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1. Introduzione
Uno dei principali obiettivi dell’educazione secondaria è quello di garantire che gli studenti acquisiscano competenze utili per raggiungere il successo non soltanto negli studi, ma anche nelle carriere professionali e nella vita in genere. I rapidi cambiamenti della società della conoscenza, l’accelerazione tecnologica e la centralità dei processi di networking delineano le cosiddette competenze del 21.mo secolo, definite come competenze di knowledge work, che comprendono – tra le altre - abilità sociali, di networking e lavoro collaborativo, metacognitive e pensiero critico, competenze ITC e di gestione delle informazioni. Per favorire l’acquisizione di queste e altre competenze, la didattica dovrebbe comprendere attività che implicano l’utilizzo di moderne tecnologie, l’incontro con la complessità del mondo reale, vari tipi di attività autentiche e un sostanziale rinnovo delle pratiche didattiche. In questo contributo teorico descriviamo un approccio ritenuto particolarmente adatto per supportare questa innovazione, l’Approccio Trialogico all’Apprendimento.
2. La cornice teorica
L’Approccio Trialogico all’Apprendimento (Trialogical Learning Approach – TLA, Paavola & Hakkareinen, 2005) viene così definito perché integra la componente individuale (approccio “monologico”) e sociale (approccio “dialogico”) dell’apprendimento, con un terzo elemento: i processi intenzionali coinvolti nel creare collaborativamente artefatti di conoscenza utili e motivanti. Alle metafore dell’acquisizione e della partecipazione (Sfard, 1998), si aggiunge, cioè quella della creazione di conoscenza (Hakkareinen et al., 2004), che recupera il ruolo della comunità in senso più ampio, del network e degli strumenti, e si pone l’obiettivo di andare oltre la conoscenza esistente e generare innovazione nelle pratiche.
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Cruciale è il riferimento alla Teoria dell’Attività (Engeström, 1987; Leont’ev, 1981): la conoscenza diventa costruzione mediata da artefatti culturali e sociali e realizzata a livello interpersonale, attraverso comunicazione e interazione con i pari (Vygotsky, 1978).3. L’Approccio Teorico all’Apprendimento: i design principles.
L’approccio trialogico viene applicato attraverso sei principi, i cosiddetti design principles (Lakkala et al., 2012), che guidano la progettazione delle attività:
Principio 1. Organizzazione delle attività intorno ad oggetti condivisi. Tutta l’azione formativa deve convergere verso la realizzazione di oggetti riconosciuti come importanti e destinati ad un reale utilizzo. Importante è, infatti, fare in modo che la scuola non sia soltanto un luogo di trasmissione di conoscenza, ma un luogo in cui la conoscenza viene costruita e resa concreta, “esternalizzata”, come afferma Bruner (1991), in prodotti concreti.
Principio 2. Sostenere l’interazione tra i livelli personali e sociali;
suscitare l’iniziativa individuale e collettiva. Occorre combinare il
lavoro individuale con quello di gruppo, differenziando i compiti, considerando le varie esigenze e “sfruttando” inclinazioni ed interessi personali per poi integrarli.
Principio 3. Promuovere processi a lungo termine dell’avanzamento
della conoscenza. Ciò richiede che i prodotti della conoscenza siano
continuamente sottoposti a revisione, che si metta in primo piano, quindi, il principio del miglioramento delle idee, proprio di una comunità che costruisce conoscenza (Scardamalia & Bereiter, 2003). Principio 4. Lo sviluppo della conoscenza avviene attraverso la
trasformazione da una forma di conoscenza ad un’altra. Attraverso i
vari passaggi, sono possibili nuovi sviluppi dei concetti, facendo così emergere anche le conoscenze tacite che, nel passaggio da un formato ad un altro, possono più facilmente divenire consapevoli.
Principio 5. Ibridazione delle varie pratiche di conoscenza
nell’ambito di comunità ed istituzioni. Questo principio sottolinea
l’importanza di creare connessioni con altri contesti con cui interagire e in cui far usare l’oggetto costruito. In questo modo, si promuoverà l’acquisizione di modalità di interazione, modi di pensare e linguaggi tipici di contesti diversi da quello formativo.
Principio 6. Fornire strumenti di mediazione flessibile. L’ultimo principio sancisce l’importanza di prevedere tecnologie adeguate e diversificate, selezionando quelle più idonee a perseguire gli obiettivi previsti e più in sintonia con la cultura del contesto. Questa scelta permetterà di promuovere le competenze digitali degli studenti sostenendo una visione delle tecnologie finalizzata a scopi formativi, anche di quelle fino a quel momento utilizzate prevalentemente per scopi di intrattenimento o di svago.
Queste, in sintesi, le caratteristiche del TLA: una didattica, cioè, che ha come obiettivo fondamentale la costruzione di “oggetti” – materiali o immateriali – che siano realmente utili, interessanti e motivanti. Intorno alla
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costruzione di tali oggetti, si mobilitano strategie di lavoro sia individuali che collaborative, si innescano processi creativi e si punta a sostenere le competenze digitali attraverso un uso educativo delle tecnologie (Ligorio & Sansone, 2016). In particolare, le attività trialogiche sono favorite dall’impiego di ambienti e strumenti che permettono di creare, condividere, elaborare, trasformare e organizzare diversi artefatti, rendendo visibili e riflettendo sulle pratiche di conoscenza.Nella tabella 1 esemplifichiamo i sei principi attraverso riferimenti tratti da alcune sperimentazioni realizzate in scuole e università italiane aderenti al progetto europeo KNORK (http://knork.info/website/):
Tabella 1. Esempi di applicazione dei design principles
Principio 1. Gli oggetti attorno cui sono state organizzate le attività
• Il forno: guida multimediale per l'utilizzo dei forni a convenzione vapore di ristorazione • Sito web dedicato alla seconda guerra
mondiale
• Il muro della memoria: video-lezione dedicata allo Shoa
• Questionario sulle abitudini alimentari finalizzato a produrre una guida sulla corretta alimentazione
Principio 2. Strategie e processi attraverso cui sono stati integrati individuo e gruppo
• Divisione della classe in gruppi eterogenei, assegnando a ciascuno una porzione del compito complessivo
• A partire da una relazione scritta o presentazione orale individuale è stata avviata una discussione collettiva guidata da specifici modelli
• Sono stati attribuiti compiti e responsabilità specifici, ma interdipendenti, per esempio attraverso l’assegnazione di ruoli, in virtù della realizzazione del prodotto finale Principio 3. Strategie e processi attraverso cui promuovere processi a lungo termine di avanzamento della conoscenza
• Il questionario sulle abitudini alimentari è stato usato come punto di partenza per realizzare una guida sulla corretta alimentazione
• Il video sullo Shoa accompagna tuttora le visite al muro della memoria ospitato dalla scuola
• Durante la realizzazione degli oggetti, gli studenti sono stati sollecitati a condividere bozze e offrirsi commenti migliorativi
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Principio 4. Strategie e processi di riflessione e trasformazione attraverso cui è stato promosso lo sviluppo della conoscenza• Dai testi alla realizzazione di una mappa • Dai concetti teorici agli indicatori pratici di
applicazione/dimostrazione degli stessi • Discussione e analisi dei problemi incontrati
durante il lavoro collettivo e delle soluzioni adottate
• Scrittura di un diario di bordo dove riportare progressi e riflessioni Principio 5. Attività attraverso cui si è realizzata l’ibridazione delle pratiche di conoscenza
• Il sito sulla seconda guerra mondiale è stato realizzato con il coinvolgimento di insegnanti di storia e di informatica
• Il questionario sull’alimentazione ha unito insegnanti di scienze e italiano
• Esperti sono intervenuti offrendo testimonianze, commentando i lavori o commissionando gli oggetti
• Durante il lavoro sono state sperimentate e apprese pratiche professionali, usando strumenti propri di determinati settori (software, procedure operative, etc.)
Principio 6. Gli strumenti di mediazione flessibile utilizzati nelle sperimentazioni
• E-mail per condividere informazioni e aggiornamenti
• Padlet per raccogliere e ordinare idee • Skype per videoconferenze
• Google drive per condividere documenti e modificarli
• DropBox per condividere documenti • Cmap tool per creare mappe
• Webforum per discutere (Knowledge forum; Moodle)
4. Conclusioni
L’utilizzo del TLA ha già mostrato validi risultati anche nel contesto italiano (Bertone, 2016; Sansone, Cesareni, & Ligorio, 2016). I docenti che lo hanno sperimentato non solo hanno innovato le loro pratiche didattiche – individuando modi originali e personali di interpretare i principi (Tab.1), ma hanno avviato contagi virtuosi nei loro istituti di appartenenza, coinvolgendo altri docenti e inducendo un atteggiamento generalizzato positivo verso l’innovazione. Alla luce delle esperienze realizzate crediamo che un ulteriore sviluppo di questo approccio possa essere l’individuazione di punti di connessione con le indicazioni provenienti dalla “Buona Scuola” e da altri dettami che gli insegnanti italiani devono fronteggiare. E’ proprio in questa