ANTONELLA BUKOVAZ
A: Questa Mihazova da Michele, Miha che in verità non so neanche chi è ma sarà sicuramente un bisnonno, un trisnonno qualcuno che è stato un particolare
riferimento, chi ha costruito la prima volta un particolare pezzo di casa...una cosa così, mentre là Shiman so che era il nonno di mio nonno ma non so per quale sua virtù sia stato dato il nome a tutta la discendenza, da lì però era così, da lì partiva il nome della casa
Io: E qui invece la Postaja come s’inserisce? per me risulta incredibile che un paesino come Topolò dove attualmente vivono...quante persone ci sono 29? A: ...si, 27 o 30...più 27 che 30
Io: Sono persone che per tutto il resto dell’anno non è che abbiano gran relazioni con il resto del mondo...nel senso vivono abbastanza isolate, no? A: Si vivono isolati o addirittura durante l’inverno si trasferiscono dai figli per esempio la Romilda fa l’inverno giù e poi si ritrasferisce quando la stagione migliora...Alfonso invece è sempre qua però insomma...
Io: Bè però è buffo perché ieri sono scesa giù al Mulino con Per e lui ha davvero una visione un pò falsata di quello che è il paese che è comprensibile ma mi raccontava del suo piacere per essere in un posto come Topolò dove non esiste alcun genere di economia o incontri-scontri persone che vengono da tutto il mondo, hai la possibilità di startene seduta al tavolo con una ragazza che viene dalla Nuova Zelanda...e tutto ciò si scontra invece con la visione di quelle che sono le persone che stanno qua tutto il resto dell’anno...perché Topolò? Perché tra tutti i posti proprio questo? Come s’inserisce qui?
A: Intanto io mi sono inserita dopo. Tutto questo nasce dal fatto che Moreno voleva trovare un posto dove costruire un piccolo festival con questi amici che facevano delle installazioni, era reduce dai viaggi su in Alpago su in Cadore dove c’era in atto
proprio in quegli anni, prima del ’94, una situazione dove gli artisti erano invitati a creare delle installazioni per il luogo...site specific... e quindi lui...no vabbè lo conoscevo perché aveva i figli giù alla scuola bilingue, conoscevo Donatella perché ci si conosce tutti, però insomma è stato lui che è stato portato qua da un suo amico e tra i giri fatti nelle Valli del Natisone, Moreno ha capito subito che era il posto adatto...e così è partito tutto...
Io: Ma era un posto architettonicamente adatto o...
A: ...mah, ovviamente ne può parlare meglio Moreno ma però qui il fatto che finisca la strada, crea dal punto di vista se vogliamo della materia artistica, una particolare suggestione...comunque di tutto questo poi ti dirà meglio Moreno...per quello che mi riguarda io sapevo che nasceva questa cosa a Topolò perché la scuola bilingue e sempre stato il centro di tutto quello che si muove nelle Valli del Natisone, quindi Moreno veniva giù se aveva bisogno di un fax, perché al tempo appunto, venti anni fa, la tecnologia era quella che era quindi cellulare...veniva giù a scuola ed io a scuola m’impicciavo di quello che succedeva su a Topolò...e quindi niente sono venuta su a vedere e mi sono fermata qui, sono stata qui, penso il tempo più lungo di sempre per me a Topolò...
Io: Tre mesi?
A: La stazione quella volta è durata due mesi...forse un mese e mezzo non ricordo ...ed io sono stata qui investendo tutte le mie risorse estive tra l’altro perché c’erano comunque degli ospiti, tutti ci si arrangiava come poteva, non c’era il chiosco, non c’era niente ed io facevo la spesa, avevo la macchina cose così, ma per un genuino entusiasmo di una cosa che non capivo minimamente perché io non sapevo cosa fossero le installazioni, passavo le serate in questa camera qua vicino dove adesso dormono Vida ed Elena e lì c’era una grande clessidra costruita con due damigiane unite dai colli in un telaio di legno senza chiodi fatto ad incastri, una cosa molto naturale, nella clessidra c’era un liquido rosso...e funzionava la clessidra nel
senso che questo liquido facendo delle bolle d’aria defluiva nella damigiana sotto e poi la clessidra si girava e questa cosa rincominciava a defluire...c’era una piccola panca nell’angolo e questo leggero “blob” che faceva questo liquido rosso..questo “blob” con un ritmo suo, si ripercuoteva leggermente nel pavimento di legno e quindi la sera, la notte era una cosa talmente suggestiva che io ero ipnotizzata da questa cosa qua...ipnotizzata...perché poi lì c’è il sangue, il vino, il tempo...insomma una cosa...
Io:...e forse un vedere un posto dove sei stata bambina sotto una luce completamente differente? una specie d’invasione o no?
A: ...non lo so, per me in quell’anno lì, quel primo anno, non ho messo in moto nessun tipo di collegamento particolare...no, nel senso io mi sono proprio goduta questa situazione perché era una novità per la mia vita assoluta...ogni cosa che c’era qui mi parlava con una forza, della quale io non so neanche parlare, non sapevo e non so parlare, che era enorme e che nessuna cosa mi aveva dato una cosa così, perché poi nella stanza dove dormiamo noi c’erano queste due sedie e con un cappello da uomo ed un cappello da donna, punto, e si rimaneva sulla porta a vedere questa stanza vuota, con queste due presenze assenze...due vecchi cappelli...e c’era la telefonata di Julian Dashper, c’era l’aratro di De Cesco nel campo con le ali, rese enormi dal lavoro di De Cesco per cui c’era questo aratro, in questo campo in discesa e conficcato nella terra al quale de cesco aveva amplificato con il metallo, no? ed era un aratro con le ali, poi lui s’incazzo anche perché il proprietario del prato per fargli un piacere, dietro il prato ha fatto una copà - la copà’ sono quei grandi covoni belli sistemati che interagivano con l’opera - per cui lui quando ha visto questa cosa....e poi invece anche lì questa cosa si è amalgamata...se ne è fatta una ragione, nel senso alla fine faceva parte dello stesso lavoro: dietro c’era la copà e davanti l’aratro con le ali...quindi c’erano queste cose che erano...per me, che non ero mai andata a vedere una mostra di arte contemporanea...più o meno, forse in televisone, ma senza attenzione... il fatto che ci fossero queste cose qui...era, come
dire...una tale discrepanza...no? il paese poi era in condizioni...non si poteva passare qui perché era crollata la casa, questa casa non c’era, c’era solo un buco...
Io:...i lavori di ristrutturazione sono stati fatti grazie alla Stazione?
A: Sono stati fatti nel momento in cui le persone hanno preso coraggio e quindi hanno fatto la domanda per i finanziamenti europei per ristrutturarle, il comune ha investito dei soldi per sistemare i sentieri ma anche la stessa asfaltatura che adesso viene tenuta curata, la strada eccetera...tutto nel momento in cui la stazione ha iniziato a raccogliere tutta la gente che raccoglie e c’è stata anche questa attenzione anche da parte delle istituzioni, poi inizialmente diciamo, anche l’intelligentia della valle ha preso una bella scossa da questa cosa, no? e quindi ne parlavano tutti, tutti erano entusiasti...
Io: Anche perché m’immagino che queste fossero zone dimenticate dopo la guerra, no?
A: Assolutamente si, perché qua l’immigrazione è incominciata agli inizi del ‘900 e si è protratta fino ad adesso, finché di fatto non si sono spopolate le parti più alte della montagna, anche perché tutti i progetti che avrebbero potuto essere messi in atto per creare una piccola industria artigianale eccetera, qualcosa era anche nato a fondo valle, anche qui con i telai, la stessa Carla aveva messo in piedi una cooperativa per le tessiture, delle cose così, questo in tempi recenti, ma dopo la seconda guerra mondiale tutto ciò che qua poteva nascere è stato cassato ed impedito da una politica della Guerra Fredda che prevedeva che qui non si creasse un’occupazione, perché più gente andava via meglio era, perché qui c’era il confine con l’est e quindi con i paesi comunisti e gli stati Uniti hanno dettato legge per quello che riguardava lo sviluppo, che quindi è stato un non sviluppo...quindi non c’era assolutamente soluzione, mentre ti facevano i documenti falsi per espatriare perché la Romilda andò in Inghilterra, minorenne e lei ancora adesso ha questi documenti - non so se li ha sanati poi- in cui l’anno resa maggiorenne, tra l’altro non so se al
tempo ne avesse 17 o 18, lei ha uno o due anni di più, non ricordo, perché se no, non avrebbe potuto andare in Inghilterra. Per cui ecco, da quel punto di vista gli uffici erano molto efficienti: ti facevano le carte, i documenti, ti trovavano un lavoro e ti mandavano a decine e decine da ogni paese perché non è che ne andasse via uno o due, no, da Topolò, quando partì mio papà saranno stati in trenta...trenta ragazzi...quindi improvvisamente i campi, i boschi, gli animali eccetera... tra l’altro un carico deve essere notevolissimo, infatti sarebbe bello dedicare una piccola ricerca a quella che è stata la vita delle donne, di quelle che sono rimaste, di quelle che sono partite e poi tornate sempre comunque sole...perché gli uomini anche quelli che tornavano, comunque lavoravano altrove e quindi queste donne si occupavano dei figli, della casa, delle bestie, dei campi, tutto...ed è sempre come tutta la storia delle donne: troppo poco documentata ed investigata... sempre, troppo poco...
Io: Ma Anto, secondo te c’è stato un cambiamento di prospettiva nella vita delle persone che vivono a Topolò in seguito alla nascita della Stazione? una consapevolezza di sè, un sentirsi nel territorio o autorizzati a parlare sloveno? A: Quello si, ma bisogna dire che Topolò è un paese comunque particolare, no? nel senso che questa zona di Valle è particolarmente consapevole perché il Recian che è quest’associazione che esiste da sempre, è sempre stato molto attivo con il coro, con l’organizzare delle cose per la comunità eccetera eccetera quindi qui l’uso della lingua slovena è sempre stato difeso ed organizzato non ha mai ceduto, per cui c’è già un terreno fertile, una consapevolezza per esempio la Romilda ha 80 anni e lei più volte scrive per il Novi Matajur, anni fa, quando ci furono delle persone che si lamentavano per i bambini per la cagnara che fanno durante la Stazione è stata lei che ha scritto una lettera al Novi Matajur, dicendo: ma siamo matti e questo vuol dire persona consapevole che di questa consapevolezza ne fa una forza lucida per intervenire in maniera attiva, e credimi che questo non succede in tutti i paesi, ma non perché le persone siano peggiori ma perché non si attivano così...adesso ti sto parlando di un paio di casi perché così come c’è la Romilda, ti sto parlando di alcune persone completamente avulse da qualsiasi contesto, sia quello della comunità
slovena, che quello della stazione, del paese, però si, c’è questo e quello ma in generale diciamo che la zona è molto attiva, che poi la Stazione sia servita per essere più consapevoli...sicuramente più orgogliosi, anche da parte di chi che con la stazione non ci vuole avere molto a che fare...(36.40)
Io: Se non altro non devono più spiegare dove sia Topolò...
A: Esatto, si, per cui questa cosa l’abbiamo registrata già nei primi anni della Stazione quando tanti ci dicevano: “Che bello adesso vado a fare la visita e non devo più dire ‘Cividale’, perché se dico ‘Topolò’ il medico sa di dove sono, la segretaria scrive ‘Topolò” mentre se no invece da loro stessi veniva quest’informazione falsata perché se no: “Chi vuoi che sappia dove sia Topolò? E’ comunque meglio dire Cividale che è...un pò più fighetto” invece improvvisamente era diventato molto figo dire che sei di Topolò. Bè io ancora adesso che ci siamo trasferiti a Cividale, viviamo a Cividale da cinque anni io quando vado in giro a fare le mie letture eccetera, dico che sono di Topolò...[Ridiamo] Sai il mio è un punto di vista, ma qui se ne possono trovare tanti altri anche di persone contrarie, ma stai attenta alle vecchie volpi, perché ti danno dei punti di vista falsati...rischi d’investire tempo ed energie per una cosa falsata...alcune hanno proprio una malattia mentale...meglio intervistare quelli che pensano che noi si faccia solo casino, che non capiscono...oppure il punto di vista di quelli che non sono ostili ma che hanno un punto di vista contorto per una serie di film interiori di robe così...poi sai se vuoi parliamo di altri punti di vista anche noi, perché ci sono quelli più intimi e personali, meno interessanti, ma anche quelli che sono la gestione non solo della parte economica, ma quella del lavoro spiccio della Stazione, del fatto che si, sono tutti amici, tutti entusiasti, tutti che se ti devono mandare dei soldi magari anche te li mandano però nessuno viene a dipingere il cinema...
A: E’ nata dopo la Postaja nel momento in cui la Regione...si è iniziato a pensare di avere anche dei finanziamenti, allora si fondò l’associazione e poi dopo tre anni di vita, arrivò questo primo finanziamento regionale...
Io: Tu ne sei il presidente?
A: Si, sono al mio secondo mandato
Io: E fate delle riunioni a cui partecipa tutto il paese?
A: Le assemblee le facciamo con i soci che sono persone del paese poi quando facciamo le assemblee anche d’inverno, le facciamo sempre a Topolò, se c’è la Romilda viene la Romilda, se c’è Paolo, Alfonso, la Carla c’è sempre, Sandro...
Io: E c’è una buona partecipazione?
A: Mah...i primi anni ce ne era molta di più, adesso...si...meno...perché c’è meno gente ma anche perché...non so...forse bisognerebbe mettere in piedi più cose per esempio anche per il paese in sé durante l’anno...avere più forze, che sono quelle delle persone ma anche quelle dei finanziamenti per creare delle situazioni durante l’anno, allora poi ci sarebbe più coinvolgimento, però di fatto devo dire, e dico una bella cosa nel senso, le persone di Topolò, anche quelle più giovani, se ti devono venire con il trattore, spostarti le panche sono più disponibili rispetto al fatto d’investire due ore la sera a parlare di questo e di quello...