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MIMESI DELLO STATO

Nel documento Stazione di Topolò - Postaja Topolove (pagine 108-123)

UN LUOGO DI PASSEGGERI, DI VIAGGIATORI CHE S’INCONTRANO

3.4 MIMESI DELLO STATO

Una casa dai muri verdi acqua si staglia all’inizio del paese. E’ la casa Juliova di cui il primo nucleo, una costruzione piccola con il tetto di paglia, risale alla metà del Seicento. “Nel 1730 fu affiancata alla vecchia costruzione una casa di due locali, una cucina e una ibiza con una stufa rivestita di maiolica” (G.Tomasetig 2003:137). Alfonso Trusgach e la moglie si sono presi cura degli ultimi inquilini i coniugi Filipig, fino alla morte. I Filipig decisero di lasciare la Juliova in eredità ad Alfonso il quale, a sua volta, la dona al comune di Grimacco. Durante i primi anni di Postaja, la casa viene messa a nuovo attraverso un programma regionale dall’architetto Renzo Rucli, attento a riadattare i materiali originali alle esigenze contemporanee. Al termine del restauro la casa viene regalata dal Comune di Grimacco alla Stazione di Topolò- Postaja Topolove (G.Tomasetig 2003:139).

La casa Juliova - così come tante altre in paese - durante il periodo della Postaja, rimane aperta a qualsiasi ora del giorno e della notte. Oltre ad ospitare le prove dell’orchestra di Topolò (la “Minimalna Orkestra”), numerose presentazioni e concerti, è sede dell’ambasciata di Nuova Zelanda, dell’Earth Water Institute e della PUT (Pinacoteca Universale di Topolò). La mia percezione è quella che nel corso della Stazione di Topolò, la casa Juliova diventi il centro a cui tutto fa riferimento.

In un paese oggi semi deserto, dove gli abitanti quotidianamente macinano chilometri per raggiungere i servizi minimi, dove non è più possibile trovare un negozio di alimentari o un bar, durante il periodo della Postaja si riaprono le porte del paese e Topolò diviene uno snodo di comunicazioni globali.

A Stazione finita le chiavi della casa Juliova rimangono in mano a Moreno e Donatella i quali le consegnano a chi - come succede più volte durante la stagione fredda - voglia ritirarsi a Topolò per suonare o lavorare, come nel caso del progetto Koderjana.

Da questo progetto non ci attendiamo null’altro che un contatto, una conoscenza reciproca, tra il letterato ed il paese, tra il letterato e gli

abitanti del paese, da cui tutti possano tratte giovamento. (Stazione di Topolò in Matjaž Pikalo 2012:76).

Koderjana prende il nome dal ruscello che scorre sotto Topolò e non è che una residenza artistica nella quale, solitamente scrittori o poeti, vengono invitati a trascorrere a Topolò un periodo di tempo nella stagione fredda durante il quale produrre qualcosa dedicato o ispirato al paese. Il loro lavoro diventa poi una pubblicazione che viene presentata durante la Stazione.

(...) è qualcosa che permette anche ai poeti l’incontro - non sfuggevole, non repentino - con il paese e la sua gente. Chi conosce la Stazione di Topolò sa che questo è il cardine su cui poggia tutta l’esperienza dal 1994 ad oggi. (Stazione di Topolò in Matjaž Pikalo 2012:76)

A Topolò manca tutto. Topolò è alla fine della strada. “Topolò è un posto remoto...sfortunato. Topolò è demenziale ed utopico” (Cosimo Miorelli, artista ex abitante di Topolò. 18 Luglio 2013). “Potrebbe essere un simbolo” ( Marco Gabrielcic, cuoco e curatore. 16 Luglio 2013).

Sentendo parlare di Topolò si ha l’impressione che ci sia una geografia parallela (da un’email di Moreno Miorelli. Archivio personale di Maria Silvano. 21 Ottobre 2013)la cui vita è concentrata nei quindici giorni della Postaja, una geografia che comprende antiche terme, resti di sinagoghe e di cimiteri giudei, aeroporti, ambasciate, istituti e antiche acropoli.

Mappa della geografia parallela del paese di Topolò durante le due settimane di Postaja. Disegno di Maria Silvano 2013.

Per supplire all’abbandono ed all’isolamento, ho l’impressione sia andato creandosi negli anni un sistema di infrastrutture, istituzioni e servizi che favoriscano un’apertura nei confronti del mondo e l’affermazione di una mitologia storica. Se alcuni di questi interventi hanno avuto un carattere utopico e giocoso, facendo leva sullo sbalordimento dei visitatori spesso increduli davanti all’assenza di una stazione ferroviaria piuttosto che dell'aeroporto, altri sono invece entrati a far parte della natura e del sistema Postaja.

Ieri sera c’era una ragazza, una signora che non veniva su da...forse era venuta su qualche volta per la Postaja su da Seuza e fa’Madonna che strano! ma è veramente che qua su c’è l'Aeroporto, l’Ambasciata?’...si gli dicevo: ‘Ma non lo sai che qua ogni giorno apre una cosa nuova? abbiam di tutto: aeroporto, treni’ cioè, non arrivano a credere questi qua ma è un’idea stranissima, però bella! fantastica! misteriosa...quello che vuoi!” (Carla Loszach, topoluciana. 20 Luglio 2013)

A Topolò quindi, non esistono fisicamente delle antiche terme, un acropoli o aeroporto. La loro esistenza è segnalata in alcuni casi solo mediante delle targhe ma, più che loro esistenza fisica è il loro valore simbolico ad essere di centrale importanza.

Ciò che al visitatore sembra una farsa, è quindi servito per creare una mitologia storica intorno ad un posto segnato da un passato doloroso e di confine.

Quella che era solo una roccia assume personalità, quello che era un punto all’orizzonte diventa un faro reso sacro dalle leggendarie associazioni con gli eroi, una conformazione insignificante del paesaggio acquista un senso, oscuro senza dubbio, ma carico di intensa emozione. Navigando con gli indigeni, specialmente con i novizi del kula, ho spesso osservato quanto profondo sia il loro interesse per quelle parti del paesaggio impregnate di significati leggendari, come i più anziani le indichino e le spieghino, come i più giovani le guardino con attenzione e

con curiosità, mentre la conversazione si riempie di nomi mitologici (Malinowski 1973:286)

Non avrà lo stesso fondamento ancestrale ma luoghi come ad esempio l’aeroporto (un palo di quattro metri con tre luci intermittenti collocato nella montagna di fronte a Topolò) servono a rimettere Topolò al centro del mondo, a creare un’affiliazione affettiva negli artisti che partecipano alla Stazione di Topolò - Postaja Topolove, a far si che l’ambiente venga “ricostruito culturalmente dalla comunità che vi è insediata (...) il paesaggio acquisisce il valore di risorsa, di patrimonio, di bene culturale, di elemento che organizza e rafforza la memoria collettiva e il senso del ‘noi’” (G.Ligi 2009:51)

Nei confronti degli artisti presenti durante il periodo della Postaja, ho sentito spesso utilizzare il termine Topolonauti quasi a riaffermare ancora una volta lo stretto legame con Topolò e le persone che vi orbitano attorno.

L’utilizzo di istituzioni e forme proprie dello Stato e l’ufficialità con cui a queste ci si riferisce inquieta ed indispone quanti, non comprendendone a pieno senso e finalità, si avvicinino alla Stazione:

Bisogna viverla da dentro perché se no veramente...come quando era venuto qua il vice sindaco, ma questo ti parlo di due...tre anni fa e Pino che gli fa: ‘Eh, questo qua è l’Ambasciatore’ indicandogli Jan14...oh, viene

lui incazzato come una iena: ‘Mi prendete in giro!!’”(Intervista a Carla Loszach, topolciana. 20 Luglio 2013).

14 Carla Loszach si riferisce allʼartista Olandese Jan Van Der Plough nominato ambasciatore Olandese a Topolò.

Francobolli della posta di Topolò. Progetto di Piermario Ciani 2002

Durante le due settimane di Postaja è stato facile sentire qualcuno dei presenti riferirsi all’artista Per Platou in quanto Ambasciatore di Norvegia. Lui stesso ha giocosamente interpretato il proprio ruolo comodamente seduto su una sedia a sdraio fuori dalla propria ambasciata: il fienile davanti a casa di Antonella Bukovaz. Ecco il discorso dell’Ambasciatore norvegese Per Plateau in occazione

dell’inaugurazione:

“Topolò si trova sul confine nord-orientale dell’Italia, nel sud dell’Europa, e la Norvegia, come nazione, rappresenta il confine settentrionale dell’Europa.

A scuola molto tempo fa, i nostri maestri ci dissero che se avessimo puntato

un compasso su Oslo e l’avessimo aperto fino a toccare il nostro confine settentrionale, il cerchio risultante sarebbe passato esattamente attraverso il Colosseo a Roma. In altre parole i bambini norvegesi imparano che sono il centro del mondo - la periferia è solo una questione di definizione!

Questo è vero anche nel mondo dell’arte e della musica. La parola “limite” descrive qualcosa che sta alla distanza massima raggiungibile dal centro e

al contempo rappresenta qualcosa che gli artisti di tutto il mondo si sono sempre

sforzati di raggiungere. In quanto minoranze abbiamo una certa unicità rispetto

alle masse e siamo orgogliosi. Tutte le strade portano a Roma, ma almeno una di esse ha origine tra le montagne della Norvegia ed un’altra, molto ripida,

piena di curve ma anche importante ha inizio quassù, alla chiesa di Topolò.

E’ destino di entrambi le nostre genti quello di essere circondati da boschi, montagne, intemperie, creature mitologiche, fantasmi ed una storia piena di

avversità politiche e culturali. Ho imparato che i Topolonauti come me hanno sempre un orecchio particolare per le piccole cose, spesso semplici e inaspettate.

In questi luoghi così intensi condividiamo la gioia di nuove imprese artistiche

e anche questioni fondamentali della vita. Siamo ostinati, siamo piccoli, e la Stazione ci insegna a rispettarci e fidarci gli uni degli altri.

Topolò è l’epicentro della periferia. Che questa ambasciata sia simbolo di ciò che

un piccolo gruppo di persone amorevoli può raggiungere insieme, su scala 1:1.

Piccolo è bello.

Per Platou, ambasciatore” (P.Platou. Discorso inaugurale per l’Ambasciata di Norvegia. Luglio 2012)

Due momenti dell’inaugurazione dell’Ambasciata di Norvegia a Topolò. Fotografia Maria Silvano 2012.

Così come già accennato in precedenza, uno dei motori principali della Stazione è il passaparola. Questo ne garantisce il funzionamento ed il contatto con il mondo. Gli artisti che partecipano alla Postaja, infatti, vengono spesso suggeriti o segnalati a Moreno e Donatella da chi ha partecipato ad edizioni precedenti. Topolò crea ramificazioni: la sua apertura verso tematiche legate oltre che all’arte, al sociale, all’etnografia ed alla storia fa si che si spinga di anno in anno verso paesi più lontani. Le ambasciate sono luoghi simbolici. Ambasciatori divengono gli artisti che hanno partecipato negli anni alla Postaja ed a loro viene dato il compito di “portare il mondo a Topolò e Topolò nel mondo” (Intervista a Cosimo Miorelli, artista ed ex abitante di Topolò. 18 Luglio 2013).

(...) nasce prima l'Ambasciata di Olanda, nella primavera del 1998, durante una visita ad hoc di Jan Va der Ploeg. Pochi mesi dopo, nel luglio 1998 è la volta dell'Ambasciata Ceca, con Miroslav Janek.

Sono nate da un'idea direi naturale: avere una "sede" permanente in paese vista la presenza di anno in anno di artisti di quelle nazioni. (Da un’email di Moreno Miorelli. Archivio personale di Maria Silvano. 29 Gennaio 2014)

Dal 1994 al 2007 partecipano alla Postaja ad esempio 14 artisti provenienti dalla Nuova Zelanda. Il legame con questa terra così lontana viene ufficializzato proprio quell’anno, quando l’artista William Hsu viene nominato Ambasciatore, aggiungendosi alle rappresentanze già esistenti: Repubblica Ceca, Olanda e l’Ambasciata dei cancellati.

L’Ambasciata dei cancellati di Topolò è la prima nel mondo. Aperta nel 2006 ha come finalità quella di sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto al problema dell’identità di 25.671 persone tra uomini donne e bambini (5360 erano bambini, 10.896 donne e 14.775 uomini). La vicenda dei Cancellati inizia nel 1991, quando la Slovenia dichiarò la propria indipendenza dallʼEx Jugoslavia e fu concesso ai circa 200.000 immigrati, provenienti dalle altre Repubbliche dellʼex Jugoslavia, di diventare cittadini Sloveni mediante domanda:

Alcune ragazze ospiti della Postaja cuciono dell’Ambasciata di Olanda. Fotografia di Maria Silvano 2013.

La maggioranza presentò regolare richiesta. Qualcuno se ne andò, qualcuno decise di non volere diventare cittadino sloveno, altri non riuscirono a raccogliere i documenti necessari ed altri ancora, magari essendo nati in Slovenia, ritennero di non aver nessun motivo per inoltrare formale richiesta di cittadinanza.” (’25.671 cancellati’, Osservatorio balcani e caucaso Febbraio 2009).

Coloro che non presentarono regolare domanda, il 26 febbraio 1992, vennero cancellati dal registo dei residenti perdendo tutti i diritti (lavoro, sanità, la possibilità di aprire un conto corrente ecc.), non ottenedo la cittadinanza e diventando di fatto clandestini. Tutto ciò avvenne in un clima di generale consenso:

Si era convinti che tra chi non aveva fatto richiesta c’erano gli ufficiali della famigerata Armata popolare jugoslava e quelli che speravano in una vittoria dei federali, insomma coloro che si opponevano al processo d’indipendenza della Slovenia. (Cancellati, condanna per la Slovenia, Osservatorio balcani e caucaso, Luglio 2012).

Come già detto tra i 25.671 c’erano bambini, donne e uomini che non avevano nulla a che fare con l’esercito. Molti di loro non si resero conto di ciò che gli era accaduto finchè ad esempio, non andando a rinnovare i documenti, si sentivano negare il diritto di vivere in Slovenia:

Lubiana, rispetto al resto nel calderone jugoslavo, sembrava un'oasi felice e presto sparì anche dai rapporti sulla tutela dei diritti dell'uomo. A nessuno, o quasi, interessava la sorte dei cancellati.

I più si accorsero della loro effettiva cancellazione quando provarono a rinnovare i documenti. Arrivati allo sportello, accadeva che gli impiegati, con qualche scusa, li mandassero a prendere anche gli altri documenti per poi annullarglieli tutti.” (ibid.)

Tuttora la sorte dei cancellati ed il loro riconoscimento in quanto cittadini Sloveni rimane una delle questioni più dibattute all’interno della politica slovena. La Corte europea per i diritti dell’uomo ha condannato la Slovenia a pagare l’indennizzo per i primi sei cancellati riconosciuti in quanto tali, ma il percorso per il riconscimento è ancora lungo:

C’è chi dice che se i 20mila euro dovessero venir moltiplicati per il numero complessivo dei cancellati l’indennizzo sarebbe simile all’ammontare della manovra finanziaria messa in atto dal governo per contenere la spesa pubblica. Proprio quello degli indennizzi, in un momento di crisi, con la complicità dei politici e dei giornali, rischia di essere uno dei temi centrali del dibattito politico ed i cancellati rischiano ancora una volta di essere

presentati come una sorta di parassiti pronti a succhiare le poche risorse della Slovenia in un momento di grave crisi economica. (“Cancellati, condanna per la Slovenia”, Osservatorio balcani e caucaso, Luglio 2012)

La Stazione di Topolò diventa quindi uno scenario attraverso il quale mobilitare l’opinione pubblica. L’ambito creativo, lo spazio attraverso la quale far conoscere e sensibilizzare la gente su tematiche sociali e culturali come avviene anche nel caso del Earth Water Institute o dell’Officina Globale della Salute.

Nel 2010 apre a Topolò l’Earth Water Institute , a cura dell’artista tedesco Ulay, figura chiave della body performance degli anni ’70 e storico partner di Marina Abramović. Lʼistituto emeplifica tra lʼaltro in modo chiaro, a mio parere, il modo in cui si sviluppa la relazione tra i progetti artistici presentati a Topolò ed il luogo. L’Earth Water Institute - parte del progetto internazionale Waterfonie - è “un’iniziativa

artistica con la finalità di mobilitare la comunità artistica alla sensibilizzazione sulle questioni inerenti all’acqua potabile e migliorarne l’apprezzamento”(Ulay

www.earthwatercatalogue.net)15. L’inaugurazione è stata preceduta da una

processione, nella quale Ulay calatosi nei panni di rabdomante ed aiutato dall’esperienza del topoluciano Alfonso Trusgach - che conosce i boschi intorno a Topolò meglio di chiunque altro - ha condotto il festoso corteo verso la fonte “Pri Studencu” nel cuore del bosco.

Le linee “Li” o “Lay” sono dei meridiani sotterranei individuabili attraverso la geomanzia o la rabdomanzia. (...) In “Lay’s I Pen” performerò il mio nome - Ulay - “rabdomando” e segnando queste vie dell’acqua. Troverò e marcherò il mio percorso verso la sorgente di “Pri Studencu”, mostratami da Alfonso, seguito in processione da chi vorrà unirsi. Prima di partire distribuirò delle bottiglie etichettate in serie numerata, che le persone potranno riempire alla sorgente per poi riportarle in paese. Una volta

15 Trad.mia “An artistic inactive that mobilizes artists community to raise awareness regarding drinking

arrivati a Pri Studencu, infatti, si tornerà a Topolò per inaugurare la Water Station, ultima evoluzione del mio progetto sull’acqua potabile chiamato “Waterfonie”. (Ulay 2010:66)

Camminando per le vie di Topolò si incontra poi una casa a metà paese sede del Officina Globale della Salute, fondata nel 2009 da Mario Raviglione direttore dei dipartimento StopTb (tubercolosi) dell’organizzazione Mondiale della Santità di Ginevra.

Il riconoscimento che la salute dipende dall’ambiente in cui viviamo deve essere una motivazione per ogni topolonauta ad intraprendere azioni mirate alla salvaguardia, alla protezione ed alla conservazione della natura.

Il gioco, l’ironia ed il paradosso sono strumenti fondamentali per il raggiungimento della piena salute fisica e mentale di tutti i popoli e di tutti gli individui. Accettando pienamente questi principi ed allo scopo di promuovere e proteggere la salute di tutti i popoli, i Topolonauti signatari di questa costituzione che s’impegnano a diffonderne i principi, fondano quivi l’Officina Globale della Salute (Mario Raviglione in ‘Stazione di Topolò 2009’, A.Medved, 2009 )

Il discorso viene pronunciato da Raviglione presenza del Sindaco di Udine Furio Honsel, nominato magnifico Rettore dell’Università di Topolò.

Ci siamo posti il problema di come poter disseminare, far conoscere i grandi problemi della salute e del mondo in unʼambito che normalmente è un ambito creativo, artistico e vedere proprio come si possano combinare i due mondi in modo tale da beneficiarne tutti (Mario Raviglione, in ‘Stazione di Topolò 2009’, A.Medved, 2009).

Topolò che per le sue assenze potrebbe rappresentare un luogo simbolo del disagio della montagna, diviene la piattaforma attraverso la quale far conoscere e sensibilizzare la gente su tematiche sociali e culturali. La Stazione di Topolò - Postaja Topolove come metafora, un microcosmo cosmopolita senza confini, che riunisce in sé tutti i luoghi possibili: un aeroporto per i soli arrivi, un ufficio postale per stati di coscienza, resti ormai invisibili di antiche terme, dell’acropoli, dell’antico cimitero e di una delle tre sinagoghe dove insegnava il venerato maestro Kelmann. La biblioteca “V.Gariup” dove vengono conservati solo i libri del cuore, un Istituto di Topologia di Topolò, una pinacoteca universale, una sala d’aspetto per le veglie di poeti e narratori ed un dipartimento di Paesologia facente riferimento all’Università di Topolò.

Come già detto in precedenza, la Stazione di Topolò offre ai suoi artisti la possibilità di risiedere nel paese durante tutto il periodo della Postaja. La stazione si occupa di pagare le case di Topolò che partecipino al sistema dell’Albergo diffuso, in cui gli artisti soggiorneranno e di fornirgli il vitto per tutta la durata della Postaja. I soldi quindi entrano in circolo e vanno ai topoluciani. Dal 2004 l’esistenza della Stazione è stata garantita dai finanziamenti alla cultura della Regione Friuli Venezia Giulia. Nel corso degli ultimi anni questi tagli hanno subito un taglio via via sempre più massiccio: nel 2011 il finanziamento è stato ridotto del 33% e poi successivamente per il 2013, la Giunta Regionale ha dato un taglio netto e la riduzione è stata del 75%: da 45 mila euro si è passati ad 11mila. Essendo la cifra insufficiente per svolgere alcuna attività e coprire le spese primarie, è stata messa in moto una campagna fondi attraverso il sito internet Indiegogo e la galleria L’Affiche di Milano. Ancora una volta topoluciani, Topolonauti ed i visitatori hanno dimostrato il loro totale appoggio alla Stazione di Topolò - Postaja Topolove con donazioni che ne hanno consentito il normale svolgimento anche se in forma ridotta rispetto agli anni passati. Il taglio ai fondi di Topolò dimostra ancora una volta come lo Stato si faccia vanto dei successi della Stazione di Topolò - Postaja Topolove senza di fatto offrirgli un adeguato supporto. La Stazione di Topolò negli ultimi anni infatti è stata elencata come fiore all’occhiello del Friuli Venezia Giulia, inserita nel sito nazionale dei Beni

Culturali e menzionata regolarmente dalle autorità regionali in occasioni ufficiali come ciò che ha consentito non solo visibilità ad una zona marginale ma come motore fondamentale per il turismo e la promozione di una microeconomia nelle Valli del Natisone. I tagli alla voce Cultura hanno quindi rappresentato un fatto gravissimo non solo sulla specifica realtà della Stazione di Topolò - Postaja Topolove ma bensì

Nel documento Stazione di Topolò - Postaja Topolove (pagine 108-123)