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Dal punto di vista socio-politico l’Europa dell’età del Bronzo Recente conosce diverse tipologie di modelli sociali: da quello palaziale nell’Egeo, a quello gentilizio-clientelare riscontrabile in Italia centromeridionale, fino ad arrivare alle grosse comunità a base territoriale (chiefdom) dell’Italia settentrionale (Peroni 1989, 1992) e della fascia temperata a nord delle Alpi fra Atlantico e Carpazi, come in Francia (Mordant 1996); infine l’insediamento sparso nell’Europa del Nord, come in Inghilterra (Eogan 1996) e nella Penisola Scandinava (Thrane 1996), rappresentato da piccole comunità che vivono in fattorie isolate.

L’età del Bronzo è quindi una fase caratterizzata dal continuo mutamento ed evoluzione, nella quale le società prendono svariate forme. Durante il BM e il BR esse vengono complessivamente inquadrate dal punto di vista politico nel termine di ‘società complesse’ (Stein 1998), caratterizzate da differenziazioni sociali stabili, tali da comportare implicazioni di ordine socio-economico (Peroni 1989:200) e che condividono situazioni culturali e socio-politiche in parte simili.

Le caratteristiche unitarie che collegano le diverse società europee dell’età del Bronzo Recente sono le seguenti:

- Tesaurizzazione del metallo, nella forma dei ripostigli di Bronzo, strettamente legato alla

comparsa di forme di misura ponderale comuni, forse anche forme premonetali, probabilmente collegate all’esistenza di un’economia ad ampio raggio (Peroni 2004:414). L’analisi delle forme di metallo nelle diverse parti d’Europa, Italia e Sardegna comprese e di sistemi di pesatura, ad esse associati, ha portato all’individuazione di due serie ponderali ciascuna con numerosi multipli e sottomultipli (Peroni 2001).

- L’utilizzo di una stessa struttura funzionale per l’armatura da combattimento, formata da spada, lancia, schinieri, scudo ed elmo con corazza (Peroni 2004:420; Stary 1991:131 ss.); - La diffusione della pratica della viticultura e delle pratiche sociali e cerimoniali legate al

consumo di vino, con la creazione di forme ceramiche specializzate.

- Pratiche funerarie simili, con la diffusione del rito della incinerazione (Campi d’Urne), ma

con la coesistenza del rito dell’inumazione, che avviene in tombe a camera collettive in diverse parti d’Europa (Italia centro-meridionale, Slovacchia, Francia, Baviera).

- Simbologia comune, che sembra presupporre una certa condivisione ideologica. Fra i

simboli più diffusi si ricordano l’ascia, l’ascia bipenne, le corna taurine, il disco e la barca solare (Peroni 2004:421).

Anche la Sardegna condivide molte di queste caratteristiche, inserendosi nel contesto europeo coevo. In tal senso parlano i numerosi ripostigli di rame e bronzo ritrovati in tutta l’isola (Birocchi 1934; Lo Schiavo et al. 1990), le centinaia di tombe di giganti utilizzate per le sepolture collettive, la pratica della viticultura e le footed cups (Castangia 2011a, 2011b; Serreli 2011:226 ss.); infine le testimonianze di forme ponderali corrispondenti alle unità di misura individuate per il resto dell’Europa (Peroni 2004:415; Ugas 1986:45-8; Ugas e Usai, L. 1987:189-91; Ugas 1989; 1996:1606)79.

L’Italia durante l’età del Bronzo si trova in linea con quanto rilevato per il contesto europeo. Se la cronologia del BA è assai controversa, per le altre fasi i limiti cronologici peninsulari dell’età del Bronzo sono del tutto coerenti con la periodizzazione del resto d’Europa: dal XVI al XIV secolo a.C. per il BM; dal XIII al XII secolo a.C. per il BR; dal XII al X secolo a.C. per il BF (Peroni 1989:33). Questi limiti cronologici risultano coerenti con la periodizzazione della civiltà nuragica in Sardegna (Lugliè e Ciccilloni 2009).

La protostoria può essere definita come quel periodo storico intermedio fra le comunità strutturalmente indifferenziate e l’emergere delle civiltà urbane fondate sulla divisione in classi (Peroni 1989:8). Si rileva quindi il passaggio da società di ruolo (tribù) a società di rango (chiefdom) e infine a società di classi (early states).

Questo passaggio è mostrato dalla comparsa sin dal BM (Pacciarelli et al. 1996) di sepolture di uomini armati e caratterizzate da ricchi corredi; a ciò si unisce l’accresciuto ruolo, sia dal punto di vista quantitativo sia dal punto di vista qualitativo, degli oggetti di prestigio nella cultura materiale. Sembra di intravedere l’esistenza di gruppi di lignaggio, il cui livello sociale è deciso su base parentelare e che mostrano segni di potere, come gli oggetti di lusso nelle sepolture. Si possono riscontrare segni di questo modello anche nelle strutture a compounds dell’Italia meridionale, che sembrano essere creati da e per gruppi parentelari residenziali (Cardarelli e Di Gennaro 1996:263). Queste strutture non sembrano lontane nella tipologia architettonica dalle strutture ritrovate nei villaggi nuragici coevi (Depalmas 2009c:129).

Successivamente nel corso del BR si nota il progressivo emergere di una nuova struttura socio-economica, soprattutto nell’Italia centro-meridionale. I segni mostrano un’ulteriore differenziazione delle comunità dal modello tribale: la selezione e concentrazione degli stanziamenti; la progressiva differenziazione sociale; nuovi meccanismi di circolazione dei beni e delle persone indotte dall’intensificarsi dei contatti con i navigatori micenei; il sorgere di nuove forme di potere politico capaci di incidere profondamente sull’organizzazione delle attività produttive (Peroni 1989:219).

In diverse parti d’Italia sin dal BM si scorgono i segnali dell’esistenza di una economia primaria di tipo misto, con una certa prevalenza dell’agricoltura, accompagnata dallo sfruttamento delle risorse d’allevamento. Questo bilanciarsi fra loro delle diverse attività economiche sembra rispecchiare una strategia che porta allo sfruttamento di ogni genere di risorsa disponibile nell’area circostante (Barker 1972, 1975, 1992; Peroni 1989, 1996).

Questo è vero anche per quelle culture per le quali a lungo si è parlato di cultura pastorale, in netta contrapposizione con una cultura contadina, come nel caso della facies appenninica (Östenberg 1967; Peroni 1969; Puglisi 1959). Questo paradigma culturale ebbe molto successo in Italia e influì anche su più di cinquant’anni anni di archeologia sarda (Contu 1974; Lilliu 1988; Puglisi e Castaldi 1966). Ma anche in queste realtà è invece possibile individuare forme miste di economia e sfruttamento delle risorse naturali: tutt’al più è possibile teorizzare la prevalenza della componente pastorale nel quadro delle attività produttive.

Nel passaggio con il BR ci sono, però, evidenti segnali di uno sviluppo e un cambiamento nelle strutture dell’economia. Il primo è dato dalla conquista delle colline, ossia la conquista di un’agricoltura specializzata visibile sia in Italia centromeridionale che settentrionale (Gilman et al. 1981:16). L’estensione delle colture agricole alle fasce collinari fa intravedere il raggiungimento di un ruolo di primaria importanza delle colture arboricole, quali olivo, fico, noce, vite, castagno e forse pero e melo (Fiorentino et al. 2004; Peroni 1989:133). Queste colture sono importanti per la ricostruzione dell’organizzazione socio-politica perché le loro caratteristiche prevedono e necessitano di investimenti a lungo termine, permettendo di ipotizzare una pianificazione e una sicurezza notevole da parte delle comunità che le coltivano (Gilman et al. 1981). Tali colture sembrano comparire contemporaneamente anche in Sardegna80.

Uno dei motori dello sviluppo nell’economia agricola è la profonda rivoluzione tecnologica legata alla metallurgia del bronzo: per la prima volta la fabbricazione di utensili sembra essere altrettanto rilevante di quella delle armi. L’aumento della produzione di asce si collega con attività di disboscamento, presupposto fondamentale per il potenziamento dell’economia agricola in senso estensivo ma anche intensivo (Peroni 1989:135).

Un altro fattore, legato sia all’economia sia alla società, è la diffusione del carro e del cavallo che sembrano diffondersi in Italia già a partire dal BM (Peroni 1989:130 ss.); in Sardegna la presenza di questo animale sembra attestata solo dall’età del Ferro (Delussu 1997; 2000:187)81. Questo porta inevitabilmente a rivoluzionare il rapporto con il territorio, sia per le enormi facilitazioni nella pratica agricola sia per la conquista di comunicazioni e trasporti più veloci.

80 Sull’argomento delle colture specializzate si vedano infra cap.3:70 ss. e le pubblicazioni in materia: (Gras 1985:217-27; Lo Schiavo et al. 2004:373-4; Piga e Porcu 1990; Ugas 2005:235, nota 2).

Un aspetto rilevante dell’età del Bronzo nella Penisola Italiana è il processo di stabilizzazione dell’insediamento, inteso come ‘tendenza storica acquisita una volta per tutte’ (Peroni 1989:100) che si realizza in una occupazione plurisecolare degli stessi siti e che è evidentemente correlato allo sviluppo di colture agricole ad alto investimento di forza lavoro.

I fattori che possono aver influito su questa stabilizzazione sono diversi: fattori economici e ambientali, come la scelta di siti in posizione ottimale sia per le attività produttive sia per le condizioni di vita82; motivazioni socio-economiche e socio-politiche come la concentrazione in determinati luoghi di particolari fonti di ricchezza83. Non è possibile, allo stato attuale delle conoscenze decidere quali fattori abbiano contribuito maggiormente a questo processo, ma l’analisi dei contesti ambientali e delle strategie insediative può aiutare in tal senso. Sebbene il processo di stabilizzazione dell’insediamento non vada necessariamente di pari passo con l’emergere di stabili differenziazioni sociali, l’individuazione di queste dinamiche è un passaggio obbligato nella comprensione delle forme sociali della protostoria italiana e nuragica.

Un altro tratto distintivo è l’esistenza in diverse aree della penisola di precisi modelli insediativi che testimoniano strategie di popolamento organizzate e razionali, con alcune linee di tendenza che si sviluppano fra l’inizio del BM e la prima età del Ferro: il modello terramaricolo nella Pianura Padana (Bernabò Brea e Cremaschi 1995; Bernabò Brea et al. 1997; Di Renzoni 2006); il sito

d’altura in Italia centro-meridionale, nell’area carso-istriana, nell’area dei Monti Lessini e nel

Trentino Alto Adige (Cardarelli 1983; Cardarelli e Di Gennaro 1996); le aggregazioni di

stanziamenti di riva nelle aree perilacustri (Peroni 1989:160).

Di grande interesse sono i siti di altura che sembrano ricordare per certe caratteristiche i modelli insediativi nuragici coevi, sebbene ci siano al proposito pareri discordanti (Di Gennaro 2006:493). Si tratta di insediamenti collocati su pianori naturalmente difesi e in posizione in diversa misura dominante; si nota il frequente ricorrere di opere di fortificazione riconducibili alla tipologia dei muraglioni in pietrame a secco (Peroni 1989:110). Essi mostrano alcune caratteristiche sufficientemente generalizzate e nel contempo abbastanza discriminanti da apparire funzionali per una classificazione:

- area naturalmente delimitata (<3 ha/>6 ha)

- la presenza di pareti a picco o pendii scoscesi.

- posizione rispetto al territorio circostante, che mostra tre variabili: dominante; non dominante ma naturalmente difesa; dominante ma limitatamente ad un territorio più ristretto tale da non consentire una totale autonomia strategica.

82

Cfr. infra cap.8 dove tale fattore è analizzato in relazione alla Sardegna

Questi insediamenti d’altura sembrano mostrare nel processo di stabilizzazione un comune meccanismo progressivamente selettivo caratterizzato dal crescente prevalere di esigenze di ordine tattico strategico e politico: si accentua infatti in modo crescente la funzione strategica, tesa al controllo del territorio circostante. Tale processo ha luogo nelle forme di una progressiva selezione sia mediante abbandono di siti meno caratterizzati, sia con il prolungarsi di quelli più idonei, sia infine con l’impianto di nuovi stanziamenti: se gli insediamenti non difesi naturalmente non sopravvivono fino al BF, invece quelli protetti e su altura continuano la loro vita anche nel corso del primo Ferro (Peroni 1989).

La progressiva concentrazione e selezione dell’insediamento è un fenomeno rilevabile in tutta Italia (Di Gennaro 1982; Peroni 1989:140). Se in un primo momento si nota un numero di insediamenti elevato in relazione all’area e alla consistenza demografica, nelle fasi successive si verifica una progressiva diminuzione del numero degli stanziamenti in concomitanza con il processo di selezione delle caratteristiche ambientali privilegiate. Il risultato è la prevalenza di abitati sempre più estesi e costituenti i centri di comprensori territoriali sempre più ampi.

Questo processo raggiunge il suo apice nella prima età del Ferro, con la creazione dei centri protourbani84, intorno ai quali nascono e si sviluppano centri minori in posizione periferica e dipendente. È soltanto ora che secondo alcuni studiosi (cfr. Peroni 1989:141) si può parlare di gerarchia insediativa. Al contrario le situazioni precedenti sarebbero lo specchio di comunità facenti capo ad un unico insediamento, sebbene già dal BM appaiano nei territori modalità di distribuzione diverse, diverse estensioni territoriali e soprattutto l’emergere di caratteri differenziali che porterebbero ad ipotizzare un’embrionale gerarchia sin da questo periodo.

6.3 I parametri di riferimento

L’analisi dei modelli sociali esistenti ha permesso di estrapolare alcune caratteristiche unitarie e individuabili dal punto di vista archeologico che consentono di fare inferenze sull’organizzazione socio-politica di una specifica realtà protostorica.

I parametri individuati riguardano gli aspetti generali di ogni società: organizzazione sociale, organizzazione territoriale, organizzazione politica ed economica, ideologia. A queste categorie corrispondono altrettanti parametri che identificano con un certo margine di sicurezza un determinato tipo di società85.

84 Si intende per centri protourbani quelli nati in una realtà che indipendentemente da alcune caratteristiche dei centri abitati, è caratterizzata dalla formazione di mercati e scambi ad ampio raggio e la circolazione di mezzi di scambio a carattere premonetale o monetale; lo sviluppo di forme di artigianato altamente specializzato e standardizzato, quindi in grado di rispondere ad una richiesta maggiore. Cfr. anche Gnesotto 2006.

L’individuazione di questi parametri in una realtà protostorica rende spesso necessario l’utilizzo dei

proxy data che permettono quantomeno di ipotizzare il dato reale necessario.

Uno dei parametri principali da cui è possibile estrapolare indicatori alternativi dell’organizzazione sociale è il modello territoriale, considerando che la struttura di un organismo sia la chiave per comprenderne le caratteristiche.

La determinazione dell’estensione territoriale di un’unità politica può essere realizzata attraverso l’applicazione di alcuni modelli esistenti, come l’analisi dei Poligoni di Thiessen (Renfrew 1973, 1976). Gli insediamenti più piccoli sono attribuiti ai centri sulla base della vicinanza (Earle 1987), mentre i confini territoriali sono spesso visibili come zone buffer di minori densità insediative (Bonzani 1992; Cordy 1981; Earle 1976; Renfrew 1973). Inoltre per motivi di amministrazione, raccolta dei tributi e controllo, spesso gli insediamenti si raggruppano intorno agli insediamenti centrali (Steponaitis 1978) e i confini politici sono marcati da elementi naturali e fisici.

In questo caso l’ipotesi di partenza sarà la seguente: l’assenza di confini territoriali, di segni di un evidente diretto controllo del territorio associato a forme insediative particolari e la mancanza di riconoscibili schemi nel raggruppamento degli insediamenti presuppone l’assenza di un governo e di una autorità centrali, impedendo di ipotizzare l’esistenza di una complessità sociale86. Gli strumenti attraverso cui questo parametro viene testato sono l’Analisi dei Poligoni di Thiessen, la

Viewshed Analysis e la Nearest Neighbour Analysis.

Un altro aspetto di grande rilevanza è la valutazione del regime economico supportato da un’entità politica. Il controllo sulla produzione degli alimenti, basato sul possesso, il controllo e l’accesso ristretto alle risorse produttive, è alla base della stratificazione sociale ed è una delle caratteristiche principali delle società complesse. Se un’area ha un diretto controllo delle zone a maggiore potenziale produttivo deve essere occupata da individui che hanno un ruolo di spicco all’interno della società e quindi deve contenere il centro principale. Così un’analisi delle aree di approvvigionamento permette di individuare possibili correlazioni rilevanti fra struttura del sito e potenzialità economiche del territorio. L’ipotesi quindi è la seguente: la mancanza di correlazioni significative fra le tipologie insediative e le potenzialità dei terreni direttamente controllati dai siti stessi, non consente di ipotizzare l’esistenza di forme di controllo delle risorse produttive e, di conseguenza, l’esistenza di una autorità centrale. Lo strumento attraverso cui verrà testata l’ipotesi è la Site Catchment Analysis. Questa analisi permette soprattutto di valutare un altro parametro, le cui costanti, analizzate a lungo nel campo dell’antropologia sociale permettono una preliminare considerazione sulla natura della società. Si tratta della misurazione del bacino demografico di un centro e di una entità politica, definita sulla base dei suoi confini e dei suoi schemi insediativi,

permettendo di effettuare una stima della misura della popolazione in quel dato territorio: to estimate polity size requires an estimation of population within a recognized territory” (Earle 1987:289)87.

Con la stessa analisi si può indagare sull’esistenza di forme di redistribuzione, caratteristica fondamentale degli early states, documentabile attraverso la dimostrazione dell’esistenza di unità produttive locali specializzate, unite per mezzo di una rete redistributiva (Peebles e Kus 1977:424) visualizzabile nella loro organizzazione territoriale.

Dagli studi di antropologia sociale risulta statisticamente rilevante la correlazione fra complessità sociale, avanzamento tecnologico e crescita demografica (Carneiro 1967; Crumley 1995; Earle 1991; Gailey e Patterson 1987; Price e Feinman 1995; Sanders e Webster 1978; Wolf 2002; Wright 1984). A questi aspetti si associano anche spesso il lavoro specializzato e quindi la divisione del lavoro, base necessaria per il formarsi della stratificazione sociale ed economica (Brumfiel e Earle 1987; Peroni 1989:162) e che necessita a sua volta della creazione del surplus, e quindi di un ampio bacino demografico e di tecnologie innovative. La portata demografica può essere anch’essa ricostruita tramite la Site Catchment Analysis.

Le società complesse mostrano poi segni di economie primarie e secondarie destinate alla produzione di surplus, che viene immagazzinato per essere controllato dall’élite (chiefdom) redistribuito dal re per far rientrare nella comunità i beni prodotti e per sostentare le classi lavoratrici che forniscono i prodotti secondari e che gestiscono l’amministrazione. L’esistenza di strutture riconoscibili come magazzini centralizzati e visibili, associabili a forme di controllo centrale dell’economia parlano in favore di forme di complessità sociale, mentre al contrario zone di stoccaggio casalinghe sembrano associate ad economie di sussistenza (Johnson e Earle 2000). In questo caso gli strumenti utili per una conferma o smentita dell’esistenza di questo parametro sono dati archeologici provenienti dai siti stessi, così come anche nel caso dell’individuazione di un controllo da parte dei capi della produzione tecnologica e della manifattura. La produzione metallurgica e ceramica di alto livello, forme di artigianato specializzato (Brumfiel e Earle 1987), così come il controllo dei beni di prestigio, hanno un ruolo di primo piano come indicatori della distribuzione di ricchezza che garantisce il controllo e gioca un ruolo nella centralizzazione delle società sia livello di chiefdom (Stein 1998:21) sia a livello di early states, come è stato testato per le società europee del Bronzo e del Ferro (Frankenstein e Rowlands 1978; Kristiansen 1982, 1984, 1998a).

Infine un ultimo parametro è dato dalla presenza o meno di una gerarchia insediativa, indice di una complessa struttura sociale a cui fa seguito un’altrettanto complessa struttura territoriale (Creamer e

Haas 1985; Gibson 1974; Hayden et al. 1985; Lightfoot e Upham 1989; Peebles e Kus 1977). Per l’intensa competizione che caratterizza le società prestatali i piccoli centri in una regione sono sottoposti ai centri più grandi che devono essere, per ogni regione, più o meno delle stesse dimensioni (Earle 1987). Inoltre deve essere considerata l’esistenza o l’assenza di edifici monumentali, strettamente legati al lavoro che in essi viene investito, alle potenzialità di una entità politica di mobilitare le forze lavoro necessarie (Heizer 1960; Peebles e Kus 1977; Pozorski 1980; Renfrew 1973) e, infine, alla stima del surplus che viene investito (Price 1984; Webster et al. 1990). La presenza di autorità centrali, caratterizzate da vantaggi in ricchezza e stile di vita (Earle 1987:290), può essere identificata dalla presenza di simboli di status o di un differente accesso ai beni, anche quelli comunitari. Ciò può essere analizzato attraverso una stima dell’energia investita nella costruzione degli spazi domestici (McGuire 1983; Plog e Upham 1983; Price 1978), dal momento che il capo è identificato dalla dimensione, costruzione e collocazione della sua abitazione (Feinman e Neitzel 1984), così come dai beni di prestigio e dalla qualità dei beni primari presenti in essa: “architecture is built by social groups…it can be expected to reflect the number, type and interconnection between such groups as well as their wealth” (Cordy 1981:125).

Queste osservazioni vengono strutturate secondo la seguente ipotesi: l’assenza di una differenziazione a livello architettonico delle strutture residenziali, sia in dimensioni che in qualità, l’assenza di grandi opere e la mancanza di una differenziazione nell’estensione e nella struttura degli insediamenti porta ad escludere la presenza di una complessità sociale88.

L’analisi delle realtà presenti in Europa e, più vicino, in Italia porta a confermare l’applicabilità di questi modelli dove schemi territoriali e organizzazione sociale mostrano una notevole aderenza ai modelli sopra descritti. Allo stesso modo essi possono essere applicati alla Sardegna, nella convinzione che “certain broader trends attributed to the later European Bronze Age, such as population growth, a more productive subsistence base, the increased quantity and quality of bronze smithing, extended overseas contacts and social stratification (Clark 1977; Kristiansen 1998b) are indeed features of Late Bronze Age Sardinia” (Blake 2001:148).

88 Cfr. infra cap.7

Capitolo 7

IL MODELLO GEOGRAFICO E I