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SPAZI AGRIcOlI Ed EquIlIbRI GEOPOlITIcI:

Il cASO dEl SoutheaStern anatolia

ProjeCt (GAP)

1. inTroduzione

Il presente contributo mira ad evidenziare nell’ampio scenario geoeconomico e geopolitico mondiale, la rilevanza che l’evoluzione de- gli spazi agricoli assume nei processi di trasformazione delle relazioni economiche e politiche. Punto di partenza è la riflessione sul tema delle risorse naturali, come i suoli e le acque, quali fattori fondamentali per lo sviluppo e l’incremento di efficienza produttiva del settore primario. Tuttavia in questa sede non interessa evidenziare in via primaria solo le prospettive economiche dell’attività agricola, bensì il grado di rile- vanza territoriale della dinamica degli spazi agricoli.

L’analisi del Southeastern Anatolia Project rappresenta il dato em- pirico relativo alle conseguenze innescate dai piani di sviluppo del set- tore agricolo in nella sub-regione della Turchia. Il progetto si connota per la centralità della risorsa idrica del bacino internazionale del Tigri- Eufrate, quale determinante del valore aggiunto politico ed economico ai suoli della sub-regione dell’Anatolia sud-orientale;per cui al centro di questo contributo sarà la relazione tra i piani di sviluppo degli spazi agricoli e la disponibilità della risorsa idrica ed il suo grado di accessi- bilità fisica e politica.

* Dipartimento di Metodi e Modelli per l’Economia, il Territorio e la Finanza (MeMOteF)

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2. LeriSorSeidricHeinTernazionaLi: impLicazionieprobLemi

Il punto di partenza della nostra riflessioni è connesso con il tema della disponibilità e dell’accessibilità alla risorsa idrica. Nel contesto territoriale di riferimento, la regione dell’Anatolia sud orientale, dove particolari condizioni climatiche, bassi livelli di precipitazioni annua- li (beaumonT, bLaKe e wagaSTaFF, 1976), determinano la dipendenza

dell’attività primaria dal fattore irriguo.

In questa prospettiva, i governi turchi hanno elaborato i progetti di sviluppo territoriale incentrati sull’ampliamento degli spazi agricoli costruendo l’intera strategia sull’accesso alle ingenti risorse idriche del bacino del Tigri-Eufrate.

Sin dall’origine dei primi progetti, risalenti già agli anni Trenta (KibarogLu, 2003), emersero le problematiche connesse con la differen-

ziazione soggettiva e territoriale che caratterizza il bacino idrografico dei due fiumi. In particolare dobbiamo considerare le rivendicazioni di Siria ed Iraq relativamente alla disponibilità ed alla qualità dei flussi a valle dei due fiumi.

In questa sede riteniamo opportuno effettuare alcuni rilievi circa lo status giuridico dei fiumi internazionali, per meglio comprendere i presupposti della conflittualità internazionale, e la rilevanza stessa dei progetti di sviluppo regionale della Turchia.

Dal punto di vista giuridico-amministrativo ci troviamo di fronte ad un emblematico caso di bacino idrico internazionale, concetto accol- to nell’ambito della dottrina e della pratica degli Stati in modo organico solo a partire dalla fine degli anni Cinquanta (caponera, 1980). Il pro-

blema fondamentale si pone circa le modalità di definizione delle forme della sovranità sulle acque del bacino in esame. Nell’ambito dell’evolu- zione della dottrina giuridica, si sono verificate fasi più o meno lunghe caratterizzate dall’opposizione e condivisione delle categorie giuridiche impiegate nella definizioni dei diritti di sfruttamento delle risorse. In particolare i maggiori fattori di opposizione sia teorica, ma riscontra- bile anche nella pratica degli Stati, risiedeva nella differente concezione del livello di sovranità sui fiumi internazionali.

La condivisione del corso del fiume tra più Stati nazionali, oltre ad essere il presupposto per la definizione dello status giuridico inter- nazionale, rappresenta anche il principale fattore da cui originano le possibili controversie sugli usi delle risorse. In particolare attraverso la pratica degli Stati si sono definiti due diversi approcci alle modalità di sfruttamento e di controllo delle risorse internazionali. Da un lato si aveva la cosiddetta dottrina Harmon, che prevedeva l’assoluta sovra- nità dello Stato per la porzione del corso d’acque che interessava il pro- prio territorio, invocata principalmente dagli Stati a monte (nel nostro

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caso dalla Turchia), contro invece quella dell’integrità territoriale basa- ta sul riconoscimento del diritto degli Stati a valle di accedere al flusso naturale dei fiumi.

Il presupposto scientifico e strategico da cui ha mosso l’evoluzione normativa e della prassi degli Stati deve essere ricondotta a due concet- ti fondamentali quali l’interdipendenza e la diffusione (TecLaFF, 1967).

Rispettivamente essi rappresentano i due principali caratteri del con- cetto di bacino idrografico internazionale, che seppur non formalmente, a partire dal 1966 (Tanzi, 2001), in via sostanziale diviene il fondamen-

to scientifico e territoriale del sistema di norme sullo sfruttamento dei fiumi internazionali, codificato nella Convenzione del 1997 nell’ambito dell’attività delle Nazioni Unite.

Il concetto dell’interdipendenza assume valenza non solo in ambito giuridico, quale parametro di riferimento per la definizione dei diritti degli Stati rivieraschi, ma assume una ben specifica valenza politica ed economica, poiché rappresenta il fattore di interconnessione funzionale tra le differenti forme di sfruttamento poste in essere dai differenti attori che insistono sul corso d’acqua. In tale direzione un’ulteriore specifica- zione deriva dalle norme contenute dalla Convenzione del 1997, quan- do all’art.7 pone il divieto di arrecare gravi pregiudizi con la propria attività agli altri Stati. Nella prospettiva di ridurre la conflittualità e configurare ulteriormente il tema dell’interdipendenza quale variabi- le fondamentale nelle dinamiche allocative delle risorse idriche inter- nazionali, anche la Corte Internazionale di Giustizia attraverso alcuni suoi pronunciamenti ha definito l’esistenza di una community of interests, volendo intendere alla scala di bacino la compresenza di un pluralismo di interessi interconnessi.

Il livello di interconnessione non deriva solo dall’appartenenza al- lo stesso sistema idrico, bensì dalla capacità di diffusione dei processi biologici, economici e politici che il fiume internazionale ha all’interno della community of interests.

3. i caraTTerideL sOUtheAstern AnAtOliA prOject (gap)

Il progetto di sviluppo regionale in esame rappresenta uno dei più interessanti strumenti di azione sia sul piano territoriale, sia su quel- lo socio-politico. Il progetto interessa nove province della Turchia sud- orientale (Adiyaman, Batman, Diyarbakir, Gaziantep, Kilis, Mardin, Siirt, Sanliurfa, Sirnak). Il territorio in oggetto è di circa 75.000 kmq, pari a circa il 10% del territorio nazionale; va inoltre osservato che se- condo alcune stime della Fao, sugli 8,5 milioni di ha irrigabili della Tur-

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vista demografico parliamo di una regione con circa 7 milioni di abitanti (10% della popolazione nazionale), con un tasso di crescita del 2,5%, con- tro l’1,8% a livello nazionale (dati Autorità gap, 2009); occorre ancora

rilevare che l’area del gap ricade quasi per la sua totalità in quello che

viene considerato la parte nord del Kurdistan storico, per cui dal punto di vista etnico il territorio delle nove province è a maggioranza kurda: al 2001 la popolazione kurda rappresentava il 23% del totale (cuSHner,

2003). Ciò assegna ai progetti di sviluppo regionale un indubbio valore in termini di coesione e pacificazione nazionale.

A livello internazionale l’area dell’Anatolia sud-orientale rappre- senta un contesto di assoluta rilevanza strategica per la sua posizione relativa agli attori regionali, in particolare Siria ed Iraq e l’intero com- plesso dei Paesi del Centro-Asia. È doveroso inoltre sottolineare che dal punto di vista amministrativo tale territorio controlla l’alto corso dei due fiumi e che rappresenta l’area che contribuisce in maniera predomi- nante al bilancio idrico nazionale, secondo stime della Fao (2008) dall’al-

to corso del bacino deriva il 28% della dotazione idrica della Turchia. La ricchezza di risorse idriche della regione, unita alla qualità dei suoli, fa si che essa rappresenti il contesto ideale per lo sviluppo dell’at- tività agricola (ünver, 1997). Inoltre è utile ricordare che l’ambito terri-

toriale interessato dal progetto rappresenta una delle aree con maggiore dotazione di riserve energetiche e minerali: nello specifico petrolio e fo- sfati (ibidem).

Il progetto dell’Anatolia sud-orientale trova le sue prime formula- zioni già a partire dal 1936, che prevedevano impianti idroelettrici ed irrigui. Il progetto riprese vigore a partire dal 1954, con la creazione di un organismo che curasse lo sviluppo dei progetti idrici. Solo nel 1961 fu istituita la Firat Planning Authority direttamente interessata della realizzazione degli impianti idroelettrici sull’Eufrate. L’evoluzione più significativa si ebbe a partire dal 1980, quando il governo turco intese reinterpretare l’intero progetto di sviluppo ampliandolo, facendone un progetto di sviluppo integrato che assunse l’attuale denominazione di

Southeastern Anatolia Project.

Gli obiettivi del progetto divennero in primo luogo l’ampliamento delle terre irrigue, circa 1,7 milioni di ettari, unita alla creazione di 12 distretti industriali ed alla realizzazione di infrastrutture di traspor- to, tra cui un aeroporto internazionale nella provincia di Sanliurfa. Il progetto non assume solo una connotazione economico-produttiva, ma annovera tra i suoi interventi anche quelli nel settore della sanità e del- la scolarizzazione. L’evoluzione del tessuto produttivo e della dotazione infrastrutturale ha reso così l’Anatolia sud-orientale la regione turca più prossima ai mercati ed agli scenari geoeconomici e geopolitici del Medio Oriente e del centro Asia.

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4. pianidiSviLuppoedipLomaziadeLL’acQua

L’elaborazione del progetto, sebbene avesse una precisa connota- zione nazionale agendo su corpi idrici internazionali, sin dalle sue prime elaborazioni determinò l’insorgere di forti perplessità da parte degli Sta- ti a valle. L’ampliamento degli spazi agricoli pianificato dalla Turchia rivestì da subito un elemento con alto valore strategico, coinvolgendo le ulteriori ipotesi di sviluppo elaborate dalla Siria (schemi irrigui de- rivati dalle acque dell’Eufrate) e il problema dell’approvvigionamento iracheno dal Tigri (beScHorner, 1992).

La possibilità di accrescere gli spazi agricoli turchi e il progetto di uno sviluppo integrato dell’Anatolia sud-orientale dipendeva diretta- mente dalla possibilità di accesso alle risorse, o meglio dalla possibilità di ridurre i flussi a valle per mettere a regime gli schemi irrigui e le cen- trali idroelettriche. Il nodo cruciale di tale situazione dipendeva dalla difficoltà di giungere all’elaborazione di un modello di governance del- la risorsa idrica internazionale alla scala di bacino (FranKS e cLeaver,

2007). Il modello di governance si sarebbe dovuto concretizzare nell’e- laborazione di una regolamentazione condivisa circa il flusso idrico ga- rantito a valle, problema generato dalla differente concezione giuridica e funzionale delle acque del bacino da parte degli Stati in esso compre- si. Nello specifico, la Turchia non ha mai riconosciuto in senso assoluto lo status internazionale alle acque dei due fiumi, mentre gli Stati a valle rivendicavano l’internazionalità dei due fiumi, insieme a diritti di sfrut- tamento storicamente acquisiti.

Sulla base di tali concezioni la Turchia nega l’esistenza dell’obbli- go alla cooperazione ed alla piena informazione su eventuali forme di sfruttamento e modifica dei flussi a valle, mentre sull’altro fronte per ed Siria ed Iraq il riconoscimento dell’esistenza di tali obblighi avrebbe garantito un diritto di veto, giuridicamente fondato, su qualsiasi forma di intervento nell’alto corso del bacino.

L’impossibilità di potersi ingerire, almeno formalmente, nei piani di sviluppo della Turchia, pose le basi per un’azione politico-diplomatica sul fronte delle relazioni geopolitiche a scala regionale, capace di fornire agli Stati a valle una via indiretta di persuasione sui governi di Ankara.

La trasformazione del contesto geopolitico internazionale da bipo- lare a multipolare (beverLeY, 2001), contestualmente alla rivalutazio-

ne sullo scenario geo-strategico dei caratteri territoriali, prima diluiti nelle logiche del conflitto tra i great powers (coHen, 2009), rappresenta-

rono il contesto all’interno del quale conflittualità preesistenti furono arricchite dalle dispute sulle risorse idriche del bacino (LacoSTe, 2002).

In tale direzione, senza naturalmente volere esaurire l’argomen- to sembra opportuno definire in maniera schematica gli elementi che

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concorsero ad amplificare il tasso di conflittualità diretta ed indiretta tra gli attori nazionali del bacino.

Possiamo individuare differenti categorie di fattori tra cui: – fattori etnici;

– fattori economici;

– sicurezza nazionale e regionale; – equilibri post-guerra fredda.

4.1. La diplomazia dell’acqua in azione

Il presupposto di base da cui muovono le considerazioni seguenti poggiano sul concetto dell’interdipendenza fisica, politica ed economica che caratterizza il contesto territoriale del bacino idrografico interna- zionale, reso tale dalla proprietà della diffusione dei processi che eser- cita il corso d’acqua stesso, attraverso l’esistenza di una comunanza di interessi tra i Paesi rivieraschi.

Facendo seguito alla schematizzazione precedente appare opportu- no iniziare questa breve analisi operando un riferimento alle questioni etniche. Come osservato, il territorio interessato dal progetto di svilup- po turco è una regione con una forte componente kurda, tanto che nelle rivendicazioni nazionaliste kurde l’Anatolia-sud orientale rappresenta il nord del Kurdistan storico (gaLLeTTi, 2004). Nella prospettiva nazio-

nale il piano di sviluppo regionale avrebbe potuto ridurre le forme di conflittualità e le contestazioni nazionaliste da parte della minoranza. Tuttavia il problema delle rivendicazioni non aveva un’esclusiva con- notazione nazionale dal momento che Siria ed Iraq, anch’esse interes- sate dalle sollecitazioni kurde, hanno cercato di utilizzare le forme di sostegno politico e finanziario al nazionalismo kurdo, per spingere la Turchia a forme di cooperazione più concrete e significative relativa- mente al problema dei flussi a valle. Tanto è vero che a partire dal 1993 la Siria rinunciò formalmente al sostegno alle operazioni kurde in ter- ritorio turco, in cambio di un’effettiva osservanza degli impegni che la Turchia aveva preso a partire dal 1975, circa la garanzia di un flusso minimo a valle (500 m3/s).

Dal punto di vista strettamente socioeconomico bisogna osservare che sia la Siria, sia l’Iraq avevano necessità simili a quelle della Turchia. Tanto la Siria, come l’Iraq avevano intrapreso contemporaneamente al- la Turchia progetti di sviluppo e valorizzazione delle acque dell’Eufrate (Siria) e del Tigri (Iraq) (maurY, 1990). Entrambi i Paesi avevano pre-

disposto i lori piani in riferimento al flusso naturale dei due fiumi. Nello specifico la Siria aveva stringente necessità di ampliare gli spazi agrico- li nelle aree nord-orietnali del Paese, realizzando un complesso sistema di schemi irrigui nelle regioni dell’Hassakeh, di Dayraz Zor e Raqqa.

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Relativamente all’Iraq dobbiamo operare differenti considerazioni, non solo legate alla necessità di nuovi spazi agricoli, ma anche al pro- blema dell’intero sistema di insediamento della popolazione. Il tasso di dipendenza dai flussi esterni è del 53% per l’Iraq, Paese che si è svilup- pato storicamente tra il corso dell’Eufrate e del Tigri (beaumonT, bLaKe

e wagaSTaFF, 1976; maLinowSKi, 2004). La crescita urbana del Paese – il

dato della Fao del 2009 evidenzia che il 70% di popolazione è urbana – si

è concentrata nei territori all’interno del corso dei due fiumi, suoli pre- cedentemente caratterizzati da una consistente attività agricola (Fao,

1997). L’erosione degli spazi agricoli da parte dello sviluppo urbano im- poneva la necessità di mettere in valore nuovi spazi agricoli attraverso l’attuazione di consistenti piani irrigui. Anche in questo caso la ridu- zione dei flussi a valle, ma anche la riduzione della loro qualità, dovuta alle installazioni industriali della Turchia, pongono seri problemi per i piani iracheni ed i futuri scenari geopolitici.

L’ulteriore livello di interesse di carattere geopolitico relativo ai progetti turchi è quello che interessa le relazioni alla scala regionale. In- fatti, la centralità della Turchia nella politica di allocazione delle risorse idriche, ha fatto si a partire dagli anni Ottanta il Paese divenisse a tutti gli effetti un attore importante nel processo di pace israelo-palestinese, e nella ridefinizione delle relazioni internazionali a scala regionale. Nello specifico la Siria rinunciando a forti rivendicazioni sull’Eufrate ritene- va che la Turchia avrebbe potuto esercitare un qualche ruolo su Israele, soprattutto dopo gli accordi del 1996, in relazione alle Alture del Golan, un’area assai fertile ricca di sorgenti idriche, occupata da Israele nel 1967.

Non bisogna però trascurare un altro dato interessante, vale a dire quello energetico. Sebbene la Turchia stia realizzando un ampio sistema di centrali idroelettriche, per diversificare da un lato e accrescere il po- tenziale energetico a propria disposizione (KiLic, 2007), non è da esclu-

dere nel futuro una politica di maggiori concessioni idriche all’Iraq in cambio di forniture di petrolio costanti ed economicamente vantaggio- se, vista la modesta dotazione di riserve e l’elevato incremento annuo dei consumi energetici turchi (ibidem).

5. conSiderazioniconcLuSive

I cenni proposti in questo contributo fanno emergere con estrema chiarezza la complessità dell’evoluzione delle relazioni politiche e terri- toriali attorno ad una risorsa internazionale. Nello specifico particola- ri forme di intervento di pianificazione territoriale, trovano diffusione nell’intero sistema del bacino, l’unità territoriale che indirettamente abbiamo preso in considerazione.

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Il livello di interdipendenza rappresenta il principale fattore di analisi, ma allo stesso tempo rimane anche l’elemento determinante per la definizione di progetti di sviluppo. In particolare dall’analisi della letteratura specifica, e dallo studio della prassi degli Stati, emerge con chiarezza la difficoltà di giungere a forme di governance complessa dei processi di sfruttamento delle risorse internazionali.

Abbiamo potuto osservare come alle diverse scale territoriali, pro- cessi politici e strategie di sviluppo possano rappresentare una partico- lare forma di relazione territoriale.

Inoltre, emerge ancora come particolari variabili territoriali, quali le minoranze etniche, rappresentino un significativo elemento di com- plessità anche nella prospettiva dell’allocazione delle risorse, siano es- se i suoli o l’acqua. La conflittualità che deriva dall’accesso alla risorsa rappresenta solo una faccia del più ampio complesso della governance delle risorse naturali.

Il tentativo del presente contributo, senza nessuna pretesa di com- pletezza, ha voluto ribadire come nell’ambito scientifico sia necessario ancora approfondire i problemi che derivano da particolari forme di sfruttamento ed allocazione delle risorse naturali. Nello specifico il va- lore dei suoli, delle risorse idriche, quali principali fattori della produ- zione del settore primario, rappresentano ancora un campo di indagine proficuo sia per la geografia economica, sia per la geopolitica.

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