• Non ci sono risultati.

I SISTEMI PENSIONISTICI, LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE E LE ASSICURAZION

2.2 Metodi di calcolo

2.2.1 Metodo di calcolo retributivo

Il calcolo della pensione si basa su determinati parametri (coefficiente di rendimento, anzianità contributiva, retribuzione/reddito pensionabile).

Le entrate contributive finanziano le prestazioni correnti e non costituiscono riserve.

Il metodo retributivo tende a mantenere una più stretta relazione tra il reddito percepito durante la vita lavorativa, specie dell'ultima fase, e quello da pensionato.

La determinazione della prestazione è data dalla retribuzione pensionabile di rifermento, dal coefficiente di rendimento (β = 2%) e dal numero di anni di contribuzione.

La prestazione pensionistica P è ottenuta moltiplicando Rp (la retribuzione pensionabile) per β (l’aliquota di rendimento) per N (anzianità contributiva):

P = β Rp N (2.1)

Poiché l'aliquota di rendimento β= 2% per un numero di anni di anzianità contributiva pari a 40 (con le precedenti normative), il pensionato percepirà l'80 per cento della retribuzione pensionabile.

37

Ovviamente anche in questo metodo è prevista una durata di percezione della pensione collegata alla sopravvivenza. Qualora tale durata risulta maggiore (oltre i 20 anni), l'equilibrio finanziario ne risentirà, aggravando le uscite, poiché la prestazione erogata è stabile nel tempo, indipendentemente dall'età di pensionamento, a differenza del metodo contributivo, che calcola l'allungamento della vita per determinare il corrispettivo.

Nel corso del tempo le varie riforme hanno operato sulla parametrizzazione di alcuni elementi quali l'aumento dell'età, la mancata o ridotta rivalutazione all'inflazione, l'eliminazione dell'aggancio alla dinamica salariale per la sostenibilità finanziaria.

La riforma Fornero stabilisce la fine definitiva del metodo retributivo, che sopravvive, in parte, solo per chi aveva 18 anni di contributi nel 1995, quindi per coloro che avevano iniziato a lavorare dal 1977 o da prima. Per costoro il calcolo con il metodo contributivo si applica pro-rata cioè sui redditi da lavoro dall'anno 2012.

2.2.2 Metodo di calcolo contributivo e la legge Fornero

E' un metodo di calcolo della pensione che si basa sull'ammontare dei contributi dell'intera vita lavorativa accreditati e rivalutati ogni anno in base a coefficienti di rivalutazione. Al momento dell'erogazione della prestazione, al montante contributivo così ottenuto si applicano i coefficienti di trasformazione (periodicamente definiti in base all’aspettativa di vita della generazione/coorte),

che variano in base all'età del pensionamento, alla durata media della vita e ad un tasso di interesse previsto per la trasformazione del montante in rendita.

Il metodo di calcolo contributivo, tuttavia, non può tener conto della differenziazione della speranza di vita. Inoltre provoca un trattamento diverso tra individui della stessa coorte, che decidano il pensionamento prima o dopo l'aggiornamento dei coefficienti di trasformazione.

E' entrato definitivamente in vigore per tutti i lavoratori il 1° gennaio 2012.

Il tasso di rendimento è legato all’andamento del PIL, cioè all’andamento dell’economia italiana (nello specifico il tasso annuo di capitalizzazione è dato dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo nominale, con riferimento al quinquennio precedente), per consentire al lavoratore di contenere la diminuzione del potere di acquisto della moneta.

In ogni caso, l’adozione del metodo contributivo per il calcolo delle pensioni consentirà di evitare che il debito previdenziale cresca indipendentemente dall’andamento della disponibilità di risorse da parte dell’economia nazionale, migliorando la sostenibilità finanziaria del sistema e scaricando gli oneri sulle successive generazioni.

Tale metodo non risulterà "generoso" come quello retributivo ed inoltre, tramite i "coefficienti di trasformazione", correlerà la prestazione previdenziale alla speranza di vita, determinando una riduzione. Infatti in tali coefficienti è inclusa la durata probabile del periodo di pensionamento cosicché la rendita annua /mensile risulterà minore quanto maggiore è il periodo di erogazione. Un aspetto che può risultare problematico è l'andamento del mercato del lavoro con periodi frammentati di occupazione e con retribuzioni basse. Diversamente una continuità lavorativa e buone remunerazioni consentono di percepire una percentuale di reddito pensionistico maggiore anche se sarà, comunque, necessario costruire un secondo pilastro tramite le opportunità della previdenza complementare. Gli Stati dovranno mettere in campo politiche del lavoro, che consentano di fruire di ammortizzatori sociali in cambio di prestazioni lavorative, al fine di garantire una continuità contributiva e reddituale. E' implicito che ogni lavoratore, sia per i più elevati requisiti di accesso sia per conseguire un coefficiente di trasformazione che consenta una

38

rendita maggiore, ritarderà l'uscita dall'attività lavorativa, rallentando, al contempo, l'ingresso di forze nuove con possibili ricadute occupazionali.

Infatti, per quanto rilevabile nella riforma del 2011 e nei connessi adeguamenti alla speranza di vita, un lavoratore potrebbe lavorare sino a 70 e 3 mesi con le tutele previste dall'art. 18 della Legge 300/1970 (Statuto dei lavoratori), ancorchè attenuate dalla Legge 92 del 2012, in merito ai licenziamenti individuali (escluse le ristrutturazioni aziendali).

Gli Stati dovranno normare orari e salari più flessibili per quanti si avvicinano al pensionamento (active ageing) e per i giovani lavoratori ai fini di un passaggio graduale nel mondo del lavoro, per ridurre la forte disoccupazione giovanile.

L'utilizzo delle varie opportunità quali gli ammortizzatori sociali in corso di attività, la prestazione previdenziale e la rendita derivante dall'adesione a forme di previdenza complementare consentiranno una adeguata sussistenza.

Lo spostamento verso le forme di previdenza complementare, unitamente alla combinazione degli effetti dei coefficienti di trasformazione, aggiornati ogni due anni dal 2019 (riduzione della prestazione in funzione dell'età di decorrenza) ed il contestuale allungamento dell'età per l'accesso al pensionamento (almeno 67 anni dal 2021) indurranno a investire nella previdenza complementare e garantiranno l'equità intergenerazionale.

Tali misure potranno evitare un aumento dell'aliquota di equilibrio e potranno consentire pratiche di decontribuzione parziale (opting out), previste nella legge 214/2011, per incentivare forme di previdenza complementare che garantiscano l'adeguatezza reddituale dei pensionati.

I lavoratori devono impostare un piano previdenziale integrativo all'inizio della loro carriera lavorativa, per poter massimizzare gli effetti positivi di questa scelta.

E' probabile ed auspicabile anche una diminuzione degli oneri a carico della finanza pubblica, che consentirebbe la liberazione di risorse pubbliche.

L'OCSE raccomanda che i sistemi previdenziali siano stabili e non ricorrano alla fiscalità generale per sostenersi.

Infatti molti paesi europei hanno sostituito i metodi retributivi con quelli contributivi.

Per quanto riguarda l'Italia il primo incremento, pari a tre mesi, legato alla speranza di vita è scattato dal 1° gennaio 2013, il successivo dal 2016, mentre dal 2019 l'incremento sarà biennale. Nel 2021 l’età per la pensione di vecchiaia dovrà essere almeno pari a 67 anni.

Tabella 2.1. Età minima per la pensione di vecchiaia per le varie categorie di lavoratori. (Fonte: Legge 214/2011).

39

Per effetto degli incrementi automatici , previsti dalle norme sopracitate, l'età arriverà a 75 anni e 3 mesi nel 2065, secondo le stime contenute nell'ultimo rapporto della Ragioneria generale dello Stato.

L'INPS propone sul sito l'esempio (pre-riforma L. 214/2011) di tre lavoratrici dipendenti che hanno iniziato al lavorare e versare i contributi dall'età di 25 anni con ipotesi di pensionamento all'età di 60 anni ed un reddito di lavoro, attualmente, di 20000 Euro.

L'esempio propone una stima della pensione e del tasso di sostituzione:

A. nata nel 1950 B. nata nel 1965 C. nata nel 1980

Sistema di calcolo Retributivo Misto Contributivo

Età / Anno 60 / 2010 60 / 2025 60 / 2040

Ultimo Reddito 20.807 28.005 37.690

Pensione 13.965 16.758 21.346

Rapporto Pensione/Reddito 67% 60% 57%

Tabella 2.2. Esempio su stima della pensione e del tasso di sostituzione. (Fonte: INPS).

Tutti i valori sono al lordo della tassazione e depurati dall'effetto dell'inflazione.

Le retribuzioni sono calcolate: per il passato, sulla base dell'andamento storico delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti; per il futuro, si immagina la crescita al netto dell'inflazione del 2%; il tasso di crescita dell'inflazione utilizzato nei calcoli per il futuro è ipotizzato al 2%; il tasso di crescita reale del Prodotto Interno Lordo è ipotizzato pari all'1,5% annuo; i coefficienti di trasformazione applicati alla componente contributiva sono indicati dalla L. 335/95, quindi senza gli aggiornamenti previsti dalla L. 214/2011.