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Sulla moda: due voci femminili nella letteratura spagnola

: nota biobibliografica

2.2 Mercè Rodoreda e la moda

Dietro l’apparenza curata, la morbida chioma canuta, il sorriso aperto di Mercè Rodoreda si nasconde una donna sola, che i dolori della vita hanno temprato. L’immagine della scrittrice catalana, che arriva a noi attraverso le foto di archivio, i video delle interviste e delle apparizioni in pubblico, è quella di una donna molto attenta al suo aspetto, elegante, a tratti originale ma senza eccessi. È una donna che ha vissuto la povertà e la solitudine, per cui gli abiti eleganti e la possibilità di seguire la moda hanno sempre rappresentato un emblema del benessere.

Il ricordo di Baltasar Porcel, che intervistò la scrittrice nel 1966, raccoglie questo profondo contrasto, nel fisico e nel modo di vestire, che sembra confermare ulteriormente come in tutte le sue protagoniste ci sia un po’ di lei:

La escritora es una mujer baja, más bien delgada, de constitución, al parecer, débil. Su fisonomía es de una belleza correcta, piel fina y de matización rosada, frente amplia, con tres o cuatro largas insinuaciones de arruga. La nariz, un poco curvada; los ojos, azules. Un hecho importantísimo gravita sobre el rostro, sobre toda su figura: los cabellos, absolutamente blancos –me han dicho que a los treinta años de edad ya los tenía así–, más bien cortos, peinados con ondulaciones. Viste rigurosamente de negro: el contraste con el rostro es agudísimo. También las medias son negras, de esa malla de red y con bordados de arabescos, que hace un par de años aparecieron en revolucionaria moda. Falda negra, chaqueta negra de grandes solapas. Y una blusa como flamenca: blanca y de pecas redondas, oscuras y grandes que, en el cuello, se alborotan formando volantes. En conjunto, una mezcla de reposo y de nervio, una apariencia que va de la inocencia a la firmeza.194

Chi l’ha conosciuta ricorda la sua capacità seduttiva e il suo sguardo intrigante, assieme ad una smodata passione, oltre che per i fiori, per i gioielli. Tísner, illustratore dei racconti rodorediani su La Publicitat, dipinge la Mercè degli anni Trenta come una ragazza affascinante, «una noia molt agradable, simpàtica, riallera, amb una facilitat per a riure, vestia bé, era una noia molt moderna, molt eixerida, molt diferent de la noia habitual […], era molto berta i autènticament seductora»195. L’amica Anna M. Saludes, invece, cita la passione della scrittrice per i preziosi: «sentia una atracció extasiada per

194 Baltasar Porcel, “Tres imágenes de la escritora. Mercè Rodoreda o la fuerza lírica”, in Joaquim Molas

et al. (eds.), Mercè Rodoreda: una poética de la memoria, Barcelona, Fundació Mercè Rodoreda–Institut d’Estudis Catalans, 2002, p. 12.

195 «Una muchacha muy agradable, simpática, risueña, de risa fácil, vestía bien, era una chica muy moderna, muy despierta, my diferente de la chica habitual [...], era muy abierta y auténticamente seductora». Le parole di Avellí Artís Gener, alias Tísner, sono tratte, nella versione catalana e castigliana da “Mercè Rodoreda. Joc de Miralls”,<http://www.lletra.cat/expo/mercerodoreda/>.

les joies. Així que va poder pemetre-s’ho, no es va pas estar de comprarse’n algunes i, fins i tot, de regalar-ne. Solia dur sempre un extraordinari braçalet d’or, antic, en forma de serp articulada, amb dos robins per ulls». Il bracciale a forma di serpente con occhi di rubino, probabilmente acquistato da un antiquario a Parigi, con i guadagni che le vennero dalla pubblicazione dei Vint-i-dos contes, era una sorta di amuleto da cui non si separava quasi mai; continua Saludes, «era una polsera fantastica. Un símbol ple de significats del misteri; congenial a ella»196. Il valore allegorico degli oggetti, in particolare di accessori e gioie, si palesa fortemente nei romanzi di cui si propone un’analisi, in particolare in Mirall trencat, in cui appare un bracciale a forma di serpente, che ricorda quello posseduto dall’autrice, ma dove è una spilla, un ramo fogliato, a svolgere una funzione importante di testimone legato a tre generazioni di donne.

La critica è unanime nel rilevare in tutta l’opera rodorediana una vera e propria poetica simbolica degli oggetti, un’espressione creativa che riguarda, in particolare, abiti, accessori e la manualità sartoriale:

a lo largo de sus obras, gracias a su enorme fuerza lírica, Rodoreda desarrollará una verdadera retórica de los objetos (joyas, vestidos, etc.) y creará una narración que destacará por su gusto por los detalles, por las imágenes y por los símbolos [...].197

Nelle Cartes a l’Anna Murià emerge la grande passione della scrittrice per gli abiti e per gli accessori preziosi: la stessa Murià ricorda che a Rodoreda «piaceva vestirsi bene, e disegnava e cuciva da sola i suoi vestiti»198. L’abito «di garza nera con stelle ricamate,

pailletes, un bel braccialetto e molte paia di scarpe eleganti»199 che popolano i sogni della giovane scrittrice esiliata, rappresentano l’incarnazione di una condizione a cui Rodoreda aspira, oltre a un vezzo femminile e a un motivo per sognare e non soccombere; in una situazione che metteva a dura prova la sua stessa dignità, il desiderio di un abito da sera luccicante sembra essere, infatti, l’unico motivo per

196 «[...] sentía una atracción extasiada por las joyas. En cuanto pudo permitírselo, no se privó de comprarse algunas, e, incluso, de regalar. Solía llevar un extraordinario brazalete de oro, antiguo, en forma de serpiente articulada, con dos rubíes por ojos. [...] Era una pulsera fantástica. Un símbolo lleno de significados misteriosos; congenial a ella». Tratto da “Mercè Rodoreda. Joc de Miralls”, <http://www.lletra.cat/expo/mercerodoreda/>.

197 Xavier Pla, “Mercè Rodoreda o una poética de la conciencia literaria”, in Molas et al. (eds.), Mercè

Rodoreda: una poética de la memoria, op. cit., p. 76.

198 Clara Romanò, “A colloquio con Anna Murià”, in Rodoreda, Un vestito nero con pailletes. Lettere

1939-1956, op. cit., p. 15.

continuare a vivere, non lasciandosi abbattere dalla sofferenza e dal dolore che scandiscono l’esperienza francese e svizzera. L’epistolario, che nella sua prima edizione catalana del 1985 riporta venti missive inviate da Rodoreda ad Anna Murià, e l'unica lettera conservata della Murià a Mercè Rodoreda, rispedita al mittente a causa dell'occupazione tedesca in Francia, è un esempio importante di come le “scritture del sé”, specie in ambito femminile, siano un archivio di emozioni e sensazioni vissute e riportate nella loro immediatezza. In queste lettere ritroviamo la vanità di Rodoreda, molto apprezzata dagli uomini parigini soprattutto quando indossava un cappello con veletta lunga fino ai talloni (prima lettera, senza data); il suo desiderio di lavorare per poter guadagnare e permettersi degli abiti che facciano capitolare qualche cuore (lettera del 3 maggio 1940); i suoi sbalzi d’umore, che fanno cambiare il suo «stato d’angoscia come vestito e da quello blu [passa] a quello giallo che è ancora peggio»200 (lettera del 29 febbraio 1945); la sua maestria nel realizzare camice da notte e combinazioni201 per una boutique con solo una macchina da cucire e un manichino, che non può sopportare (lettera del 29 febbraio 1945).

La moda è, dunque, parte integrante della vita di Mercè Rodoreda, non solo come donna, ma anche come sarta: il suo lavoro da costurera, con grande fatica e sacrificio, mantiene sia lei che Armand Obiols negli anni della Seconda Guerra Mondiale, fino al 1947. La disperazione e l’indigenza che vivono i due è tale che Mercè giunge a chiedere all’amica Anna, stabilitasi a Santo Domingo, un vestito, più precisamente, una stoffa per farsi un tailleur, «color grigio chiaro o marrone o nero o a quadretti bianchi e marroni»202, della stoffa per cucire alcune combinazioni e alcune paia di calze, promettendole, in una lettera del dicembre 1945, di cucirle una camicetta, quando rientreranno in patria e potrà finalmente esaudire il suo sogno di aprire un negozio a Parigi. In una missiva dell’anno dopo, forse sentendosi umiliata, ritratta la richiesta, rendendosi conto che il desiderio di un vestito da sera e un gioiello sono al momento

200 Rodoreda, Un vestito nero con pailletes. Lettere 1939-1956, op. cit., p. 36.

201 Il termine indica la traduzione del catalano combinació ([1803; del ll. td. combinatio -ōnis, íd.], 3 INDUM Peça de vestir interior femenina, sense mànigues, de cotó, seda, niló, etc., que va sota el vestit, da <http://www.diccionari.cat/>). Anche in castigliano il termine combinación indica il capo intimo femminile ([del lat. combinatĭo, -ōnis],7. f. Prenda de vestir que usan las mujeres por encima de la ropa interior y debajo del vestido, da <http://www.rae.es/recursos/diccionarios/drae>). In italiano, il termine

combinazione, ormai desueto si riferisce a «sottoveste entrata a far parte dell’abbigliamento femminile alla fine del sec. 19°, così chiamata in quanto sostituiva il due pezzi, copribusto e gonna, precedentemente in uso» (Vocabolario Treccani, <http://www.treccani.it/vocabolario/combinazione/>).

irrealizzabili, considerando le priorità del momento: effettivamente nella sua quotidianità non le sarebbero utili. Il tono disincantato e sognante con cui Rodoreda scrive giunge al lettore in tutta la sua disperazione, provocando una sensazione di impotente pietà di fronte a desideri tanto banali quanto impossibili da realizzare in quel contesto storico.

I dettagli del vestire di cui Rodoreda scrive alla Murià hanno lo stesso grado poetico e la stessa potenza espressiva delle descrizioni romanzate:

La pelle rosata delle scollature, il luccichio degli occhi, i musicisti impeccabili, lo splendore dei cristalli dei lampadari, il colore del tappeto, la morbidezza del velluto dei parapetti delle logge, le signore che scendono superbe dalle automobili e salgono le scale della hall sollevandosi la gonna e convinte di essere il centro dell’universo.203

del racconto Ballo al Liceu, che Rodoreda ha in programma di scrivere, sono le stesse preziose immagini della fuga al Liceu di Cecilia (El carrer de les Camèlies) o della notte a teatro di Teresa Goday (Mirall trencat).

Il difficile rapporto con la propria femminilità, di cui la moda è un aspetto fondante, è palpabile nelle confessioni della scrittrice e si riflette verosimilmente anche in tutte le protagoniste dei suoi romanzi: la difficoltà di rispecchiare il canone femminile tradizionale di moglie e madre è un tratto biografico che la accomuna ai suoi personaggi, fomentando, indirettamente, il dibattito sulla differenza di genere e sul trattamento riservato alle donne durante la Guerra Civile e il franchismo; come sostiene anche Neus Carbonell, «Rodoreda literaturiza al llarg de la seva producció la difícil relació de la dona amb la feminitat […], amb l’amor i amb la diferencia dels sexes. […] la feminitat apareix com una forma d’alienació del subjecte»204.

È possibile identificare la moda del mondo femminile creato da Rodoreda come elemento storico e culturale, materia del sogno e principio propulsore della memoria, quando non come mezzo per la costruzione di un’identità femminile altra rispetto al

cliché voluto da un contesto storico-sociale difficile.

203 Rodoreda, Un vestito nero con pailletes. Lettere 1939-1956, op. cit., p. 52.

204 Neus Carbonell, “La representació de la feminitat en l’obra de Mercè Rodoreda”, Escola catalana, 449, 2008, p. 8.

2.3 Il ritratto di un Paese in conflitto: La plaza del Diamante (1962)