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Misure e inchieste antidumping nei rapporti globali

CAPITOLO 3: I L WTO E LA PROPRIETÀ INTELLETTUALE

3.3 IL DUMPING

3.3.2 Misure e inchieste antidumping nei rapporti globali

pratica del dumping sono aumentate nella prima metà del 2018. Il numero di nuove misure introdotte dagli stati per proteggere le proprie industrie dal dumping ha registrato un incremento del 40%.

131 A differenza dei cambi fissi nei quali c’ è l’intervento della banca centrale che

acquista oppure vende valuta estera per mantenere il cambio allo stesso livello prima della variazione, nel regime dei cambi flessibili non c’ è l’ intervento della banca centrale per cui i cambi sono lasciati liberi di fluttuare liberamente. Vedi Krugman, Obstfeld, op. cit.

132 Farah P, Soprano R., Dumping e Antidumping. Una guida per le imprese di fronte

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Fra gli stati, o aggregazioni di stati, che applicano misure antidumping troviamo al primo posto l’India, al secondo l’Unione Europea e al terzo la Cina. Tali misure sono in prevalenza applicate ai prodotti del settore chimico, del settore metallurgico e del settore plastico.

Nell’ambito dell’Uruguay Round del 1994 fu modificata la normativa internazionale antidumping e furono stabilite le regole in base alle quali i membri firmatari dell’accordo sul commercio internazionale dovevano uniformare le proprie normative interne. Il Consiglio UE ha adottato il regolamento n.1036 del 2016 con il quale è stata modificata e adattata alle nuove disposizioni del WTO la disciplina in materia antidumping. Il regolamento di cui sopra comprende disposizioni per la determinazione del c.d. valore normale di un bene133, del prezzo di

esportazione, dei margini di dumping, del pregiudizio subito e del nesso di causalità esistente tra il dumping e il pregiudizio subito; esso inoltre disciplina le regole procedurali da adottare.

La nuova procedura antidumping prevede il coinvolgimento in maniera diversa di alcune istituzioni. Un ruolo molto importante viene attribuito alla Commissione Europea, la quale deve esercitare la sua funzione in assoluta indipendenza nell’interesse generale dell’Unione e pertanto non deve accettare nessuna istruzione dai governi degli Stati membri . Durante le indagini antidumping, la Commissione europea è incaricata di ricevere le denunce presentate dalle imprese dell’Unione e ad essa spetta la conduzione della fase di inchiesta, l’effettuazione dei calcoli e le opportune verifiche, la valutazione delle informazioni ricevute e l’adozione di misure provvisorie oppure il raggiungimento di accordi con gli esportatori.134

Per l’applicazione di una misura antidumping è necessario che la Commissione europea di propria iniziativa, dopo aver ricevuto una

133 Il valore normale va inteso in generale come il prezzo mediamente praticato per i

beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza ed al medesimo stadio di commercializzazione.

https://argomenti.ilsole24ore.com/parolechiave/valore-normale.html

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denuncia antidumping, compia una accurata indagine al fine di valutare l’esistenza dei presupposti richiesti dal regolamento. I presupposti sono quattro: il dumping, il pregiudizio subito, il nesso di causalità e l’interesse dell’Unione.

Il valore normale è l’elemento con il quale deve essere confrontato il prezzo di esportazione, per valutare l’esistenza o meno di un margine di dumping. Il valore normale è solitamente calcolato sui prezzi pagati o pagabili nel corso di normali operazioni di mercato da acquirenti indipendenti del paese esportatore. Spetta alla Commissione verificare l’esistenza di condizioni in presenza delle quali il valore normale possa essere considerato attendibile.

L’iter da seguire, prima di iniziare l’indagine antidumping, parte dall’individuazione del paese di provenienza del bene oggetto di indagine. Il regolamento prevede che il paese esportatore sia di norma il paese di origine, ma esso può anche essere un paese intermedio, salvo quando i prodotti transitano semplicemente in tale paese oppure non sono ivi fabbricati o il loro prezzo in tale paese non è comparabile. Il calcolo del valore normale del prodotto in alcuni casi può essere impossibile, come per esempio nell’ipotesi in cui un’impresa produca beni destinati esclusivamente all’esportazione, oppure venda sul mercato interno un bene diverso da quello esportato nell’Unione e non vi siano vendite del medesimo bene nel mercato interno. In tale caso la Commissione, come previsto dal regolamento, può calcolare il valore normale del bene in base ai prezzi di altri venditori e produttori; se però i beni sono differenti ma le differenze tra prodotti siano irrilevanti, la Commissione di solito considera i due beni simili e pratica degli adeguamenti al momento della comparazione relativa alle differenze fisiche. Ulteriori difficoltà nel calcolo del valore normale si hanno quando le vendite nel mercato interno riguardano modesti quantitativi di beni, tali da non consentire un corretto calcolo del valore normale del

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prodotto in rapporto al prezzo solitamente praticato nelle normali operazioni di mercato.

Il regolamento dà anche una definizione al prezzo di esportazione e considera tale il prezzo realmente pagato o pagabile per il prodotto venduto per l’esportazione dal paese esportatore all’Unione. Per prezzo di esportazione si deve intendere il prezzo del bene C.I.F.135 nel momento in cui giunge alla dogana del paese di esportazione e deve essere tenuto distinto dal prezzo di vendita al consumo che è quello al quale il bene è rivenduto nel mercato di importazione. Il prezzo del bene al consumo contiene una serie di costi aggiuntivi rispetto a quello di esportazione. Tali costi aggiuntivi normalmente gravano sull’importatore ed essi non devono essere presi in considerazione ai fini del calcolo del suo valore alla dogana; tali sono ad esempio i prezzi delle assicurazioni, i dazi doganali e le altre imposte corrisposte nel paese importatore per l’importazione o per la vendita delle merci.136

L’autorità inquirente della nazione importatrice, prima di poter applicare una misura antidumping, deve verificare che le importazioni del bene oggetto di dumping possano cagionare un pregiudizio all’industria nazionale. Il regolamento dà una definizione di pregiudizio secondo la quale deve trattarsi di un pregiudizio notevole o comunque della minaccia di un pregiudizio materiale a danno dell’industria dell’Unione. L’accertamento del pregiudizio da parte dell’autorità inquirente si basa su quattro elementi vale a dire: il concetto di prodotto similare, l’industria dell’Unione, il pregiudizio grave ed il nesso di causalità tra dumping e pregiudizio.

Per prodotto similare si deve intendere il bene similare prodotto dall’industria dell’Unione la quale si presuppone possa essere pregiudicata dall’importazione oggetto di dumping. Nella prassi

135 Il prezzo CIF (cost of insurance and freight) è quello pagato all’esportazione

comprensivo dei costi di assicurazione e di trasporto; il prezzo CIF deve essere tenuto ben distinto dal prezzo FOB (free on board) che è quello all’esportazione nel quale non sono compresi i costi del trasporto.

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commerciale accade raramente che il bene esportato sia identico a quello prodotto nello stato di importazione e nella maggior parte dei casi si deve verificare se il bene esportato abbia caratteristiche molto vicine a quello dello stato di importazione.

Il regolamento afferma che per industria dell’Unione si deve intendere il complesso di produttori simili nell’Unione o quelli tra di essi le cui produzioni addizionate costituiscono la maggioranza proporzionale della produzione dell’Unione di tali prodotti.

Uno dei principali fattori ai fini della determinazione del pregiudizio è la diminuzione reale e potenziale delle vendite. Tuttavia, un eventuale aumento delle vendite dei produttori interni non necessariamente è sinonimo di assenza di pregiudizio in quanto si potrebbe verificare la circostanza in cui si ha un aumento, ma in misura non proporzionale all’incremento del mercato di riferimento, proprio a causa del dumping. Verificato il pregiudizio, è necessario considerare il nesso di causalità esistente tra il dumping ed il pregiudizio stesso; infatti, una volta stabilito che l’industria nazionale abbia subito un pregiudizio, occorre dimostrare che questo sia riconducibile al dumping per poter applicare le misure antidumping e le eventuali sanzioni.

Oltre alle importazioni che formano oggetto di dumping sono esaminati altri fattori che contemporaneamente causano pregiudizio all’industria dell’Unione Europea per evitare che il pregiudizio dovuto a tali fattori sia erroneamente attribuito alle importazioni oggetto di dumping. Sono molti gli elementi che possono dare luogo ad un pregiudizio per cui è necessario distinguere il pregiudizio causato dalle importazioni oggetto di dumping da quello generato da altri fattori ed escludere quest’ultimo dalla valutazione del pregiudizio totale subito dall’industria dell’Unione.

È pertanto necessario analizzare e distinguere i diversi fattori. Se questo non è possibile non potrà riconoscersi che il dumping abbia arrecato il pregiudizio e di conseguenza non potranno essere applicate le misure

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antidumping. Dall’esito dell’indagine si possono aprire due possibili strade: se il pregiudizio deriva da fattori diversi dal dumping l’inchiesta può ritenersi conclusa; se il pregiudizio è stato invece causato dal dumping è necessario proseguire l’inchiesta per valutarne l’identità. La Commissione infine calcola il margine del pregiudizio, in altre parole quale è stata l’entità del danno arrecato all’industria europea.137

3.3.3 L’applicazione delle misure antidumping

Una volta che l’indagine antidumping si è conclusa potranno essere applicate tutte quelle misure necessarie per contrastare la pratica distorsiva degli esportatori stranieri. E’ evidente che tale applicazione è consentita soltanto nel caso in cui siano stati riscontrati il margine di dumping, il pregiudizio ed il nesso causale esistente tra i due.

Un procedimento si può concludere senza l’applicazione di misure antidumping nel caso in cui ad esempio manchino uno o più elementi essenziali (dumping, pregiudizio o nesso di casualità) o non vi sia un interesse dell’Unione o sia stata ritirata la denuncia oppure che il margine di dumping sia irrilevante.

Il regolamento afferma che una denuncia può essere ritirata prima dell’apertura dell’inchiesta. In questo caso è considerata come non presentata ed il procedimento è chiuso, a meno che ciò non sia contrario agli interessi dell’industria europea. La denuncia è invece respinta se gli elementi di prova relativi al dumping o al pregiudizio non siano sufficienti per giustificare l’inizio di una inchiesta. Un altro motivo di chiusura del procedimento è costituito dall’irrilevanza delle importazioni o del margine di dumping; infatti non sono avviati procedimenti contro quel paese le cui importazioni rappresentino una quota di mercato inferiore all’1%, salvo il caso in cui tali paesi rappresentino complessivamente una quota di mercato pari o superiore al 3% del consumo dell’Unione.

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Il procedimento può anche essere concluso attraverso un accordo tra la Commissione e gli esportatori che hanno effettuato delle vendite nelle quali è stata accertata la presenza di un dumping e di un pregiudizio tale da giustificare l’adozione di misure antidumping; se tra tali soggetti è raggiunta un’intesa, non sarà applicato alcun dazio. L’accordo può prevedere ad esempio un impegno da parte degli esportatori a modificare i prezzi od a cessare le esportazioni oggetto di dumping, sempre che la Commissione ritenga che in tal modo sia eliminato il pregiudizio causato dal dumping. In altri casi sono invece gli esportatori che propongono alla Commissione di mantenere determinati impegni. La Commissione non è obbligata ad accettare le proposte relative ai beni oggetto di dumping se queste non la soddisfano (ad esempio se il numero di esportatori coinvolti è troppo alto).

In caso di mancata accettazione, la Commissione deve illustrare agli esportatori i motivi per i quali essa ha rifiutato la proposta di impegno e può essere data loro la possibilità di presentare osservazioni. Nel caso in cui sia raggiunto un accordo tra le parti, la Commissione richiede periodicamente agli esportatori di fornire notizie relative all’adempimento degli impegni assunti e l’autorizzazione per verificare i relativi dati.

Anche se l’accordo tra le parti è accettato, l’indagine antidumping deve essere comunque completata e se viene accertata l’inesistenza del dumping o del pregiudizio gli impegni assunti decadono automaticamente, a meno che tale accertamento sia dovuto in gran parte all’esistenza di un impegno relativo ai prezzi; in tale caso le autorità possono richiedere che l’accordo sia confermato per un congruo periodo di tempo. Se invece l’indagine dà un esito positivo in quanto è stata accertata l’esistenza del dumping o del pregiudizio, gli impegni continuano ad essere validi.

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Se l’esportatore viola gli impegni assunti o se la Commissione revoca l’accettazione degli stessi impegni, l’accordo è revocato con decisione o con regolamento della Commissione.

La violazione degli impegni che sono alla base dell’accordo può essere indicata alla Commissione da una delle parti interessate o da uno stato membro, che debbono presentare delle adeguate informazioni al fine di poter dimostrare la propria affermazione.

È compito della Commissione valutare l’effettiva sussistenza o meno della violazione degli impegni e tale controllo deve essere esercitato entro un massimo di nove mesi dalla richiesta di verifica adeguatamente motivata.

Il regolamento riconosce alla Commissione la possibilità di applicare misure provvisorie o definitive consistenti in dazi all’importazione. I dazi provvisori possono essere imposti per un periodo di sei mesi e prorogati di tre mesi oppure possono essere imposti per un periodo di nove mesi. Il dazio antidumping definitivo, invece, nel caso in cui sia stata accertata l’esistenza di dumping e del conseguente pregiudizio, può essere applicato dalla Commissione ogni qual volta lo ritenga necessario, rimanendo però in vigore solo per il periodo necessario a neutralizzare il pregiudizio.138

L’importo del dazio antidumping deve essere adeguato a ciascun caso, non deve superare il margine di dumping accertato ed in genere deve essere inferiore ad esso; il regolamento fissa il dazio per ciascun fornitore o, nel caso in cui ciò non sia possibile, per il paese esportatore interessato. L’articolo 10 del regolamento stabilisce che le misure provvisorie ed i dazi antidumping definitivi possono essere applicati solo ai prodotti inseriti in libera pratica139 dopo l’entrata in vigore delle

138 Venturini, op. cit., pag. 71-74

139 L’immissione in libera pratica è l’operazione di sdoganamento più le eventuali

altre operazioni accessorie (ad esempio controllo sanitario) che servono per dare ad una merce di importazione la libera circolazione non solo sul territorio nazionale ma anche su quello comunitario.

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decisioni assunte; pertanto tali misure non possono essere applicate retroattivamente.

Il caso della Cina

L’economia cinese può considerarsi attualmente un’economia in transizione verso un modello di mercato in linea con le economie a più avanzato sviluppo. Nonostante la notevole dinamicità di alcuni settori, ed in particolare quelli manufatturieri tradizionali e a basso contenuto tecnologico, altri settori soffrono tutt’ora di un controllo centralizzato sulla gestione e sulla allocazione delle risorse e beneficiano di sussidi statali. Il giudizio espresso fin ora dall’Unione Europea è che la Cina fino ad oggi non possa essere considerata una vera e propria economia di mercato140.

La Cina è entrata nel WTO nel 2001 e nel 2016 ha avviato una richiesta di consultazioni con l’Unione Europea, nell’ambito dello stesso WTO, sulle disposizioni del regolamento antidumping europeo che prevedono un diverso regime da applicare alle importazioni da Paesi cosiddetti ad economia non di mercato, cercando in questo modo di avvicinare in materia di commercio estero il sistema normativo cinese a quello occidentale.141

Nel processo di riconoscimento della Cina come economia di mercato è stato infatti stabilito che per calcolare il margine di (eventuale) dumping gli importatori WTO possano utilizzare metodologie alternative al metodo del valore normale (vale a dire il prezzo praticato all’interno del paese di origine delle merci), che presuppone appunto un libero mercato interno. In particolare, l’UE utilizza il metodo del “paese analogo” o “paese di riferimento”. Tale metodo consente, nel

140 Lo status di «economia di mercato» è concesso a un Paese in cui le decisioni su

investimenti, produzione e prezzi si basano sull’interazione fra domanda e offerta. Si tratta di un sistema opposto all’economia pianificata, in cui invece sono le decisioni del governo a determinare l’attività economica. Il riconoscimento dello status di economia di mercato implica un limitato ricorso agli strumenti di protezione economica (antidumping).

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caso di importazioni di provenienza da paesi non retti da un’economia di mercato, di determinare il valore normale in base al prezzo o al valore costruito in un paese terzo ad economia di mercato, oppure al prezzo per l’esportazione da tale paese terzo ad altri paesi.

Concludendo, possiamo dire che il dumping è una pratica che con il passare del tempo ha avuto un ruolo sempre più importante nella legislazione e nell’economia delle diverse nazioni. Il ricorso alle pratiche di dumping è molto frequente al fine di rendere più competitive le merci di un Paese rispetto a quelle dei paesi di destinazione al fine di migliorare la propria bilancia commerciale. Dato che il dumping è una pratica che ha iniziato ad emergere dalla prima metà del secolo scorso, possiamo ritenere che esso abbia iniziato a far sentire i propri effetti con l’avvento della globalizzazione dei mercati ed in particolar modo a seguito della notevole crescita dei colossi asiatici.

A questo proposito ho fatto riferimento alla realtà cinese, la quale è senza dubbio il paese le cui imprese sono state maggiormente assoggettate all’applicazione di misure antidumping su prodotti esportati da importatori interni, in particolare quelli riguardanti il settore siderurgico e dell’abbigliamento. A mio giudizio sarebbe opportuno che in futuro il WTO ricorresse a sanzioni ancora più rigorose non solo per attenuare, ma per eliminare del tutto le pratiche di dumping in modo da favorire gli scambi commerciali fra i paesi, incentivandoli ad essere sempre più efficienti ed a produrre merci di qualità sempre maggiore.