• Non ci sono risultati.

e) Schede dei filmat

4.3 Il periodo con i giovani del Cinema Zero

Alla fine degli anni ‘60, dopo un periodo di inattività cinematografica, Mario Benvenuti ricominciò a fare cinema con i giovani del gruppo Cinema Zero.

Uno dei fondatori del gruppo è il figlio Paolo che, tra la fine del 1967 e l’inizio del 1968, entrò in una profonda crisi professionale.

Nato come pittore, in quell’anno iniziò a porsi una serie di domande sul suo futuro: “Vivevo stati d’animo contrastanti e non riuscivo a trovare una risposta alle mie domande. La più ricorrente era: Per chi dipingo? Per i borghesi che comprano i quadri e se li mettono in salotto?”53

Quando riuscì a fare chiarezza, Paolo capì che non voleva essere il pittore che realizzava quadri per arredare le case borghesi. Così, nel marzo del 1968, partecipò insieme a Sergio Martelli a un seminario sul cinema organizzato a Reggio Emilia dall’ARCI. Tra gli organizzatori c’erano Gianni Menon, responsabile nazionale del settore cinema dell’ARCI e Adriano Aprà.

Quel seminario fu importantissimo per Paolo, perché in quell’occasione scoprì il cinema sperimentale: il cinema sperimentale russo, il cinema underground americano di Snow e di Warhol e italiano dei film della Cooperativa del Cinema Indipendente. Il seminario si svolse attorno a un tavolo rotondo, per cui i partecipanti erano stimolati a esprimere le proprie impressioni con libertà, a seguito della visione dei film proiettati quotidianamente54.

In quell’occasione Benvenuti conobbe una cinematografia diversa dai film che andava a vedere la domenica nelle sale. Scoprì che esisteva una ricerca molto vicina, per esempio, a quella dei pittori; ma soprattutto scoprì una cosa molto importante: il cinema gli avrebbe potuto consentire di “portare” la pittura dentro i film e conseguentemente di non essere più il pittore che avrebbe arredato gli interni borghesi. Attraverso il cinema avrebbe dipinto per tutti.

Fu da quell’incontro che iniziò il suo rapporto con il cinema.

Paolo Benvenuti in quel periodo era in contatto con un gruppo di pittori pisani che facevano capo all’ARCI. Quando tornò da Reggio Emilia spiegò loro che aveva visto delle cose meravigliose che gli avevano rivoluzionato la mente.

Quel gruppo di giovani, visto il suo entusiasmo, chiesero a Benvenuti se potevano visionare anche loro gli stessi film.

Nel dicembre del 1968 Menon e Aprà organizzarono il secondo seminario, stavolta a Venezia. In quell’occasione furono proiettati i film di Dreyer, Mizoguchi, Bresson e Renoir. Anche questo incontro fu molto importante per Benvenuti perché scoprì Europa ‘51 di Rossellini55.

A quel seminario parteciparono una decina di giovani, gli stessi che dopo quell’esperienza formativa decisero di costituire a Pisa un gruppo di sperimentazione cinematografica. Nacque così il gruppo Cinema Zero.

Nel maggio del 1969 il gruppo Cinema Zero organizzò il terzo seminario a Pisa: quattro giornate sul cinema di Rossellini dal titolo Dibattito su Rossellini, con la partecipazione di Roberto Rossellini durante una serata.

I film proiettati e discussi furono: Roma città aperta, Paisà, Germania anno

zero, Viaggio in Italia, Europa’51, Viva l’Italia, Vanina Vanini, Una voce umana, La presa del potere da parte di Luigi XIV e le prime due puntate degli Atti degli Apostoli56.

Alle quattro giornate parteciparono molti giovani che, visionando quel materiale cinematografico, rimasero molto affascinati.

Tutti gli interventi del seminario pisano furono registrati e successivamente utilizzati da Gianni Menon che nel 1972 scrisse un libro dal titolo Dibattito su

Rossellini57, diventato un testo fondamentale per la formazione di un concetto nuovo di fare critica.

Oltre a Paolo Benvenuti i più attivi componenti del gruppo Cinema Zero erano Massimo Bartolozzi, Maurizio Badiani, Carlo Albero Bianchi, Fabiano Corsini, Andrea Duè, Sandra Lischi, Eleonora Martelli, Sergio Martelli, Faliero Rosati.

Come racconta Paolo, “il nome del gruppo nasce dal fatto che bisognava ripartire da zero: il cinema si era corrotto e perciò era necessario vedere, conoscere e approfondire i rapporti con coloro che in qualche modo si erano salvati dalla corruzione del denaro”58.

In questo senso, il gruppo aveva fatto proprio un concetto di Vladimir Vladimirovič Majakovskij: il cinema è un’arte meravigliosa, solo che sarà accecata dall’oro che Hollywood gli ha buttato negli occhi.

I giovani del Cinema Zero cercavano di trovare nella storia del cinema coloro che, partendo dalla purezza visiva dei Fratelli Lumière, avevano portato avanti un discorso sulle potenzialità del linguaggio cinematografico senza entrare nei meriti della corruzione del sistema.

Alcuni di loro vedevano il cinema come uno strumento politico d’intervento e di lotta, altri invece come un territorio di sperimentazione creativa, dove dare sfogo a vocazioni più o meno artistiche.

“Questi giovani condividevano sì una grande passione per il cinema, però nessuno di loro sapeva come farlo. Da qui il nome Cinema Zero” 59.

All’interno del gruppo Faliero Rosati aveva scritto una sceneggiatura e avrebbe voluto realizzare un film. C’era la sceneggiatura, c’era il regista, ma mancava la cinepresa e l’operatore.

Il gruppo riuscì a trovare la cinepresa grazie a Andrea Duè e a Sandra Lischi, che mise a disposizione la cinepresa di suo nonno, Leopoldo Nardi, un cineamatore.

Completato il reperimento degli strumenti, il primo film poteva essere realizzato, ma nessuno sapeva come caricare la macchina.

Del gruppo faceva parte Carlo Alberto Bianchi, che ricopriva il ruolo di produttore perché figlio di una famiglia molto benestante di Pisa. Si dilettava di fotografia e conosceva molto bene il fotografo Pacinotti che all’epoca aveva il negozio di macchine fotografiche in corso Italia.

nella camera oscura, mostrò le fasi dell’inserimento nella macchina e spiegò al Bianchi che bastava solamente pigiare il bottone.

Con la macchina da presa carica, il gruppo era pronto per girare il primo film. Era la primavera del 1968 e i giovani si erano dati appuntamento al bar Salvini, nella zona delle Piagge a Pisa, per iniziare le riprese. Tutti erano consapevoli che “girare la prima scena al bar Salvini era come annunciare alla città intera che Pisa, da quel giorno, poteva contare su una vera troupe cinematografica”60.

Alle undici tutto il gruppo era presente, la troupe al completo. Il primo ciak doveva essere bagnato da un giro di Cartizze, come voleva la tradizione. Queste erano le disposizioni del produttore, Carlo Alberto Bianchi.

Ad aspettare il resto del gruppo c’erano Andrea Duè con la macchina da presa, una Paillard 16 mm, l’operatore Sergio Martelli che fissava la cinepresa sul cavalletto, Massimo Bartolozzi che aveva costruito un ciak di legno incernierato, il regista Faliero Rosati, e Paolo Benvenuti come aiuto regista.

Maurizio Badiani, lo scenografo, sistemava un tavolino, davanti all’ingresso del bar, due seggiole, una linda tovaglietta e un bicchiere, mentre l’operatore portava la cinepresa con il cavalletto fuori dal bar, secondo le istruzioni del regista Rosati.

Tutti erano pronti, mancavano solo gli attori, Gigi Rinaldi e Donatella Pardini, che il produttore Bianchi nel frattempo era andato a prendere. Arrivati gli attori il gruppo iniziò a girare ma durante le riprese la pellicola finì. Faliero Rosati chiese come fosse possibile.

“Andarono a leggere sulla scatola della pellicola e videro che c’era scritto che 30 metri di invertibile in bianco e nero 16 mm durava 3 minuti a 18 fotogrammi al secondo, oppure 2 minuti e ½ a 24 fotogrammi al secondo. Presero la Paillard e l’aprirono alla luce per vedere com’erano venute le riprese: scoprirono che tutto era nero”61.

Purtroppo la macchina da presa doveva essere aperta in camera oscura perché la pellicola non prendesse luce e, sempre con grande precauzione, avvolta nella carta nera messa in una scatola di metallo, sigillata con il cerotto e infine mandata a Roma per lo sviluppo. L’inesperienza giocò loro un brutto tiro.

Avere aperto la cinepresa e vedere che non era venuto nulla rappresentò l’incontro “vero” con la realtà cinematografica.

Questi aneddoti dimostrano la totale ingenuità del gruppo ma, contemporaneamente, la passione dei giovani del Cinema Zero.

Dopo questo inizio poco produttivo, pensarono di rivolgersi a Mario Benvenuti per cercare di capire cosa fosse successo.

Mario li prese in giro per una settimana intera, ma da quel momento entrò a fare parte del gruppo ricoprendo il ruolo di tecnico e di insegnante.

Con la sua esperienza egli rappresentò un vero e proprio maestro: riuscì a costituire una troupe tecnica e gradualmente assunse più responsabilità divenne direttore della fotografia, montatore e fonico.

Nelle loro interviste i partecipanti al gruppo sono concordi nel riconoscere a Mario Benvenuti un ruolo decisivo per far decollare l’attività.

Mario - il grande Mario - ci avrebbe messo a disposizione il suo bagaglio tecnico di operatore. Già perché senza Mario dove saremmo andati? Mario Benvenuti ha avuto due innegabili meriti. Uno grande: costituire per intero la nostra troupe tecnica (era operatore di macchina, direttore della fotografia, montatore, fonico, attrezzista). E uno più grande: inculcare il seme del buon cinema nel figlio Paolo, che tanti film di qualità ci ha regalato nel corso degli anni con straordinaria e mai disattesa puntualità. […] In lui noi avevamo individuato la nostra troupe. Lui, in noi, ritrovava un pezzo di giovinezza. Il sodalizio poteva funzionare62.

Dopo l’ingresso stabile di Mario Benvenuti, il gruppo riuscì a girare il primo film dal titolo La Quinta Stagione, per la regia di Faliero Rosati, dove Paolo Benvenuti ricopriva il ruolo di aiuto regista.

Per comprare la pellicola il gruppo aveva fatto un debito incredibile con il fotografo Pacinotti e nessuno aveva i soldi per pagarlo.

Un giorno però ebbero un colpo di fortuna: uno di loro conosceva il professor Mangiavacchi, capo dei primi soccorsi dell’ospedale. Il professore, in accordo con la Pubblica assistenza, avrebbe dovuto preparare i volontari e gli infermieri che soccorrevano i feriti e spesso, non conoscendo il modo giusto di muovere un ferito, rischiavano di creare ulteriori traumi.

Il professor Mangiavacchi convocò i giovani del Cinema Zero e commissionò loro la realizzazione di un documentario didattico per gli infermieri delle ambulanze.

Il lavoro fu realizzato con il titolo Una Vita Chiama. Il professore fu soddisfatto e con il compenso ricevuto poterono pagare i debiti fatti per girare la

Quinta Stagione.

Poiché alla fine delle riprese della Quinta Stagione restavano inutilizzati dei pezzi di pellicola, Paolo pensò di realizzare il film con questi frammenti: fu l’inizio del Balla Balla.

In una parete vuota della stessa stanza dove stavano girando la Quinta Stagione Paolo Benvenuti appese un crocifisso e la fotografia dell’allora Presidente della Repubblica, Giuseppe Saragat, prestatagli dall’amico Antonio Mormile che l’aveva staccata dal muro della sede del Partito socialista.

Con una foto di Saragat, un crocifisso e una seggiola, nel 1968 Paolo Benvenuti realizzò il film Balla Balla.

L’operatore che aveva in mano la cinepresa accanto a Paolo era Mario Benvenuti.

I giovani del gruppo Cinema Zero erano molto ironici, da una parte perché Mario Benvenuti aveva trasmesso loro tutto il suo sarcasmo, dall’altra perché essi stessi avevano un carattere ironico. I più taglienti erano Massimo Bartolozzi e Maurizio Badiani, che prendevano in giro tutti e facevano continuamente degli scherzi.

A tal proposito Paolo Benvenuti ricorda alcuni aneddoti molto interessanti che descrivono bene l’atmosfera e lo spirito con cui venivano realizzati i documentari all’interno del gruppo del Cinema Zero.

Un giorno accadde che all’incrocio tra via N. Sauro e via Randaccio a Porta a Lucca, dove c’era la fermata dell’autobus della Linea 2, il gruppo era pronto per girare alcune scene di Una Vita Chiama. Per la location erano state prese due

Due uomini del gruppo venivano usati come comparse: erano completamente sporchi di sangue, uno era infilato sotto le ruote mentre Mario Benvenuti, intento a girare, raccomandava loro di gridare. Intanto la gente usciva fuori dalle case a vedere cosa stesse accadendo.

Mentre stavano girando la scena arrivò un autobus pieno di persone che, davanti a questo spettacolo, iniziarono a urlare. Il pullman inchiodò e i passeggeri scesero, mentre alcune donne prese dal panico si misero a strillare.

La scena si scompigliò e gli insanguinati si alzarono per cercare di spiegare che era tutta una finta. In mezzo a questa confusione una signora svenne.

Finite le riprese del documentario Una Vita Chiama, rimaneva il problema del doppiaggio, perché il film non era stato girato in presa diretta.

Il doppiaggio fu realizzato nel soggiorno di Mario Benvenuti dove una porta finestra dava sul terrazzo esterno. Da fuori Paolo e i suoi amici avrebbero dovuto emettere voci e grida come se giungessero dalla strada, ma il proiettore in sala faceva rumore per cui la registrazione riprendeva anche questo.

Per risolvere il problema, sistemarono la cinepresa fuori dal terrazzo: in questo modo proiettavano il film attraverso i vetri mentre dentro casa facevano i rumori e doppiavano i pezzi. Il salotto di Mario Benvenuti si trasformò così in una sala di doppiaggio.

Per fare il doppiaggio tutti i membri del Cinema Zero si ritrovavano a casa Benvenuti dopo cena. Il tempo passava e, a un certo punto, preso dalla stanchezza, Mario decise di andare a letto, ma il lavoro doveva proseguire perché era molto lungo. A breve abbandonò anche suo figlio e rimasero a continuare il lavoro

La mattina dopo Mario e il figlio trovarono un biglietto, dove c’era scritto che il lavoro era quasi finito.

Quella stessa mattina, però, il professor Mangiavacchi volle vedere il documentario e così Mario Benvenuti prese la pellicola, la mise in una scatola e se ne andò all’incontro con il professore, il capo del personale e tutte le autorità.

Inserito il film nel proiettore, sembrava che tutto andasse bene e che tutti fossero soddisfatti, quando dalla colonna sonora, al posto dei suoni che tutti si aspettavano, cominciarono a uscire battute in vernacolo livornese che commentavano la scena con colorita ironia.

Quando Mario Benvenuti si accorse di quello che stava succedendo spense il proiettore e, mortificato per l’accaduto, iniziò a scusarsi con i presenti. Dopo quella figura, Benvenuti tornò a casa molto arrabbiato e organizzò una riunione con il gruppo del Cinema Zero. I due responsabili del doppiaggio si giustificarono dicendo che non pensavano che quella stessa mattina il film sarebbe stato visionato.

Benvenuti era un professore affermato di una quarantina di anni che aveva a che fare con dei ventenni che resistevano e talvolta si opponevano “alla sua impostazione un po’ classica”63. Inoltre, per il ruolo professionale che ricopriva doveva tenere un certo tono davanti ai rappresentati delle istituzioni e quei giovani rischiavano di comprometterlo.

della cinepresa per cambiare obiettivo e passare al grandangolo, ma non riuscì a fare la completa rotazione; così mentre vedeva nel mirino un’inquadratura che gli pareva giusta, in realtà stava girando una scena con gli obiettivi mal disposti.

Quando il materiale girato tornò sviluppato da Milano e fu visionato, si accorsero che in un’inquadratura dove ci doveva essere la figura intera della protagonista, in realtà si vedeva una mezzaluna capovolta e dei piedi che camminavano64.

Paolo ricorda che a lui e ai suoi amici quell’inquadratura piacque molto perché era strana e alternativa. Mario invece si arrabbiò moltissimo con loro e ne vietò il montaggio.

Tuttavia Paolo e i suoi amici disubbidirono e la montarono. Mario ci rimase molto male tanto da disconoscere quella parte del lavoro.

Mario Benvenuti, infatti, proveniva dall’esperienza del Neorealismo e non poteva accettare questa concezione di cinema che sconvolgeva i parametri su cui egli aveva costruito la poetica e la tecnica di una vita.

Dal 1968 al 1971 il gruppo del Cinema Zero realizzò vari lavori tra i quali vanno ricordati Movimento Studentesco (1968) e Partecipare per decidere (1970), di cui Mario Benvenuti ha curato la regia.

Movimento Studentesco è un film che Mario Benvenuti girò durante le

manifestazioni studentesche pisane del 1968.

Nelle prime immagini riprende una manifestazione degli studenti che protestano contro il governo e il sistema universitario: una folla di ragazzi e ragazze suona e canta all’interno dell’atrio della Facoltà di Lettere in via Santa Maria. Seguono immagini di via Marzotto e degli stabilimenti industriali della Saint-Gobain.

La macchina da presa di Benvenuti si sofferma quindi su un cartello posto al centro di una strada:

Cartello di protesta

In seguito Benvenuti riprende un corteo di scioperanti in Borgo Largo che prosegue poi per le vie della città. Alla manifestazione partecipano gli operai della Saint-Gobain, quelli della Marzotto, i commercianti di Pisa, gli studenti universitari. Tutti insieme protestano contro il governo. I cittadini sfilano per le strade del centro, con grandi striscioni.

Due scioperanti

Attraverso altre inquadrature di manifesti affissi in città, Benvenuti ci svela che si tratta dello sciopero generale di 24 ore che si tenne a Pisa il 26 settembre del 1968.

Manifesto

Seguono le immagini della folla che assiste a un comizio politico e quelle di piazza dei Miracoli, dove Benvenuti riprende il dettaglio della torre pendente tappezzata da striscioni.

Gli scioperanti

Il sindacalista

Il documentario si conclude con le immagini delle assemblee studentesche tenutesi nel chiosco della Sapienza alla Facoltà di Giurisprudenza.

Per girare questo film Paolo Benvenuti e gli altri del Cinema Zero chiesero a Mario di fare le riprese durante le manifestazioni. Dovettero insistere molto perché a Mario non piaceva lavorare se non c’era un progetto preciso. Voleva sapere a cosa doveva servire il film, che cosa voleva raccontare e di conseguenza che cosa avrebbe egli dovuto riprendere, perché ogni film avrebbe dovuto narrare e fare capire il proprio messaggio. Ai giovani, invece, piaceva improvvisare, perché a loro interessava di più la novità e la creatività del messaggio.

Dopo molta insistenza Mario accettò e andò a fare le riprese scegliendo di propria iniziativa le inquadrature che gli sembravano più significative e, utilizzando la sua grande capacità di documentarista, riuscì a realizzare un racconto che comunicava benissimo la realtà del momento.

Partecipare per decidere è invece un documentario del 1970 che Benvenuti

realizzò con il gruppo Cinema Zero su commissione del Partito comunista della Provincia di Pisa.

Il documentario inizia sulle note della canzone Maremma Amara. Si vedono le immagini della campagna del lungomonte pisano riprese dalla macchina da presa posta all’interno di un autobus che riprende anche un uomo seduto. La voce over dell’uomo racconta che gli abitanti hanno abbandonato le campagne e sono andati a fare gli operai nelle fabbriche della città. Egli fa il pendolare perché con il suo salario basso non può permettersi di vivere in un centro urbano.

Al racconto si alternano immagini delle colline e delle case di campagna abbandonate.

A un certo punto un’altra voce over narrante spiega che questa situazione è la conseguenza di una mancata riforma agraria.

Sempre sulle note della canzone assistiamo all’arrivo dell’autobus davanti alla fabbrica “Piaggio” di Pontedera; gli operai scendono per andare a lavoro.

Segue l’immagine dell’azienda mentre la voce narrante racconta i problemi legati all’urbanizzazione: la carenza dell’edilizia popolare, gli affitti eccessivi, la mancanza di spazi verdi per i bambini, il problema del traffico automobilistico nelle cittadine, il problema dello smaltimento dei rifiuti, l’assistenza mutualistica insufficiente, l’inadeguatezza delle cliniche ospedaliere, la mancanza di asili nido e di scuole materne attrezzate. Tutto accompagnato dalle immagini.

La macchina da presa di Benvenuti passa quindi a documentare il lavoro nelle concerie a Santa Croce e l’inquinamento delle acque.

Seguono fotografie e articoli di giornali che descrivono gli effetti dell’alluvione del 1966 nella provincia di Pisa.

Operaio a lavoro in una conceria a Santa Croce

Nello stesso film si affrontano i problemi del paese di San Miniato che sta