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d) Schede dei filmat

4.2 Mario Benvenuti: gli amici, la famiglia

Per la scrittura di questo paragrafo mi sono state particolarmente utili le seguenti fonti: l’intervista recentemente rilasciatami dal figlio Paolo e due interviste video, realizzate negli anni Novanta e conservate nell’archivio Benvenuti: la prima, è stata fatta al regista da Simonetta Della Croce a casa Benvenuti; la seconda, dal titolo Il bisogno di narrare, il cinema secondo i fratelli

Taviani, è stata realizzata dalla stessa Della Croce e da Marcello Cella ai fratelli

Taviani.

Nel 1944, quando la guerra entra nella fase più drammatica, Benvenuti fu richiamato alle armi ma rifiutò di partire, si imboscò e aderì ai GAP (Gruppi di Azione Partigiana) dove svolse la sua attività insieme ad alcuni amici che oltre a fare parte di questo gruppo operavano nella formazione “Nevilio Casarosa” che agiva sui Monti Pisani.

Era il periodo nella Resistenza al nazifascismo e Benvenuti era un giovane chimico a cui il comitato di liberazione nazionale (CLN) dava spesso l’incarico di costruire, in casa, delle bombe al fosforo.

Un giorno, mentre stava realizzando le bombe, ebbe l’idea di utilizzare la pellicola cinematografica come miccia.

Come risulta dall’intervista del figlio Benvenuti partecipò a diverse azioni. Una delle più pericolose avvenne dopo aver ricevuto l’ordine di fare un attentato sulla linea ferroviaria Pisa-Lucca dove c’era un cannone tedesco che sparava attaccato a

Rossore e San Giuliano Terme e si spostava con il treno, sparando a ogni chilometro, dando l’impressione agli americani che ci fossero tanti cannoni.

A Benvenuti avevano dato l’ordine di bloccare il treno con una carica di dinamite proveniente dalle cave di San Giuliano che avrebbe avuto tramite una donnna. Questa sarebbe giunta da Pisa in bicicletta e alla chiesa di Porta a Lucca avrebbe consegnato alla madre di Benvenuti la borsa con la dinamite per preparare la bomba.

Benvenuti prese la dinamite e l’andò a infilare al passaggio a livello di Gagno. Fece una buchetta, mise la dinamite sotto il binario, accese la miccia e si nascose in un fosso per fare saltare il binario, in modo tale che il treno non potesse più passare. Quando arrivò il treno ci fu il botto e lui vide volare un pezzo di binario per aria. Seguì la caduta finché il binario non cadde nel campo. Alla fine andò, prese il pezzo di binario e se lo portò a casa. Ancora oggi il pezzo di binario conservato dall’attentato al treno tedesco si trova nel garage di casa sua. Il ricordo di quell’esperienza fa capire il temperamento di Benvenuti.

Dopo l’esperienza della Resistenza, la voglia di fare cinema di Benvenuti e dei suoi amici non si esaurì. Anzi, gli anni che vanno dal 1945 al 1955 furono ricchi di iniziative culturali importanti per la città di Pisa.

Nel 1945 Benvenuti iniziò a collaborare con il Partito comunista, relativamente alla cultura, realizzando su commissione alcuni documentari. L’esperienza di documentarista che aveva imparato sotto il fascismo nel periodo dei Cineguf venne così riportata nei filmati realizzati successivamente. Questo per dire, come sostiene il figlio, che “il linguaggio del cinema va oltre gli schieramenti politici”.

Nello stesso periodo Benvenuti insieme agli amici Mario Mancianti, Gingi Valenti, Gian Franco Nannicini e Piero Pierotti, dette vita alla Sezione Cinematografica Universitaria, un circolo privato che era autofinanziato attraverso il tesseramento dei soci e che si appoggiava alle strutture universitarie, dove potevano avere spazi per svolgere le proprie attività. La sede si trovava in alcuni locali del Palazzo della Sapienza e come luogo per la proiezione dei film era usata un’aula dove normalmente venivano svolti i corsi universitari. Erano organizzati incontri settimanali con il regista pisano Piero Pierotti che all’interno del circolo teneva lezioni di regia. Questa iniziativa, oltre a coinvolgere, molti partecipanti, portò a Pisa anche un interesse per la cultura cinematografica40. Nonostante tutto questo, a causa di mancati finanziamenti, il circolo si sciolse nel 1947.

Questi anni furono importanti per la città di Pisa che vide nascere, proprio alla fine del 1947, la prima associazione cinematografica pisana, il primo Cineclub. Va inoltre precisato che in quegli anni, come spiega nel dettaglio Lorenzo Cuccu il Ministero aveva varato dei nuovi provvedimenti finalizzati a favorire la nascita di associazioni culturali attraverso una serie di sgravi fiscali e di esenzioni.

Il Cineclub Pisa inoltre, aderendo alla Federazione Italiana dei Circoli del Cinema, poteva partecipare ai Congressi Nazionali e alle iniziative culturali della Federazione, questo permetteva di entrare in un circuito di informazione e distribuzione che aveva legami con l’estero, per esempio con la Cinémathèque Française41.

Il Cineclub Pisa fu fondato da Benvenuti e da diversi amici come Mario Mancianti e altri, tra i cui è doveroso ricordare Valentino Orsini42, un giovane che aveva un forte interesse per il cinema e che in seguito si affermerà come regista.

L’idea di creare a Pisa un Cineclub venne a Benvenuti durante la lettura della rivista “Cinema Nuovo”. Come ricorda il figlio Paolo, il padre era abbonato a questa rivista dove si trovavano le critiche ai film in uscita e gli articoli che parlavano dei cineclub che stavano sorgendo in quasi tutte le città italiane. Un giorno Benvenuti pensò che sarebbe stato interessante realizzare anche a Pisa un cineclub e si attivò per trovare un cinema disponibile a ospitare questa associazione cinematografica.

Benvenuti e Mario Mancianti si recarono al cinema “Lux”, in piazza Santa Caterina, ed ebbero il permesso di far nascere in quei locali il primo Cineclub pisano.

Il 22 gennaio del 1948 si tenne la prima proiezione. Per l’occasione Benvenuti e i suoi amici incaricarono Valentino Orsini di presentare un vecchio film,

Varietè, di Ewald AndréDupont43.

Per la proiezione fu utilizzata una Pathè Baby del 1928, una macchina con carica a molla a passo 9,5 mm (formato anteriore al 16 mm), noleggiata dall’ottico Scarlatti che era anche il proprietario della pellicola.

La cinepresa Pathé Baby-motocamera

Fin dai suoi esordi il Cineclub ebbe un notevole successo e coinvolse nell’attività molti intellettuali. Fra i soci, alcuni dei quali membri del Consiglio Direttivo, figurano nomi che erano, o sarebbero diventati, di un certo rilievo: Matteo Marangoni, illustre critico d’arte e direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte di Pisa fu nominato Presidente onorario44, Aldo Capitini, Carlo Ludovico Ragghianti, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università di Pisa, Liana e Marco Tongiorgi, Carlo Montella, Enrico Bozzoni, Giuseppe Motta, Pierluigi Mazzocchi, Mario Mancianti, Osvaldo Tozzi, Renato Tortorella, Piero Nelli, Giuliano Biagetti, Lina Nerli, diventata poi una famosa costumista del cinema italiano e moglie di Paolo Taviani e tanti altri. I film venivano presentati da critici o registi come Carlo Lizzani, Virgilio Tosi, Giulio Cesare Castello, Piero Pierotti, Panfilo Colaprete, Antonio Petrangeli45.

All’interno dello spazio del Cineclub, oltre ad assicurare un buon livello delle programmazioni, articolate in conferenze e dibattiti, a Benvenuti interessava soprattutto avvicinare i giovani alla pratica cinematografica.

Nonostante la sua formazione tecnica, andava sempre più sperimentando il cinema come pratica artigianale, lontano da ambizioni registiche. In tal senso possiamo dire che la sua figura ha influito concretamente sul destino di una parte del cinema italiano d’autore.

Il Cineclub Pisa era uno dei primi sorti in Italia e faceva parte della Federazione italiana circoli del cinema (FICC), il cui presidente era Antonio Petrangeli.

Nel 1948 si tenne la campagna elettorale e Pietrangeli era il candidato del Fronte democratico popolare e venne a Pisa insieme a Carlo Lizzani a tenere delle conferenze.

Pietrangeli non fu eletto, ma il suo intervento dette l’impulso e nuovi stimoli al Cineclub.

Inizialmente gli incontri al Cineclub avvenivano la domenica mattina, poi iniziarono a tenersi la sera.

Il cinema “Lux” era un cinema parrocchiale che svolgeva la sua normale attività il sabato e la domenica. Naturalmente Benvenuti e i suoi amici incontrarono delle difficoltà perché a quei tempi gli scontri politici erano abbastanza forti e il Cineclub Pisa di Benvenuti era costituito da un gruppo di laici di sinistra e quindi sottoposti spesso alla censura cattolica.

Dall’esperienza del Cineclub Pisa, nel 1949, sorsero sezioni anche in provincia, per esempio a Pontedera, dove era presidente Aldo Vespi e segretario Giancarlo Ferretti; a Putigliano, a San Giuliano Terme, a Volterra e Marina di Pisa presso lo stabilimento aereonautico.

Qualche anno dopo, tra il 1951 e il 1953, la Curia arcivescovile fondò un altro Cineclub, il “Bianco e Nero”, un’associazione cinematografica cattolica diretta da Giovanni Salvi.

Il cineforum della Curia svolgeva le stesse attività del Cineclub Pisa di Benvenuti con la sola differenza che si trattava di un cinema cattolico. Mario e i suoi amici andavano a vedere le proiezioni del cineforum e il gruppo del cineforum andava a vedere le proiezioni del Cineclub di Benvenuti. I due gruppi condividevano le stesse passioni, ciò che li separava era l’elemento ideologico.

Un giorno a Benvenuti e a Salvi venne l’idea di creare un Cineclub unico e questa cosa, come racconta il regista, piacque molto in Italia perché chi si occupava di cinema, non era contento della divisione tra cattolici e comunisti.

Alla fine del 1953 nacque il Circolo Pisano del Cinema, nato dalla fusione del Cineclub Pisa con “Bianco e Nero”, sotto l’egida dell’Accademia pisana dell’arte: il primo presidente fu un cattolico, Bruno Grassi.

La fusione, però, creò non poche polemiche che non riuscirono tuttavia a interrompere la collaborazione tra le due associazioni.

Nel 1954 si tenne l’organizzazione del Convegno nazionale dei circoli del cinema a Pisa, coordinato da Cesare Zavattini, a cui era abbinata la Mostra

In questi anni, dopo la nascita del Cineclub, precisamente nel 1949, Benvenuti insieme agli amici Mario Mancianti e Giuliano Biagetti, fondò la società di produzione cinematografica, la “BMB Film Pisa”, di cui Benvenuti era l’amministratore delegato e Mancianti il vicepresidente.

La “BMB” lavorò per alcuni anni nell’ambito degli stabilimenti cinematografici di Tirrenia, dove venivano noleggiate le macchine per realizzare i cortometraggi di una decina di minuti che venivano proiettati prima dei film. Questa era una specie di sovvenzione che il Ministero dava alle case di produzione per iniziare i giovani al cinema.

In questi spazi Benvenuti non si limitò a diffondere la cultura cinematografica, ma offrì delle grandi opportunità a giovani appassionati di cinema come i fratelli Paolo e Vittorio Taviani e Valentino Orsini.

Se i Taviani e Orsini hanno finito per dedicarsi con passione al cinema, è stato infatti anche grazie alla figura di un operatore cinematografico come Mario Benvenuti.

Secondo il figlio Paolo, l’incontro tra Benvenuti e i fratelli Paolo e Vittorio Taviani avvenne a Pisa.

Il padre dei fratelli Taviani, un noto avvocato, abitava con la famiglia a San Miniato. Poiché la sua casa era stata distrutta dai bombardamenti, subito dopo la liberazione andò ad abitare con tutta la famiglia a Pisa con domicilio in via S. Andrea.

L’interesse per il cinema nacque nei fratelli Taviani il giorno in cui si recarono

Dal racconto di Paolo Benvenuti, si evince che durante la proiezione, davanti ai Taviani c’erano dei ragazzi che disturbavano; a un certo punto videro l’ombra di uno molto grosso che si mise davanti a questi ragazzi sgridandoli in malo modo perché smettessero. I Taviani guardarono ammirati quel tipo che si rimise a sedere a guardare il film; quando si accesero le luci si girarono e gli fecero cenno come per dire “bravo, hai fatto bene, siamo d’accordo con te”. Quello era Valentino Orsini. Da lì si sono incontrati e insieme hanno conosciuto Mario Benvenuti.

Nell’intervista realizzata da Simonetta Della Croce, i due fratelli raccontano che durante la proiezione del film videro sullo schermo la realtà della guerra che loro stessi avevano vissuto qualche anno prima, ma grazie all’arte di Rossellini capirono molto di più la realtà del conflitto e si posero la domanda se il cinema avesse il potere di rivelare a una persona la propria verità. Se così fosse stato, il cinema sarebbe stata un’arma straordinaria.

Il film di Rossellini fu per Paolo e Vittorio Taviani qualcosa di sconvolgente che fece nascere in loro la voglia di fare cinema.

In quel periodo Vittorio Taviani era studente presso l’Università di Pisa e iniziò a scrivere di cinema su alcuni giornali, tra i quali “La Nazione”; nell’intervista realizzata da Simonetta Della Croce i due fratelli raccontano che dopo la lettura di questi pezzi, un giorno arrivò da loro un signore giovane molto simpatico. Era Mario Benvenuti che vedendo i due andare spesso al Cineclub disse: «Perché voi che amate il cinema e scrivete di cinema, non ci date una mano?». Le parole di Benvenuti furono molto importanti per i Taviani.

Valentino Orsini si occupava della presentazione storico critica dei film, mentre i fratelli Taviani collaboravano alle attività organizzative dell’associazione46.

Nella loro intervista i Taviani raccontano che un giorno si presentarono a Benvenuti e a Mancianti convinti che fossero i produttori della casa di produzione BMB e chiesero loro che cosa avrebbero potuto fare per incominciare a fare il cinema. Benvenuti rispose: «Ma quali produttori?» E il Mancianti: «Ma quali soldi? Noi creiamo delle piccole cose cinematografiche soltanto con la buona volontà».

I Taviani raccontano che fu proprio quella buona volontà che permise loro di entrare in contatto con la macchina da presa.

Nell’intervista i fratelli ricordano il momento in cui decisero che volevano fare il cinema, però non riuscivano a trovare la strada.

Paolo Taviani ricorda che un giorno decisero di comprare una macchina da presa. Si recarono dall’ottico Scarlatti che vendette loro una scatoletta nera convinto che la sapessero usare. I fratelli cominciarono ad armeggiare con quella macchinetta, ma non riuscivano a trovare l’oculare: smontarono la macchina ma non capirono ugualmente dove mettere l’occhio.

Scoraggiati fecero vedere quella cosa misteriosa a Benvenuti, il quale disse loro: «Ragazzi che cosa avete comprato? Questa qui è una macchina da presa che gli Americani, mettevano sotto le ali degli aerei,per fare le riprese dall’alto. È cieca, priva di oculare e serviva per fotografare le operazioni di guerra, quindi bisognava girare e andare a occhio, senza l’oculare».

Anche Benvenuti, nell’intervista rilasciata a Simonetta Della Croce, racconta questo episodio.

Secondo la sua versione i due fratelli avevano comprato presso un mercatino americano una macchina da presa e tutti contenti gliela portarono a far vedere perché pensavano che con quella macchina avrebbero potuto girare dei film. Mario spiegò loro che quella che avevano comprato era una macchina senza l’oculare, di quelle fisse a fuoco fisso e a inquadratura fissa, usata dagli Americani per documentare i combattimenti aerei. Essendo priva di un oculare non ci potevano fare niente.

La mania di fare cinema di Benvenuti spesso gli procurava delle occasioni per lavorare alla realizzazione di qualche documentario.

Un giorno, Luigi Puccini, segretario della Camera del lavoro lo chiamò perché realizzasse un documentario sulle lotte sindacali dei lavoratori di Pisa e provincia47.

Benvenuti fu molto contento di questo incarico ma lui ha sempre sostenuto che il cinema è un qualcosa che non può essere fatto da soli; il cinema è un lavoro di squadra e se non c’è la collaborazione i film non si possono realizzare.

Così, per la realizzazione di questo documentario, chiese aiuto a Paolo e Vittorio Taviani e a Valentino Orsini che a quei tempi era il segretario della sezione del Partito comunista a Pisa.

Benvenuti si sarebbe occupato della parte organizzativa e tecnica, mentre i fratelli Taviani e Valentino Orsini della parte registica e politica.

Nell’intervista rilasciata a Simonetta Della Croce, Benvenuti racconta che dovette insistere parecchio, ma alla fine riuscì a convincerli. Una volta convinti Benvenuti si recò a Milano per comprare la macchina da presa, una Paillard nuova. Quando tornò a casa la mostrò a Paolo e Vittorio, prese un rotolo di pellicola 16 mm e spiegò ai due giovani, come si metteva la pellicola in macchina e propose ai due fratelli di fare finta di essere dei registi mentre lui avrebbe fatto l’operatore.

Benvenuti chiese ai Taviani di seguirlo e insieme andarono dietro la sua casa dove c’erano dei campi con i tram di città abbandonati. Quel campo oggi è Largo Duca D’Aosta. Benvenuti propose ai Taviani di fare un documentario su questi tram e insieme girarono 7/8 inquadrature.

La sequenza dei tram abbandonati è presente nell’archivio di Benvenuti, anche se lo stato della pellicola non è ottimale.

Il documentario sui tram fu la prima sequenza realizzata da Paolo e Vittorio Taviani con l’operatore Mario Benvenuti; fu la prima ripresa che i due fratelli diressero come autori cinematografici.

Quel giorno Benvenuti fece una piccola lezione di regia ai fratelli Taviani e, come ricorda il figlio Paolo che all’epoca era un bambino, suo padre mandò subito a sviluppare la pellicola.

Dopo quella prima esperienza seguirono Lotte del lavoro, San Miniato

luglio’44, alla cui realizzazione partecipò anche Valentino Orsini.

In quegli anni casa Benvenuti era frequentata, oltre che dagli amici Paolo e Vittorio Taviani, da Carlo Montella48 e Panfilo Colaprete49, uno dei fondatori del cinema Arsenale di Pisa, un altro intellettuale che ha sicuramente segnato la storia del cinema pisano.

Come ricorda Paolo Benvenuti, la figura di Colaprete è importante perché essendosi laureato in Storia del cinema alla Sorbona di Parigi, ebbe l’opportunità in quegli anni di conoscere tutto il cinema francese della Nouvelle Vogue. Infatti, negli anni che visse in Francia, era diventato amico di Henri Langlois, il fondatore della Cinémathèque Française. L’esperienza fatta in Francia fu trasferita nella sua città, Pisa.

Nell’archivio Benvenuti si trova un filmato molto interessante girato in casa Benvenuti negli anni ‘50 dal titolo In via Toti che documenta proprio l’amicizia tra i Taviani e Colaprete.

Questo filmato è molto interessante non solo perché si tratta del primo girato a colori, ma anche perché è descritta la vita quotidiana trascorsa da Benvenuti e dai suoi amici nel viale di casa sua a porta a Lucca .

Nel filmato è presente la moglie di Benvenuti, ripresa mentre sta leggendo il giornale, a cui segue l’immagine del piccolo Paolo Benvenuti vestito da marinaretto insieme a un’amichetta mentre entrano da un cancello per mano a Vittorio Taviani.

Paolo Benvenuti e Paola Malventi per mano a Vittorio Taviani

Successivamente segue il primo piano del critico cinematografico Panfilo Colaprete.

A seguire, le immagini dello scrittore Carlo Montella e di un altro amico di Benvenuti in via Toti a Porta a Lucca.

Carlo Montella mentre gioca in via Toti a Porta a Lucca

Nel filmato è presente un primo piano di Paolo Taviani.

Paolo Taviani

Il filmato In via Toti fa capire il clima che si respirava a casa Benvenuti: un’atmosfera pregna di rapporti affettivi e culturali molto forti.

Mario Benvenuti insieme al figlio Paolo e alcuni amichetti

Dopo le riprese ai tram abbandonati, il gruppo di amici iniziò a girare il documentario per la Camera del lavoro, andando in vari luoghi della provincia per filmare lo sciopero a rovescio dei braccianti di Pomarance, i volantinaggi, i picchettaggi alla Piaggio e alla Saint Gobain, le fiammiferaie che occupavano la fabbrica di Putignano, i cortei dei lavoratori in piazza San Paolo all’Orto a Pisa, i comizi di Ferdinando Santi50.

Nei primi anni ‘50 non era facile fare riprese per la strada, perché scattavano i controlli da parte della questura e dei carabinieri che, oltretutto, facevano opposizione ai movimenti sindacali.

Benvenuti ricorda nell’intervista a Simonetta Della Croce che quando stavano girando lo sciopero degli operai alla fabbrica dei fiammiferi a Putignano dovettero montare in macchina e scappare perché inseguiti dai Carabinieri.

Ricorda che mentre lui guidava la macchina, perché era l’unico ad avere la