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Dalla Politica Europea di Vicinato all’Unione per il Mediterraneo

3.6. La Mediterranean Businnes Development Initiative e la Banca di Sviluppo Euro-Mediterranea

La MBDI punta alla realizzazione di posti di lavoro nelle regioni del bacino e al contempo alla promozione dell’integrazione economica regionale, incentrandosi soprattutto sulle piccole e medie imprese25. L’Iniziativa dovrà combinare la partecipazione di governi donatori, sia europei sia mediterranei, organismi multilaterali e soggetti privati. Ad esempio può essere segnalato un progetto del settore privato che ha portato alla firma nel 2009 di un accordo fra 10 istituti creditizi euro-mediterranei, che include anche il finanziamento delle PMI e la gestione delle rimesse degli immigrati dai paesi mediterranei in Europa26.

Dopo l’approvazione della MBDI il FEMIP ha finanziato nel 2009 uno studio di fattibilità27 focalizzato su Algeria, Egitto, Marocco e Tunisia, che sono oltretutto i paesi promotori dell’Iniziativa insieme a Italia e Spagna, per

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Secondo una stima del FEMISE (Forum Euroméditerranéen des Istituts de Sciences Économiques, istituto che si pone l’obiettivo generale di offrire uno strumento di analisi e di expertise sullo scenario euro-mediterraneo), per poter dimezzare l’attuale tasso di disoccupazione del bacino mediterraneo dovrebbero essere creati nei prossimi 15 anni circa 3,7 milioni di posti di lavoro l’anno, di cui la maggior parte proveniente dalle piccole e medie imprese.www.ins.med.org

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I firmatari di questo progetto, che oltretutto è di grande interesse per l’Italia, sono Intesa Sanpaolo e la sua controllata egiziana Bank of Alexandria, insieme alla francese Caisse Nationale des Caisses d’Epargne, alla Confederazione spagnola delle Casse di Risparmio, alle banche marocchine Al Amana, Attijariwafa bank e Crédit Immobilier et Hotelier, alle banche tunisine BIAT e Banque Tuniso Kowetienne e alla banca libanese Fransabank. R. Aliboni, S. Colombo, cit., Giugno 2010, p. 20.

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Sulla questione del MBDI le posizioni europee sono state, ancora una volta, decisamente contrastanti, con i paesi europei mediterranei che hanno mostrato interesse per l’Iniziativa da una parte (Francia, Italia e Spagna), ma con altri paesi dell’Europa centro-settentrionale che hanno manifestato grande scetticismo, come la Germania.

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definire lo statuto legale, le risorse necessarie e la struttura di governance più adatti all’Iniziativa stessa. I risultati hanno evidenziato come il fabbisogno finanziario per il 2010-2012 per tutti i paesi mediterranei si aggirasse intorno ai due miliardi di euro e ha proposto le seguenti opzioni di riforma:

- la creazione di un’Agenzia, anche se questa opzione è di difficile realizzazione nel breve periodo a causa delle tensioni politiche;

- la creazione di un fondo rotativo gestito da un’entità di dimensioni minori e decentralizzata;

- il rafforzamento del FEMIP con un maggiore coinvolgimento dei PPM. Sempre secondo lo studio gli strumenti impiegabili per la tutela e la gestione delle PMI sarebbero: uno schema di garanzia per i crediti alle PMI, il finanziamento del capitale di rischio attraverso il venture capital, il microcredito, il credito in valuta locale, la microassicurazione, l’assistenza tecnica sulla valutazione del rischio e l’accesso ai mercati. Tra le opzioni presentate dallo studio di fattibilità la volontà di avere a disposizione un’istituzione di rilievo nella regione va in conflitto con l’effettiva necessità di disporre in un futuro più immediato di un organismo flessibile. Nonostante essa possa essere garante nel bacino mediterraneo, la sua fondazione e organizzazione richiederebbe del tempo per la sua realizzazione, potrebbe risultare più conveniente un ente che sia capace di interfacciarsi anche con le PMI meno esperte in ambito finanziario e gli possa consentire l’adeguata tutela e sostegno nell’accesso al mercato.

In merito alla possibilità di definire un’istituzione di rilievo nella regione, tale prospetto potrebbe evolvere in una vera e propria Banca di sviluppo regionale. La creazione di una Banca di Sviluppo Euro-Mediterranea potrebbe avere effetti benefici tanto sull’immagine di tutto il bacino agli occhi degli investitori esteri, quanto soprattutto sulla qualità dello sviluppo economico dei paesi stessi. In tal modo, infatti, potrebbero trarne beneficio sia i singoli progetti, portati avanti dai paesi direttamente interessati come previsto dall’UpM, sia la strategia complessiva che, grazie all’esistenza di

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un’istituzione di settore, sarebbe sempre rivolta verso il comune sviluppo economico dell’area. La Banca potrebbe svolgere una funzione d’integrazione e complementarietà che non può essere svolta né dagli investitori privati, che sono interessati solamente al singolo progetto; tantomeno ai singoli governi locali che potrebbero svolgere tale azione in misura limitata.

Lo scetticismo di fronte alla creazione di un’istituzione di questo genere rimane comunque elevato, sia per la mancanza di fondi e risorse pubbliche per la sua realizzazione, sia per la complessità della sua gestione tra tutti i partner europei e non-europei, senza tralasciare che il suo impatto sull’area sarà percepibile solo nel lungo periodo. I fattori che principalmente potrebbero incidere sulla creazione della Banca di sviluppo regionale sono sostanzialmente il valore aggiunto che questo istituto potrà fornire e le difficoltà che potranno insorgere per i singoli paesi per garantire un’adeguata governance della stessa.

Nei primi anni di vita l’UpM ha conosciuto un calo dei flussi e degli investimenti finanziari privati nella regione, incrementando quindi l’interesse di alcuni per la creazione della Banca di sviluppo regionale quale mezzo per rilanciare l’intera area attraverso un organismo dalle grandi ambizioni. Allo stesso tempo è appurato che sarà improbabile una collaborazione tra i vari paesi, ma soprattutto risulterebbe complesso per i singoli paesi finanziare direttamente nel breve termine la costituzione di tale ente, visti anche i numerosi impegni internazionali ai quali sono legati.

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