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Mausoleo F (dei Caetennii e dei Tullii) A Le iscrizion

B. Considerazioni stilistiche e confronti iconografic

13. Mausoleo F (dei Caetennii e dei Tullii) A Le iscrizion

Il mausoleo F è il primo edificio rinvenuto durante gli scavi della necropoli il 18 gennaio 1941 ed è il più ricco di iscrizioni183: molte ancora in situ riguardano i Caetennii, membri di

una famiglia ovviamente benestante e acculturata della classe dei liberti, e i loro liberti, sepolti con loro, secondo la consuetudine romana.

Al centro, davanti all‟ingresso si trova una base di marmo a forma di altare, con volute di acanto e mezze palmette sul frontone arrotondato e un bordo floreale corrente che incornicia una dedica in belle e chiare lettere della metà del II secolo (Tav 26): M(arco) Caetennio Antigono et Tulliae Secundae coniugi eius.

La moglie di Caetennius Antigonus, Tullia Secunda, è la figlia di Lucius Tullius Zethus, proprietario del mausoleo C.

Una piccola urna cineraria di marmo rettangolare con frontone appuntito, ora collocata in una nicchia del muro ovest, presenta un pannello inscritto al centro di una ghirlanda d‟alloro appesa alle corna di due teste di ariete (Tav 26). Sotto al pannello una coppia di uccelli sta mangiando, mentre due maschere tragiche occupano gli angoli bassi. L‟iscrizione, in lettere regolari molto piccole, è la seguente: D(is) M(anibus) M(arco) Caetennio Tertio fecit M(arcus) Caetennius Chilo coliberto santissimo [sic] .

Le ceneri di altri liberti della gens Caetennia sono racchiuse in urne marmoree decorate con festoni vegetali, maschere, protomi di ariete e uccelli.

Per tutti i Caetennii184 che compaiono nella tomba F è stato seguito il rito

dell‟incenerazione, ma questa tomba presenta, nella porzione più bassa del muro di fondo e dei muri laterali, sepolture a inumazione che devono essere appartenute a un‟altra famiglia. Dal numero delle nicchie per le olle cinerarie e dei vani per le tombe a inumazione si può calcolare che il monumento funerario fu progettato per accogliere almeno centoventi sepolture.

183 Per tutte quelle citate ved.: Toynbee J., J. B. Ward-Perkins, 1956, pp. 44, 46.

184 Su un‟altra urna cineraria rettangolare in una nicchia del muro est si legge: D(is) M(anibus) M(arci)

Caetenni Ganymedis vixit ann(is) XXXVII M(arcus) Caetennius secundus coliberto suo. Su un‟altra urna simile, ora collocata in una nicchia del muro nord, su un pannello fiancheggiato da due amorini gravati dal peso di un grande ghirlanda di frutti, c‟è scritto: D(is) M(anibus) M(arco) Caetennio Chryseroti M(arcus) Caetenius Antigonus iunio patrono benemerenti fecit. Possiamo unire a questi anche i nomi di Caetennia Hygia e Caetennius Hymnus che figurano nell‟iscrizione dedicatoria della II tomba dei Caetenni (L); Id., 1956, p. 46.

Su una lastra verticale di marmo collocata di fronte a un sarcofago di terracotta sulla terminazione ovest del muro nord c‟è questa iscrizione: D(is) M(anibus) M(arcus) Aur(elius) Hieon Euokatus M(arco) Aur(elio) Hieroni fil(io) dolcissimo benemerenti feci qui vixit an(nis) VI mens(ibus) duo dieb(us) XXVI.

Al centro del muro nord c‟è un‟epigrafe simile, collocata in modo simile. La lastra185 marmorea è attraversata verticalmente da due fratture che la dividono in tre frammenti contigui; nel frammento di destra è presente una lacuna angolare superiore sinistra, mentre nella parte superiore della lastra, al centro, il marmo presenta due scheggiature recenti.

La lastra, inizialmente concepita da L. Tullius Hermadion per l‟iscrizione sepolcrale dell‟omonimo figlio, è stata poi utilizzata anche per l‟incisione dell‟epitaffio di un certo Siricius. La tavola ansata che accoglie l‟iscrizione di quest‟ultimo è andata a sovrapporsi nella sua parte sinistra alle ultime lettere della seconda e della terza riga dell‟epitaffio del giovane Tullio Hermadione.

La lastra è conservata in situ e le due epigrafe sono le seguenti:

D(is) M(anibus). / L. Tullius Heramdion / L. Tullio Hermadioni filio / dulcissimo fecit, qui vixit / annis XVIII, m(ensibus) V, diebus V.

Siricius / anorum (!) XXXV, / mesorum (!) V. / Uxor fecit virgi=nio suo, cum que(m) / bene vicxit (!) a(nnos) VIII.

Il monumentum F nella sua sistemazione iniziale presenta soprattutto sepolture a incinerazione, anche se non mancano arcosolii nelle zone basse delle pareti. Proprio agli arcosolii del muro nord, forse per guadagnare un po‟ di spazio, nel III secolo, è stata addossata un‟ingombrante sepoltura chiusa nella sua parte frontale dalla lastra marmorea in questione. In essa è presente l‟iscrizione dedicata a L. Tullus Hermadion. Il padre, che portava lo stesso nome, curò la sepoltura del figlio dolcissimo, morto all‟età di 19 anni. Padre e figlio portano un cognomen di origine greca piuttosto comune: Hermadion è un diminutivo vezzeggiativo di Hermes.

185 Nella parte superiore sono rimasti i buchi che servivano per il fissaggio del marmo alla muratura della sepoltura; le grappe di ferro non sono state trovate, forse perché furono tolte quando venne inserita la sepoltura di Siricius. L‟iscrizione di quest‟ultimo è stata eseguita all‟interno di una tavola ansata lasciata aperta nel lato alto e posizionata nella zona superiore destra della lastra; Ferrua A., art. cit., in Scritti vari, Bari, 1991, pp. 129-130; Papi C., art. cit., RendPontAcc, LXXX, 2000-20001, nota 38.

In un secondo momento la lastra è stata riutilizzata come supporto per una seconda epigrafe186: nella zona superiore destra è stata incisa una tavola ansata, all‟interno della quale è stato inserito l‟epitaffio di un certo Siricius, morto a 25 anni. Ne cura la sepoltura la moglie dopo nove anni di felice matrimonio, la quale chiama il defunto virginio suo: questo termine, usato nell‟epigrafia funeraria dai pagani e dagli ebrei, incontra un uso molto frequente presso i cristiani, alludendo alla verginità prematrimoniale e alla castità durante il matrimonio187. La documentazione epigrafica188 indica, però, che, in alcuni casi,

il termine virginus/a è sinonimo di coniunx. Nell‟iscrizione di Siricius, data la presenza del possessivo suus, che normalmente non viene espresso, forse si voleva sottolineare il forte legame affettivo da parte della moglie.

L‟iscrizione presenta caratteri poco curati e grossolani ed è espressa in un latino ricco di errori grammaticali. Anche se lo stile e, soprattutto, la vicinanza alla sepoltura pavimentale di Aemilia Gorgonia, giovane donna sicuramente cristiana, potrebbero far pensare che anche Siricius lo fosse, nell‟epigrafe non sono presenti caratteri tali da confermarcelo con sicurezza189.

La datazione dell‟iscrizione del giovane Tullius Hermadion è la stessa dell‟iscrizione che il padre pose sul proprio cinerario quando ancora era in vita. Entrambe non sono anteriori all‟inizio del III secolo d. C., quindi l‟epigrafe di Hermadion si può collocare nella prima metà del III secolo, mentre quella di Siricius deve essera compresa fra la metà del III e gli inizi del IV.

Nella nicchia con profilo curvo appena sotto questa seconda lastra c‟è un‟urna cineraria con questa iscrizione in una tabula ansata sostenuta da una coppia di amorini: D(is) M(anibus) L(ucius) Tullius Hermadion fecit sibi vibus.

Hermadion si fece cremare, mentre suo figlio è inumato, secondo l‟uso che si stava affermando.

Forse i Tullii acquistarono le sepolture di destra della tomba F grazie alla loro parentela con Tullia Seconda, che aveva sposato Marco Caetennio Antigono. Essi potevano anche essere collegati ai Tullii, proprietari della tomba C, i cui nomi L(ucius) Tullius e Tullia

186 Toynbee J., J. B. Ward-Perkins, 1956, pp. 46-47.

187 Testini P.: “Aspetti di vita matrimoniale in antiche iscrizioni funerarie cristiane,” in Lateranum, XLII, 1976, p. 152; Di Stefano Manzella I., Le iscrizioni dei cristiani in Vaticano, Città del Vaticano, 1997, pp. 264-265. 188 CIL VI 2604, 2736, 9655, 14960, 19253, 31955, 37207, 41401; AE 1912, 89; 1940, 90; 1974, 71, 122; 1976, 58; 1980, 121; 1986, 38.

189 Ferrua e Castagnoli affermano il contrario; Ferrua A., art. cit., in Scritti vari, Bari, 1991, p. 129, nota, 2; Castagnoli F., 1992, p. 94.

Athenais e i loro figli Tullia Secunda e Tullius Athenaeus sono ricordati da un‟iscrizione dedicatoria in marmo sopra la porta190.

Tra le altre epigrafi che possiamo citare, sotto l‟arcosolio settentrionale della parete destra fu sepolto il cinquantaquattrenne Aurelius Nemesius, che ottenne importanti riconoscimenti nell‟arte della musica e fu maestro del coro che accompagnava le danze acrobatiche e i pantomimi.

Su una lastra marmorea che chiude una tomba a fossa sul pavimento dell‟edificio si legge l‟epitaffio cristiano di Aemilia Gorgonia, ricordato poco sopra. La lastra è attraversata da diverse fratture e incrinature e non mancano scheggiature anche recenti nella parte centrale. I vari pezzi sono contigui e il testo è leggibile nella sua interezza. Un graffito sulla parte sinistra della lapide, sotto l‟iscrizione, rappresenta la defunta nell‟atto di attingere con una brocca acqua da un pozzo o a una fontana rettangolare. Ai lati dell‟epigrafe sono incise due colombe che tengono con le zampine due ramoscelli di ulivo. Nella superficie marmorea sono anche presenti quattro buchi, simmetrici a coppie nelle zone laterali, con dentro una colata di ferro per il bloccaggio della lastra.

Il reperto è conservato in situ e reca il seguente epitaffio:Anima dulcis / Gorgonia. / Mire ispecie et castitati / eius, Aemili(a)e Gorgoniae, qu(a)e / vixit ann(is) XXVIII, mens(ibus) II, d(iebus) XXVIII. / Dormit in pace. / Coniugi dulcissim(a)e / fecit.

Di tale testo sono state date diverse letture, ma una recente revisione191 della

documentazione epigrafica della necropoli vaticana privilegia quella data da Ferrua, perché è confermata da chiari segni divisori di parola, che isolano sicuramente il sostantivo species, qui preceduto da una i protetica192.

In ogni caso il senso dell‟iscrizione rimane invariato: il marito elogia la mirabile bellezza e castità della moglie morta a soli 28 anni e, secondo la fede cristiana, le augura di dormire in pace.

190 Toynbee J., J. B. Ward-Perkins, 1956, nota 22.

191Papi C., art. cit., in RendPontAcc, LXXX, 2000-2001, p. 257

192 La i non etimologica può svilupparsi in sede iniziale di parola davanti a gruppi consonantici quali sp-, st-. Sempre nella necropoli vaticana, tale formazione si riscontra in un‟iscrizione conservata nella tomba H e pubblicata per la prima volta da Eck: Flavius Istalius (!) Olympius ((chrismon)), / qui vixit annos XXXV et mensis / decem, dies XVII, fratri bene/merenti fecit. Cum omnes (!) iocatus est, numquam rixatus / est; Eck W., art. cit., in Zeitschrift für Papyrologie und Epigraphik, 1986, pp. 276-278, tav. XXII, 28. Altre testimonianze sono verificabili a Roma: Ispes (AE 1973, 20; 1986, 42); Ispiritus (AE 1989, 102); Isplendidus

(CIL VI 31850); Istatilius/a (CIL VI 26778); Istafilus (AE 1985, 96); Istefanus (CIL VI 22026, 25551, 26942, 26943); Istelicone (AE 1985, 57); Istercoria/us (CIL VI 3549, 17455, 33011); Istimennius (AE 1927, 145; 1941, 71); Istratonicus (CIL VI 21069); ved.: Papi C., art. cit., in RendPontAcc, LXXX, 2000-2001, nota 53.

Data la sistemazione della lastra all‟interno del mausoleo F, l‟epigrafe è sicuramente successiva a quella di L. Tullius Hermadion figlio e, quindi, da collocare fra la seconda metà del III secolo e gli inizi del IV.

Un sarcofago databile alla fine del III secolo, è oggi addossato a un muro costruito in epoca costantiniana tra i sepolcri F e G. Fu rinvenuto leggermente adagiato su un fianco sulla destra del mausoleo dei Caetennii, a una quota più alta rispetto al piano di calpestio della necropoli.

L‟alzata del coperchio mostra, ai lati dell‟iscrizione centrale, la tipica processione di mostri marini che prosegue sulla fronte della cassa marmorea con riquadri strigilati. All‟estremità destra è rappresentato un uomo con tunica e pallio e un rotolo nella mano sinistra, sul lato opposto è visibile una donna con una veste e in un atteggiamento simili. Il sarcofago appartenne a Ostoria Chelidòn, ricordata nell‟iscrizione come una “donna esemplare di incomparabile castità e amore verso il marito”. Ostoria, il cui cognomen si ispira al termine greco che significa „rondine‟, era figlia di un console designato e moglie di un funzionario della segreteria imperiale193. Coloro che per primi aprirono il sarcofago riferirono che il

corpo era ancora imbalsamato sopra un finissimo strato di calce, insieme ai resti di una preziosa veste di porpora ornata con sottili fili d‟oro. La giovane donna di rango senatorio portava con sé un bracciale d‟oro del peso di settantacinque grammi con una decorazione di tipo orientale.

Per quel che riguarda la decorazione del sarcofago, in generale le scene con esseri marini alludono alla serenità anche coniugale in un mondo lieto e senza tempo. In questo caso Ostoria e il marito sono entrambi raffigurati alle estremità del tiaso marino, quindi il committente intendeva tenere vivo il ricordo della felicità di una vita trascorsa insieme alla donna amata, forse anche con un‟intenzione benaugurale per la vita nell‟Aldilà che la defunta si apprestava a cominciare, con l‟auspicio che essa fosse ricca di felicità e serenità tanto quanto quella trascorsa in questo mondo. Se poi, come in questo caso, il defunto è una donna, la sua bellezza è paragonata a quella delle Nereidi194, quindi la scelta

iconografica delle divinità marine può anche avere una connotazione elogiativa delle qualità di Ostoria. Infine appare significativo notare, la consonanza tra l‟iconografia di questo sarcofago e alcuni dei soggetti che decorano il mausoleo: il fregio in stucco

193 Questo denota la crescita di rango della deposizione più tarda rinvenuta all‟interno del mausoleo F. 194 Zanker P. – B. C. Ewald, 2008, pp. 117-128.

raffigurante tritoni e Nereidi che occupava i campi mediani di tutte le pareti e il trionfo di Venere tra due tritoni dipinto sulla calotta dell‟abisde, di cui si tratterà più diffusamente in seguito.

Alla fine del III secolo si data anche il vicino sarcofago di marmo proveniente dal mausoleo C. Il coperchio a doppio spiovente è privo di ornamenti, mentre sulla fronte della cassa, tra due riquadri strigilati, è rappresentato il busto della donna all‟interno di un clipeo, sotto il quale si svolge un combattimento di galli. Su ciascuno degli spazi posti alle due estremità è raffigurato un pastore all‟ombra di un albero.