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10 Casa e nostalgie

10.1 Tito e Jugo-nostalgia

Come il titolo presenta, esiste un’altra forma di nostalgia che invade i cuori di numerose persone ancora oggi ancorate alla Jugoslavia Socialista di Tito.

Vorrei dedicare un piccolo spazio ad una “Tito e jugo-nostalgia” che non era stata inizialmente pianificata, ma che secondo me merita di essere posta.

Il discorso durante il secondo incontro con Željka era piombato sul maresciallo Tito, in quanto sia per lei che per Stjepan (e come abbiamo visto nei capitoli iniziali relativi alla storia jugoslava), rappresenta un tassello importante per la ricostruzione di cause ed effetti degli anni Novanta.

Tutto iniziò così: “Io non permetto a nessuno di offendere Tito. Dicono che è stato dittatore, dicono tante cose brutte su di lui. […] tanti lo attaccano. Ti canto una canzone che ho imparato all’asilo, posso cantartela?” mi aveva detto Željka.

Quando la ascoltai cantare attentamente, sembrava fuoriuscire dalla sua infanzia e la cantava allegramente, felice, con un ritmo tipico di una filastrocca. Cercai di tradurla istantaneamente e insieme, mi aiutò a capirne parte del testo (che nel corso di questo capitolo riporterò per intero). Il titolo di questa canzone è “Pioniri Maleni” (“Piccoli Pionieri”); questi “pionieri” rappresentanti di Tito, furono quelli delle organizzazioni di massa dei “pionieri Jugoslavi” formatasi nel 1942 proprio in Jugoslavia. Furono creati sotto un modello sovietico e l’obiettivo di questi era la formazione di un sentimentalismo patriotico partendo da un senso ideologico di “unità”, seguendo lo stampo socialista. Queste organizzazioni dunque miravano all’educazione dei più giovani (dai 9 ai 15 anni) per formarli agli obblighi della società, crescerli fino a diventare soggetti acculturati per una comunità di tipo socialista. Infatti, essi ricoprivano un ruolo assai attivo nell’infanzia dei giovani, separato da quello familiare che di fatto è naturale.

I motivi di questa “formazione educativa” viene spiegata da due motivi sostanzialmente:

1. La crescita dell’interesse sull’infanzia e la crescita dei propri cittadini per avere delle personalità che riescano a “cambiare il mondo” (infatti, gli investimenti sul proprio futuro furono sempre uno dei task dei regimi socialisti)

2. Subito prima la Seconda guerra mondiale, la popolazione serba era principalmente rurale. Tre quarti della popolazione viveva nei villaggi e vi era un’alta percentuale di analfabetismo e

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solo il 30% dei bambini potevano permettersi di andare a scuola. La maggior parte di loro infatti, si occupava di aiutare i genitori nei lavori agricoli stagionali68

Con l’avvento del nuovo regime dunque, si sviluppò l’interesse nell’involvere il maggior numero possibile di bambini per influenzare il loro vissuto e il loro pensiero.

Per fare questo ed andare in contro ai bisogni della popolazione di una istruzione di base, lo stato iniziò sotto la Agitprop (il ramo che si occupava dell’organizzazione della supervisione, organizzazione culturale e educativo) una campagna di massa di “un’illuminazione nazionale” (narodno prosvećivanje) con l’obiettivo primario di aumentare l’alfabetizzazione.

Željka a tal proposito, usciva fuori spesso con il parere che con il socialismo di Tito “si stesse bene”. Ricordava delle agevolazioni a scuola per chi volesse studiare, come l’istruzione quasi gratuita ad eccezione di qualche libro per la scuola, le opportunità di formarsi per lavori che magari un operaio o un contadino non poteva permettersi per i suoi figli.

Anche Siniša Mihajlović ne menziona la nostalgia:

“Sotto Tito t’insegnavano a studiare, per migliorarti, magari per diventare medico, un dottore e guadagnare bene per vivere bene, com’era giusto”.

(Siniša Mihajlović, intervista, a cura di Andrea di Caro, Gazzetta dello Sport.it, 2019)

Passando da una riflessione nostalgica del suo passato, egli passò a pensare al presente e al futuro della sua Serbia per quanto concerne alla riemergente esigenza di riprogrammare l’educazione nel paese:

“Oggi sapete quanto prende un primario in Serbia? 300 euro al mese e non arriva a sfamare i suoi figli. I bimbi vedono che i soldi, donne, benessere li hanno solo i mafiosi: è chiaro che il punto di riferimento diventa quello. C’è emergenza educativa in Serbia. L’educazione dobbiamo far rinascere”.

(Siniša Mihajlović, Ibidem)

Come si è visto finora, nonostante il forte ruolo di questa “organizzazione” in un coinvolgimento politico e sociale della gioventù, l’istruzione è sempre stata la chiave del successo ed era ciò che la gente necessitava.

68 Questo secondo gli studi di Ljubodrag Dimić sul primo dopoguerra e la politica culturale di “agitprop”. In aggiunta di questo, egli riporta che la maggior parte dei bambini dunque non riusciva a finire la scuola primaria (Ljubodrag, Dimić, Agitprop kultura, Belgrade: Rad, 1988, pag. 128, in Lampe John, Mark Mazower, in Erdei I., 2013).

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Aldilà infatti, delle testimonianze riportate sull’efficacia e la nostalgia di questa “organizzazione”, Dimić conferma che “the aim of the project of national enlightment was not only to teach people to read and write, but to make them be able to use that knowledge in order to change their lives and the life of the whole community” (Ljubodrag, Dimić, Agitprop kultura, Belgrade: Rad, 1988, pag. 128, in Lampe John, Mark Mazower, in Erdei I., 2013, pag. 156).

Gli scopi fondamentali di queste organizzazioni di pionieri e i loro simboli furono creati ai tempi della guerra. In numerosi gruppi di pionieri veniva indossato il capello di Tito con le stelle rosse e nascevano poi così delle canzoni ufficiali o motti (come quello che mi cantava Željka).

Dopo la guerra alcune delle loro caratteristiche cambiarono: i task divennero riorganizzati e si formò una migliore comunicazione interna.

Il primo scopo era quello di riformulare i propri doveri: le missioni militari furono sostituite con la manodopera per contribuire alla ricostruzione della casa, del fronte e della vittoria del socialismo. Il nuovo slogan divenne: “All for the front, all for victory” e il nuovo programma della Organizzazione dei Pionieri Giovanile dal 1945 lo definisce come “volontary organization of children aged 6 to 14, regardless of sex”, il quale obbiettivo era “develop selfdiscipline in work and learning on a daily basis and cultivate all aspects of cultural life, playtime and especially physical education among the youngest in a free country” (Program Organizacije mladih pionira Demokratske federative Jugoslavije” in D. Ognjanović e R. Prelić, pag. 216-217 in Erdei I., 2013, pag.162 ).

Come si ritrova nel documento ufficiale dei Pioniri ripreso da Erdei Ildiko:

“[I pionieri erano] obliged to study well, respect their teachers and attend school regularly, to love

and cherish their work, to respect their parents and help their families, to take care of younger siblings, to cherish love towards freedom fighters and Yugoslav army commanders, to help invalids, to be of assitence to the families of soldiers killed in action, to do favors to the old, needy and sick, to conduct themselves in a polite manner, not to drink or smoke, to be honorable, sincere and modest, to be true friends and to help each other, to be disciplined, to fully and correctly fulfill the tasks and duties given to them by the Pioneer organizazion”.

(Ognjanović e R. Prelić, pag. 220 in Erdei I., 2013, pag. 162)

Nel 1946 l’organizzazione cambiò il nome in Organizzazione dei Pionieri Jugoslavi adottando delle regole formali (alcune delle quali sono quelle appena citate).

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I simboli della nuova organizzazione divennero la sciarpa dei pionieri rossa e il capello con la targhetta (la bandiera dei Pionieri, la tromba e il tamburo erano richiesti per le cerimonie rituali69). Anche l’inno fu istituito e si presentò come “For the country with Tito- to the future!”

Fino ad ora ci sono poche ricerche etnologiche, antropologiche e storiche su queste organizzazioni di massa della giovane Jugoslavia socialista e siccome in questa sede si è voluto solamente approfondire l’argomento, mi sono limitata ad illustrare la storia e le caratteristiche di base.

Riporto la canzone:

Pioniri maleni, mi smo vojska prava. Svakog dana rastemo, k’o zelena trava.

Smrt fašizmu, a sloboda narodu. I mene će moja mati Pionirom zvati.

Piccoli pionieri,

noi siamo il vero esercito, cresciamo ogni giorno, come l’erba verde.

Morte al fascismo, libertà alle persone. Così farà mia madre Mi chiamerà pioniere.

Parlando di “Jugo-nostalgia” (menzionato anche nel cap. 3.1) o “Tito-nostalgia70”, non si può non notare che certi elementi rimasero anche materialmente nel tempo, come per esempio alcuni label di prodotti commerciali che tutt’ora sono amati e ricercati.

Come nel noto sito di viaggi “inyourPocket” dice: “Whether in Zagreb or Moscow, Budapest or Prague, however though the face of totalitarianism may have been, you’ll find people, young and old,

69 Ci sono alcune indicazioni che nelle diverse repubbliche della Jugoslavia nel tempo i colori delle sciarpe e dei capelli siano variati. In Bosnia, per esempio, si dice che in certi periodi il capello era bianco, mentre in Slovenia le sciarpe erano gialle. Non sono chiari quando questi cambiamenti avvengano e tanto meno il perché (John, Lampe e Mark Mazower, Ideologies and National Identities,

70 il termine viene usato anche da Mitja Velikonja (in “Titonostalgia- A study of Nostalgia for Josip Broz”, Peace Institute- Institute for Contemporary Social and Political Studies, Mirovni Institut, Ljubljana2008) dove riporta altri esempi materiali come l’immagine di Tito nelle bustine di zucchero da caffè, che rendono nostalgica l’autrice stessa.

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who feel sad at the loss of some things form those days. For many, life was more secure and more innocent than it is today” (in inyourPocket, “A Taste of Socialist Zagreb”, 2020).

Questo immaginario è vero in quanto si può notare che anche al giorno d’oggi gente come Gordana e Željka e Stjepan con cui ho interagito personalmente, la pensano allo stesso modo, nonostante (all’epoca del regime) alcune “libertà” erano ristrette come la disponibilità di alcuni prodotti alimentari.

Alcuni di questi sono infatti rimasti nel segno ed esistono ancora oggi, più voluti che mai.

Riporto un elenco di cui io stessa ne conoscevo il brand fin da piccola e che si trovano tutt’ora invariati:

Le barrette di cioccolato “Braco” e “Seka” (figura 49), le quali le prime erano per i bambini e le seconde per le bambine; rispettivamente erano blu e rosa ed entrambi erano al cioccolato al latte. Sull’incarto si ritrovano sempre ritratti un ragazzino biondino o una ragazzina mora con le due codine e fiocchi rossi. Spesso si regalavano ai bambini dei parenti o degli ospiti, in quanto era uso comune offrire della cioccolata a chi venisse a fare una visita o viceversa71.

Cockta (figura 50), una versione slovena della coca-cola prodotta da estratti vegetali (come quello della rosa canina) considerata più salutare ed economica di altri brand famosi (e io posso confermare che il suo gusto è molto gradevole nonostante risulti forse un po' verso l’amarognolo ed è diversa dalla bevanda americana di cui noi siamo abituati). Si ordinando in estate ai bar per i ragazzini o lo si vedeva a tavola come bevanda alternativa.

71 Si fa riferimento al concetto di “neighborhood” di Povrzanović (1993), che con la guerra si affievolì.

Figura 49.

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Le barrette di cioccolato Životinjsko carstvo, che erano sempre delle barrette di cioccolato al latte (ma molto più sottili) riconoscibili dal loro incarto colorato che rappresentava un animale in particolare (panda, coccodrilli, zebre, giraffe ecc.). I bambini ne andavano ghiotti (pure la sottoscritta) ed è notevole come spesso vengono posti strategicamente proprio alle casse ad altezza bambino poco prima di pagare la spesa ancora oggi.

Cedevita, una nota marca di polvere vitaminica al limone o all’arancia che si versava in un bicchiere d’acqua per ottenere una bevanda frizzante e briosa per una carica energetica. Posso confermare che ora esistono anche il formato “caramelle tascabili” a forma rettangolare che vanno forti sia tra giovani che tra adulti.

Domaćica, dei classici biscotti al burro sottili ricoperti di cioccolato fondente solo alla base. Questi biscotti erano perfetti per un tè o un caffè in compagnia, oppure come pensierino di benvenuto per gli ospiti o per il padrone di casa ospitante. Sono fatti di svariate forme e si presentano confezionati in scatole leggermente differenti ma inconfondibili.

Figura 51.

Figura 52.

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Vegeta, una nota polvere da cucina che somiglia molto al nostro dado per il brodo, ma con molte più spezie. Difficile che una cuoca/cuoco in casa non lo usi, è praticamente onnipresente in ogni piatto per dare quel sapore in più. Željka ne faceva procurare apposta da alcuni amici che passavano per la Croazia e la Slovenia, proprio per questo gusto inconfondibile.

I formaggini “Zdenka”, i classici formaggini triangolari messi a cerchio ed erano i preferiti per uno spuntino veloce, specialmente in vacanza.

Gavrilović salami, un noto brand del 1883 che non manca mai nelle feste e nelle cerimonie assieme al famoso paté di carne a pranzo (immancabile per Stjepan).

Figura 54.

Figura 55.

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