• Non ci sono risultati.

I reati elettorali della legislazione complementare e i problemi di coordinamento con la “nuova” fattispecie codicistica: dalla

DEL CONCORSO ‘ESTERNO’.

1. Il legame dell’art 416-ter c.p con l’art 416-bis c.p e con i reati elettorali di legislazione penale speciale

1.2 I reati elettorali della legislazione complementare e i problemi di coordinamento con la “nuova” fattispecie codicistica: dalla

duplicazione alla collateralità

Nell'ambito delle difficoltà che la formulazione dell'art. 416-ter c.p. pone nel legame con le norme limitrofe, una problematica non irrilevante attiene al necessario coordinamento con alcune disposizioni di legislazione penale speciale, sul finire degli anni Cinquanta. Infatti, le diverse interpretazioni dell’articolo in esame hanno pesantemente condizionato l’individuazione di un ambito applicativo autonomo dalle altre fattispecie destinate a convergere nella casistica della contiguità, tra cui in primis le norme incriminatrici volte a tutelare il libero svolgimento delle competizioni elettorali.

Il riferimento è al d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361, Testo Unico delle leggi recanti norme per l'elezione della Camera dei deputati158 che ha introdotto nel nostro ordinamento figure di reato in protezione della maturazione della coscienza politica dei cittadini libera da condotte che possono pregiudicare – o anche solo attentare a – l'integrità dei diritti di elettorato attivo e passivo159: ad essere tutelate sono dunque le

158 Come da molti sottolineato (cfr., C. Visconti, Il reato di scambio, op. cit.) il d.P.R.

361/57 ha sostanzialmente recepito una serie di disposizioni già preesistenti e contenute nelle precedenti leggi elettorali politiche: si veda, su tutti, gli artt. 111 e 112 della Legge elettorale politica del 1928.

libertà costituzionali di voto e di mandato (di cui agli artt. 48 e 67 Cost.), cioè contemporaneamente elettori ed eletti. Sono due, in particolare, le disposizioni che vengono in considerazione per i fini che qui interessano e, precisamente, le fattispecie di corruzione e coercizione elettorale di cui agli artt. 96 e 97, t.u. 361/57160. La prima fattispecie contempla due ipotesi diverse, ma connesse, di corruzione per il voto espresso in sede di sottoscrizione delle liste o di votazione, rispettivamente consistenti, l’una, nel sanzionare – con pena detentiva da uno a quattro anni – chiunque «offre, promette o somministra denaro, valori o qualsiasi altra utilità, o promette, concede o fa conseguire impieghi pubblici o privati ad uno o più elettori o, per accordo con essi, ad altre persone»; e l’altra nell'estendere la medesima pena al votante che, ricevendole, aderisca a tali offerte o promesse ovvero accetti il denaro o altra utilità161. Si tratta di una previsione che, tesa ad arginare “a monte” il possibile accordo corruttivo tra il candidato politico e l'elettorato, consta di una pluralità di autonome (sotto)fattispecie criminose ciascuna delle quali integra un reato di

S. Curreri, Democrazia e rappresentanza politica. Dal divieto di mandato al

mandato di partito, Firenze, 2004. Cfr, anche Mazzanti, op. cit., pp, 131 ss, per il

quale definisce il t.u. 361/57 come un insieme ordinato di norme ispirate alla medesima ragione ed obiettività giuridica, ovverosia quella di «assicurare e garantire la libertà del cittadino, nell’esercizio del diritto elettorale, da ogni e qualsiasi fatto che valga a menomare, turbare od impedire la libertà in parola, presupposto necessario della regolarità e della esattezza dei risultati delle consultazioni elettorali».

160 Per la previsione delle rispettive incriminazioni a proposito delle elezioni

amministrative, si rimanda al d.P.R. numero 570 del 1960, «Testo Unico per la composizione e la elezione degli organi per le amministrazioni comunali»,

rispettivamente, agli artt. 84 e 87.

161 Pertanto, i soggetti determinati cui si rivolge la condotta del politico candidato (o

di chi agisce in suo vantaggio) assumono la veste di persona offesa qualora non aderiscano all’illecita proposta, mentre invece concorrono nel reato qualora aderiscano alla promessa o offerta ovvero accettino il denaro o altra utilità.

pericolo: il disvalore, invero, è identificato nella semplice formulazione della proposta o offerta illecita, a fronte della quale si pone la necessità di preservare l'esercizio del diritto di voto da ogni forma indebita di condizionamento, entro un sistema volto a garantire la regolarità e correttezza delle consultazioni elettorali. La seconda disposizione richiamata, contenente la figura della coercizione per il voto elettorale, sanziona invece – con la reclusione da uno a cinque anni – la condotta di colui che eserciti una pressione in funzione del condizionamento dell'autonomia di scelta degli elettori, con violenza o minaccia, raggiri o artifizi (tra cui il caso particolare, previsto dalla littera legis, dell’uso di false notizie) e comunque con qualunque mezzo illecito atto a pregiudicare la libertà dei votanti162.

Già da una sommaria esposizione del contenuto degli artt. 96 e 97 t.u. 361/57 emergono i numerosi punti di convergenza (particolarmente evidenti nel confronto con il reato di corruzione elettorale), tali da rendere le norme elettorali e l'art. 416-ter c.p. fattispecie fortemente affini: è proprio per questo motivo che l'introduzione del reato di scambio elettorale politico-mafioso – quale norma limitrofa al diritto penale elettorale – ha posto la necessità di chiarire in che termini debba declinarsi tale affinità, distinguendo le peculiarità dell'una e delle altre

162 È stato ritenuto mezzo illecito idoneo a condizionare la libera scelta degli elettori,

nel senso di indirizzarne il voto verso un determinato politico candidato, il sostegno alla candidatura da parte di un'associazione mafiosa che operi nelle zone interessate alle elezioni, sia con manifestazioni pubbliche sia con modalità comunque tali da darne comunque sicura contezza. Caso tipo, in quest'ultimo senso, è la partecipazione attiva alla propaganda elettorale – come pure la semplice presenza – del capo del sodalizio, ovvero di un personaggio notoriamente affiliato alla compagine mafiosa, nei luoghi della campagna elettorale o dinanzi ai seggi nei giorni della votazione: non è invero necessaria l'adozione di mezzi palesemente violenti nei confronti degli elettori poiché si ritiene, anche qui, sufficiente lo sfruttamento della capacità d'intimidazione propria della cosca (si rimanda all'analisi del metodo mafioso, cfr.,

norme onde poterne isolare autonomi e distinti ambiti di applicazione. Non è un caso, infatti, che la giurisprudenza successiva all'approvazione del d.l. 306/1992 si contraddistingua per incriminazioni penali dai confini mobili163 e per un costante pendolarismo nel contestare ora l'una ora l'altra fattispecie, all'interno del medesimo procedimento164: l'idea di fondo che ne deriva è che i requisiti sostanziali delle norme incriminatrici – potenzialmente applicabili al caso concreto – siano incapaci di offrire ai giuristi gli strumenti per una lettura realmente selettiva, costituendo così oggetto di interpretazioni diversificate tra i vari attori del processo, in un gioco di rimando circolare tra fatto e prova che spesso rende labirintiche le motivazioni165 addotte a sostegno della soluzione di volta in volta scelta166. L'intervento legislativo del 1992 ha, dunque, generato non

163 Cfr. Cass., sez. I, 14 gennaio 2004, M., in Foro it., 2005, II, 479.

164 Di questo costante pendolarismo dei titoli di imputazione che ha caratterizzato una

lunga stagione della giurisprudenza successiva al d.l. Scotti-Martelli si parlerà ampiamente nel proseguo del presente capitolo, al momento di analizzare il rapporto problematico principale tra l'art. 416-ter c.p. e l'istituto del corcorso esterno in associazione mafiosa.

165 L'espressione è di C. Visconti, Verso la riforma del reato di scambio elettorale politico-mafioso, op. cit., p. 8.

166 Si ricordi, per completezza espositiva, come già prima della l. 356/92 L. Bertolini

(voce Elezioni – Reati elettorali, in Enc. giur. Treccani, vol. XII, Roma, 1989, p. 2) indicasse come l'esemplificazione delle principali disposizioni normative inserite in protezione della libera maturazione della coscienza politica dei cittadini a fronte di condotte che possono pregiudicare l'integrità dei diritti di elettorato attivo o passivo rivelasse la complessità del fenomeno e rivendicasse un intervento chiarificatore del legislatore. A tal proposto, l'Autore affermava che «la situazione di estrema fluidità ed incertezza dell'attuale legislazione rende non più differibile l'emanazione di un organico testo unico che disciplini finalmente in modo armonico, coordinato e completo, tutti gli illeciti da sanzionarsi penalmente in tema di elettorato attivo o passivo, sia di elezioni politiche, amministrative e comunitarie». Senonché, come denunciato da autorevole dottrina (si veda, su tutti, C. Visconti, Verso la riforma del

poche perplessità nella concezione dell'impianto penalistico a tutela delle procedure democratiche di consultazione, ponendo i giuristi di fronte alla necessità non irrilevante di operare un coordinamento tra le diverse fattispecie – una necessità su cui la dottrina non ha mancato di porre l'attenzione.

Per ragioni di comodità espositiva, illustreremo le soluzioni interpretative che si sono susseguite, prendendo a riferimento, soprattutto, il rapporto tra il reato di scambio elettorale e quello di corruzione elettorale, in quanto disposizione che, per complessità contenutistica e tenore letterale, si presta meglio ad un confronto con l'art. 416-ter c.p.: si tratta, invero, di una proposizione normativa la quale, comprendendo una casistica piuttosto varia di ipotesi di “voto di scambio”, è suscettibile di sovrapporsi al 416-ter c.p., nella misura in cui reprime la dazione di denaro finalizzata ad ottenere il consenso elettorale.

La posizione ricostruttiva, originariamente invalsa in dottrina167, riteneva che la novella del 1992 avesse introdotto una fattispecie criminosa non nuova bensì del tutto assimilabile alle disposizioni del t.u. 361/1957168: è la tesi della c.d. “duplicazione di fattispecie”

reato di scambio elettorale, op. cit., p. 7), il legislatore, piuttosto che intervenire per

far chiarezza, non solo ha ampliato il ventaglio dei reati con la legislazione emergenziale del 1992, ma ha anche più recentemente varato un'ulteriore fattispecie incriminatrice volta a presidiare fenomeni di contiguità mafiosa di tipo elettoralistico. Il riferimento è alla nuova fattispecie di reato introdotta con l'art. 5 della l. 175/2010 e poi confluita nell'art. 76 del c.d. Codice antimafia, d.lgs. n. 159 del 2011: per una rapida analisi della fattispecie, si rimanda allo stesso C. Visconti, Verso la riforma, op. cit., p. 8 ss.

167 Si veda, in proposito, O. Forlenza, I nuovi reati elettorali e contro l'amministrazione della giustizia nella legge n. 356/92, in Riv. pen. Economia, 1992,

533.

168 Una parte decisamente minoritaria della dottrina aggiungeva anche il riferimento

secondo cui, dal confronto tra le norme, si palesava la natura simbolica del reato di scambio elettorale politico-mafioso, giacché le esigenze di incriminazione che intendeva appagare erano – si sosteneva – già del tutto soddisfatte dai reati elettorali di fine anni Cinquanta. Manifesta è l'influenza del dibattito sulla corretta esegesi dell'art. 416-ter c.p., da cui questa tesi ha attinto l'interpretazione di alcuni elementi strutturali della norma. Due, in particolare, erano le principali argomentazioni addotte a sostegno della coincidenza delle fattispecie: l'una, di carattere teleologico, volta ad individuare nella libertà d'esercizio del voto il bene giuridico tutelato in via principale anche dalla disposizione codicistica; l'altra, invece, inerente la struttura soggettiva del reato che anche nello scambio elettorale veniva ravvisata in un pactum sceleris intervenuto tra soggetti operanti uti singuli. Ne derivava un'interpretazione che annichiliva la novità legislativa del d.l. Scotti- Martelli, portando a considerare il reato di scambio elettorale politico- mafioso una norma del tutto sovrapponibile alla fattispecie ex art. 96 t.u. 361/57, con cui condivideva appunto l'incriminazione di un accordo corruttivo tra singoli soggetti a tutela del libero ed incondizionato esercizio del diritto di voto.

Un orientamento minoritario riteneva, invece, che il rapporto tra l'art. 416-ter c.p. e l'art. 96 t.u. 361/57 dovesse declinarsi in termini di legame species ad genus, considerando lo scambio elettorale politico- mafioso come una disposizione speciale ricompresa nella generale fattispecie di corruzione elettorale; questa interpretazione, in particolare, faceva leva sulla lettura del vincolo associativo nel disposto codicistico quale elemento di specificazione della fattispecie complementare.

Un'ultima ricostruzione dottrinaria – che ha avuto sicuramente più fortuna rispetto a quella appena esposta, ma pur sempre minoritaria

rispetto alla tesi della duplicazione – considerava l'art. 416-ter c.p. come una novità nell'ordinamento penale, in cui l'elemento di distinzione rispetto alle norme di legislazione complementare era ravvisato nel ricorso all'intimidazione e prevaricazione mafiosa169: tali giuristi, quindi, ritenevano che l'elemento costitutivo del delitto codicistico del tutto assente nei reati elettorali fosse il ricorso al metodo mafioso in vista del procacciamento di voti. Sebbene talvolta accolta anche dalla giurisprudenza di legittimità170, questa impostazione non convince del tutto dal momento che si basa su due presupposti non condivisibili: il primo, ravvisando nel metodo mafioso l'unico elemento di distinzione tra le fattispecie, induce a presupporre che nel reato di corruzione elettorale ricorrano gli altri elementi caratteristici dell'art, 416-ter c.p., tra cui, in primis, la qualifica necessariamente mafiosa della controparte del politico candidato; il secondo, presuppone l'accoglimento della interpretazione restrittiva della norma codicistica – rigettata, come visto, dalla prevalente giurisprudenza – la quale richiedeva l'uso concreto del metodo mafioso per integrare il reato di scambio elettorale.

Contro la tesi della totale o parziale coincidenza delle norme milita, in realtà, più di un elemento, alcuni dei quali attinenti al percorso interpretativo già esposto nel precedente capitolo, mentre altri necessitano ora di ulteriore attenzione: nel corso del tempo, infatti, come spesso accade, sono state la Corte di Cassazione e la giurisprudenza maggioritaria a tracciare le direttrici in base alle quali analizzare le interazioni dell'art 416-ter c.p. con le disposizioni speciali.

169 Cfr., Trattato di diritto penale. Parte speciale, A. Cadoppi - S. Canestrari - A.

Manna - M. Papa (a cura di), Utet giuridica, 2012, pp. 1164 ss.

Anzitutto, in riferimento al bene giuridico tutelato, la confutazione della totale coincidenza recupera il dibattito interpretativo che abbiamo già esposto e alle cui argomentazioni si rimanda171. Residuano pertanto ben pochi dubbi sulla sussistenza di una medesima ratione materiae nelle norme a confronto: il reato di scambio elettorale politico-mafioso rientra nell'area dei delitti contro l'ordine pubblico, mirando a salvaguardare in via principale la libera e pacifica convivenza tra consociati e solo strumentalmente l'interesse elettorale – la cui tutela immediata e diretta è affidata, invece, ai reati di cui al t.u. 361/57. È vero che si può ritenere l'art. 416-ter c.p. una norma attigua alla categoria dei reati elettorali solo ponendola a salvaguardia (anche) delle libertà costituzionali di voto e di mandato, ma è altrettanto vero che il quomodo in cui l'art. 96 t.u. 361/57 e il reato di scambio elettorale politico-mafioso perseguono tale tutela è diverso: immediato nel primo caso; incidentale, come conseguenza indiretta della difesa dell'ordine pubblico, nel secondo.

Anche la seconda argomentazione addotta a sostegno della piena coincidenza dei reati di scambio elettorale e corruzione elettorale si presta ad una confutazione piuttosto agevole: le due fattispecie presentano strutture soggettive niente affatto coincidenti, non solo nella composizione, ma anche nelle qualità delle controparti che intervengono alla conclusione dell'accordo. Infatti, secondo l'art. 96 t.u. 361/57 il soggetto agente mira ad estorcere il consenso personale ed individuale dell'elettore – o degli elettori – cui si rivolge, nel perfezionamento di una figura di compravendita di singoli voti elettorali; nella previsione dell'art. 416- ter c.p., invece, il contratto illecito assume un impianto più complesso. Posto che in entrambe le disposizioni richiamate uno dei soggetti è l'esponente politico candidato ad imminenti elezioni (o personalmente o nella figura di chi

agisce in suo interesse), nel reato di scambio politico mafioso muta il referente: non il quivis de populo, il singolo cittadino chiamato ad esercitare il diritto di voto, così come accade nell'ipotesi di corruzione elettorale, ma l'associazione mafiosa172. Difatti, è vero che il politico candidato conclude un accordo elettorale, in vista del procacciamento dei voti, con un singolo esponente mafioso ma è opportuno rimarcare che un simile patto potrà rilevare penalmente ai sensi della norma codicistica soltanto a condizione che il sodale, promettendo il procacciamento di voti, sottintenda – esplicitamente o meno, purché in maniera inequivocabile – il coinvolgimento dell'intero consorzio criminale. Più precisamente, proprio in quanto la condotta incriminata consiste in uno scambio, le parti attive del reato de quo sono due: da un lato l'esponente del potere politico, il cui contegno risulta definito interamente dall'art. 416-ter c.p.; dall'altro l'associazione criminale, la cui attività censurata è in questo caso delineata dal combinato disposto fra la stessa norma e l'articolo precedente. Sebbene la formulazione dell'art. 416-ter c.p. sia, anche in questo senso, poco chiara, autorevole dottrina173 ha sottolineato come sia possibile pervenire al medesimo risultato ermeneutico indirettamente: indicativa è la collocazione nel titolo V del libro II del codice penale – «Dei delitti contro l'ordine pubblico» – e, soprattutto, il rinvio alla disposizione precedente, tanto per la individuazione dei limiti edittali di pena, quanto per la determinazione del corrispettivo dell'erogazione di denaro174. Il solo

172 Contra, cfr. O. Forlenza, I nuovi reati elettorali, op. cit., p. 535, dove l'Autore

sostiene che il reato di cui all'art. 416- ter si configuri tra soggetti operanti uti singuli:

«il delitto de quo, può essere commesso da chiunque (non solo dai candidati, non solo dai mafiosi)».

173 Vedi, su tutti, G De Francesco, Gli artt.416, 416-bis, 416-ter, 417 e 418 c.p., op.

cit.; Spagnolo, L'associazione di tipo mafioso, Cedam, Padova, 1997.

174 In questo senso anche G. De Francesco, Gli artt. 416-bis, op. cit., p. 73; A.

fatto che la pena venga individuata per relationem, richiamando la sanzione disposta per l'ipotesi di partecipazione all'associazione mafiosa ex 416-bis c.p., 1° c, è un elemento di per sé sufficiente a comprovare la tesi secondo la quale il denaro elargito dal politico sia destinato all'intera organizzazione, non al soggetto particolare; il ricorso all'associazione, anziché ad un singolo potenziale elettore, infatti, garantisce all'esponente politico un'alta probabilità di esito positivo del risultato elettorale, dal momento che il sodalizio dispone di una organizzazione stabile oltre che di metodi intimidatori, sicuramente determinanti nel raggiungimento dell'obiettivo risultato sperato. Alla luce di queste precisazioni, è logico dedurre che il soggetto attivo dell'art. 416-ter c.p. decida di rivolgersi all'organizzazione criminale – anziché corrompere singoli elettori – non per ottenere i voti dei sodali, ma per farne fonte procuratrice di voti altrui175. Per completezza di indagine, è opportuno precisare che talora la giurisprudenza ha ritenuto configurato il reato di scambio elettorale politico-mafioso a fronte di un impegno assunto personalmente da singoli associati dotati di poteri verticistici all'interno del sodalizio176. Questa lettura, da molti criticata come violazione della struttura normativa della fattispecie, a ben guardare, ne costituisce anzi un'ulteriore implicita conferma: difatti, l'impegno del sodale è stato ritenuto idoneo ad integrare il disvalore incriminato proprio in ragione dei suoi poteri verticistici, tali da rendere più che evidente il sotteso coinvolgimento dell'intera organizzazione mafiosa – la quale quindi, anche in questo contesto e seppur in una declinazione diversa, rimane l'unico parametro di riferimento.

175 Si ricordi quanto esposto nel paragrafo 4.3 del precedente capitolo circa

l'accezione della prestazione mafiosa, laddove abbiamo precisato che la «promessa di voti» vada intesa come promessa di far votare terzi.

176 Vedi, Cass, sez. VI, 30 ottobre 2012, in www.dejure.it; Cass., sez. VI, 26

Il reato ex art. 96 d.P.R. 361/57, invece, presenta un limite strutturale ben definito, poiché restringe l'area della rilevanza penale al solo soggetto che mercanteggi esclusivamente il proprio e personale voto, a fronte di un'utilità a diretto beneficio del corrotto (o del soggetto terzo da lui indicato). Proseguendo sulle fila di questo ragionamento, se ne deduce che il patto in cui il sodale assicuri al politico candidato il proprio appoggio elettorale valga ad integrare soltanto la fattispecie di cui all'art. 96 del d.P.R. citato, posto che – mancando il coinvolgimento della cosca – la condotta non è suscettibile di rilevare ai sensi del reato introdotto dal d.l. Scotti-Martelli177. Emerge chiaramente, allora, il diverso tenore delle due fattispecie: l'una volta a incriminare un rapporto diretto tra corruttore ed elettore corrotto; l'altra volta a colpire un più ampio progetto di intermediazione e di raccolta dei suffragi, che esorbita dalla dimensione del voto di un singolo elettore. All'uopo, mutuando le categorie giuridiche del diritto civile, si è soliti definire “compravendita del singolo voto” la condotta che realizza la corruzione elettorale semplice e, invece, "contratto d'opera" l'incriminazione prevista dall'art. 416-ter c.p.178

La differenza tra il reato elettorale ed il voto di scambio emerge inoltre, come anticipato, anche con riguardo alla condotta del soggetto attivo. Aldilà delle riflessioni sull’interpretazione del verbo «erogare»

177 «Il mero versamento da parte di un candidato alle elezioni di un'esigua somma di

denaro (due milioni) ad un esponente di “Cosa Nostra” allo scopo di ottenere l'appoggio elettorale senza però che quest'ultimo prometta di coinvolgere l'intera organizzazione criminale nella campagna elettorale, non costituisce grave indizio di