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I modelli del ciclo di vita delle piccole e medie imprese familiari

2.2 I modelli di crescita e sviluppo delle PMI familiari

2.2.3 I modelli del ciclo di vita delle piccole e medie imprese familiari

Nei modelli che verranno illustrati, nei quali si schematizza il susseguirsi di stadi successivi di evoluzione dell’impresa familiare, bisogna tenere in considerazione sia le variabili che condizionano i comportamenti, le scelte e le motivazioni dell’imprenditore e dei familiari  tra cui il profilo delle risorse umane, le disponibilità finanziarie, gli obiettivi personali, la cultura e i valori  sia le capacità imprenditoriali e il patrimonio di conoscenze della famiglia.

Il percorso evolutivo del impresa, infatti, oltre che da prodotti, mercati e tecnologie, viene influenzato dalla disponibilità di risorse materiali e immateriali, necessarie per il progresso aziendale, da parte della famiglia proprietaria. Inoltre, le dinamiche in cui si riscontrano dei limiti o delle incongruenze nelle relazioni famiglia-impresa possono condurre a dei momenti di discontinuità nel percorso di sviluppo dell’impresa (Ciambotti 1991, Boldizzoni, 1988; Boldizzoni, Serio, 1996, 2000, citato in Compagno, 2003). Sulla base di questa ipotesi, nei modelli vengono prese in considerazione situazioni tra cui: l’evoluzione del profilo della leadership imprenditoriale, il processo di successione generazionale al vertice dell’azienda, la deriva generazionale, l’evoluzione delle istanze e dei bisogni espressi dalla famiglia e dall’impresa (Compagno, 2003:39).

Il primo modello preso in esame è quello ideato da Danco (Danco e Jonovic, 1981, Danco, 1982, citato in Compagno, 2003) che sulla base di due dimensioni (tempo e crescita) individua quattro stadi: “dello stupore o meraviglia”,

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Questo sottoparagrafo si fonda prevalentemente sul lavoro di Compagno C. (2003), Piccole e medie

101 “dell’abbaglio”, “del fulmine” e “della separazione”. Nel primo stadio, l’imprenditore da il via al suo progetto avendo definito la business idea; il secondo ha inizio con le varie dinamiche che interessano lo sviluppo del progetto imprenditoriale e conclude con il consolidamento e affermazione della business

idea; il terzo riguarda la possibile rottura dell’equilibrio raggiunto nel secondo

stadio a causa di minacce provenienti da fattori interni o esterni; il quarto, infine, coincide con la separazione dell’imprenditore-fondatore dal proprio business. L’ultimo stadio, in cui avviene la transizione imprenditoriale, costituisce un momento di discontinuità da cui, tuttavia, è possibile ottenere un ulteriore sviluppo e rivitalizzazione della formula imprenditoriale che possa ricollocare l’azienda nello stadio dello stupore e della meraviglia (quinto stadio, “la nuova meraviglia”). Per far questo, Danco (1982) crede che debba essere trasmesso ai successori lo stesso entusiasmo e attaccamento all’azienda che possedeva l’imprenditore-fondatore.

Ovviamente si capisce bene come da quest’ultimo stadio si possa anche giungere al declino nell’ipotesi in cui, ad esempio, non vi siano eredi oppure, nel caso ci fossero, non possiedano le caratteristiche imprenditoriali adeguate.

Il secondo modello è quello elaborato da Ward (1988) in cui l’autore analizza il ciclo di vita dell’impresa familiare scomponendolo nel ciclo di vita del prodotto, dell’organizzazione e dell’imprenditore proprietario. Egli individua tre stadi di crescita (iniziale, intermedio, finale) e l’evoluzione aziendale si inquadra in un percorso che non per forza deve seguire una traiettoria lineare, ma necessita indubbiamente di cambiamenti a livello di “stile” di leadership, obiettivi della famiglia, cultura e ambito strategico.

La novità del modello risiede nell’integrazione dell’analisi per stadi secondo la dimensione della proprietà (1°stadio: fondatore; 2°stadio: società tra fratelli; 3°stadio: dinastia familiare) e del management (1°stadio: spirito d’impresa; 2°stadio: professionalità; 3°stadio: società capogruppo), individuando le

102 principali problematiche dei rispettivi ruoli proprietari e manageriali in corrispondenza di ciascuno stadio evolutivo (Compagno, 2003:40).

Dall’analisi di quest’elaborazione si può ricavare che l’andamento dell’evoluzione aziendale venga a dipendere sia dalla capacità dell’imprenditore di saper modificare il proprio ruolo, sia dalle dinamiche interne alla famiglia proprietaria. Si pensi, ad esempio, a tal proposito, quanto i processi di espansione dipendano dalla consistenza del patrimonio aziendale e dalla decisione, da parte della famiglia, di investirlo in capitale di rischio; quanto i processi di diversificazione siano collegati con il numero di familiari proiettati a ruoli gestionali all’interno dell’impresa; o , ancora, quanto le direttrici di crescita dell’impresa familiare dipendano anche dalla volontà e capacità delle nuove generazioni di continuare l’attività.

In questi modelli una fase cruciale dello sviluppo aziendale è rivestita dalla fase di successione generazionale che in letteratura economico aziendale viene definita come «il processo che, con l’obiettivo di assicurare la continuità dell’impresa e la delega efficace del ruolo imprenditoriale, perviene ad un nuovo assetto della proprietà del capitale dell’impresa in capo ai successori e al subentro di quest’ultimi o di alcuni di essi nelle responsabilità di governo e di direzione» (Corbetta, Preti, 1988, Corbetta, 1995, citato in Compagno, 2003:42). Attraverso alcuni modelli, oltretutto, è possibile individuare il profilo del successore in base alla fase del ciclo di vita dell’impresa in cui avviene la transizione imprenditoriale. Tra questi, quello di Kroeger (1974) delinea quattro fasi: introduzione o avvio, sviluppo, maturità e declino (Fig. 2.6).

Innanzitutto l’autore per ogni fase da lui definita indica le qualità manageriali, le capacità fondamentali e le funzioni chiave necessarie che devono competere all’imprenditore per permettere all’impresa di sopravvivere e svilupparsi (Bonti 2012).

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Fig. 2.6  Fasi del ciclo di vita e caratteristiche del ruolo imprenditoriale

Fonte: Kroeger, 1974 adattato da Compagno, 2003

Così, nella prima fase, quella iniziale, all’imprenditore/fondatore sarà richiesta una capacità creativa nell’indirizzare i suoi sforzi verso la creazione dell’azienda e nel risolvere i principali problemi di come sfruttare economicamente le proprie idee in modo efficace. Nella fase di decollo l’imprenditore sarà chiamato a risolvere problemi inerenti alla gestione della capacità di espansione dell’azienda, utilizzando, unite all’intuito imprenditoriale, capacità di analisi necessarie per gestire lo sviluppo (Kroeger, 1974, citato in Compagno, 2003). Nella fase di espansione il leader si trova a dover consolidare la struttura dell’azienda, in modo che essa sia funzionale al vantaggioso utilizzo commerciale della business idea, potenziando, inoltre, capacità di integrazione e coordinamento. Nella fase di maturità l’impresa è chiamata a mantenere la posizione raggiunta predisponendo, all’interno di strategie di ristrutturazione, delle azioni di razionalizzazione dei processi organizzativi e produttivi come, ad esempio, migliorare l’ambito qualitativo dei processi produttivi, arricchire la gamma di prodotti/servizi, ridurre i prezzi di vendita per abbassare il livello di interesse verso quel segmento. Nella fase successiva per evitare il declino,

104 quindi rilanciare l’impresa, il leader dovrà arricchire le consolidate capacità imprenditoriali innovative con capacità manageriali di tipo analitico (Bonti, 2012) proponendosi come successore-riorganizzatore.

Tenendo in considerazione il seguente percorso, il profilo del successore sarà definito in relazione alle esigenze delle singole fasi. A quest’ultimo sarà richiesto un atteggiamento collaborativo (necessario anche da parte dell’imprenditore uscente), per evitare conflittualità che comprometterebbero il processo di definizione della business idea, se, ad esempio, il ricambio generazionale si dovesse verificare nella fase di avvio dell’impresa. Stesso atteggiamento, unito tuttavia ad una cospicua dose continuità tra le competenze in capo al successore e quelle definite dall’imprenditore, verrebbe richiesto qualora il ricambio al vertice avvenisse nella fase di sviluppo.

Nella fase di maturità, che di per sé costituisce un momento critico per l’azienda, i punti salienti per garantire un’ottimale successione riguardano, da una parte, la disponibilità alla delega da parte del leader, dall’altra, la presenza di un successore dotato di competenze e di un approccio imprenditoriale innovativi per ricollocare l’azienda in un percorso evolutivo.

Se, infine, il ricambio generazionale si verificasse nella fase di declino risulterebbe di fondamentale importanza l’orientamento all’innovazione del successore che, attraverso una formula imprenditoriale arricchita e riprogettata con idee ed elementi innovativi, potrebbe garantire continuità all’azienda.

Peiser e Wooten (1983) analizzano il ciclo di vita delle imprese accostandolo al ciclo di vita dell’imprenditore e della sua famiglia in modo da consentire un’interpretazione dell’evoluzione del rapporto famiglia-impresa dal punto di vista dell’intero nucleo famigliare coinvolto. Le fasi individuate dagli studiosi31

sono: fase iniziale (di esistenza o sopravvivenza), definita “di coalizione”; la fase di successo, definita “di ascesa”; la fase matura, di proiezione verso il futuro, definita “istituzionale” (Compagno, 2003:44).

31In cui vengono evidenziati i bisogni e le caratteristiche dell’imprenditore, dei membri familiari e

105 I due autori ritengono, nell’elaborazione del loro modello, che il fenomeno del passaggio generazionale (soprattutto dalla prima alla seconda) rappresenta un momento di discontinuità e di possibile crisi32 in quanto può marcare le differenze, in termini di ambizioni e modalità di gestione, tra il fondatore e la generazione entrante o tra i singoli membri della famiglia.

Anche Dyer (1983) nel suo lavoro si sofferma sui momenti di discontinuità che caratterizzano il ciclo di vita dell’impresa. Egli individua cinque fasi che non costituiscono un percorso obbligato per tutte le aziende familiari e ogni passaggio a un fase successiva implica dei tempi e delle modalità distinte per ogni azienda. Le fasi sono (Compagno, 2003:46): nascita; crescita e sviluppo; successione imprenditoriale alla seconda generazione; ampliamento della proprietà con ingresso di conferenti di capitale esterni alla famiglia; affidamento della gestione a manager professionisti, con la famiglia che ricopre funzioni di supervisione attraverso gli organi di governance.

L’autore si sofferma sul potenziale evolutivo espresso dalla successione33

e sul cambiamento che subiscono i valori d’impresa, al susseguirsi delle fasi evolutive, dovuto dalla diversa composizione della formula imprenditoriale del fondatore a seguito della mescolanza di influenze provenienti da componenti sia interni che esterni alla famiglia.

Rimandando al capitolo successivo un’analisi più esaustiva del fenomeno della successione generazionale nelle imprese familiari, è possibile riassumere i principali tratti che caratterizzano i percorsi di evoluzione delle piccole e medie imprese familiari nei modelli esposti: l’imprenditore, fondatore o erede, costituisce un elemento fondamentale per il progresso dell’impresa familiare in quanto ne definisce sia la business idea, attraverso la sua creatività e il suo spirito imprenditoriale, sia le traiettorie di sviluppo mediante azioni e decisioni in

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Capace di impedire o ritardare il percorso evolutivo dell’azienda e il suo progressivo processo di “professionalizzazione” (Compagno, 2003).

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La quale si concretizza in meccanismi di apertura istituzionale dell’impresa familiare effettuati, prima, attraverso l’apertura della compagine proprietarie e, successivamente, mediante l’ingresso in ambito gestionale di competenze manageriali che tendono a sostituire la figura dell’imprenditore (Dyer, 1983, citato in Compagno, 2003).

106 relazione al riassetto istituzionale e organizzativo e ri-orientamento strategico; la struttura della famiglia, le sue dinamiche interne, i suoi contributi34 esercitano un’influenza notevole sui processi di sviluppo dell’azienda; l’ambiente competitivo rappresenta un sistema di vincoli e opportunità che interagisce con le potenzialità espresse dalla famiglia in termini di risorse imprenditoriali e manageriali, impegno, valori e cultura (Compagno, 2003:47).

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Non solo finanziari o prestazionali ma anche in termini di motivazione, commitment, sostegno e rinforzo reciproco.

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III Capitolo

Fasi, dimensioni e aspetti caratteristici del

passaggio generazionale nelle aziende familiari

3.1 Quadro di riferimento