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4. L'analisi della fattispecie: l'articolo 416-ter c.p.

4.4 Il metodo mafioso

Il rinvio espresso all'art. 416-bis c.p. comma 3 ci impone di soffermar- ci ulteriormente sull'analisi delle condotte idonee ad integrare il delitto di scambio elettorale politico-mafioso anche in una nuova ed ulteriore prospettiva: il richiamo tout court della disposizione, privo di un qual- siasi fattore di limitazione contenutistica, pone delle problematiche di concerto non solo sul piano strettamente materiale – ossia dell'oggetto delle condotte penalmente rilevanti, come dei soggetti idonei a farsene

portatori – bensì anche sotto una nuova angolazione attinente al quo- modo di estrinsecazione delle stesse. A ben guardare, infatti, il comma terzo della norma che incrimina l’ «Associazione di tipo mafioso» non si limita soltanto ad esemplificare le finalità – plurali e molto diversifi- cate tra loro – che possono considerarsi “tipiche” di detta organizzazio- ne83 ma altresì le riconduce ad unità, inserendo in apertura del medesi- mo paragrafo il riferimento al c.d. metodo mafioso:

L'associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgano della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e di omertà che ne deriva per com- mettere delitti, […] ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali.

La varietà di ambiti cui è possibile ascrivere le condotte tipiche conte- nute nell’art. 416-bis c.p., comma 3, trova la propria omogeneità nella sussistenza di un sostrato comune di tipo modale o per meglio dire, come si preciserà più avanti, di tipo strumentale. In altri termini, la va- riabile idonea ad assegnare l'attributo di mafiosità ad un determinato atto (e, conseguentemente, al soggetto cui lo stesso è imputabile) non pertiene affatto ad un profilo soggettivo – dunque alla riconducibilità di una data condotta ad una personalità ex se qualificata come mafiosa – ma unicamente alla possibilità di riconoscere nel caso concreto l'uti- lizzo di specifiche costanti: l'avvalersi della forza di intimidazione del vincolo associativo e della forza di assoggettamento ed omertà che ne deriva84. È oltremodo ovvio come una constatazione di questo tipo ci

83 Finalità tra le quali, si ricordi, spicca per i nostri interessi quella c.d. politico-eletto-

ralistica, aggiunta a chiusura del comma dallo stesso legislatore del '92.

84 Ruolo fondamentale del metodo mafioso come elemento connotativo della fattispe-

cie: l'associazione, difatti, può anche perseguire scopi apparentemente leciti, i quali assumono rilevanza penale proprio in ragione dell'illiceità dei mezzi utilizzati (il me-

spinga a chiarire il ruolo cui il metodo mafioso assurge ai fini della configurazione del reato ex art. 416-ter c.p., attraverso un percorso che ci illustri, anzitutto, i termini di cui si compone tale metodo, per poi procedere ad analizzare la funzione che debba (o possa) rivestire nell'integrazione dello scambio elettorale politico-mafioso, e chiarire infine l'influenza che quell'avvalersi esercita nell'economia della fatti- specie.

Ebbene, volendo procedere nell'analisi degli elementi sui quali si strut- tura il metodo mafioso, è possibile anzitutto constatare come lo stesso assuma una struttura tripartita, figurativamente riconducibile alla geo- metria di un triangolo nel quale, posti due fattori principali tra loro cor- relati, se ne aggiunge un terzo – l'avvalersi appunto – che, fungendo da collante, ne sancisca la natura di diade indissolubile.

La prima componente è data dalla forza di intimidazione, da intendersi come capacità del sodalizio di incutere timore nei terzi in ragione di una predisposizione ad esercitare la coazione mediante atti di violenza o minaccia. Costruita come fama criminale, «deve manifestarsi in via principale quale risultato di un'antica e comunque consolidata consue- tudine di violenza che venga, come tale, percepita all'esterno»85, onde ne deriva che le condotte criminose dirette a far acquisire all'associa- zione una simile forza si collocano in una fase logicamente anteriore all'estrinsecarsi delle attività penalmente rilevanti. Si tratta inoltre, per espressa previsione di legge, di una capacità “del vincolo associativo”, ovverosia di una forza intimidativa che promani direttamente dall'orga- nizzazione quale capacità del sodalizio nel suo complesso, non poten- do invero essere integrata da puntuali iniziative di violenza e minaccia poste in essere dai singoli sodali: in definitiva, la forza di intimidazio-

todo, appunto) per conseguirli.

ne qui rilevante si declina in termini di prestigio criminoso, che con- senta di tributare al consorzio ex se – non anche agli associati uti sin- guli – la capacità di intimorire terzi.

Il secondo lato è costituito dalla condizione di assoggettamento ed omertà «che ne deriva»: si tratta di elementi di qualificazione e chiari- ficazione della forza intimidatrice, tale per cui una data associazione potrà definirsi mafiosa se e solo se il timore che essa suscita è idoneo ad ingenerare uno stato di sottomissione, quale diretta conseguenza di quella fama criminale già da tempo consolidata. Allora si può conclu- dere che tra i due momenti del metodo mafioso sussista un rapporto di causa-effetto, ai cui fini rileva solo ed esclusivamente quella capacità di intimidazione idonea a produrre le condizioni di assoggettamento ed omertà. Sotto un profilo strettamente contenutistico, l'assoggettamento va inteso come stato di sottomissione e succubanza incondizionata; l'omertà, invece, si declina in termini di reticenza, rifiuto di collaborare con gli organi dello Stato per timore di rappresaglie da parte dell'asso- ciazione, raffigurabile anche quale «forma di solidarietà che ostacola l'opera di prevenzione e repressione, costituendo un riflesso dello stato di sottomissione in cui si risolve l'assoggettamento»86. Come ben emer- ge, quindi, possiamo individuare la ricorrenza di un sostrato costante di succubanza, dato dalla convinzione di essere perennemente esposti ad un concreto ed ineludibile pericolo87 a fronte del potere dell'associazio- ne, ovverosia della sua forza di intimidazione. È utile, inoltre, rilevare come in passato i giuristi si siano a lungo confrontati sulla necessità di interpretare l'assoggettamento e l'omertà quali manifestazioni che deb-

86 A. Ingroia, L'associazione di tipo mafioso, op. cit.

87 La paura che qui rileva non attiene necessariamente a danni alla persona: si pensi,

per esempio, alla minaccia rappresentata dal timore di non poter continuare a lavora- re a causa della prospettiva di dover chiudere l'impresa,. Una minaccia in grado di esercitare una pressione cogente sicuramente anche senza l'inverarsi delle conseguen- ze temute.

bano sussistere all'interno, ovvero all'esterno dell'associazione: tra la molteplicità delle letture interpretative espresse88, è intervenuta al ri- guardo la giurisprudenza sottolineando come ad essere rilevante sia l'assoggettamento e omertà di terzi, ossia di soggetti nei cui confronti si dirige l'azione criminosa, non anche dei componenti interni. Il fatto che tali fenomeni si producano all'interno dell'organizzazione è eve- nienza eventuale, giacché il potenziale offensivo della cosca si esprime solo nella misura in cui la stessa è in grado di esercitare la propria for- za di condizionamento sugli estranei al sodalizio, nella creazione di una morsa di diffusività perdurante, tale da realizzare il c.d. controllo del territorio. Alla luce di quanto detto è, dunque, evidente come il nes- so di derivazione che lega la forza d'intimidazione all'assoggettamento e omertà presenti i caratteri di una relazione di reciproca influenza: in- fatti, se è vero che la prima determina i secondi, è pur anche vero che questi ultimi influiscono sulla forza di intimidazione, alimentandola, secondo un processo causale di tipo circolare; ed è ben possibile che l'accertamento di un simile fenomeno avvenga in maniera induttiva, at- traverso circostanze o situazioni che – evidenziando in modo univoco una condizione di assoggettamento o omertà – valgono a dimostrare di per sé anche l'esistenza della forza intimidatrice (è tipico il caso della realizzazione continua di prepotenze e danneggiamenti a cui non corri- sponde alcuna reazione delle vittime). Da ultimo, è ancora mediante una precisazione terminologica che è possibile specificare come la cor- retta accezione giuridica della forza di intimidazione non pertenga, dif- ferentemente da quanto appare, ad un profilo modale della condotta ma, come già accennato, precisamente ad un profilo strumentale: l'inti- midazione – e dunque, il metodo mafioso in generale – è lo strumento

88 Tra le quali, si ricordi, quella di una parte della dottrina che, addirittura, ravvisava

la necessità di scindere l'assoggettamento – quale elemento idoneo a dispiegarsi all'interno del sodalizio – dall'omertà – la quale si estrinsecherebbe, invece, solo esternamente.

esemplare di cui la consorteria si avvale (ecco l'integrazione del terzo elemento) nello svolgimento delle attività penalmente rilevanti, per perseguire quei fini che le sono tipici.

Proprio sulla necessità di introdurre l'esame dell'ultimo pilastro del me- todo mafioso – e, nel caso che a noi interessa, dell'uso che se ne richie- da ai fini dell'integrazione del reato di scambio elettorale politico- mafioso – rimandiamo il proseguo dell'analisi ai paragrafi successivi, nei quali si avrà modo di continuare il percorso analitico ove ci siamo incamminati, ripercorrendo le problematiche (e interpretative e di con- creta applicazione) che, a partire dalla definizione del momento consu- mativo, qualificano l’art.416-ter c.p. come l' arma spuntata del legisla- tore del '92.