3. I MARXISTI, MARX E POLANY
3.1 Polanyi incontra Mar
Sono tre i momenti principali, in cui l’intellettuale ungherese si confronta col pensiero marxista.
52 Il primo incontro avviene in gioventù e in questa occasione Polanyi rigetta il marxismo, considerato deterministico e «inconciliabile con la responsabilità ultima dell’uomo per le sue azioni» (Polanyi- Levitt K. e Mendell M. in Introduzione, Polanyi, 1987, p. XXXVIII). Al pari di altri intellettuali come lui provenienti dall’Europa centrale, al rifiuto del marxismo accompagna un’adesione a un approccio empirista positivista. È durante il periodo viennese che Polanyi inverte questa tendenza e comincia ad avvicinarsi al pensiero di Marx. Questo avviene in particolare nel 1922 quando Polanyi sfida Mises, sostenendo la fattibilità di una economia di tipo socialista, dotata di una propria contabilità. In questa sede, Polanyi non si limita a confutare le tesi di Mises, ma cerca di «costruire una teoria positiva dell’economia socialista, dove l’abolizione della proprietà privata e dell’antagonismo di classe avrebbero aperto la strada all’esercizio della responsabilità sociale da parte dei cittadini» (ibid. p. XXXIV). Trapela anche da queste poche righe l’orientamento polanyiano verso un socialismo non centralizzato, in cui l’uomo è il primo responsabile di se stesso e della società in cui vive. Un orientamento senz’altro influenzato dal socialismo gildista, ma che mostra anche la completa continuità di Polanyi con la tradizione rivoluzionaria borghese, in primo luogo con quella della Rivoluzione francese, che pone al centro dell’agire storico e politico l’individuo. L’individualismo al quale si oppone Polanyi non è, dunque, quello emerso dalle rivoluzioni liberali di fine ‘700, in cui l’uomo è teoricamente dotato di una pienezza di diritti e libertà, bensì quello in cui «l’uomo è un atomo economizzante» (Pearson in Polanyi, 1978, p. 394), sradicato dalla propria dimensione sociale; condizione tipica della società di mercato.
In questa teorizzazione di una società socialista possibile, Polanyi torna in maniera positiva e feconda a Marx, allo studio dei primi capitoli del Capitale e in particolare alla teoria del feticismo delle merci.
Il terzo e decisivo incontro di Polanyi con Marx si ha durante il periodo inglese, in seguito alla pubblicazione nel 1932 in Svizzera degli scritti giovanili del filosofo tedesco, i Manoscritti economico- filosofici del 1844, fino a quel momento inediti. In questi lavori giovanili «Marx elaborava proprio quegli aspetti del feticismo della merce, della reificazione e dell’alienazione che Polanyi aveva da tempo considerato centrali» (ibid. p. XXXIX) e che avrebbero influenzato in maniera significativa la stesura de La grande trasformazione.
53 Negli anni ’30, dunque, grazie alla pubblicazione dei Manoscritti e al pregresso studio del Capitale, Polanyi può operare una propria sintesi e una propria concezione del pensiero marxista. Può effettuare una distinzione tra le parti del pensiero del filosofo tedesco da valorizzare e fare proprie e quelle che ritiene meno condivisibili.
Come è stato già rimarcato, Polanyi è particolarmente influenzato dalla teorizzazione marxiana del carattere feticistico delle merci secondo cui nella società di mercato i rapporti sociali tra gli individui non si presentano più in quanto tali, ma sono come nascosti e incorporati nel prodotto del lavoro umano, le merci. Secondo Cangiani, tale teorizzazione utilizza un approccio marcatamente istituzionalista, che la rende particolarmente congeniale allo studioso ungherese.
In particolar modo, secondo Cangiani, «il concetto marxiano di organizzazione sociale dell’economia può essere considerato l’origine del metodo istituzionale». Nell’analizzare il mondo delle merci e nell’individuazione del carattere feticistico dei beni di consumo, Marx dimostra la natura sociale del valore della merce. Il filosofo tedesco mostra «una società in cui il rapporto reciproco degli uomini come possessori di merci è il rapporto sociale dominante» (Cangiani in Laville e La Rosa, 2008, p. 140). Quello che ha valore istituzionale nella società di mercato è il “lavoro astratto”, definito solo quantitativamente. Il lavoro umano in quanto tale esisteva anche nelle società pre capitaliste ma la differenza sostanziale è che esso non era il mezzo tramite il quale l’individuo era integrato nella società. Nelle società non di mercato il lavoro era determinato «in modo concreto, all’interno delle diverse culture le quali stabilivano che cosa, come e da parte di chi si doveva produrre. Questa distinzione tra la società capitalistica e tutte le precedenti, in base al fatto che nella prima, al contrario che nelle altre, il lavoro conta come lavoro astratto che produce “valore” quantitativamente misurato, è fondamentale per l’analisi istituzionale» (ibid.). Tale chiarimento consente, inoltre, di comprendere pienamente la distinzione polanyiana tra economie embedded e disembedded.
È importante ricordare che l’avversione di Polanyi per il capitalismo «che condivideva con Marx, non fosse dovuta in primo luogo al fatto che gli operai fossero sfruttati, ma alla loro disumanizzazione e degradazione» (Polanyi- Levitt K. e Mendell M. in
Introduzione, Polanyi, 1987, p. XXXIX). I concetti della feticizzazione e della
54 processi di sradicamento sociale e di spersonalizzazione dei rapporti umani, propri della società di mercato.
L’impatto dei Manoscritti sul pensiero polanyiano è ampiamente rintracciabile in La grande trasformazione la cui redazione, come è stato più volte sottolineato, trae spunto e in parte avviene proprio durante il periodo inglese. Tuttavia, per avere un’idea più immediata e meno filtrata della ricezione del marxismo da parte di Polanyi, è di estrema utilità la lettura di due manoscritti inediti di Polanyi, redatti in Inghilterra tra il 1933 e il 194634; si tratta di Comunità e società. La critica cristiana del nostro ordine sociale e Il Cristianesimo e la vita economica. Entrambi i saggi sono stati senz’altro influenzati e stimolati dai dibattiti interni alla sinistra cristiana inglese, che nel 1936 si era riunita nell’associazione “Auxiliary Christian Left”. In effetti, questi scritti traggono spunto proprio dalla riflessione polanyiana a proposito della compatibilità e dei punti di contatto tra il marxismo e il cristianesimo.
In Il Cristianesimo e la vita economica e Comunità e società. La critica cristiana del
nostro ordine sociale35, Polanyi sintetizza, rielabora ed esprime la propria adesione ad
alcuni concetti marxiani, contenuti nei Manoscritti.
La teoria del feticismo delle merci, secondo Polanyi, spiega meglio di qualsiasi altro concetto marxiano il motivo della mancata realizzazione dell’uomo nella società contemporanea. I rapporti umani non possono essere diretti e personali, ma sono mediati dalle merci; sono frustrati dalla detenzione privata dei mezzi di produzione, dal fatto che la vita economica sia «separata dal resto della vita» (Polanyi, Il Cristianesimo e la vita economica, traduzione di Michele Cangiani, p. 4).
Si può notare già da queste poche righe il riecheggiare dei temi portanti del pensiero polanyiano, come il concetto di economia embedded o disembedded. Ma il legame tra Polanyi e Marx va ben oltre. I due autori sono, infatti, accomunati da un approccio generale di portata ben più vasta ovvero dalla concezione dell’economia capitalistica o
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In questo lavoro ho utilizzato sia gli estratti in lingua inglese a cura di Marguerite Mendell, pubblicati nel volume Un siècle de marxisme, sia i manoscritti originali di Polanyi, tradotti in italiano dal professor Michele Cangiani. Tali scritti, dal titolo Il Cristianesimo e la vita economica e Comunità e società. La
critica cristiana del nostro ordine sociale sono stati gentilmente messi a mia disposizione dal professor
Cangiani e sociale faranno parte del volume Una società umana, un’umanità sociale, a cura di Michele Cangiani e di Claus Thomasberger, edito da Jaka Book, la cui pubblicazione è prevista nel 2014. I due manoscritti secondo Cangiani sono databili intorno al 1937.
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55 della società di mercato, che dir si voglia, come un fenomeno determinato storicamente. Per questo, Polanyi rimarca fortemente l’idea marxiana per cui il processo economico è dotato di un duplice carattere, il rapporto tra l’uomo e la natura e il rapporto tra l’uomo e l’uomo. Nel primo caso, i fenomeni produttivi che si determinano in questo rapporto sono puramente “economici”, sono cioè originari, naturali e atemporali. Si tratta, ad esempio, del lavoro umano, delle materie prime e così via ovvero di «fenomeni economici esistenti in tutti i tempi e in tutti i luoghi» (ibid. p. 5). Essi si contrappongono ai «fenomeni storicamente contingenti, che sono espressione di determinati rapporti tra uomini» (ibid.). In questo secondo gruppo si trovano, ad esempio, la domanda e l’offerta, il salario. Da questa distinzione deriva anche la duplice valenza del “capitale”, esso è un dato naturale e atemporale se considerato come l’insieme di beni capitali ovvero di strumenti e materie prime che nel processo produttivo sono combinate con il lavoro umano. Con l’avvento della società di mercato, tuttavia, il capitale diventa Capitale ed è considerato comunemente come il «fattore produttivo essenziale» (ibid. p. 7). Polanyi sottolinea la tesi di Marx per cui il Capitale non è un fattore primario di produzione in ogni luogo e tempo, ma lo è a causa di una determinata «organizzazione sociale della vita economica». Il ruolo del tutto particolare assunto dal Capitale nel nostro ordinamento economico è dovuto all’avvento delle macchine e alla proprietà privata di queste ultime. L’avvento delle macchine sarà individuato anche da Polanyi come una delle cause della trasformazione di lavoro, terra e moneta in merci fittizie. Nelle poche pagine di questo manoscritto inedito di Polanyi, sembra essersi cristallizzato l’inizio del percorso mentale e intellettuale che portò lo studioso ungherese alla redazione del capitolo sulle merci fittizie e di altri passaggi nodali de La grande trasformazione.
Sebbene in questi scritti degli anni ’30 Polanyi appaia maggiormente vicino alle tesi marxiane rispetto a quanto avverrà nelle opere della maturità, questo non comporta un appiattimento dello studioso ungherese sulle posizioni marxiste, né la ricezione dell’intero pensiero marxiano. Nella lettura dei Manoscritti non mancano, infatti, i punti di allontanamento dal pensiero marxiano. Polanyi attribuisce un ruolo meno importante a due temi estremamente centrali in Marx, la teoria dello sfruttamento e il ruolo delle classi sociali nel processo di cambiamento storico. Rispetto a quest’ultimo tema, in Comunità e società si ritrova l’idea che sarà poi approfondita ne La grande
56 trasformazione, per cui «non la classe, ma l’interesse complessivo costituisce la dinamica fondamentale della storia». (Polanyi, Comunità e società. La critica cristiana del nostro ordine sociale, traduzione Michele Cangiani, p. 7).
In generale, è importante osservare che nei manoscritti inediti di Polanyi degli anni ’30 compare una rilettura originale e a tutti gli effetti “polanyiana” dei principali concetti del filosofo tedesco. Come già accennato, Polanyi interpreta la teoria del feticismo delle merci come la dimostrazione della natura “unica” del capitalismo liberale, un tipo di organizzazione economica che provoca l’alienazione dell’uomo e «perversioni grottesche del senso comune» (ibid. p. 2-3), come la mercificazione del lavoro.
«Il mercato- secondo Polanyi - agisce come un confine invisibile che isola ogni individuo nelle sue attività quotidiane come produttore e consumatore» (ibid. p. 3).