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3. I MARXISTI, MARX E POLANY

3.2 I marxisti incontrano Polany

3.2.1 Maurice Godelier

Tra gli antropologi marxisti francesi, Godelier si distacca maggiormente dall’orientamento comune. Al contrario degli altri studiosi di questa area Godelier non si contrappone allo strutturalismo di Levi- Strauss, anzi tenta una possibile sintesi di questa corrente antropologica col marxismo, proponendo letture dei fenomeni economici originali e molto discusse.

Inoltre, Godelier è tra i marxisti uno degli studiosi maggiormente interessati all’opera polanyiana e alla riflessione intorno alla definizione di “economia”. Nel saggio Oggetto

e metodi dell’antropologia economica36

, interviene nel dibattito tra formalisti e sostantivisti, nel tentativo di superarlo attraverso una definizione materialista di “economia”. Secondo Godelier, l’interpretazione sostantivista dell’economia non è errata ma è incompleta, in quanto riduce l’attività economica alla sola produzione e distribuzione dei beni, escludendo completamente lo scambio dei servizi. Al contrario la definizione formalista è da rigettare in toto, poiché «non coglie l’economia in quanto tale e la dissolve in una teoria formale dell’azione finalizzata» (Godelier, in Tentori, 1974, p. 34). Se ogni azione finalizzata diventa economica, di fatto nessuna lo resta. Secondo Godelier, la soluzione a questa impasse sta nell’integrazione e nell’ampliamento della definizione sostanziale. Nel farlo, tuttavia, è necessario non cadere nello stesso errore del formalismo. Non è sufficiente comprendere i servizi nella definizione sostanziale, poiché non tutti i servizi né «tutti gli aspetti di un servizio» (ibid. p. 36) sono economici. Il discrimine tra ciò che è economico e ciò che non lo è, nell’ambito della prestazione di un servizio, sta nella sua gratuità o non gratuità. Questo

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58 non comporta necessariamente l’esistenza di un prezzo o l’impiego di denaro. Ciò che rende economica la resa di un servizio è che essa avvenga in cambio di altri beni o servizi. Fatta questa specificazione, «l’economia può essere definita (…) come produzione, distribuzione e consumo di beni e servizi» (ibid. p. 38). Secondo Godelier, è vero che nella società contemporanea l’economia è più complessa e in quanto tale appare funzionare in maniera più autonoma. Ed è da questo punto di vista che l’approccio dell’economista e quello dell’antropologo statunitense si differenziano, in quanto il primo tende ad enfatizzare tale autonomia e a considerare gli aspetti sociali come fenomeni esterni e non influenti sul dato economico.

Fatte queste premesse generali, è importante capire come Godelier si rapporta al pensiero polanyiano, quali sono i punti di vicinanza e di discordanza. Partendo da questi ultimi, è bene ricordare che Godelier contesta l’approccio proprio degli economisti sopracitato e si rifà a Dalton per quanto riguarda l’importanza dei fattori sociali nell’analisi dei dati economici. Tuttavia, questo non comporta una piena adesione al concetto di embedded e disembedded polanyiano. «Questa distinzione ci sembra equivoca- scrive Godelier - poiché al limite disembedded suggerisce un’assenza di rapporto interno tra l’economico e il non economico, mentre tale rapporto esiste in tutte le società» (ibid. p. 48). L’idea polanyiana di un’istituzione economica completamente separata dalle altre, secondo Godelier, deriva dall’influenza sull’autore ungherese del pensiero funzionalista ma soprattutto da una «visione romantica delle società precapitalistiche» (Godelier in Polanyi, 1978, Introduzione, p. XV). I limiti del pensiero polanyiano, riscontrati dall’antropologo francese, non si fermano a questo aspetto. Per Godelier l’aspetto più controverso della posizione di Polanyi si trova nella sua critica all’economia di mercato. Una critica che, nell’opinione dell’antropologo marxista, è troppo debole in quanto non respinge l’analisi economica convenzionale ma si limita a stabilirne dei confini istituzionali e storici, a ribadirne una validità circoscritta alle sole economie di mercato. Tale presa di posizione non è neanche nuova o originale, in quanto Marx nel 1857 in Per una critica dell’economia politica non solo aveva confutato la possibilità di estendere i principi dell’economia politica alle società precapitalistiche, ma aveva anche espresso la necessità che i concetti economici generali e apparentemente neutri, come quello di “lavoro”, venissero usati con attenzione in contesti precapitalistici. Tuttavia la critica di Marx non si limitava a questo, «ma

59 rifiutava anche all’economia politica, la capacità di spiegare la logica di fondo di questo modo di produzione capitalistico, la natura nascosta del suo principale movente, il profitto, e le condizioni sociali della sua accumulazione» (ibid. p. X).

In realtà, secondo Godelier, Polanyi arriva a criticare l’economia di mercato in quanto tale e non solo per quanto riguarda la sua estensibilità. Si tratta, però, di una critica non basata su una teorizzazione scientifica, ma di ordine “morale” e “politico”, frutto di un socialismo umanista che denuncia la subordinazione degli esseri umani alla sfera economica e che non considera il ruolo svolto della proprietà privata dei mezzi di produzione.

Secondo Godelier, dunque, Polanyi non riesce a sviluppare totalmente, a dare una forma compiuta alla sua critica all’economia di mercato. E questo avviene in primo luogo perché egli, da buon empirista, si limita ad effettuare delle osservazioni e a trarne conseguenze, senza mai indagare a fondo le cause dei fenomeni osservati. Polanyi non si chiede mai seriamente perché «l’economia occupa un determinato spazio nella società, funziona “inserita” o meno all’interno sia dei rapporti di parentela, sia dei rapporti politici o religiosi». (ibid. p. XX). Egli rileva una regolarità nell’affermarsi di una determinata forma di integrazione in un’epoca piuttosto che in un’altra o in corrispondenza di una determinata forma di organizzazione socioeconomica. Polanyi e i suoi collaboratori comprendono che questo dato non può essere un caso, però sembrano fermarsi a questa constatazione, senza riuscire a trarne delle conseguenze.

Secondo Godelier, per comprendere il perché dell’affermarsi di un data forma economica in un determinato luogo e contesto bisogna indagare la proprietà dei mezzi di produzione. Questo fatto sembra essere chiaro a Polanyi. A tale proposito, Godelier si differenzia da molti degli altri antropologi marxisti che sostenevano che Polanyi avesse «adottato le vedute classiche degli economisti borghesi, i quali concedono le priorità alle forme di circolazione sui rapporti di produzione» (ibid. p. XXXVII). Secondo Godelier non è così, perché Polanyi in più occasioni mostra di comprendere l’importanza del momento produttivo. Lo si evince dalla Grande trasformazione, nel momento in cui Polanyi riconosce la centralità assunta dalla trasformazione del lavoro e della terra, i principali mezzi di produzione, nell’avvento della società di mercato. Polanyi, quindi, non solo comprende l’importante distinzione nel processo economico tra la sfera produttiva e quella di circolazione dei beni, ma appare in linea con l’idea

60 marxiana a proposito del primato del processo produttivo, che determina quello distributivo. «Il carattere dominante di una forma di integrazione viene riconosciuto in base alla misura in cui essa comprende anche il lavoro e la terra della società» (Polanyi, 1978, p. 312). In queste brevi righe si può intravedere il legame, il debito di Polanyi nei confronti di Marx, ma contestualmente il rigetto da parte dello studioso ungherese di una delle principali tesi marxiane, la sua teoria del valore. «La convinzione che il carattere di un’economia sia deciso dal posto che in essa occupa il lavoro» (ibid. p. 313) è «insostenibile dal punto di vista storico. (…) Non meno importante dovrebbe essere considerata la forma in cui la terra viene integrata nell’economia» (ibid.).

Secondo Godelier, quindi, la vera critica marxista che deve essere fatta a Polanyi non riguarda il ruolo assegnato ai processi produttivi, bensì il suo rifiuto della teoria del valore marxiana. Così facendo, Polanyi si trova in una situazione di contraddizione e debolezza nella critica dell’economia di mercato.

Il disaccordo nei confronti della teoria del valore marxiana è ribadito anche da uno dei principali collaboratori di Polanyi, Henri W. Pearson nel suo saggio L’economia non ha

surplus: critica di una teoria dello sviluppo, contenuto37 nel volume Traffici e mercati

negli antichi imperi, di cui Pearson è curatore insieme a Polanyi e Arensberg. In questo scritto, Pearson si occupa di analizzare come il concetto di surplus, al pari di quello di scarsità analizzato precedentemente, sia stato assunto come una caratteristica naturale di ogni società. Pearson stigmatizza l’idea di un surplus assoluto, proprio a qualsiasi società e costituito dalla «quantità eccedente ciò che è biologicamente necessario e priva di una specifica destinazione sociale» (Pearson in Polanyi, 1978, p. 396) e si oppone all’approccio secondo il quale «si ritiene che una disponibilità più che sufficiente di mezzi porti allo sviluppo delle istituzioni economiche» (ibid. p.394). La tesi sostenuta da Pearson è invece quella per cui «la teoria del surplus è utile solo quando siano definite in termini istituzionali, le condizioni che danno vita a un determinato surplus» (ibid.). Secondo questa accezione, che tiene conto del fatto che «i bisogni di sussistenza sono definiti da condizioni sociali e non solo biologiche» (ibid. p. 396) si parla di surplus relativo. Secondo Pearson, nella società moderna si tende a fare confusione tra queste due accezioni di surplus, poiché vige un’economia di mercato e «il

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61 comportamento di mercato è necessariamente orientato alla creazione di surplus» (ibid. p. 394). Con l’avvento della società di mercato, inoltre, diventa possibile misurare i costi di produzione e poiché il capitalismo basa la propria esistenza sul mantenere uno scarto tra il prezzo di vendita e i costi, «può sembrare un fatto assolutamente naturale che il sistema di mercato dia vita a un surplus» (ibid. p. 404), ma non bisogna compiere l’errore di ritenere che le « caratteristiche istituzionali dell’economia di mercato siano una proprietà naturale della vita economica» (ibid. p. 394). Il disaccordo con Marx non riguarda questo aspetto, al contrario a Pearson «preme sottolineare che Marx chiarì fino in fondo che il surplus non è una conseguenza naturale del processo lavorativo stesso» (ibid. p. 409) e che proprio per questo si riferì al solo concetto di plusvalore, «le cui origini riconducevano alle caratteristiche istituzionali del solo capitalismo» (ibid.). Il punto che distanzia Pearson dalla teoria marxista, e che costituisce l’oggetto della critica di Godelier, riguarda il fatto che il concetto di surplus in Marx sia strettamente legato alla teoria del valore lavoro. Una teoria che per Pearson rappresenta un vero e proprio «dilemma logico (…) in una situazione in cui era chiaro che il prezzo era una grandezza composta da diversi fattori di produzione, e che quindi non poteva riflettere solo le qualità del lavoro» (ibid. p. 408). Un dilemma che secondo Pearson è risolto nella seconda metà del XIX secolo, quando la teoria economica riconosce che «il valore di una merce non è altro che ciò che essa può spuntare sul mercato» (ibid.). È in questo passaggio che secondo Godelier si riscontra il punto maggiormente critico dell’analisi polanyiana. Rinunciando agli strumenti forniti dall’analisi marxiana- afferma Godelier- la critica di Polanyi non può che essere morale e “ideale”, mentre dal punto di vista teorico, Polanyi finisce per cadere nello stesso campo degli economisti liberali, dovendo avvalersi della loro teoria del valore e dei prezzi.

Appaiono ormai chiari gli elementi della critica di Godelier a Polanyi. Questi appare, agli occhi dell’antropologo francese, «incapace di vedere e ancor più di spiegare l’esistenza e la molteplicità delle forme di sfruttamento dell’uomo da parte dell’uomo» (ibid. p. XL). Inoltre, il pensiero polanyiano appare incompleto, in quanto non spiega «lo “spazio” mutevole dell’economia, né il “ruolo” dell’economia nella società» (ibid. p. XLI). In altre parole, secondo Godelier, Polanyi non analizza sufficientemente il significato e la funzione dei rapporti sociali nella determinazione dei sistemi sociali e del loro mutamento. L’ipotesi avanzata da Godelier è che « i rapporti sociali svolgano

62 un ruolo dominante in una società solo a condizione che assumano la funzione di rapporti di produzione» (ibid. p. XLII) ovvero che consentano l’accesso e l’uso dei mezzi produttivi. La conseguenza di questa ipotesi è che i legami parentali, religiosi o politici «dominano l’organizzazione generale della società solo quando assumono la funzione di rapporti sociali di produzione» (ibid.). La religione di una città- tempio sumerica o i rapporti di parentela tra gli aborigeni australiani funzionano, secondo Godelier, come rapporti di produzione. È evidente a questo proposito l’allontanamento da una certa vulgata marxista e dalle interpretazioni date da altri antropologi di questa area. Ad esempio, Meillassoux, in maniera più classica, ritiene la sovrastruttura «determinata dalle necessità della produzione agricola» (Bazin e Selim, 200038)

Questa spiegazione si discosta dalla “volgarizzazione” del pensiero marxista sulla differenziazione tra struttura e sovrastruttura e si richiama al pensiero originario di Marx, che ha evidenziato una «gerarchia di distinzioni funzionali, senza pregiudizio alcuno per la natura delle strutture che ogni volta si addossano queste funzioni (parentela, politica, religione)» (Godelier, in Polanyi, 1978, Introduzione, p. XLIII). In questa esposizione, sono state messe in risalto le differenze tra il pensiero marxista di Godelier e quello di Polanyi. È tuttavia necessario rimarcare cha tali distinzioni, seppure importanti, si inseriscono in una cornice generale che, al contrario, accomuna Godelier e Polanyi. Si tratta dell’importanza conferita da entrambi alla natura embedded dell’economia nelle società primitive. In Godelier è infatti presente una «attenzione costante a mettere in evidenza l’inserimento dell’economia nelle istituzioni sociali» (Bazim e Selim, 200039).

Godelier, inoltre, è pronto a riconoscere a Polanyi il merito di aver tentato «di abbattere le paratie stagne dietro alle quali» (Godelier, in Polanyi, 1978, Introduzione, p. XLIII) i vari studiosi si nascondono depotenziando il proprio pensiero, al fine di procedere verso un approccio che unisca le varie discipline, dalla storia, all’economia, alla sociologia. Approccio necessario per comprendere il ruolo e il posto dell’economia nella società.

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Mia traduzione, paragrafo 13, Cfr. originale francese «De superstructure déterminée par les nécessités de la production agricole».

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Ibidem, « Le souci constant de Godelier de mettre en évidence l’enchâssement de l’économique – et donc des rapports de production – dans les institutions sociales».

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