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La sentenza Mannino e la definizione del rapporto tra l'art 416-ter c.p e il concorso eventuale nel reato associativo

DEL CONCORSO ‘ESTERNO’.

2. Il difficile coordinamento tra l'art 416-ter c.p e l'istituto del concorso esterno in associazione mafiosa: il c.d rapporto proble-

2.3 La sentenza Mannino e la definizione del rapporto tra l'art 416-ter c.p e il concorso eventuale nel reato associativo

Il processo di ricostruzione giurisprudenziale dell’istituto del concorso eventuale nel reato associativo si conclude, come detto, nel 2005 con l'importante sentenza Mannino249, fondamentale per la definizione dei principi del concorso esterno in associazione mafiosa, sia in termini generali, sia con riferimento alla specifica forma del patto di scambio elettorale politico-mafioso. La pronuncia, infatti, non solo completa la struttura della figura concorsuale, ma definisce anche i termini del rapporto tra l'istituto e l'art. 416-ter c.p. A differenza delle precedenti decisioni delle Sezioni Unite, temporalmente distanti tra di loro, la rimessione del 2005 alla Suprema Corte dista poco più di due anni dalla precedente sentenza Carnevale: questo dato cronologico è qui utile per comprendere la perdurante incertezza sulla figura del concorso esterno, la cui ricostruzione continuava a fondarsi unicamente sull'apporto della giurisprudenza250 e sulle ipotesi ermeneutiche provenienti dal dibattito teorico; le stesse Sezioni Unite del 2002, invero, pur avendo apportato un solido contributo al processo di definizione, non ne avevano, infatti, risolto le criticità e si erano limitate ad accennare – ma non ad approfondire – il problema della rilevanza della promessa nella logica della figura concorsuale.

Rilevanza che, invece, si pone come centrale nella sentenza del 2005 a carico dell’On., già ministro, Calogero Mannino, esponente di spicco della DC siciliana, chiamato a rispondere di concorso eventuale in

249 Cass., SS.UU., 12 . 7.05, Mannino, cit.

250 Nell’intervallo compreso tra le Sezioni Unite del 2002 e del 2005 si colloca Cass.

Pen., Sez. II, 28 dicembre 2004, n. 49691, Andreotti, in Dir. pen. proc., 2005, p. 600 ss., la quale ha sostanzialmente confermato l’impianto delle Sezioni Unite del 2002 per ciò che concerne il concorso esterno, distaccandosene, invece, con riguardo alla condotta di partecipazione.

associazione per delinquere (fino al 1982) e di tipo mafioso (per il periodo dal 1982 al 1994) per aver strumentalizzato la propria attività istituzionale, politica e amministrativa, con l’obiettivo di agevolare ripetutamente “Cosa Nostra” e i suoi esponenti. La Suprema Corte, annullando la condanna riconosciuta all’imputato in secondo grado, considera de plano acquisiti i rilievi della Carnevale sulla ammissibilità del concorso di persone nell’art. 416-bis c.p. e descrive l’ambito di applicazione della condotta del concorrente esterno fino a valutare la rilevanza della mera promessa nello schema probatorio dell'istituto. Sul piano del concorso esterno, dunque, le Sezioni Unite ripropongono la definizione già contenuta nella Carnevale, per la quale:

«assume la veste di concorrente “esterno” il soggetto che, non inserito stabilmente nella struttura organizzativa dell’associazione mafiosa e privo dell’affectio societatis (che quindi non ne “fa parte”), fornisce tuttavia un concreto, specifico, consapevole e volontario contributo, sempre che questo abbia un’effettiva rilevanza causale ai fini della conservazione o del rafforzamento delle capacità operative dell’associazione (o, per quelle operanti su larga scala come “Cosa nostra”, di un suo particolare settore e ramo di attività o articolazione territoriale) e sia comunque diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso della medesima»251.

L'extraneus è privo sia di uno stabilmente inserimento nella struttura organizzativa dell'associazione mafiosa252, sia dell'affectio societatis e

251 Cass., SS UU, 12.7.05, Mannino, cit., p. 3750.

252 Il mancato inserimento del concorrente esterno nella struttura del sodalizio

andrebbe oggi valutato tenendo conto della progressiva destrutturazione dei rapporti interni all'organizzazione criminale, della crisi della distinzione tra intraneo ed estraneo; sicché la giurisprudenza di merito ha talvolta seguito le direttive della Mannino, considerando “partecipe” chi comunque assume un compito –

deve fornire un contributo che, avente determinati caratteri – concretezza, specificità, consapevolezza e volontarietà –, sia, da un lato, causalmente idoneo ad apportare una utilità al sodalizio in termini di conservazione o rafforzamento delle capacità operative dello stesso e, dall'altro, funzionale alla realizzazione del programma criminoso.

Ai caratteri conservativi, e di consolidamento ermeneutico, la pronuncia a Sezioni Unite del 2005 giustappone aspetti di innovazione concernenti anzitutto il rapporto di causalità253: in sintesi, la sentenza Mannino risolve il problema lasciato insoluto dalla sentenza Carnevale, relativamente all'indagine circa la concretezza-specificità- rilevanza causale del contributo del concorrente all'associazione, stabilendone i criteri d'accertamento. A parere dei giudici di legittimità, affinché possa ritenersi sussistente la relazione tra l’apporto dell’extraneus e l’evento rafforzativo, è necessario che il primo «abbia avuto una reale efficienza causale, sia stato condizione “necessaria” – secondo un modello unitario e indifferenziato, ispirato allo schema della condicio sine qua non proprio delle fattispecie a forma libera e causalmente orientate – per la concreta realizzazione del fatto

consapevolmente – che sia stabilmente essenziale per l'organizzazione, chi in sostanza ricopre un'irrinunciabile “tessera del mosaico associativo” per come si compone in un determinato momento storico – e ciò anche a prescindere da un'indagine sugli effetti di tale contributo.

253 Come sottolinea F. De Leo, Aspettando un legislatore che non si chiami Godot,

op. cit., p. 6, è bene sottolineare che le sentenze, anche quelle delle Sezioni unite della Cassazione, nascono sempre dal governo di casi concreti e la loro capacità di circostanziare criteri ne viene condizionata. La differenza rilevabile tra le sentenze Carnevale e Mannino non deriva da una reale diversa valutazione della sufficienza del canone dell'idoneità, ma dal dover affrontare un caso particolare che mette in crisi quel canone; e poiché non si tratta di una sottoipotesi trascurabile ma di un caso tipologico, della sua specificità un legislatore deve farsi carico.

criminoso collettivo e per la produzione dell’evento lesivo del bene giuridico protetto».

Nella consapevolezza delle critiche mosse alla sentenza del 2002, secondo cui l’accertamento del nesso causale avrebbe potuto, di fatto, essere aggirato da approssimazioni valutative tese a riconoscere una rilevanza penale anche a forme di cooperazione ininfluenti o, ancor peggio, inconsistenti, la Suprema Corte respinse la validità di criteri a vario titolo prognostici – quali l’idoneità causale ex ante, l’aumento del rischio, e, con riguardo al concorso morale, la causalità psichica agevolatrice – operando la scelta ermeneutica di «trapiantare»254 nel concorso “esterno” i medesimi rilievi che la prevalente giurisprudenza di legittimità aveva formulato riguardo alla “causalità efficiente” in tema di responsabilità penale dell’esercente sanitario, per i reati omissivi impropri e le fattispecie causalmente orientate255. Le Sezioni Unite affermano, infatti, che gli apporti dell’extraneus sono penalmente rilevanti, e, quindi, punibili, soltanto all’esito della verifica probatoria ex post della loro efficacia causale, sulla base di massime di esperienza dotate di empirica plausibilità:

«In merito allo statuto della causalità, sono ben note le difficoltà di accertamento (mediante la cruciale operazione controfattuale di eliminazione mentale della condotta materiale atipica del concorrente esterno, integrata dal criterio di sussunzione sotto leggi di copertura o generalizzazioni e massime di esperienza dotate di affidabile plausibilità empirica) dell'effettivo nesso condizionalistico tra la condotta stessa e la realizzazione del fatto di reato, come storicamente verificatosi, hic et nunc, con tutte le sue caratteristiche essenziali, soprattutto laddove questo rivesta dimensione

254 G. Fiandaca, Intervento, in Concorso esterno in associazione di tipo mafioso, op.

cit., p. 106 ss; C. Visconti, Intervento, op. cit., p. 85 ss.

plurisoggettiva e natura associativa. E però, trattandosi in ogni caso di accertamento di natura causale che svolge una funzione selettiva delle condotte penalmente rilevanti e per ciò delimitativa dell'area dell'illecito, ritiene il Collegio che non sia affatto sufficiente che il contributo atipico – con prognosi di mera pericolosità ex ante – sia considerato idoneo ad aumentare la probabilità o il rischio di realizzazione del fatto di reato, qualora poi, con giudizio ex post, si riveli per contro ininfluente o addirittura controproducente per la verificazione dell'evento lesivo. L'opposta tesi, che pretende di prescindere dal paradigma eziologico, tende ad anticipare arbitrariamente la soglia di punibilità in contrasto con il principio di tipicità e con l'affermata inammissibilità del mero tentativo di concorso. Occorre ribadire che pretese difficoltà di ricostruzione probatoria del fatto e degli elementi oggettivi che lo compongono non possono mai legittimare – come queste Sezioni Unite hanno già in altra occasione affermato256 – un'attenuazione del rigore

nell'accertamento del nesso di causalità e una nozione "debole" della stessa che, collocandosi sul terreno della teoria dell'"aumento del rischio", finirebbe per comportare un'abnorme espansione della responsabilità penale. Ed invero, poiché la condizione "necessaria" si configura come requisito oggettivo della fattispecie criminosa, non possono non valere per essa l'identico rigore dimostrativo e il conseguente standard probatorio dell' "oltre il ragionevole dubbio", che il giudizio penale riserva a tutti gli elementi costitutivi del fatto di reato»257.

La Corte, dunque, traspone e applica all'accertamento del concorso esterno i principi della storica sentenza Franzese, riconducendo l'istituto ai principi generali che impongono l'accertamento, con giudizio ex post, della rilevanza causale del contributo concorsuale, a

256 Sent. 10 luglio 2002, Franzese, Foro it., 2002, II, 601.

differenza della sentenza Carnevale che invece, come si è visto, interpretava i termini di mera idoneità causale in una prospettiva ex ante. Sarà, pertanto, necessario che l’interprete accerti se detto contributo atipico costituisca «condizione necessaria per la concreta realizzazione del fatto criminoso collettivo e per la attuazione dei delitti scopo tipico del programma criminoso», sulla base di una verifica probatoria svolta secondo il meccanismo della prognosi postuma e del giudizio controfattuale della condicio sine qua non: da tale riscontro dovrà risultare, «sulla base di leggi scientifiche di copertura e di massime di esperienza dotate di empirica plausibilità», che il comportamento assunto dai protagonisti della vicenda abbia concretamente inciso sulla «conservazione o sul rafforzamento delle capacità operative dell’intera organizzazione criminale o di sue articolazioni settoriali»258. Il vantaggio, infatti, secondo

258 Significativa applicazione di questi dettami della pronuncia Mannino in tema di

idoneità del contributo e prognosi causale è effettuata da una recente pronuncia, in cui la Corte ha ritenuto configurabile la responsabilità concorsuale a carico di coloro che avevano costantemente curato la trasmissione dei cosiddetti «pizzini» tra un noto latitante e i capi dell’associazione mafiosa «Cosa Nostra» ed un altro significativo rappresentante della medesima organizzazione da tempo detenuto, Cass. pen., sez. VI, 22-11-2006, n. 1073, Alfano ed altri, CED, rv. 235855. In tal senso la Suprema Corte si è pronunciata anche nella pronuncia della Sez. I, 17.1.07, n. 1073, ove ha confermato la configurabilità del concorso esterno nell’associazione mafiosa da parte di tutti gli imputati accusati di aver posto in essere, pur non risultando formalmente affiliati al sodalizio criminoso, condotte di stabile e continuativo sostegno a Bernardo Provenzano, capo di “Cosa Nostra” e ad altri esponenti del clan dei c.d. Corleonesi quali Salvatore Riina e Leoluca Bagarella, soprattutto negli affari economici cui gli stessi erano interessati, assicurando i necessari contatti, coordinando la gestione degli appalti di opere pubbliche, nonché provvedendo all’intestazione, all’amministrazione e, ove necessario, all’alienazione del consistente relativo patrimonio immobiliare. Ebbene in tal caso i giudici concludono per la tesi esposta, accogliendo il ricorso presentato dall’organo di accusa, di fatto respingendo la tesi del mero favoreggiamento personale. Un più attento esame delle ricadute causali determinate

l’argomentazione della Corte, potrà riferirsi anche solo ad uno specifico settore, ramo d’attività o articolazione territoriale dell’organizzazione, ma unicamente nel caso di associazioni «su larga scala», per le quali un ipotetico intervento dall’esterno, per quanto settoriale, possa risultare parimenti significativo, poiché indirizzato verso un’intera e riconoscibile sezione della struttura criminale259.

Altrettanto marcate risultano le precisazioni attinenti la fattispecie soggettiva. La Corte rivede il paradigma del 2002, evitando in primo luogo l’equivoca terminologia di dolo c.d. diretto, al fine di non incorrere nelle medesime criticità; più precisamente, la pronuncia del 2005 individua esplicitamente il doppio coefficiente psicologico di cui si compone il dolo del concorrente: un primo, consistente nella consapevolezza della rilevanza causale del proprio contributo prestato al consolidamento del sodalizio, e un secondo, consistente nella volontà di cooperare alla realizzazione – anche parziale – del programma criminoso. Il dolo del concorrente deve allora investire sia il singolo fatto criminoso realizzato, sia il valore di apporto della

dagli imputati, aveva consentito infatti di verificare come le condotte dei coagenti — benché indirizzate in apparenza verso un singolo esponente dell’associazione — avevano in concreto consentito non solo la sopravvivenza del sodalizio in una condizione di obiettiva difficoltà (originata dalla detenzione di numerosi suoi esponenti di spicco), ma ancor più avevano permesso allo stesso, di potere mantenere appieno, se non di incrementare, il potenziale mafioso lasciando sempre efficace e costante le capacità di gestione del territorio e di realizzazione dei delitti fine.

259 A differenza dell’affiliato che opera nell’associazione compenetrandosi in modo

stabile e continuativo all’interno del gruppo criminoso, il concorrente esterno è, dunque, colui il quale opera per l’associazione fornendo un contributo episodico ed occasionale, disgiunto dall’attribuzione di ruoli e compiti specifici ma causalmente finalizzato alla realizzazione dell’evento vantaggioso auspicato dall’organizzazione mafiosa e ciò indipendentemente dall’effettivo positivo raggiungimento dello scopo stesso.

propria condotta al rafforzamento e consolidamento dell'associazione mafiosa.

«Il concorrente esterno, pur sprovvisto dell’affectio societatis e cioè della volontà di far parte dell’associazione, sia altresì consapevole dei metodi e dei fini della stessa (a prescindere dalla condivisione, avversione, disinteresse o indifferenza per siffatti metodi e fini, che lo muovono nel foro interno) e si renda compiutamente conto dell’efficacia causale della sua attività di sostegno, vantaggiosa per la conservazione o il rafforzamento dell’associazione: egli “sa” e “vuole” che il suo contributo sia diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio […] il dolo deve investire sia il fatto tipico oggetto della previsione incriminatrice sia il contributo causale recato dalla propria condotta alla conservazione o al rafforzamento dell'associazione mafiosa, ben sapendo e volendo il concorrente esterno che il suo apporto è diretto alla realizzazione, anche parziale, del programma criminoso del sodalizio»260.

L’extraneus dovrà allora agire, come il sodale, con dolo specifico – il concorrente sa e vuole garantire un contributo utile alla vita del sodali- zio e alla realizzazione dei suoi scopi –, differenziandosi solo in quanto interviene senza far parte della compagine sociale. La Corte ha quindi precisato che non può considerarsi in alcun modo sufficiente ad inte- grare la fattispecie sotto il profilo psicologico l’accertamento del dolo «eventuale» – inteso come mera accettazione da parte del concorrente esterno del rischio del verificarsi dell’evento, ritenuto probabile o pos- sibile unitamente ad altri risultati intenzionalmente perseguiti – essen- do, invece, necessario che «la realizzazione del fatto tipico mediante l’evento di conservazione o rafforzamento dell’associazione mafiosa sia rappresentata e voluta dal concorrente esterno, nel senso certamente più pregnante che l’obiettivo del verificarsi del risultato dell’azione

criminosa sia accettato e perseguito dall’agente a prescindere dagli scopi ulteriori o ultimi avuti di mira». L’esigenza di questo rigoroso ac- certamento, d’altronde, è evidente se si considera che, proprio attraver- so la configurazione di tale fattispecie, si estende l’area della tipicità e della punibilità a condotte altrimenti atipiche che, in quanto tali, reste- rebbero prive di penale rilevanza.

Infine, per quanto riguarda la fattispecie soggettiva, va osservato che la precisazione della ulteriore necessità che il concorrente si rappresenti anche la concomitante coazione delle altrui condotte risulta non diri- mente, giacché appare un concetto già incluso nello stesso astratto pa- radigma concorsuale. È, quindi, necessario che i momenti della rappre- sentazione e volizione del concorrente stesso comprendano anche il metodo mafioso come elemento caratterizzante tale forma associativa: il concorrente, «a prescindere dalla condivisione, avversione, disinte- resse o indifferenza», deve essere consapevole che l’organizzazione cui concede il suo sostegno si avvalga con successo della forza di inti- midazione o minaccia.

Al di là di queste tematiche, l'importanza della sentenza Mannino risie- de però primariamente nell'aver chiarito la rilevanza penale, a titolo concorsuale, del mero accordo o promessa come pure della possibilità di considerare – quale evento rafforzativo conseguente all'apporto dell'extraneus – lo stato psichico di “sicurezza e impunità” trasmesso nei sodali. Dopo aver fissato i principi generali sui limiti di ammissibi- lità del concorso di persone, la Corte procede, infatti, ad applicarli a un caso di scambio elettorale politico-mafioso in cui l'uomo politico, pur senza essere organicamente inserito nel sodalizio criminoso, si era im- pegnato ad agire in favore dello stesso una volta eletto. Era invero già dalla metà degli anni Novanta che gran parte della dottrina si era

espressa negativamente in merito alla possibilità di ritenere configurata una fattispecie di concorso esterno nell’ipotesi di mero accordo eletto- rale, in ragione del contrasto con i principi costituzionali di materialità, frammentarietà ed offensività261: la condotta del politico costituita dalla mera promessa di futuri vantaggi a favore dell’associazione mafiosa non sarebbe, pertanto, in alcun modo idonea a costituire il contributo atto ad avvantaggiare o a rafforzare l’organizzazione mafiosa, necessa- rio ad integrare il reato.

In giurisprudenza, tuttavia, non sono mancate pronunce, anche di meri- to, nelle quali si è affermato che, se la condotta del concorrente esterno per assumere rilevanza deve concretarsi in un contributo oggettiva- mente apprezzabile sul piano causale alla vita o al consolidamento dell’associazione, anche la semplice promessa di future prestazioni conseguente all’accordo stipulato tra politico e mafioso potrebbe pro- durre l’effetto di avvallare tale scopo262, ritenendo rilevante la concreta

261 A. Cavaliere, I reati associativi tra teoria, prassi e prospettive di riforma, op. cit.,

p. 146 ss, 156 ss. Nello stesso senso, cfr. V. Maiello, Il concorso esterno in

associazione mafiosa tra crisi del principio di legalità e diritto penale del fatto, op.

cit., p. 295-296; C. Visconti, Contiguità alla mafia, op. cit. p. 393 ss. In precedenza, G. Fiandaca, Accordo elettorale politico-mafioso e concorso esterno in associazione

mafiosa. Una espansione incontrollata del concorso criminoso, op. cit., p. 227 ss, il

quale suggeriva l’inammissibile punibilità del mero accordo a titolo di concorso esterno, ricorrendo ad un’interpretazione sistematica dell’art. 416-ter c.p., da cui estrarre a contrario la volontà del legislatore di circoscrivere in fattispecie incriminatrici ad hoc la punibilità delle condotte promissorie.

262 Cfr. Cass., sez. VI, 15-5-2000, Pangallo, in base alla quale «deve ritenersi che, nel

caso particolare di una relazione tra uomo politico e gruppo mafioso, non basti, per la sussistenza del concorso esterno, una mera vicinanza al detto gruppo o a suoi esponenti, anche di spicco, e neppure la semplice accettazione del sostegno elettorale dell’organizzazione criminosa, ma sia necessario un vero patto in virtù del quale l’uomo politico, in cambio dell’appoggio elettorale, si impegni a sostenere le sorti della stessa organizzazione in un modo che, sin dall’inizio, sia idoneo a contribuire al

esecuzione delle prestazioni promesse solo quale elemento di prova dell’esistenza e della serietà del patto elettorale in precedenza contrat- to. In tal senso, ad esempio, in una pronuncia di pochi mesi anteceden- te alla Mannino263, la Cassazione aveva già ritenuto configurabile il concorso esterno nel delitto di associazione mafiosa in un caso in cui il contributo dell’extraneus – concreto, specifico, consapevole e volonta- rio – era consistito in un accordo di scambio con il quale l’esponente politico si era impegnato, a fronte della promessa di voti alle elezioni amministrative, a favorire il sodalizio criminoso nei futuri rapporti con l’amministrazione: in tale occasione i giudici di legittimità avevano di- fatti concluso ritenendo che «la condotta offensiva del bene giuridico tutelato viene integrata dallo scambio sinallagmatico tra le due promes- se (appoggio elettorale e agevolazione da parte dell’ente), restando irri- levante la mancata esecuzione delle promesse». Ma è solo con la pro- nuncia Mannino che tale orientamento riceve completa legittimazione, nell’individuazione dei confini entro i quali una promessa – e nella fat- tispecie un accordo elettorale politico-mafioso – possa considerarsi un serio contributo al rafforzamento dell'organizzazione.

Le Sezioni Unite hanno invero affermato che il concorso esterno nel reato di associazione di stampo mafioso è configurabile anche nell'ipo- tesi di scambio elettorale politico-mafioso, in forza del quale un uomo politico – non inserito stabilmente nel relativo tessuto organizzativo e