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1. inTroduzione

Il progetto eurocentrico di Mediterraneo, nonostante i numero- si tentativi di rilancio, sembra destinato a raccogliere sempre minore consenso tra i partner non europei del bacino, essendo questi ultimi di- stratti dalle forze centrifughe attivate da processi «globalizzanti» e dal connesso, crescente appeal di Paesi emergenti.

La rappresentazione di Mediterraneo che sembra scaturire dalle proposte europee è impregnata di etnocentrismo (maTveJevic, 1987;

minca, 2004, pp. 6-12; caSSano e zoLo, 2007; giaccaria e minca, 2010),

condizionando le conseguenti scelte politiche. Così, l’Ue, mentre da un

lato propone con enfasi l’obiettivo di fare del Mediterraneo un’area di pace, stabilità e prosperità, dall’altro ne ostacola la realizzazione, ne- gando, nei fatti, il riconoscimento di una pari dignità a tutti gli attori coinvolti. Si profila un conflitto tra il ruolo che l’Europa intende assu- mere e quello che gli altri partner sono disposti a riconoscerle (par. 2). Per questi ultimi, sembrano profilarsi ipotesi di sviluppo «alternative» che potrebbero condurre a significative riconfigurazioni del Mediterra- neo, o meglio del modo in cui siamo soliti rappresentarlo, come sembrano suggerire vicende recenti (legate a vecchi e nuovi accordi internazionali) e piccoli ma significativi cambiamenti nelle traiettorie e nelle intensità dei flussi commerciali (par. 3).

– 36 – 2. europaconTro mediTerraneo

In epoca romana «il Mediterraneo non rappresentava, per l’Impero, un confine. Era un centro, una tavola di comunione, l’elemento aggre- gante per antonomasia» (Febvre, 1945, p. 58) e le regioni dell’Europa

centro-settentrionale ne rappresentavano una periferia. La scissione dell’impero romano segnò a un tempo la fine di una precaria unità del Mediterraneo e la nascita dell’Europa (ibid., pp. 57-89). Da allora, mai più il bacino ha conosciuto un’epoca in cui, lungo il suo perimetro, fosse possibile parlare una stessa lingua, utilizzare le stesse unità di misura, fare riferimento alle stesse istituzioni. Fino alle crociate, l’incapacità di tenere il controllo delle attività connesse al Mare fece drammaticamente soffrire l’Europa (braudeL, 1985, p. 114) che gradualmente affermò la

propria egemonia militare, commerciale e culturale attraverso un pro- cesso secolare, scandito da eventi epocali quali la battaglia di Lepanto, la sbarco di Napoleone in Egitto, le spartizioni coloniali. Le innovazioni nei trasporti consentirono di estendere e intensificare il commercio su lunghe distanze anche per i prodotti meno pregiati (FabrièS-verFaiL- Lie, 1998, pp. 14-24) e presero forma significativi e duraturi fenomeni

di scambio ineguale.

La dipendenza commerciale dall’Europa e in particolare dagli ex colonizzatori è rimasta sempre molto elevata. Nel mondo bipolare del secondo dopoguerra, le scelte economiche di tutti i Paesi del Mediterra- neo si concentrarono su strategie di sviluppo auto-centrato, fondamen- talmente alimentato dall’industrializzazione pubblica o privata, secondo le possibilità e i vincoli ideologici. Si consolidava per tale via un model- lo di crescita direttamente derivato dall’esperienza dell’Occidente: gli standard della riva nord diventavano obiettivi di riferimento delle poli- tiche dei Paesi (e per i Paesi) della riva sud. In questi ultimi, negli anni Sessanta e Settanta, politiche protezionistiche produssero risultati tal- volta soddisfacenti nel breve periodo ma inadeguati a garantire un ido- neo potenziale competitivo nel lungo termine. Nonostante il concorso delle politiche comunitarie (che negli anni Settanta presero una forma più definita con la «politica mediterranea globale») i Paesi delle spon- de africana e asiatica accrebbero le importazioni dall’Europa senza in- crementare in maniera significativa le proprie esportazioni (naïr, 1995,

p. 101; FabrièS-verFaiLLie, 1998, p. 42; romagnoLi, 2003, p. 62; nabLi et al., 2005, p. 15). Contemporaneamente, l’adozione di approcci Keynesia-

ni e la sperimentazione di vie non capitalistiche consentirono di ridurre importanti squilibri sociali nel breve, a costo di un indebolimento o una crescita insoddisfacente dei propri sistemi produttivi nel lungo periodo. Negli anni Ottanta, il crollo dei prezzi delle materie prime, la cui produzione/esportazione era incoraggiata dagli aggiustamenti strutturali

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suggeriti dal Fondo monetario internazionale (Fmi), dirottò quasi tutto

il Mediterraneo verso indirizzi di stampo liberista. L’indebitamento in- ternazionale generato dai gravi deficit commerciali costrinse molti Paesi della riva sud a ricorrere in maniera più intensa al sostegno del Fmi e del-

la Banca mondiale, sottostando alle connesse condizionalità. Il divario economico tra riva nord e riva sud crebbe ulteriormente. A cavallo con il decennio successivo, il crollo del blocco sovietico segnò il definitivo declino di ogni prospettiva di sviluppo di tipo non capitalista mentre la nuova possibilità di espansione verso oriente distraeva la Comuni- tà europea dal Mediterraneo (giri, 1991, p. 15; aoudia, 1996, p. 26; eL

aouFi, 1999, p. 43; aLeSSandrini, 2000, p. 2; poTTer et al., 2004, p. 336).

Negli anni Novanta, la liberalizzazione del commercio e, in genera- le, l’apertura dell’economia impressero profondi cambiamenti ai sistemi produttivi regionali, in qualche caso orientandoli verso le specializza- zioni suggerite dai bisogni del mercato mondiale. La Comunità europea, nella cosiddetta «politica mediterranea rinnovata», d’intesa con Fmi e

Banca mondiale, differenziò nettamente i programmi di pre-adesione rivolti ai partner balcanici da quelli (generici) di sviluppo rivolti agli al- tri Paesi del bacino. Gli accordi raggiunti, sempre rigorosamente «bila- terali», anche per il persistere di un sostanziale protezionismo da parte europea, produssero deboli effetti e vanificarono la speranza di un’ef- fettiva riduzione del gap commerciale dei Paesi partner (wiLLa, 1999,

p. 5; romagnoLi, 2003, p. 63).

Il partenariato euro-mediterraneo, frutto della Dichiarazione finale della Conferenza ministeriale di Barcellona (1995), fu il più ampio e ambi- zioso dei progetti rivolti al Mediterraneo, ma fu anch’esso caratterizzato da risultati modesti. Uno dei sintomi delle difficoltà del processo è stata la mancata creazione dell’area di libero scambio, originariamente prevista per il 2010, dalla quale ci si attendeva effetti rilevanti sui commerci tra le due rive (müLLer-JenTScH, 2005, p. 3). Con l’avvento del nuovo millen-

nio, la partnership, divenuta parte integrante della nuova «politica euro- pea di vicinato», aveva aggiunto agli obiettivi di fondo una particolare enfasi sull’intenzione di estendere ai Paesi «vicini» i benefici attesi dai recenti allargamenti dell’Unione, evitando la formazione di nuove bar- riere e attriti lungo il confine comunitario (JoSepH, 2006, p. 109). Dopo

lo scossone impresso dalle iniziative francesi del 2008, la partnership è stata denominata Unione per il Mediterraneo. Gli esiti, ancora una volta, non risultano particolarmente significativi e, valutati insieme al coinvol- gimento diretto di alcuni stati e della naTo nei conflitti della riva sud,

rivelano ansie di dominazione che decenni di atteggiamenti cooperativi avevano celato ma non cancellato.

In effetti, le critiche più radicali osservavano da tempo come la na- tura bilaterale dei rapporti con i Paesi terzi, le sostanziali condizionalità

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poste a ogni partner e la forzata apertura dei mercati in economie non ancora sufficientemente strutturate potessero essere considerate conse- guenza del sussistere di un’ambizione egemone dell’Europa sul Mediter- raneo (aoudia, 1996, pp. 28-31; aTTinà, 2003, pp. 1-9).

3. diSTrazionimediTerranee

Nella pratica, la proposta comunitaria si profila come un progetto euro-mediterraneo in aperto conflitto con la suggestione, che essa stes- sa propone ufficialmente, di Mediterraneo come area di pace, stabilità e prosperità. La divergenza di interessi e l’incompatibilità delle traietto- rie evolutive nazionali e regionali emergono regolarmente, alimentando sospetti e incomprensioni.

Il «pluriverso» auspicato da caSSano e zoLo (2007) si prospetta co-

me un obiettivo tanto desiderabile quanto irraggiungibile sulla base dell’attuale assetto istituzionale: restano oscure le modalità con cui do- vrebbero essere messi da parte gli obiettivi egemonici della riva nord, a beneficio di un recupero di dignità e autorevolezza della voce della ri- va sud; inoltre, non è chiaro quali interessi e quali processi dovrebbero condurre le politiche comunitarie ad abbandonare il progetto di un’in- tegrazione basato fondamentalmente sull’adeguamento dei Paesi terzi agli standard comunitari. In definitiva, non sembra potersi ritenere che l’Europa sia disposta a sacrificare parte dei propri obiettivi e dei propri valori a favore di un progetto di Mediterraneo maggiormente parteci- pato e condiviso.

La debolezza contrattuale dei Paesi della riva sud è il vero ostaco- lo alla costruzione di un dialogo che restituisca pari dignità a tutti gli attori coinvolti. Tra strategie di lungo periodo e fattori contingenti, la debole prospettiva di coesione che i Paesi di tale riva intravedono nel progetto euro-mediterraneo sembra aver sollecitato il consolidamento di alleanze e progetti concorrenti e alternativi. A organizzazioni in- ternazionali ormai «storiche» come la Lega Araba o la Banca islamica per lo sviluppo se ne vanno affiancando di nuove, spesso derivazione delle prime, più determinate ed efficaci, come il Great Arab Free Trade

Area Agreement (gaFTa) o il recentissimo «Quartetto Levantino» che

con la leadership turca polarizza l’attenzione di Libano, Giordania e Siria verso partner asiatici. Inoltre, negli ultimi anni, l’accelerazione dei processi di globalizzazione ha offerto nuove concrete possibilità di consolidare o costruire nuove relazioni con Paesi «altri». Le traiet- torie e l’intensità degli scambi commerciali potrebbero rappresenta- re l’aspetto più superficiale, ma significativo, dei giochi di forza e dei cambiamenti in essere.

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Com’è noto, la quasi totalità dei Paesi del Mediterraneo intrattiene la maggior parte dei propri scambi con i Paesi dell’Ue. I flussi di esporta-

zioni mediamente registrati tra il 2005 e il 2009 rivelano che i tre gruppi di Paesi mediterranei non aderenti all’ue (balcanici, asiatici e africa-

ni) tra loro intrattengono scambi minimi (elaborazioni su dati uncTad,

2011). Oltre alle ben conosciute conseguenze delle dinamiche di matri- ce postcoloniale, sono evidenti effetti di prossimità fisica e istituziona- le, come quelli dovuti all’adesione di Paesi africani e asiatici a sodalizi ispirati dal panislamismo o dal panarabismo, i quali hanno contribuito ad animare gli scambi della riva sud (si vedano anche abedini e peridY,

2007; HaLevi e KLeiman, 2009). Sono altresì evidenti gli effetti dell’af-

fermazione dei nuovi Paesi emergenti e delle modifiche intervenute sulla

Fig. 1 - Esportazioni delle sponde mediterranee: quote del totale per destinazioni se- le zionate (1995-2009). «Sponda comunitaria» include: Cipro, Francia, Grecia, Ita lia, Malta, Portogallo, Slovenia, Spagna. «Sponda africana» include: Algeria, Egit to, Libia, Marocco, Sudan, Tunisia. Sponda balcanica: Albania, Bosnia e Erzegovina, Croazia, Montenegro, Serbia. «Sponda asiatica» include: Giordania, Israele, Libano, Siria, Territorio palestinese, Turchia. «Mediterraneo» include: Paesi bagnati dal Me- diterraneo, Portogallo e Sudan. «Asiatici emergenti» include: Paesi arabi non me- diterranei, Paesi dell’ex Unione Sovietica, India e Cina. «Resto del mondo» include tutti gli altri Paesi del mondo, esclusi quelli della sponda di origine dell’export.

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regolamentazione degli scambi (come la liberalizzazione nel tessile-abbi- gliamento) che, in molti settori, stanno ridisegnando la geografia della produzione e del commercio mondiali (carLi, 2006).

In Fig. 1 sono rappresentate le quote di export totale che ognuna delle sponde del bacino, tra il 1995 e il 2009, ha destinato al resto dei Paesi del Mediterraneo, ai Paesi europei, a un folto gruppo di partner asiatici emergenti (in cui sono inclusi i Paesi non europei dell’ex Unione sovietica, l’India e la Cina) e ai restanti Paesi del mondo. A parte le vi- cende congiunturali che, anno per anno, incidono sull’andamento delle esportazioni, nei quindici anni considerati, la tendenza di lungo periodo indica, per le sponde africana e asiatica, una lieve ma progressiva erosio- ne delle quote di esportazioni dirette verso Europa e Mediterraneo e un rafforzamento di quelle dirette verso partner asiatici emergenti, esterni al bacino. La sponda comunitaria, che invece ha mantenuto sostanzial- mente stabile la proporzione tra i mercati mediterranei e quelli dei Pa- esi emergenti, denota un significativo ripiegamento su se stessa: i Paesi mediterranei dell’Unione hanno orientato i loro interessi commerciali,

Fig. 2 - Quote di esportazioni di ogni Paese verso la propria sponda e verso il re- sto del Mediterraneo (medie 2005-2009). La vicinanza all’origine degli assi indica basse quote di esportazioni destinate a partner mediterranei. La maggior parte dei Paesi, collocata alla sinistra della linea tratteggiata, destina al Mediterraneo meno della metà delle proprie esportazioni totali, privilegiando partner della pro- pria sponda (come indica la collocazione a destra della bisettrice del quadrante). I Territori palestinesi intrattengono la quasi totalità dei loro traffici con Israele (circa l’80%) e con la Giordania.

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nel bacino già relativamente meno rilevanti di quelli di altri partner, prevalentemente verso la sponda di appartenenza (Fig. 2).

4. concLuSioni

Le politiche dell’ue non hanno prodotto i risultati attesi e hanno in-

direttamente confermato il persistere di strategie egemoniche dei Paesi europei nei confronti del Mediterraneo, facendo crescere ulteriormente uno scetticismo già forte nei confronti delle proposte di matrice occidentale (THirLwaLL, 2000, pp. 20 e 24; acKerman, 2005, pp. 1 e 23; JoneS, 2006).

Nuove dinamiche politiche ed economiche mondiali hanno modifica- to la mappa degli interessi e delle priorità per i Paesi dell’area: la recente accelerazione dei processi di globalizzazione e i cambiamenti intervenuti sugli equilibri geopolitici hanno offerto nuove opportunità di collabo- razione e scambio a Paesi tradizionalmente, strettamente legati alle (o dipendenti dalle) economie occidentali. Così, alle proposte progettuali di una non ancora sufficientemente coesa riva nord e di un’Unione eu- ropea «politicamente vuota» (campione, 1998, p. 8), alcuni Paesi della

riva sud sembrerebbero opporre l’ambizione di conquistare spazi in cui realizzare le proprie aspirazioni di sviluppo con più ampi margini di li- bertà, come la progressiva polarizzazione dei loro scambi internazionali verso Paesi asiatici emergenti sembra confermare.

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RIASSUNTO – Mediterraneo in trasformazione - La configurazione dello spazio medi- terraneo è il risultato di un lungo processo di confronto, sovrapposizione e integrazio- ne degli obiettivi e delle strategie dettati da istituzioni locali e sovra-locali. I progetti proposti dall’Europa, impregnati di etnocentrismo, sembrano incapaci di stimolare ulteriormente l’interesse degli altri partner mediterranei. Per alcuni Paesi (in parti- colare della riva sud), la progressiva distrazione dalle proposte euro-centriche sembra essere confermata dal loro crescente interesse per le opportunità commerciali offerte da economie emergenti.

SUMMARY – The Mediterranean in transformation - The configuration of the Mediter- ranean space is the result of a long process of discussion, overlapping and integration of the objectives and strategies dictated by local and supra-local institutions. European projects, imbued with ethnocentrism, seem unable to further stimulate the interest of the other Mediterranean partners. The fact that some countries (especially on the southern shore) are paying less attention to the Euro-centric proposals seems to be con- firmed by their growing interest in trade opportunities offered by emerging economies.

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Memorie Geografiche

n.s. 9 (2012) – pp. 45-53

Memorie Geografiche, Oltre la globalizzazione: le proposte della Geografia

Economica, a cura di F. Dini e F. Randelli, ISBN 978-88-6655-307-6 (online)

© 2012 Firenze University Press