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I media serbi, tra strategie e scandali

7 Una città e due nemici, chi era il cattivo?

7.3 I media serbi, tra strategie e scandali

Gordana stessa sostiene che prima delle guerre degli anni Novanta, i matrimoni misti erano ben visti, anzi favoreggiati, era un “orgoglio dimostrare tanta unità fra due paesi” ed è solo dopo che tutto cambiò.

Addirittura, secondo un’intervista tedesca trasmessa in Tv ripresa da Povrzanović relativa ai matrimoni inter-etnici, una ragazza croata sostenne che ancora ora riesca a pensare ad un matrimonio con un serbo, ma ha affermato che sicuramente lei stessa poi si trasferirebbe all'estero, dicendo infine: "After all they did to us, he wouldn't be able to live in Croatia. [...] and I would never live in Serbia" (TV Bayern, May 25, 1992, citato da Povrzanović, 1993, pag. 141).

Lei, non viene da Vukovar, ma da Belgrado ed ha avuto modo di conoscere questa città attraverso Željka con la quale strinse amicizia un’estate al mare in Croazia, precisamente a Vodice (lungo la punta delle Croazia a sud). Si incontrarono casualmente nelle vacanze estive e diventando appunto ottime amiche, si scrivevano “lettere chilometriche” e si venivano a trovare a vicenda (talvolta a Vukovar e talvolta a Belgrado dunque).

Ho avuto l’occasione di parlare e scrivere a Gordona per quanto concerne l’accaduto e di come l’avesse presa (se vi era già una qualche tensione in giro o se invece non se ne sapeva nulla).

Riporto la sua storia in serbo tradotta da me (testo originale in appendice A-3):

“In Serbia non si sentiva alcuna tensione, almeno non a Belgrado. La guerra è iniziata quando ero al mare in Croazia, non ci avrei sperato. Mentre gli stranieri stavano fuggendo dal mare perché avevano sentito che stava succedendo qualcosa, non sono tornata a casa fino alla fine della vacanza.

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Non credevo nemmeno di cosa stessero parlando. Presto iniziarono le notizie quotidiane dei disordini in Croazia e delle faide dei politici di tutte le repubbliche. Ascoltiamo e leggiamo le notizie sui combattimenti sporadici e sempre più gravi in Croazia tra serbi e croati. I volontari che si uniscono all’esercito regolare della JNA stavano andando in guerra dalla Serbia. Da parte serba, ascoltiamo notizie unilaterali e non comprendiamo appieno ciò che stava accadendo. Scopriamo solo che stanno accadendo crimini orribili, qualcosa alla tv e qualcosa da conoscenti e parenti dalla Croazia. In Serbia non sapevamo di chi fidarci. Ci siamo resi conto sempre più che cose terribili si stavano appena preparando. Rabbrividivamo e speravamo che questi timori non si materializzassero. Ma le notizie stavano peggiorando verso la fine dell’anno.”

Gordana come probabilmente molti altri giovani serbi della sua condizione44, non sapevano cosa stesse succedendo realmente prima dello scoppio della guerra civile in Croazia. Come tutti, si leggono i giornali, si guarda la televisione o si parla col vicino, ma certe cose non vengono alla luce sotto gli occhi del comune cittadino e questo per un bene “superiore”, per ottenere quell’appoggio dal popolo ignaro e quella autorizzazione per attaccare il “nemico”.

A proposito di questo ultimo punto, i media hanno avuto un ruolo fondamentale per spargere l’odio e il panico nelle popolazioni.

Per esempio, al momento delle elezioni del 1990, nei mass media serbi, l’immagine di una Croazia fascista (data dagli storici massacri compiuti dagli Ustaša nella Seconda guerra mondiale) venne manipolata e intensificata, creando timori e angosce da parte della popolazione serba residente in Croazia (come visto nel capitolo 3.4).

Dal versante croato invece, si può citare un esempio chiaro riportato da Povrzanović che illustra una trasmissione serba (nel giugno del 1991) dove venne filmata una ragazzina serba che uccise un soldato croato, seguito dai commenti del presentatore che affermò: “she had the will and knew how to use arms which she learned quickly from her father and her brother”. In seguito, viene ripresa la ragazzina che affermò: “Right here is where I shall die if necessary, right here” (Povrzanović, 1993, pag.140). Povrzanović la descrive come “bella e molto giovane” e che credeva che fosse stata attaccata dal semplice fatto di essere serba.

Il fatto sconvolgente di questa notizia “montata” è che questa giovanissima ragazzina, non rappresenti altro che una delle prime vittime di questa guerra inarrestabile e vittima di una manipolazione politica. Come più spesso si è trovati a ribadire e come anche l’antropologa Povrzanović afferma:

44 Anche Gordana discende da una famiglia mista e aveva parenti in giro per la Croazia. Suo padre Jovan Menićanin è di nazionalità serba, mentre sua madre Ester Kubiček era croata.

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The communist circles in Serbia needed the war in Croatia to strenghten their own political position. By arming the Serbs in Croatia, and giving them political support, Serbia claimed to protect its co- nationals. But after conquering and destroying so many Croatian towns and regions with no Serb majority […], it seems that no one can deny that such statements were just a part of Serbian propaganda. The official Serbia still claims that all Serbs have the right to live in one state and the old idea of a Greater Serbian state is, unfortunately, being actualized”

(Ibidem)

In merito dunque, alla manipolazione dei media per fini politici, vorrei ora soffermarmi su uno scandalo che ha coinvolto la giornalista Milena Gabanelli quando si recò sul posto per documentare la guerra da un punto di vista “serbo”.

In sintesi, a novembre del 1991 Giovanni Minoli45 chiese a Gabanelli di andare sul fronte serbo per raccogliere le informazioni sul conflitto serbo-croato visto che la maggior parte dei servizi partono tutti da Zagabria, la capitale croata.

La giornalista sorpresa per essere stata scelta per questo ruolo, alla fine accettò di partire verso Belgrado dove ebbe non pochi problemi con la burocrazia comunista (non ebbe permessi agli archivi della TV per documentarsi ed ebbe difficoltà a possedere una troupe). Munita solamente di una sua videocamera e affiancata dal fotografo Goran Mikić, in un bar conobbe il comandante Arkan, armato fino ai capelli con i suoi ragazzotti in tuta mimetica che lei stessa definisce “degli esaltati che giocano alla guerra”. Dopo aver fatto delle domande relative alla condizione della città di Vukovar (nelle quali Arkan rispose che circa 2000 civili erano in ostaggio dagli Ustaša dentro una fabbrica di scarpe), il comandante le propone di accompagnarla a vedere lei stessa la situazione.

Il suo reportage46 iniziò così dunque, mostrando le case distrutte, le strade abbandonate e quasi ghiacciate, Arkan e i suoi soldati, carrarmati e prigionieri.

45 Giovanni Minoli è un giornalista e conduttore televisivo che al tempo del servizio della Gabanelli dirigeva su Rai 2 il programma “Mixer”, incentrato sull’informazione giornalistica.

46 È disponibili un video caricato su YouTube che riprende il video di Gabanelli e il suo invito a parlarne in studio nella Rai 2 con Minoli (link: http://youtu.be/BDyb50f2qts).

Figura 22. Milena Gabanelli durante il servizio su Rai 1 "Mixer" (frame ripreso dal video originale YouTube, link in bibliografia)

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Arrivati tra Novi Sad a Vukovar, secondo la giornalista, Arkan la informa di un massacro di bambini serbi e le chiese se se la sentisse di filmarli. Lei per ragioni di “sensibilità” cerca di rifiutare di registrare scene del genere poiché lungo il loro tragitto di orrori se ne sono visti.

Nel video però tutto cambia, quando all’improvviso la giornalista con i soldati si trova sotto attacco da una raffica di proiettili. Gabanelli spaventata, racconta che fu buttata giù da un soldato dietro un muro per proteggerla e che lì avrebbe visto dei bambini morti distesi e ammassati a terra.

La sua videocamera infatti non ha registrato niente, unici testimoni oculari erano lei stessa e il fotografo Goran Mikić, che poi però smentì di averli visti coi propri occhi.

Durante la sua presenza il 2 dicembre a “Mixer” su rai 2, alla giornalista viene chiesto che cosa ha visto in mancanza del contenuto video e lei ad occhi bassi raccontò di un bambino a cui avevano tagliato la gola e con grande pathos il suo discorso poi si interruppe.

Il presentatore Minoli poi le chiese come mai il suo fotografo potrebbe mai smentire ad un’informazione del genere vista la situazione e Gabanelli rispose che “se la notizia fosse stata confermata, nel popolo serbo si sarebbe ancora alimentato di più l’odio etnico”.

Detto questo, nonostante molti sostengono che la giornalista abbia recitato molto bene la sua parte da inviata “sensibile” con molte pause di “pathos artificiale” durante il suo intervento alla rai, questo esempio non porta altro che evidenziare un potentissimo escamotage di mal informazione costruita come vantaggio per una richiesta di giustizia.

Sono molte le critiche che attaccarono questo servizio giornalistico: prima di tutto, Arkan era un comandante criminale, che fece enormi massacri durante la guerra47 e da giornalista imparziale non avrebbe dovuto credergli in parola vista la situazione di una guerra civile alquanto complessa e confusa, come poteva sapere che erano tutti serbi i bambini?

Io stessa ho rivisto il suo intervento allo studio di Rai 2 e osservando sia il video di Gabanelli che il suo portamento e discorso, posso affermare che anch’io non sono stata del tutto convinta delle sue testimonianze. Questo principalmente per due motivi: il video (anche se registrato da una banale video camera, una Video8) non era chiaro per quanto concerne a ciò che stava accadendo: l’attacco di spari non erano percepito molto, siccome vi erano sempre spari di cannoni e mitra nel sottofondo essendo in una frontiera di guerra; secondo, quando tentava di descrivere il massacro non filmato, lo si

47 Fu infatti incriminato per i terribili crimini fatti in guerra come il genocidio e la pulizia entica. Il suo vero nome era Željko Ražnatović e in seguito alla dissoluzione della Jugoslavia divenne capo della formazione paramilitare

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percepisce senza vere e forti emozioni, ma solamente con delle pause carichi di “pathos” che molti li definiscono appunto artificiali.

Per quanto la giornalista abbia detto il vero o avesse solamente collaborato (visto che era sotto il controllo di Arkan) di certo sono d’accordo sul fatto che una notizia del genere legata soprattutto su un ammasso di bambini privi di vita, può essere stata altamente pericolosa sia per le etnie in guerra, che per il resto del mondo che ne stava assistendo.

Si tratta di una manipolazione ben costruita con l’ausilio di sfruttare la parte sensibile di ogni essere umano, i propri figli, il futuro di ogni nazione, i bambini.

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