• Non ci sono risultati.

METODICHE ANALITICHE SPECIE SPECIFICHE ED UNIVERSALI PER L’IDENTIFICAZIONE DI SPECIE

METODICHE PER L’IDENTIFICAZIONE DI SPECIE NEL COMPARTO ITTICO

3) Precipitazione dell’acido nucleico ed allontanamento dei sali residui: avviene d

5.5 METODICHE ANALITICHE SPECIE SPECIFICHE ED UNIVERSALI PER L’IDENTIFICAZIONE DI SPECIE

In generale, il disegno e la selezione di diverse tipologie di primer in funzione delle varie applicazioni della reazione di PCR rappresenta un passaggio fondamentale per l’allestimento del protocollo operativo finalizzato all’identificazione di specie.

Primer specie specifici sono progettati in zone ad elevato polimorfismo, in modo da garantire l’appaiamento solo al target di DNA selezionato in una data specie (Lockley & Bardsley, 2000). Il disegno di primer specie specifici è alla base della tecnica PCR multiplex, ampiamente utilizzata nel settore ittico come metodica rapida per la discriminazione di specie oggetto di sostituzione, all’interno di un range prestabilito di specie. L’utilizzo, all’interno di un’unica reazione di PCR, di coppie specifiche di primer, consente l’analisi simultanea e la determinazione della presenza/assenza di più specie attraverso la semplice comparsa delle bande di interesse (Edwards & Gibbs; 1994). Tra le metodiche di PCR multiplex, si riportano studi per l’identificazione di filetti di sogliola e halibut (Cespedes et

al., 1999), l’identificazione di specie in filetti di “cernia” (Trotta et al., 2005) e la

discriminazione di specie ascrivibili alla denominazione commerciale di “cernia” dal pesce persico africano (Lates niloticus) (Asensio et al., 2001); per la discriminazione tra numerose specie appartenenti all’ordine Carchariniformes (Clarke et al., 2006; Magnussen et al., 2007; Caballero et al., 2012); per l’identificazione della specie Xiphia gladius in prodotti lavorati. (Hisieh et al., 2004), per la discriminazione delle sette specie appartenenti al genere Lophius (Castigliego et al., 2015).

I limiti della metodica sono rappresentati da:

difficoltà nell’individuazione di siti di annealing che permettano una

risoluzione adeguata degli ampliconi specialmente nel caso in cui la metodica sia progettata per la discriminazione di un numero elevato di specie (5-7) (Castigliego et al., 2015; Bottero, Dalmasso; 2011);

 la comparsa di cross-dimeri con la riduzione significativa della sensibilità e della performance di reazione, fenomeno favorito e proporzionale al numero di primer introdotti nella miscela di reazione (Castigliego et al., 2015;

Markoulatos et al., 2002).

Alternativi ai primer specie-specifici, i primer universali sono disegnati in aree ampiamente conservate tra gruppi di specie anche filogeneticamente distanti, a monte e a valle di un frammento altamente variabile. (Carrera et al.,2000). Queste tipologie di oligonucleotidi

56

sono spesso progettati in forma degenerata in cui la cui sequenza non è determinata in modo univoco.

La soluzione del singolo primer degenerato è costituita da una miscela di oligonucleotidi che in corrispondenza di posizioni stabilite all’interno della sequenza possono avere da due a quattro basi alternative così da aumentare la probabilità di annealing del primer (Linhart et

al., 2005).

La prima amplificazione è seguita dal sequenziamento del prodotto di PCR attraverso l’utilizzo di diverse metodiche e un’analisi post sequenziamento essenziale per l’identificazione finale di specie.

5.5.1 TECNICA FINS (FORENSICALLY INFORMATIVE NUCLEOTIDE SEQUENCING)

L’acronimo FINS corrisponde al termine inglese Forensically Informative Nucleotide

Sequencing, una procedura descritta per la prima volta da Bartlett e Davidson nel 1992.

In tale metodica le sequenze ottenute dalla reazione di sequenziamento sono utilizzate per la creazione di matrici d’identità e file di allineamento multiplo funzionali alla visualizzazione di mutazioni puntiformi, inserzioni o delezioni geniche che insistono all’interno del target selezionato e alla successiva costruzione di un’analisi filogenetica con sequenze di riferimento ottenute da esemplari identificati. L’attendibilità dell’analisi filogenetica è valutata attraverso l’applicazione di test di significatività statistica (Van de Peer, 2009). La metodica FINS è stata applicata con successo in studi sperimentali per l’identificazione di prodotti a base di sardina (Jerome et al., 2008), specie di squalo (Greig et al., 2005; Blanco

et al., 2008), cefalopodi (Chapela et al., 2003, Espineira et al., 2010), gadidi (Calo Mata et al., 2003) prodotti etnici a base di medusa (Armani et al., 2013) e petfood (Armani et al.,

2015). Pur essendo considerato ad oggi un metodo molto affidabile per ottenere un’identificazione di specie accurata sia su prodotti freschi che trasformati (Armani et al., 2015), la metodica FINS può risultare lunga, costosa e difficilmente applicabile per le analisi routinarie finalizzate alla rintracciabilità e al controllo di qualità, soprattutto per alimenti deperibili come i prodotti della pesca (Lockley and Bardsley, 2000; Chapela et al., 2002; Dooley et al., 2005) e in prodotti multispecie. (Lenstra, 2003; Bottero & Dalmasso, 2011).

57 5.5.2 DNA BARCODING

Il DNA barcoding, una metodica molecolare proposta per la prima volta dal Dr. Paul Hebert e collaboratori, sfrutta la variabilità di un marcatore molecolare per l'identificazione di identità biologiche attraverso l’amplificazione e il sequenziamento di un frammento genico target (barcode) proveniente da un campione ignoto e la successiva comparazione della sequenza ottenuta a un database preesistente (Hebert et al., 2003). L’idea di poter identificare le varie specie utilizzando brevi sequenze di DNA, ha immediatamente attratto molti tassonomisti, genetisti e biologi evoluzionisti.

Il DNA barcoding è un metodo che consente di accelerare il processo di identificazione delle specie utilizzando brevi sequenze di DNA in modo analogo ai codici a barre dei supermercati. Ogni specie dovrà essere infatti “etichettata” con una sequenza nucleotidica di DNA univocamente associata a quella specie, da utilizzare, come riferimento, per comparazioni con sequenze di DNA di potenziali nuove specie.

Esistono geni che sono più appropriati di altri per essere utilizzati come codici a barre. Il Barcode genico (frammento genico selezionato) ideale dovrebbe possedere alcuni caratteristiche fondamentali tra cui:

 l’universalità, ovvero la presenza di porzioni sufficientemente conservate da permettere l’amplificazione con una sola coppia di primer di un’amplissima gamma di taxa anche filogeneticamente distanti, con possibilità di standardizzare la metodica e produrre database di riferimento uniformi ( Hebert et al., 2003);

 una variabilità interspecifica superiore a quella intraspecifica, ovvero l’esistenza di una distanza definita tra le distribuzioni della variabilità inter e intraspecifica (Barcoding gap) (Goldstein et al., 2000; Wiemers & Fiedlers, 2005);

 un’elevata risoluzione, divergenza anche tra specie vicine in modo tale da consentire un’identificazione specie-specifica univoca.

La tecnica del DNA barcoding si basa sull’uso di primer universali per amplificare una regione di circa 650 pb del gene mitocondriale citocromo ossidasi sub unità I (COI) che è stata utilizzata come un “codice a barre” standard per la maggior parte delle specie animali (Hebert et al., 2003). Questa regione viene, dunque, sequenziata per ottenere il DNA barcode della specie analizzata, che verrà, successivamente, confrontato con la sequenza del campione di riferimento per ottenere l’identificazione di specie. Il gene COI si è dimostrato un gene universale ed affidabile per l’identificazione di varie specie ittiche.

58

Lo studio molecolare è quindi efficiente a condizione che possa essere effettuato il confronto tra l’esemplare sconosciuto, oggetto dello studio, ed esemplari di riferimento ben descritto dal punto di vista tassonomico, morfologico ed ecologico (Dupont et al., 2007), attraverso l’applicazione di algoritmi per l’analisi delle distanze o la divergenza delle sequenze. Un elemento imprescindibile per l’applicazione della metodica, quindi, risiede nella creazione e controllo di database accreditati contenenti sequenze di riferimento per il maggior numero di specie possibile relativamente al barcode selezionato.

5.5.3 DATABASE DI RIFERIMENTO

Come accennato nel paragrafo precedente, elemento essenziale per il DNA barcoding è la costruzione di biblioteche di consultazione pubblica contenenti sequenze ottenute da esemplari di riferimento che possono essere usate per identificare le specie sconosciute. Una delle più importanti è GenBank, database realizzato dal National Center for Biotechnology

Information (NCBI) e accessibile all’indirizzo: http://www.ncbi.nlm.nih.gov. Questo database è stato criticato per il fatto che alcune sequenze non corrispondono alla specie dichiarata (Forster, 2003; Nillson et al., 2006), molto probabilmente in relazione ad una contaminazione o ad un’errata identificazione dell’esemplare, per la mancanza di alcune informazioni e per la terminologia incoerente. Di conseguenza, in ambito ispettivo, non risulta adatto all’identificazione di specie basata sull’analisi BLAST, in quanto non è prevista alcuna forma di controllo sulle informazioni inserite.

Nel 2005, in seguito al crescente impiego del DNA barcoding nell’identificazione di specie ittiche (Ward et al., 2005; Wong & Hanner, 2008; Miller e Mariani, 2010; Barbuto et al., 2010; Filonzi et al.,2010) è stato lanciato un nuovo progetto di ricerca dal Consortium for

the Barcode of Life (CBOL; http://www.barcoding.si.edu/ ) : Fish Barcode of Life Initiative

(FISHBOL; http://www.fishbol.org ) i cui dati sono inclusi in un unico database principale chiamato BOLD che consente l’acquisizione, la conservazione, l’analisi e la pubblicazione delle sequenze di DNA.

Il BOLD è accessibile dal sito www.boldsystem.org. L’obiettivo è quello di raccogliere le sequenze del gene della citocromo-ossidasi subunità I (COI), eletto a “target ufficiale”, in quanto particolarmente promettente per l’identificazione delle specie animali.

Per poter essere depositate in questo database le sequenze geniche devono rispettare alcuni requisiti: devono derivare da una regione specifica del gene; devono rispettare gli standard qualitativi; ci deve essere un collegamento tra la sequenza ed il campione d’origine (Hanner

59

Uno degli algoritmi applicabili per l’analisi barcode e il BLASTn (Basic Local Alignment Search Tool) per la ricerca di similarità accedendo alle sequenze di riferimento depositate sulla piattaforma GenBank NCBI (http://blast.be-md.ncbi.nlm.nih.gov/Blast.cgi) o uno strumento identificativo contenuto all’interno del portale BOLD, l’IDs (Identification System). L’algoritmo BLAST rappresenta un processo euristico che identifica molto rapidamente sequenze simili tra loro, avente la specifica caratteristica di assegnare anche un valore di significatività statistica alla corrispondenza trovata (Altschul et al., 1997). Questo valore ("expect value", o valore "E") corrisponde al numero di confronti tra due sequenze con un punteggio di somiglianza uguale o superiore che si potrebbero trovare, in quella particolare banca dati, solo per effetto del caso; quanto più è piccolo quel valore, tanto più la corrispondenza è significativa (Lenzi e Strippoli, 2010).

60

CAP. 6