e dei nuraghi evoluti, considerando l’anteriorità del primo tipo rispetto al secondo. Ne risulta una certa differenziazione non tanto nelle scelte insediative quanto nella variabilità delle stesse: nei nuraghi evoluti è massima, in conseguenza forse dell’incremento demografico che porta all’occupazione di aree e nicchie ambientali non considerate in precedenza o forse dell’accresciuta capacità adattativa; nei protonuraghi si nota invece una linea preferenziale che li porta ad occupare sempre lo stesso tipo di habitat. Inoltre, sebbene entrambe le tipologie si attestino su altimetrie medie di 300-400 m, i protonuraghi sembrano privilegiare le basse quote e le zone sub pianeggianti, mentre i nuraghi sono ubicati nelle più diverse tipologie morfologiche.

Moravetti ipotizza l’esistenza di una diversa concezione del territorio che, nel BR, viene sentito come possesso vero e proprio dalle comunità, sentimento che porta con sé la necessità del controllo e della difesa. Ciò non accadrebbe nel BM, periodo in cui si nota un pattern insediativo raggruppato, con pochi monumenti isolati nelle zone di montagna.

L’autore riporta i dati ottenuti per il Guspinese (Ugas 1998a) e, confrontandoli con la realtà indagata, nota differenze dovute alla gestione dei nuraghi complessi: soltanto i più piccoli hanno

l’antemurale e sono in netta minoranza rispetto ai nuraghi semplici difesi da muraglie. Tale dato capovolge il ruolo dato all’antemurale nel Guspinese, come simbolo e tratto distintivo del central

places, laddove nel Marghine e nella Planargia questo non sarebbe vero. Rimane però il dubbio su

come mai l’autore continui a ipotizzare una organizzazione socio-politica simile a quella ricostruita per il Guspinese.

Un ultimo dato che emerge è il calcolo sulle superfici interne dei nuraghi, che in media sembrano oscillare fra i 100 e i 200 mq, il che equivarrebbe ad una media di 10-20 persone per torre nuragica (Naroll 1962; Webster 1991b) o 14-28 (Kolb et al. 1985). Si nota una maggiore variabilità di spazio coperto nei protonuraghi, forse a causa delle planimetrie o di una diversa concezione dello spazio. Quest’ultima ipotesi viene preferita dall’autore che vi vede una conferma della diversa concezione non solo dello spazio geografico e del territorio ma anche dello spazio abitativo.

Il lavoro si completa con l’utilizzo dell’analisi dei Poligoni di Thiessen, applicata ai protonuraghi e separatamente ai nuraghi evoluti complessi. Il risultato, per il BM, è una suddivisione in due moduli significativi: il più diffuso (43,7%) risulta inferiore ai 500 ha; l’altro, che copre soltanto il 16,9% dei casi, ha un’estensione variabile fra i 500 e i 1000 ha. Entrambi i moduli si concentrano in due aree distinte del territorio, ossia la piana di Macomer e la Planargia sud-occidentale. Per quanto riguarda i nuraghi complessi, il loro numero esiguo porta ad un numero elevato di aree con un’estensione vastissima. I poligoni con un’estensione inferiore ai 1000 ha sono tutti collocati nell’area che unisce la piana di Campeda alla piana di Macomer, collocazione preferenziale già individuata per il BM, che probabilmente doveva avere un certo valore strategico.

I territori più vasti sono controllati da nuraghi complessi modesti99: “poligoni molto estesi, quindi, non per motivi di carattere gerarchico ma per il fatto che trattandosi di zone accidentate e in apparenza povere di risorse, sono per questo meno appetibili e necessitano di spazi più ampi per la vita” (Moravetti 2000b:98)

Quest’area viene analizzata anche dall’équipe straniera guidata da Gary Webster che, a più riprese, si occupa delle analisi territoriali in Marghine (Webster et al. 1987; Webster 1988, 1991a, 1991b; Webster e Webster 1998; Webster 2001): il sito indagato è quello di Duos Nuraghes (Borore) (n°12

e 13), inserito nel più ampio contesto territoriale sia della regione del Marghine sia del territorio

comunale di Borore.

L’esame dell’area del Marghine (400 kmq) tramite Nearest Neighbour Analysis rivela un pattern insediativo raggruppato, con siti che vengono riconosciuti come rappresentanti delle comunità

99

Si cfr. in tal senso l’analisi effettuata in Gallura e in Anglona da Elisabetta Alba che ottiene gli stessi risultati ma giungendo a conclusioni diverse (Alba 2005, 2007b).

politiche sub regionali, ognuna estesa circa 10-50 kmq e contenente un numero di nuraghi che va da 11 a 56 unità (cfr. infra cap.10).

L’analisi di una di queste comunità, scelta nel gruppo di Borore e Birori, per un’area campione vasta circa 40 kmq, porta alla disamina di due siti, indagati nello specifico: i nuraghi Toscono (n°9) e Urpes (n°10) (Webster et al. 1987) e il sito di Duos Nuraghes (n°13), un nuraghe complesso (Webster 1988; Webster e Webster 1998; Webster 2001).

Il villaggio mostra una netta divisione funzionale all’interno degli spazi abitativi, come testimonia il ritrovamento di un ambiente con ben 8 doli, probabilmente la capanna utilizzata per lo stoccaggio del surplus alimentare. Il villaggio, di cui sono state scavate e individuate 40 capanne, doveva ospitare secondo lo studioso circa 70 persone100.

Per Antiquity esce un lavoro in cui Webster esamina l’architettura nuragica nei termini di costi materiali e umani per la costruzione di un singolo nuraghe, aspetto veramente poco indagato nella protostoria sarda. L’équipe ha infatti potuto riscontrare l’esistenza della cava di materiale da costruzione del nuraghe, collocata tra le due torri principali e alcune capanne del villaggio e ricavata dal substrato roccioso originario (Webster e Webster 1998:189). Si calcola per questa costruzione l’utilizzo di circa 3600 uomini al giorno per la costruzione del monumento (Webster 1991b:854). Lo studioso cerca di comprendere più a fondo l’organizzazione sociale e politica della civiltà nuragica, a partire dal presupposto che ad una complessità architettonica corrisponda una società altamente strutturata. Webster, utilizzando dati etnografici e modelli di confronto e tralasciando dati sperimentali, giunge a delle conclusioni interessanti che, condivisibili o meno, forniscono un originale e innovativo spunto di ricerca (Webster 1991b).

Webster, complessivamente, ricostruisce una società formata da famiglie patrilineari e poligame, con un’economia essenzialmente pastorale e nelle quali il prestigio è dato dal possesso di bestiame: la differenza di funzione delle strutture sembra incoraggiare tale visione, insieme all’idea di una emergente differenziazione sociale (‘emerging social ranking’): i grandi insediamenti rivelano tutti lo schema di uno status sociale basato sulla residenza, sulla ricchezza materiale e sullo spazio abitabile; a queste basi si aggiunge la sicurezza, il controllo e l’accesso a complessi civico rituali dove lo status cresce con la vicinanza al nuraghe complesso (Webster 1996). Tale visione, indicata dalla presenza di indici di status, sembra confermata anche a Duos Nuraghes (n°12 e 13): all’interno del mastio si ritrovano ceramica decorata, oggetti in metallo, ossa di animali

macellate, e l’unica ceramica importata. Tutto ciò sembra suggerire che chi abitava nel nuraghe

100

Il calcolo viene effettuato considerando l’estensione di circa 4,6 kmq per unità abitativa e utilizzando la costante di Naroll di 10p/kmq (Naroll 1962).

avesse un migliore accesso alle risorse (animali, contatti commerciali, etc.) e possedeva di conseguenza le insegne di status sociale rispetto agli altri abitanti del villaggio.

In territorio di Sedilo si concentra l’analisi delle strategie difensive delle comunità nuragiche effettuata da Leonore Gallin (Gallin 1991). Attraverso l’analisi dell’interazione fra l’alta densità dei monumenti, le diverse tipologie monumentali e i paralleli etnografici, l’obbiettivo è quello di indagare e comprendere gli schemi insediativi delle comunità nuragiche. Anche in questo caso i confini scelti per l’area campione corrispondono a confini amministrativi moderni.

Il primo risultato è l’evidenziazione di uno schema bipartito secondo la dialettica centro-periferia (Champion 1995; Chase-Dunn e Hall 1991) e gerarchizzato su tre livelli, sulla base delle tipologie monumentali nuraghe complesso, nuraghe a corridoio e nuraghe semplice.

L’autrice interpreta i raggruppamenti di siti come gruppi di cooperazione che, a partire da singoli siti nuragici, crescono di numero molto più velocemente di quanto non crescano in estensione. Tale fenomeno porta a precoci guerre di confine per il possesso delle terre, motivate anche dall’aumentare della pressione demografica. Quest’ultima porterebbe ad una forma di complessità sociale, dovuta anche alla urgente necessità di proteggere il territorio comunitario.

Il modello spaziale riscontrato nel territorio è quello ad anello, con i nuraghi complessi posti a protezione dei cluster formati dai nuraghi semplici e dai protonuraghi, il che sembra confermare per la piana di Sedilo e il territorio circostante un modello territoriale ben preciso (cfr. anche Depalmas 1998:70). La maggior parte dei nuraghi complessi sembra avere funzione difensiva, con una collocazione in posizione di comando visuale sull’intera valle sottostante. La loro diversità architettonica parla da sola in chiave di una differenza sociale che viene interpretata nella forma di una società centralizzata e stratificata in classi.

Si cita, poi, un lavoro sui protonuraghi della Sardegna centro-occidentale, corrispondente in linea di massima alle regioni storiche di Marghine, Planargia e Montiferru (Manca Demurtas e Demurtas 1991). Si tratta di uno dei pochi studi di questo tipo relativo esclusivamente al BM e ai protonuraghi e permette di individuare, almeno nelle sue linee generali un modello per le prime fasi della civiltà nuragica.

Il risultato più importante è lo sviluppo diacronico di insediamento nel territorio: le tipologie di protonuraghi ritenute più arcaiche, come i protonuraghi a piattaforma piena (cfr. infra cap.4.1.1:93), sono inserite nel territorio senza particolari accorgimenti e con grande variabilità; i protonuraghi con corridoio passante mostrano pattern insediativi e scelte ambientali più simili a quelli riscontrati per i nuraghi evoluti, quindi con un’attenzione per il controllo del territorio e per le potenzialità economiche dei suoli. Si può quindi ipotizzare una sorta di evoluzione lineare che vede una

progressiva crescita di interesse per precise locazioni ambientali, in maniera direttamente proporzionale al crescere della complessità monumentale, e di conseguenza forse, economica e sociale. Si nota, infine, una distribuzione su quote altimetriche più basse rispetto alla media dei nuraghi evoluti

Sempre relativo alla regione storica del Marghine Planargia è lo studio territoriale realizzato dai geologi Vacca, Aru e Baldaccini (Vacca et al. 1999), in cui viene evidenziato il condizionamento dei fattori ambientali sulle scelte insediative di età nuragica e, in questa prospettiva, l’importanza dello studio delle variabili ambientali per la comprensione delle strategie insediative: l’acqua e i

suoli sono le basi materiali della produzione, mentre le quote e le pendenze hanno una diretta

correlazione con il fenomeno di erosione dei suoli.

Su un territorio analizzato di 770 kmq gli autori censiscono 325 nuraghi (0,45/kmq): la maggioranza si attesta su suoli estremamente produttivi con le migliori caratteristiche chimico-fisiche e di fertilità generale (rocce effusive e vulcaniti basiche, ossia suoli in grado di trattenere l’umidità e quindi di diminuire i periodi di aridità). I nuraghi, inoltre, si attestano per la maggior parte su altimetrie di 200-400 m s.l.m. e 400-600 m s.l.m.

Gli autori mostrano come il ‘fattore limitante’, al variare del quale muta il numero di siti rimanendo costanti le altre variabili, è il carattere andico dei suoli che mostra caratteristiche di fertilità ottimali. In tal modo si ipotizza che in periodo nuragico la conoscenza dei suoli rappresentasse la base per la localizzazione degli insediamenti.

Il comune di Ottana, collocato all’interno di quest’area, viene indagato da Anna Depalmas, in diversi contributi e spesso con la collaborazione di Giuseppa Tanda : l’area di indagine è il medio corso della valle del Tirso, area con una delle più alte densità di siti nuragici dell’isola (0,6nuraghi/kmq). Il primo lavoro si occupa di sviluppare un’analisi di Site Catchment analysis sul territorio indagato in relazione ai diversi periodi storici, a partire dal Neolitico per arrivare alle età storiche (Depalmas 1990). Il secondo parte dalla necessità di analizzare i dati nell’ottica di una geografia paleoantropica e di una archeologia del territorio; in questa prospettiva la ricerca cerca di ottenere dati e di analizzarli a partire da parametri d’indagine storico-antropologici. Questi, adattati alla realtà sarda, vengono testati su di essa per trovare parametri, variabili e modelli più adeguati. Tale dichiarazione di intenti non viene purtroppo esplicitata (Tanda e Depalmas 1991).

Seppur partendo da due posizioni cronologiche diverse (nel primo caso si fa partire l’età nuragica dal

BA e nel secondo dal BM), entrambi i lavori giungono alla medesima conclusione: “i vari elementiche

compongono l' habitat, la geomorfologia, e i patterns di risorse disponibili hanno svolto un ruolo

1990:131). Si nota una preferenza per locazioni strategiche su alture o sull’orlo di altipiani, con una media di circa 200 m per quanto riguarda le scelte di allocazione altimetrica. Durante il BR si riscontra però una predilezione per aree di pianura, in controtendenza rispetto a quanto evidenziato ad esempio in altre ricerche sul Marghine-Planargia (Moravetti 1992, 2000b). Sembra che in questo periodo la priorità sia per aree potenzialmente più utili allo sfruttamento economico, piuttosto che alla necessità di controllo del territorio, sebbene la percentuale su altura e su altipiano rimanga alta. Viene invece confermata la relazione con l’idrografia in cui, a parte una generale maggiore varietà di scelte locative durante il BR, si evidenzia la preferenza per siti a distanza medio-bassa rispetto alle fonti di approvvigionamento idrico. Si nota la presenza di chiari sistemi di controllo come quello a guardia del fiume Siddo dove tre sistemi di protonuraghi posti a tenaglia controllano l’accesso al corso d’acqua.

Ancora si evidenzia un preciso schema a raggruppamento dei siti sin dal BM, con piccoli raggruppamenti di due o tre nuraghi posti a distanza di 300-600m gli uni dagli altri; fra i vari raggruppamenti si calcola una distanza fra gli 800 e i 1500 m, sottolineando la evidente clusterizzazione e l’ampiezza delle buffer zones.

Come anche in altre pubblicazioni (Depalmas 1998), si cerca una costante nella dimensione delle aree ottenute tramite l’applicazione dei Poligoni di Thiessen. L’analisi viene però applicata senza suddividere le tipologie nuragiche, senza quindi un criterio di base per l’applicazione dell’analisi stessa. Viene individuata una costante per il BR nella media valle del Tirso: una gerarchia su tre livelli con siti maggiori (500-400 ha) che stanno ai margini del sistema territoriale, siti medi

(190-200 ha) e siti piccoli (50-60 ha) che stanno tutti collocati al centro del pianoro. Tale

gerarchizzazione sembra notarsi anche nel BM: tre nuraghi complessi misti mostrano distanze maggiori della media rispetto agli altri monumenti contemporanei, sia fra loro sia rispetto agli altri raggruppamenti. La Depalmas ipotizza un controllo su un territorio di pertinenza più ampio rispetto agli altri raggruppamenti minori e quindi una maggiore importanza di questi siti rispetto agli altri e un processo di gerarchizzazione degli insediamenti che accompagna, sin dalla nascita, la civiltà nuragica.

Per quanto riguarda la Site Catchment Analysis l’area intorno al sito viene calcolata sulla base di parametri elastici, in considerazione delle differenti condizioni ambientali e dei modelli sviluppati in letteratura:5 o 10 km (Chisholm 1962) o 1 o 2 km, per comunità agricole (Francis e Clark 1980; Jarman e Webley 1975:181). Il risultato mostra una schiacciante prevalenza dell’economia pastorale, durante tutta l’età nuragica, sebbene durante il BR si mostri una percentuale maggiore di scelte insediative legate a suoli atti allo sfruttamento agricolo. Questo fa presupporre una maggiore diversificazione nello sfruttamento delle risorse naturali nel corso dell’età del Bronzo.

Viene anche effettuato un calcolo della portata demografica di alcuni siti, con una serie di risultati che potrebbero essere interessanti se fossero sempre esplicitati i parametri di partenza. A partire dall’identificazione dell’uso dei suoli e del calcolo della produzione agricola, unitamente al calcolo delle calorie richieste da un individuo (2200 cal./day), sulla base dei dati forniti dalla letteratura e dalle ricerche paleofaunistiche e ambientali disponibili per la Sardegna, l’autrice calcola una cifra di circa 800 abitanti per l’intera area di Ottana (cfr. infra cap.11).

Sempre sulla regione del Marghine-Planargia, ma focalizzate nella media valle del fiume Tirso e più precisamente nel territorio comunale di Sedilo, e nell’area occupata dall’invaso del Lago Omodeo, è un'altra serie di pubblicazioni di Anna Depalmas, che si occupano dell’analisi dell’organizzazione e dell’assetto territoriale dell’area durante i tempi preistorici.

L’area relativa al sito di Iloi (Sedilo) è la prima ad essere indagata, dal punto di vista della Site

Catchment Analysis (Depalmas 1995), in una pubblicazione di impostazione simile a quella

dedicata al comune di Ottana (Depalmas 1990). L’analisi consiste “nell'esame delle caratteristiche ambientali di un 'area di forma circolare, di varia ampiezza, tracciata intorno al sito ed in una valutazione secondo fini produttivi dei terreni e delle risorse presenti al suo interno” (Depalmas 1995:34).

Il risultato, calcolato su 2,5 km di raggio e su 1 km di raggio intorno al nuraghe Iloi101, mostra una prevalenza di suoli improduttivi: solo il 16% di suoli è utilizzabile per l’allevamento e solo l’8% per l’agricoltura. Sembra quindi che le scelte insediative nuragiche fossero incentrate su bisogni diversi da quello dello sfruttamento delle risorse ambientali.

Il territorio del comune di Sedilo (Depalmas 1998), esteso ad aree limitrofe ma contigue dal punto di vista della distribuzione spaziale dei siti, viene analizzato tramite Poligoni di Thiessen, Rank Size

Rule e Nearest Neighbour Analysis. Lo scopo è di evidenziare eventuali analogie o differenze nelle

scelte insediative delle popolazioni preistoriche nei diversi periodi di tempo a partire dal Neolitico fino ad arrivare al Bronzo Recente. Mancando dati di scavo, la periodizzazione dei siti viene basata sulla sola analisi tipologica dei monumenti, considerando quindi i protonuraghi come rappresentativi per il BM e i nuraghi evoluti per il BR.

Il modello che ne risulta è omogeneo e conferma ancora una volta l’incremento demografico nel

BR, oltre che un aumento dell’estensione dei villaggi annessi ai nuraghi, come rivela il calcolo

dell’estensione media degli insediamenti.

Le scelte insediative sono uniformi, su versanti e pendii collinari e al centro dell’altopiano principale diviso dal fiume Tirso, che costituisce una spaccatura abbastanza netta. I suoli scelti sono

101

I parametri di riferimento per il calcolo della Site Catchment Anlaysis sono individuati tramite analisi della letteratura esistente (Chisholm 1962), con una correzione per l’età del Bronzo (Barker 1975; Flannery 1976; Jarman e Webley 1975).

poco produttivi e in genere adatti al pascolo, accompagnato da una marginale attività di produzione cerealicola. Da ciò si esclude qualche raro caso, come il protonuraghe Porchiles collocato vicinissimo a zone ad alta potenzialità agricola, o come tre nuraghi evoluti che mostrano di privilegiare la vicinanza a suoli con ottime potenzialità.

L’applicazione della Nearest Neighbour Analysis evidenzia la presenza di tre sistemi territoriali differenti, facenti capo ad altrettante entità politiche distinte, ed evidenziati dalla presenza di zone cuscinetto (Bonzani 1992), considerate veri e propri limiti ‘amministrativo-politici’.

I cluster di ogni singola entità politica contengono da 2 a 12 nuraghi associati secondo un modulo di distanza variabile tra i 100 e i 700 m e un modulo metrico minimo fra i raggruppamenti di 800 m. I nuraghi complessi sembrano avere distanze regolari e molto elevate, comprese fra i 3250 e i 2525 m e si dispongono intorno ai nuraghi semplici, quasi a volerne delimitare i confini (cfr. anche Gallin 1991): questi monumenti demarcano due distribuzioni confinanti e il limite della zona cuscinetto, quello spazio neutro interpretato come confine fra unità politiche contigue. Al contrario, durante il BM sembra evidenziarsi una certa tendenza alla dispersione, sebbene si evidenzi un costante raggruppamento per coppie di monumenti, caratterizzati da distanze di 200-800 m, nelle zone di maggiore concentrazione, e di 1000-1500 m nel resto dell’area (cfr. infra cap.10).

In tal modo l’autrice, confortata dai risultati negativi della Rank Size Rule che non mostra una precisa gerarchizzazione fra gli insediamenti, ricostruisce per la civiltà nuragica un’organizzazione socio-politica di tipo chiefdom: un’organizzazione tribale su base territoriale che trova la sua cellula nella famiglia allargata, caratterizzata dall’assenza di stratificazione sociale, in cui il prestigio è legato al grado di parentela e il capo non possiede lo stato di comando permanente.

Infine tutta l’area della media valle del Tirso, focalizzata nell’altopiano basaltico vicino all’invaso del Lago Omodeo, è esaminata nell’ultima pubblicazione e si focalizza in un’area di 450 kmq (Depalmas 2005b). Si ricostruisce una evoluzione a partire dal BM, periodo in cui 101 edifici (protonuraghi) si attestano su posizioni che garantiscono il controllo visivo e la risorsa idrica; inoltre 33 di essi sono associati a un villaggio. Di questi insediamenti si ricostruisce talvolta l’estensione che risulta in genere non maggiore di 2 ha e mai superiore a 5 ha.

Fra BM e BR si nota una occupazione del territorio più diffusa (293 nuraghi a tholos) che si estende anche alle pianure, dato che conferma gli studi precedenti, il cui modello insediativo risulta il