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Situazione archeologica attuale e modifiche avvenute nel campo P nel corso tempo

Il campo P387 è un‟area scoperta di circa 7,50 x 4 m, stretta tra altri edifici a carattere

monumentale, che doveva avere il suo ingresso sul lato settentrionale (Tav 71a). Un muro eretto a ovest del campo lo separa dall‟adiacente recinto Q e dal suo vialetto di accesso proveniente da sud. Questo muro, definito “muro rosso” dal colore dell‟intonaco che lo rivestiva, presentava in posizione centrale una semplice edicola388 con due colonnine (Tav 71b). Tutto il complesso, composto da vialetto, muro rosso ed edicola (forse originariamente coperta da un tetto), appartiene a un‟unica fase edilizia che può essere datata grazie alla presenza di mattoni che presentano bolli389 collocabili tra 146 e 161 d. C.

e coprono una conduttura fognaria sotto il vialetto (Tav 72a).

Quest‟area presenta una situazione archeologica molto complessa, a causa di numerosissimi interventi tardoantichi e altomedievali che vi si sono sovrapposti (Tav 72b): i limiti dell‟angolo nord-est non si sono conservati a causa dei lavori per la Confessione390 e poi per la fondazione della colonna nord-orientale del baldacchino di Bernini.

Attorno all‟edicola vennero rinvenute delle sepolture, contrassegnate dagli archeologi con le lettere minuscole dell‟alfabeto greco (Tav 71a); alcune di queste tombe, ad esempio la γ e la θ (di cui si è già parlato), risultano anteriori alla costruzione del recinto che delimita il campo P (Tavv 21 e 72b). La tomba γ è una struttura in muratura di forma quadrangolare rivestita da grandi mattoni quadrati, che proteggeva al suo interno un tubulo fittile utilizzato per le libagioni. Questo condotto raggiungeva un piccolo sarcofago di terracotta

387 Liverani P., art. cit., in La Basilica di San Pietro, a cura di C. Pietrangeli, Roma, 1989, pp. 23-24; P. Silvan, art. cit., in San Pietro. Arte e Storia della Basilica Vaticana, a cura di G. Rocchi Coopman De Yoldi, Bergamo, 1996, pp. 19-25; M. L. Gualandi, art. cit., in La basilica di San Pietro in Vaticano. Mirabiliae Italiane, a cura di Antonio Pinelli, Roma, 2000, vol. 1, pp. 395-396; P. Liverani, art. cit., in Petros eni – Pietro è qui, Catalogo della mostra, Città del Vaticano, Braccio Nuovo di Carlo Magno, 11 Ottobre 2006 - 8 Marzo 2007, Roma, 2006, pp. 178-181. Di tutti questi articoli ved. anche la bibliografia in essi citata.

388 Gallina sottolinea che tale struttura deve essere senza alcun dubbio considerata come un‟edicola funeraria, anche perché numerosi esemplari simili sono stati trovati nei sepolcri della Via Ostiense e dell‟Isola Sacra; Gallina G., La scoperta della tomba di San Pietro in Vaticano, Cremona, 1992, p. 13.

389 CIL XV 401.

390 Si racconta che nel 1594, durante i lavori alla zona della Confessione, si era aperta una fessura nel pavimento della basilica. L‟architetto Giacomo della Porta, che allora dirigeva il cantiere, fece chiamare subito Clemente VIII, perché il pontefice aveva precedentemente espresso il desiderio di conoscere cosa fosse custodito sotto l‟altare papale. Ma appena si avvicinò all‟apertura, invece di illuminarla e guardarvi all‟interno, fu preso da un attacco di panico e ordinò agli operai di murare tutto.

con un bollo391 databile tra il 115 e il 123 d. C. Una tegola collocata orizzontalmente alla

base di questa costruzione segna la quota del campo P all‟inizio del II secolo d. C.

La sepoltura β è forse precedente alla costruzione della basilica, mentre risalgono probabilmente all‟età costantiniana le tombe α, δ, ε e μ.

L‟edicola è formata da due nicchie sovrapposte ricavate nel muro rosso e divise orizzontalmente da un lastrone di travertino sostenuto anteriormente da due colonnine di marmo bianco. La nicchia inferiore (N 2)392 corrisponde esattamente alla nicchia dei

Palli393, che si può osservare nella Confessione della Basilica ed è rivestita da un mosaico

di origine altomedievale. Al di sopra della nicchia superiore (N 3), invece, la muratura antica è rasata, ma probabilmente in origine c‟era un coronamento.

Confrontando questa situazione con le fonti letterarie e con la posizione sotto l‟altare principale della basilica, è stato possibile identificare l‟edicola con il “trofeo di Gaio”.

Nessun documento394 anteriore al IV secolo ci indica l‟esatta ubicazione della tomba di

Pietro, pur recando testimonianze sicure riguardo al suo martirio a Roma. Una fonte, risalente alla fine del II secolo, fa eccezione: si tratta di una preziosa notizia lasciataci da un erudito cristiano di nome Gaio, giunta fino a noi in una citazione di Eusebio di Cesarea395. Verso il 200 d. C. Gaio polemizzava con un eretico montanista di nome Proclo,

contrapponendo alla tomba dell‟apostolo Filippo di Ierapoli in Frigia, vanto del suo

391 I bolli laterizi ritrovati nella necropoli vaticana hanno permesso di datare alcuni mausolei, le sepolture γ e θ e di risalire all‟epoca di costruzione del muro rosso e dell‟edicola eretta sopra la tomba di Pietro. Tra i bolli rinvenuti possiamo ricordare: CIL XV 293 (dal mausoleo G, età adrianea); CIL XV 1065 (dal mausoleo L, anno 142); CIL XV 123 (dal mausoleo O, età adrianea); CIL XV 1120a (dalla tomba γ, anni 115-123); CIL XV 1273a (dalla tomba θ, età di Vespasiano circa); CIL XV 401 (dalle tubature sotto il muro rosso, anni 146- 161); CIL XV 426 (da una tomba di R¹, tra Marco Aurelio e i Severi); CIL XV 1220 (da una tomba di R¹, Marco Aurelio); Zander P., 2007, p. 117.

392 Questa nicchia misurava m 1,40 di altezza e m 0,72 di larghezza.

393 Così chiamata perché in essa si custodiscono i palli, stole che vengono consegnate agli arcivescovi come segno della loro autorità e del loro legame con la sede di Pietro; Liverani P., art. cit., in Petros eni – Pietro è qui, Catalogo della mostra, Città del Vaticano, Braccio Nuovo di Carlo Magno, 11 Ottobre 2006 - 8 Marzo 2007, Roma, 2006, p. 179.

394 Prima del Basso Medioevo la presenza di San Pietro a Roma non è stata mai messa in dubbio; in relazione a ciò ved.: Pietro, 5, 13; Apocalisse, 14, 8; 16, 19; 18, 2 e seg.; Clemente, Lettera ai Corinti; Ignazio, Lettera ai Romani; Dionigi, Lettera a Papa Sotero; Ireneo, Contro le eresie; Tertulliano, Le prescrizioni contro gli eretici. A queste più antiche testimonianze si potrebbero aggiungere quelle dei vescovi di Alessandria d‟Egitto Atanasio e Pietro, e di Gregorio vescovo di Nissa (tutti del IV secolo), di Giovanni Crisostomo vescovo di Costantinopoli (IV-V secolo) e di molti altri.

395 Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica, 2, 25, 7. Anche altre fonti sembrerebbero attestare la sepoltura di Pietro in Vaticano: Eusebio di Cesarea, Teofania, 47; San Girolamo, Uomini illustri, 1; Liber Pontificalis,

interlocutore, i “trofei” degli apostoli Pietro e Paolo, visibili a Roma rispettivamente in Vaticano e sulla via Ostiense.

Il termine greco ηρóπαιον significa monumento commemorativo di vittoria, e, in ambito cristiano, diventa simbolo della vittoria sulla morte attraverso la professione di fede e il martirio396. Con la parola “trofei” vanno intesi, dunque, i monumenti funebri legati alle tombe dei due apostoli che avevano subito il martirio a Roma durante le persecuzioni di Nerone; il martirio diventa infatti il simbolo del trionfo della fede.

Il testo di Gaio non conferma solo la venuta, il martirio e la sepoltura di Pietro a Roma, ma indica anche il luogo della sua tomba in quella zona oltre il Tevere, fuori dalla cerchia murale, denominata anche allora Vaticano.

Dal punto di vista archeologico la prima monumentalizzazione della presunta tomba di Pietro397 è anteriore di almeno quarant‟anni rispetto alla fonte scritta.

Il trofeo da un lato sottolinea il ruolo storico dell‟apostolo come colonna e fondamento della Chiesa di Roma, dall‟altro serve a definire un‟area di rispetto che preservi la sepoltura dallo sviluppo progressivo della necropoli che, in quegli anni, come abbiamo visto, si sta ampliando a partire dal settore posto a est del campo P.

La struttura del trofeo di Gaio non reca nessun simbolo cristiano, ma se si accetta, come fanno alcuni studiosi, che il il termine ηρóπαιον indicava un luogo o più precisamente un altare dove si celebrava la messa e che quindi in questo caso ci troveremmo davanti alla prima chiesa sorta sulla tomba di Pietro, allora è possibile che riti in onore dell‟apostolo venissero svolti qui, non solo immediatamente dopo l‟erezione dell‟edicola, ma anche immediatamente dopo la sua morte.

La situazione archeologica del campo P, però, è molto complessa: il trofeo di Gaio subisce nel tempo una serie di sistemazioni e alcune trasformazioni.

Le indagini archeologiche hanno dimostrato la contemporaneità non solo dell‟edicola e del muro rosso, ma anche di tutto il complesso formato da campo P, piano Q, sepolcreto R, recinto R¹, clivus e conduttura fognaria coperta dalle tegole con bolli, di cui abbiamo già detto, che correva sotto il campo P. La data di tutto il complesso funebre può essere fissata intorno al 160 d. C.

396 Carcopino J., Etudes d‟histoire chrétienne. Le christianisme du carré magique. Les fouilles de St. Pierre et

la tradition, Parigi, 1953, pp. 158-162, 251-288; Mohrmann C., in Vigiliae Christianae, Amsterdam, 1954. 397 Il primo degli apostoli sarebbe giunto a Roma intorno al 42 d. C. e vi avrebbe stabilito la sua sede.

La fossa che sta sotto il trofeo è stata trovata vuota, ma all‟interno dell‟edicola in età precostantiniana è stato costruito un muretto, definito muro g dagli archeologi, che si addossa al muro rosso più o meno perpendicolarmente e che appare completamente ricoperto di graffiti con invocazioni e simboli paleocristiani (Tav 72c). Per la costruzione di tale muretto la colonnina settentrionale dell‟edicola viene spostata verso l‟interno.

In una seconda fase viene aggiunto un altro muretto (s) sul lato sud del trofeo, il pavimento del campo P viene ricoperto con un mosaico bianco bordato di verde e, infine, nel muro g viene scavato un loculo, rivestito interamente di lastrine di marmo, ma che ai primi scavatori della necropoli apparve vuoto.

Costantino vuole racchiudere quella che considera la tomba di Pietro, l‟edicola del II secolo, il muro rosso e il muro dei graffiti in una teca marmorea. Da dietro una grata sul fondo della cappella Clementina è possibile vedere la parte posteriore di questa costruzione costantiniana, che era rivestito da lastre di marmo pavonazzetto, con al centro e alla base una fascia di porfido. La Memoria Costantiniana398 era a forma di

parallelepipedo, era alta circa tre metri e aveva un‟apertura sul prospetto orientale in corrispondenza della successiva nicchia dei Palli.

Con la costruzione della basilica attorno al monumento eretto da Costantino viene collocata una pergola, caratterizzata da bianche colonne tortili finemente scolpite, alla quale si sovrapporranno l‟altare di Gregorio Magno, quello di Callisto II e quello di Clemente VIII, successivamente coperto dal baldacchino di Bernini.