• Non ci sono risultati.

Il ritratto di un Paese in conflitto: La plaza del Diamante (1962) Il 1962 è un anno di svolta per il romanzo spagnolo che, con la pubblicazione di Tiempo

Sulla moda: due voci femminili nella letteratura spagnola

: nota biobibliografica

2.3 Il ritratto di un Paese in conflitto: La plaza del Diamante (1962) Il 1962 è un anno di svolta per il romanzo spagnolo che, con la pubblicazione di Tiempo

de silencio di Luis Martín Santos, rompe con gli schemi e le strutture del romanzo sociale imperanti durante gli anni Quaranta e Cinquanta, per aprire la letteratura peninsulare al rinnovamento tematico e stilistico.

Nello stesso anno, dall’esilio svizzero, Mercè Rodoreda, grazie all’intercessione di un entusiasta Joan Sales, pubblica con il Club dels Novel·listes La plaça del Diamant205, «una novela que va mucho más allá de lo que se suele calificar de novela»206, pietra miliare della letteratura catalana207 e punto di svolta nell’amara vicenda dell’autrice di Sant Gervasi, che solo attraverso la scrittura riesce a mantenere un legame con la patria lontana e la propria lingua materna. Sono precisamente i luoghi dell’infanzia e dell’adolescenza di Rodoreda a fungere da scenario alla storia di Natalia, in quella che per molti risulta l’evocazione nostalgica e a tratti ironica di una Barcellona ormai perduta, cancellata dalla guerra, che l’autrice ha scorto durante le brevi visite alla fine degli anni Quaranta. Bou sottolinea come lo spazio rappresenti, in questo romanzo, un’allegoria dello stato emotivo e della parabola evolutiva della protagonista, e come

Rodoreda’s use of interior and exterior settings can be decoded as an allusion to the main opposition of the novel, between an internal fight –that of Colometa trying to become Natalia– and an external one –that of Natalia trying to find her way out, physically and emotionally, of the past in which she was trapped.208

Come nella maggior parte dei romanzi rodorediani, il personaggio principale, una giovane donna abbandonata e fragile, vive l’iniziazione al mondo degli adulti e alla vita in modo brusco, intraprendendo un viaggio fisico e metaforico che la cambierà per sempre:

205 La plaça del Diamant è stato composto tra il febbraio e il settembre del 1960 a Ginevra, come riporta l’indicazione nell’ultima pagina del romanzo. La prima edizione in spagnolo è quella tradotta da Enrique Soto per Edhasa nel 1965; nel 1982 esce una seconda traduzione a cura di Secundí Suñé e Joaquim Dols per HMB. L’edizione utilizzata è La plaza del Diamante, traducción de Enrique Soto, Barcelona, Edhasa, 2009. Nelle note, da qui in poi, verrà indicata con la sigla PD. Tre sono le traduzioni italiane dell’opera:

La piazza del Diamante, traduzione dal catalano di Giuseppe Cintioli, Milano, Arnoldo Mondadori, 1970;

La piazza del Diamante, traduzione dal catalano di Ana María Saludes i Amat, Torino, Bollati Boringhieri, 1990; La piazza del Diamante, traduzione dal catalano di Giuseppe Tavani, Roma, La Nuova Frontiera, 2008.

206 Rodoreda, “Prólogo de la autora”, Espejo Roto, op. cit., p. 16.

207 Secondo un’inchiesta svolta da importanti critici letterari per Serra d’Or, il romanzo è giudicato il più importante della letteratura catalana scritto tra il 1939 e il 1964.

és innocent sempre, al llarg de tota la història. Abans de la guerra, ès un moble per al seu marit i amb grans espants pareix dues criatures. Durant la guerra, és una dona aterrida que fa la seva pròpia revolució desfent-se dels coloms del marit que li han pres l’espai de la casa i les ganes de viure. Desprès de la guerra, és una mare a punt de matar els fills i de suïcidar-se que és salvada per un altre antiheroi, com ella.209

Il trascorrere del tempo è qui, come negli altri romanzi che prenderemo in analisi, e, più in generale, nell’intera opera di Rodoreda, il tema centrale attorno a cui ruotano le angosce e i timori di una donna, Mercè, che si trova ogni giorno a dover combattere con i fantasmi del passato, con un presente doloroso e un futuro incerto.

Nel caso de La plaça viviamo l’evoluzione della protagonista «d’una manera quotidiana, a través d’una vida que podem denominar la corrent de les dones d’una època […], però travessada per la guerra»210. La prospettiva femminile dominante, che accosta «prima che logicamente eventi, persone e ricordi […] [in una narrazione] dove l’attenzione è sempre alle cose e mai all’astrattezza della teoresi»211, scopre Natalia come donna, moglie e madre, facendo aderire il suo ritratto a quello voluto dal regime e regolamentato dalla Sección Femenina, vigente nella Spagna franchista fino agli anni della pubblicazione del romanzo. L’inferiorità intellettuale e spirituale che il regime fomenta viene rafforzata dalla pesante matrice cattolica della dittatura, oltre che da alcune correnti ideologiche ottocentesche, come l’irrazionalismo, il nazionalismo conservatore e il biologismo. La propaganda franchista e l’opera di raggruppamento attuata dall’organizzazione presieduta da Pilar Primo de Rivera esaltano la donna per le sue virtù fisiche e morali, che la distinguono dall’uomo, ma, nello stesso tempo, vincolano la sua libertà e la sua crescita al sesso forte in termini educativi, lavorativi e decisionali. La giovane rappresenta perfettamente questo canone e diventa emblema del grido disperato lanciato nella solitudine dell’esilio rodorediano. L’isolamento di Natalia, costretta nella sua fragilità ad obbedire totalmente al marito, evoluzione della soggezione paterna, incarnazione del mondo patriarcale e maschilista del regime, che stravolgerà persino l’identità della ragazza, cambiandole il nome in Colometa, è metafora della segregazione a cui sono costretti i deboli e gli oppressi dal franchismo, come la stessa Rodoreda, isolata e abbandonata, per essere donna, catalana ed esule. Il

209 Mercè Ibarz, in “Mercè Rodoreda. Joc de miralls”, <http://www.lletra.cat/expo/mercerodoreda/>. 210 Arnau, Mercè Rodoreda. Una biografia, op. cit., p. 115.

211 Neria De Giovanni, “La grande narrativa femminile catalana: Mercè Rodoreda”, Revista de l’Alguer, vol. 2, 2, 1991, p. 188. Le parole tra parentesi quadre sono mie.

senso di oppressione che avvolge la vicenda della coppia protagonista testimonia ancora una volta la forte natura autobiografica dell’opera: per la scrittrice, infatti, il rapporto amoroso, con il marito prima e con Obiols poi, rappresenterà una continua sofferenza. Il tema dell’identità e di un io nascosto che fa fatica ad emergere, per le avverse condizioni sociali in cui vive, si ritrova spesso nei romanzi rodorediani; come sottolinea Angiolillo, tanto ne La plaza del Diamante, quanto in La calle de las Camelias e in

Espejo roto, che prenderemo in analisi successivamente, «la conquista de un “yo” […] es lo que va a mover a esas tres mujeres»212. Con motivi e obiettivi distinti, esse sono sempre mosse dal desiderio di far emergere e consolidare la propria identità di donne in un mondo maschilista.

Il romanzo si apre con il ballo nella piazza del Diamante; sin dal principio ci si rende conto di come i dettagli e le descrizioni puntuali caratterizzino lo stile rodorediano, lineare e fresco, caricandosi di forti significati simbolici.

Il primo elemento simbolico, rilevante per la nostra analisi che ha come oggetto la moda, è l’abbigliamento totalmente bianco con cui Natalia si reca al ballo, anticipazione del vestito da sposa che la ragazza indosserà al matrimonio con Quimet, incontrato proprio la sera della festa cittadina:

Iba de blanco de pies a cabeza; el vestido y las enauguas almidonadas, los zapatos como un sorbo de leche, las arracadas de pasta blanca, tres pulseras de aro que hacían juego con las arracadas y un bolso blanco, que la Julieta me dijo que era de hule, con el cierre en forma de concha de oro. [...] La cinta de goma de las enaguas que tanto trabajo me había costado pasar con una horquilla que se enganchaba, abrochada con un botoncito y una presilla de hilo, me apretaba.213

Il bianco, che la ragazza era stata abituata a indossare sin da piccola («mi madre me había acostumbrado a llevar vestidos blancos»214), secondo la simbologia dei colori, rappresenta un non-colore o la somma di tutti i colori; simboleggia l’innocenza, la purezza, la verità ma, nello stesso tempo, è associato al pallore della morte.215 Questa

212 Francesca Angiolillo, “Tres novelas de Mercè Rodoreda”, Revista de la Universidad de México, 10, 2004, p. 46.

213 PD, p. 9. 214 PD, p. 192.

215 Il Diccionario del color Akal (2001) riporta tale ambivalenza: «La ambivalente significación del blanco gira, principalmente, alrededor del concepto de tránsito pasivo y puro. Su connotación solar y oriental (asociada al tránsito del alba), brillante, cálida y masculina, gira en torno a la idea de renacimiento; su identificación lunar y su sugerencia occidental (asociada al tránsito del ocaso), mate, fría y femenina, en torno a las ideas de la decadencia y de la muerte. [...] la significación transitiva de este color ha llegado a nosotros con una ambigua carga simbólica de pureza, en la que laten, simultánea y

duplice essenza si ritrova anche nell’esperienza del ballo, vissuta da Natalia con la gioia e la spensieratezza della sua giovinezza ma contemporaneamente associata all’incontro con Quimet, che si trasformerà in una sorta di carceriere per la ragazza.

Rodoreda si sofferma, in maniera meno dettagliata, anche sull’abbigliamento di Quimet, che «llevaba una camisa blanca con rayitas azules, arremangada sobre los codos y con el botón del cuello desabrochado»216, e dell’amica Julieta, che con il suo vestito giallo orlato di verde, contrasta nettamente con il candore di Natalia.217 È proprio l’abito bianco, assieme agli accessori, a rendere Natalia una colomba agli occhi di Quimet. Il corteggiamento serrato durante il ballo e la fuga della ragazza, che, letteralmente, vola via dalle braccia dello spasimante, corroborano l’idea simbolica trasmessa dall’abito bianco. Nella sua corsa Natalia, ormai già Colometa, soffre per la cintura che le cinge la vita, per la sottoveste che cade e la fa quasi inciampare, ma soprattutto per la pressione del ragazzo che la insegue. Il ritmo incalzante della narrazione riflette bene lo stato d’animo della protagonista durante la fuga.

Anche il secondo appuntamento dei due si apre con la descrizione dell’abbigliamento di Natalia, che pur di apparire bella soffre il freddo:

Me había puesto el vestido de color de palo de rosa, un poco demasiado ligero para aquel tiempo, y tenía la piel de gallina cuando esperaba a Quimet en una esquina. [...] los pies me dolían de tanto estar parada porque llevaba zapatos de charol, de mucho abrigo[...]. 218

In questo quadro a tratti malinconico e a tratti incantevole si innesta il difficile carattere di Quimet, che perentoriamente fa capire a Natalia-Colometa come debba adeguarsi alle sue volontà e al suo modo di vedere le cose, adducendo una presunta ignoranza delle donne rispetto alle questioni del mondo. Nella stessa sequenza, nuovamente, Natalia tenta di spostare l’attenzione sul suo abito, elemento reale e concreto, frutto di un pensiero ponderato, facendo notare al ragazzo che una bimba su una panchina del Parc

contradictoriamente, la renovación y la despedida, la sumisión iniciática y el sudario final» (Juan Carlos Sanz, Rosa Gallego, Diccionario del color, Madrid, Akal, 2001, pp. 172-173).

216 PD, p.11.

217 Il giallo nella simbologia popolare è un colore ambiguo, poiché associato al sole, all’allegria e alla vivacità, ma anche all’invidia e al tradimento. L’etimologia della parola, dal latino amarellus, lo lega al pallore. In psicocromatica l’appartenenza alla gamma dei colori caldi lo rende una tonalità adatta allo sviluppo di processi dinamici. La sua somiglianza all’oro e al Sole determinano la valenza simbolica di colore eterno. Nello stesso tempo tale tonalità è associata all’estate e all’inizio dell’autunno, a simboleggiare l’inizio della decadenza e di una delusione. In questo senso, alcune volte sostituisce il nero come presagio di morte. Altrettanto ambiguo è il verde, che esprime il fiorire della speranza e nello stesso tempo l’immaturità.

Güell indossa un vestito dello stesso colore: all’innocenza di Natalia corrisponde la totale indifferenza di Quimet, una costante del rapporto tra i due.

Durante il fidanzamento Quimet continua l’opera di annientamento dell’identità della giovane protagonista, prendendo a modello la madre anche per quanto riguarda l’abbigliamento:

Me hizo pararme delante de un escaparate lleno de ropa de confección, ¿ves?, cuando estemos casados te haré comprar delantales como ésos. Yo le dije que parecían del hospicio y él dijo que eran como los que llevaba su madre [...]. Era una señora menuda como una ardilla, peinada de peluquería, con muchas ondas. Tenía la casa llena de lazos.219

La madre di Quimet incarna l’esatto prototipo di moglie e madre promosso dal regime: una donna concreta, dedita alla casa e ai figli, senza velleità di realizzazione personale, Natalia viene velatamente invitata a seguire tale esempio, indebolendo ulteriormente la sua già fragile personalità.

La giovane, sola, orfana di madre e con un padre autoritario che ha abbandonato la famiglia, può contare sull’appoggio di Enriqueta, una figura femminile adulta, positiva e amorevole, che Rodoreda, come consuetudine, descrive attraverso alcuni dettagli, tra cui l’abitudine di indossare sempre, sia d’inverno che d’estate, calze bianche e scarpe nere. I consigli della donna, una seconda madre per Natalia, ricalcano comunque quelli del pensiero corrente del tempo, per cui il principale obiettivo di una ragazza doveva essere sposarsi giovane con un buon marito per poter avere una bella casa. È la stessa Enriqueta ad accompagnare la giovane a comprare la stoffa per cucirsi l’abito da sposa. Nelle cruciali sequenze del matrimonio, che segna un radicale cambiamento per Natalia, Rodoreda non fornisce dettagli sull’abito della sposa, «blanco con falda larga»220, né su quello dello sposo, vestito di scuro, ma si sofferma su quello degli invitati: «[…] la madre de Quimet, con un vestido de seda negro que cuando se movía crujía por todas partes. Y la Julieta con un vestido de encaje de color ceniza con un lazo rosa»221. È interessante rilevare come il cerimoniere avesse suggerito che la sposa vestisse di bianco, non per rispettare una tradizione o assecondare un desiderio personale, ma semplicemente perché chi l’avesse vista avrebbe saputo che era una sposa. Ecco che in questo caso l’apparenza supera l’essenza; traspare dalla narrazione la rassegnazione di

219 PD, p. 22. 220 PD, p. 40 221 Ibid.

Natalia ad un matrimonio che prevede già infelice ma necessario per una ragazza della sua età. Giacomotti sottolinea come per le spose il vestito bianco, simbolo di purezza e verginità, sia una tradizione antica ma ondivaga, affermatasi con la diffusione della stabilità economica durante il regno della regina Vittoria e aggiunge, suffragando l’idea di Rodoreda, che nel matrimonio «l’abito ha una rilevanza e un valore sociale quanto personale, e che la legittimazione pubblica è un passaggio fondamentale perché l’abito acquisti formalmente significato»222: tale veste non è per Natalia l’abito simbolo di un forte sentimento che la lega a Quimet, ma è un abito che incarna il riconoscimento da parte della società di uno status acquisito. Contemporaneamente quest’abito è anche «il simbolo dell’esistenza che avrebbe potuto essere, e che invece non sarà»223, trasfigurando l’essenza di mero indumento e diventando metafora di una vita e, nel caso di Natalia, della rinuncia alla propria libertà. Ecco che il bianco che la vestiva al primo incontro con Quimet scandisce un altro punto di non ritorno nella sua esistenza, che presagiamo carica di sofferenza e sottomissione. In tal senso è possibile evocare un parallelo tra Natalia e la Lolita di Nabokov, in cui «abito e accessori da sposa non sono messaggeri di gioia e di vita, ma di morte»224. Intendiamo questa morte non nel senso di decesso, anche se in un certo senso il legame con Quimet annienta il carattere e la personalità di Natalia, ma come trapasso dal mondo della giovinezza a quello della maturità, con un’idealizzazione dell’abito da sposa, uno e unico, come segno tangibile di tale trasformazione.

Il ballo, presente all’inizio del romanzo come momento di socialità e di aggregazione, nella sequenza nuziale diventa un motivo per focalizzare l’attenzione sulla protagonista e i suoi gesti:

Comimos muy bien y después de comer tocaron música de discos y todos a bailar. Mi padre bailó conmigo. Yo bailaba con el velo y al final me lo quité y se lo di a la señora Enriqueta para poder bailar mejor. Y cuando bailaba me recogía la falda porque tenía miedo de que me la pisasen y con Mateu bailé un vals y Mateu bailaba bien y me llevaba como a una pluma, como si no hubiese hecho en la vida otra cosa que bailar de tan bien que me llevaba.225

La cura per il dettaglio, specialmente materiale, sensoriale e cromatico, è una costante dello stile rodorediano e si inserisce tra le fluenti sequenze narrative come espressione

222 Giacomotti, La moda è un romanzo, op. cit., p. 104. 223 Ivi, p. 108.

224 Ivi, p. 119. 225 PD, p. 42.

del punto di vista della protagonista: nel suo ruolo di narratrice, attraverso il discorso indiretto libero che «agisce in prima persona come una sorta di ininterrotto dialogo-confessione»226, Natalia fa arrivare al lettore le sensazioni dei momenti cruciali, filtrandole attraverso evocativi quadri descrittivi che ricreano l’ambiente e l’atmosfera, e contribuiscono alla caratterizzazione dei personaggi.

La scelta di un vestito nuovo per sorprendere il marito fa parte di quelle attenzioni che Natalia ha nei primi mesi del matrimonio e che le ricordano i pochi momenti di spensieratezza della sua convivenza:

[…] estrené el vestido de color castaña con un cuello muy fino de color crema, que me había hehco yo misma. Toda la falda era plisada y toda la delantera se abrochaba con pequeños botones dorados.227

Una volta ancora l’abito diventa il motore di un pensiero, di un’azione e di una situazione che racconta l’intimità e la freschezza di una giovane coppia di sposi, andando oltre la mera funzione pratica.

Ben presto il desiderio di diventare padre di Quimet si riversa sulla giovane moglie: Natalia, terrorizzata dalla morte per parto, che rischierà con la secondogenita Rita, vive la situazione con angoscia e apprensione, ricordando come, per raggiungere l’obiettivo, il marito le «hacía ver las estrellas»228 in molteplici semanas de boda che andavano ben oltre la normale intimità. È in questi commenti ironici e amari che emergono lo stile schietto e delicato dell’autrice, oltre al suo pensiero riguardo le varie situazioni della vita coniugale; la maternità difficile è, come già sottolineato nella nota biografica, un elemento onnipresente della narrativa rodorediana, proprio per il suo intimo legame con la vicenda personale della scrittrice.

Il forte controllo esercitato dal marito su Colometa si manifesta nella quotidianità e nei rari momenti di festa, scanditi dai malumori dell’ombroso Quimet, che anche la moglie è costretta a pagare, come ripete più volte, rinunciando ai momenti di libertà che la porterebbero a vivere una qualche forma di socialità, resa, in tal modo, quasi inesistente. Per un attimo Natalia si oppone a questo controllo estremo, mossa dall’ardente desiderio di conoscere il mondo e vivere la sua libertà, come in occasione della fiesta Mayor nella plaza del Diamante, in cui può riassaporare i piccoli piaceri della vita:

226 De Giovanni, “La grande narrativa femminile catalana: Mercè Rodoreda”, art. cit., p. 185. 227 PD, p. 45.

Toda la calle estaba llena de alegría y pasaron chicas guapas con vestidos muy bonitos y en un balcón me tiraron una lluvia de papelitos de todos los colores y yo me metí unos cuantos muy adentro del pelo para que se quedasen allí.229

L’associazione di descrizione e narrazione, e l’incalzante ritmo con cui Rodoreda costruisce il periodo sembrano riflettere la frenesia e la gioia di vivere di Natalia, che, ben presto, si ritrova a riassettare e riordinare la biancheria in casa, mentre fuori la festa esplode. La sottomissione di Natalia raggiunge un livello rilevante quando il marito, disteso a letto perché dolorante, le chiede di togliergli le scarpe e mettergli le ciabatte «de cuadritos, de dos colores, café con leche»230. La caratterizzazione puntuale di un elemento insignificante come un paio di zapatillas è notevole in questo caso poiché ribadisce l’importanza di elementi comuni e apparentemente banali rispetto alle aspirazioni e ai desideri della giovane. Come sottolinea Neria De Giovanni, tale modo di scrivere è tipico della visione femminile del mondo, di quella “visione dal basso” che