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CAPITOLO 3 : MODELLI DI PRICING

3.3. Modelli in forma ridotta

Un altro approccio seguito nell’ambito accademico ed operativo per il pricing dei credit derivatives è quello definito “ridotto” in cui il default viene trattato come

42 Se il titolo è moloto rischioso, con V e w vicini a 1, allora il valore del debito può essere funzione crescente di r perché l’effetto sul valore di V prevale sull’effetto riduzione prezzo del titolo.

un evento completamente esogeno. In questi modelli l’insolvenza prescinde dal valore e/o dalla performance dell’azienda e viene preso in esame direttamente l’andamento del valore del titolo su cui grava il rischio di default. Tramite questo approccio non è necessario indagare sulle specifiche caratteristiche economico finanziarie degli emittenti perché l’arrivo dell’insolvenza viene ricavato dai dati di mercato. L’attenzione è riposta interamente sul default e sulla descrizione, il più precisa possibile, del processo che porta all’insolvenza per poter effettuare una stima adeguata nel momento in cui si valutano i credit derivatives.

All’interno dell’approccio in forma ridotta possiamo distinguere due classi di modelli:

• modelli di default o intensity-based models , che definiscono un processo stocastico che governa la dinamica del default nel corso del tempo. I lavori più importanti sono quelli di Jarrow, Turnbull (1995) e di Duffie, Singlestone (1997).

• Modelli di credit rating o credit migration models , basato sulle matrici di transizione Markoviane elaborate dalle agenzie di rating. Qui il default si raggiunge attraverso modifiche, migrazioni, nel tempo del rating creditizio dell’emittente. Un esempio di tale approccio è il lavoro di Jarrow, Lando, Turnbull (1997).

3.3.1. Modello di Jarrow e Turnbull

Il primo modello intensity-based fu formalizzato da Jarrow e Turnbull nel 1995. L’incertezza circa lo stato di solvibilità dell’impresa è descritto attraverso un processo stocastico non continuo ma caratterizzato da jump, cioè da salti che caratterizzano il cambiamento di livello della variabile. Il default viene definito come un particolare istante 𝜏 , detto stopping time, in cui la variabile subisce il primo salto. Il processo stocastico adottato dagli autori è il processo di Poisson, dove la variabile può assumere solamente valori interi non negativi, con valore

manifestano nel tempo con una frequenza dipendente dal parametro 𝜆, chiamata hazard rate o intensità di default assunto costante nel tempo.

Nell’istante di tempo 𝜏 la funzione che indica il default nel processo di Poisson I(t) passa dal valore iniziale, cioè zero, al valore unitario ed è così rappresentata:

𝐼 𝑡 = 1!!! = 1 𝑠𝑒 𝜏 ≤ 𝑇 0 𝑠𝑒 𝜏 > 𝑇

Nel processo di Poisson prima del tempo T potrebbero esserci più di uno stopping time; il conteggio dei jumps che avvengono prima di T è dato da43:

𝑁 𝑡 = 1!!!

!

!!!

con 𝜏!, 𝑖 ∈ 𝑁 = 𝜏!, 𝜏!, … e assumendo che 𝜏! < 𝜏!!! .

Lo stato di non insolvenza dell’impresa viene verificato quando nell’intervallo di tempo considerato [t,T] non si verificano nessun salto, ossia N(T)-N(t)=0. Inoltre assumendo che la condizione iniziale sia N(0)=0 allora il default avviene nell’istante 𝜏 in corrispondenza del quale il processo N(t) effettua il primo jump, e quindi N(t)=1 come mostrato nella figura che segue.

Figura 12:

Fonte: Leone P., Boido C. : “Rischio di credito e credit derivatives: modelli e strumenti”, CEDAM, Padova, 2004.

43 In realtà può esserci un solo evento di default, così l’istante di default 𝜏 corrisponde all’istante in cui avviene il primo salto di N(t), cioè 𝜏 = 𝑚𝑖𝑛 𝑡 > 0 𝑁 𝑡 > 0 .

La probabilità che N(t) effettui un salto in un intervallo di tempo infinitesimale è chiamata funzione di intensità di default, 𝜆(t), o hazard rate. Per determinare la probabilità d’insolvenza nell’intervallo di tempo [0,T] esponiamo alcune proprietà del processo di Poisson. Prima di tutto definiamo la probabilità che, nell’intervallo di tempo [0,T], si verifichino n salti; essa è data da:

𝑃𝑟[𝑁 𝑡 − 𝑁(0) = 𝑛] = 1 𝑛! 𝜆 𝑢 𝑑𝑢 ! ! ! 𝑒 ! !!!(!)!"

Si deduce che la probabilità di non osservare nessun salto nell’intervallo di tempo considerato, chiamata anche probabilità di sopravvivenza, è data da:

𝑃𝑟 𝑁 𝑡 − 𝑁 0 = 0 = 𝑃𝑟[𝜏 > 𝑡] = 𝑒! !!!(!)!"

Da questa equazione possiamo ricavare la probabilità di avere il default nell’intervallo di tempo [0,T], in quanto è la probabilità complementare alla probabilità di sopravvivenza rispetto a 1. Abbiamo così:

𝑃𝑟 𝜏 < 𝑇 𝜏 > 𝑡 = 1 − 𝑒! !!!(!)!"

Considerando invece un generico intervallo di tempo [t,T], allora avremo: 𝑃𝑟 𝜏 < 𝑇 𝜏 > 𝑡 = 1 − 𝑒! !!!(!)!"

In definitiva, la probabilità istantanea di default, ossia la probabilità al tempo 𝑡 che il debitore cada in default entro un infinitesimo intervallo di tempo dt , condizionata al non default fino al tempo 𝑡 sarà da 𝜆, che assume il significato di intensità di default e di rischio istantaneo d’insolvenza44 :

Pr 𝑡 < 𝜏 < 𝑡 + 𝑑𝑡 𝜏 > 𝑡 = 𝜆 𝑑𝑡

Il processo di Poisson costituisce l’ossatura dei modelli intensity-based in quanto riesce a descrivere bene l’evoluzione dello stato di solvibilità del debitore. Basandosi sulle intensità Jarrow e Turnbull forniscono una descrizione formale di un modello a tempo continuo per la struttura a termine dei credit spread. Il processo che governa l’insolvenza descrive solamente l’epoca in cui questa può avvenire. Ciò rappresenta un limite nel momento in cui è necessario individuare l’ammontare e la disposizione temporale dei cash flow che caratterizzano il titolo oggetto della valutazione. Jarrow e Turnbull assumono costante, oltre all’hazard rate, anche il recovery rate (RR) che riceverà il possessore dell’obbligazione in caso di default che sarà quindi definito esogenamente. Assumono inoltre che la struttura stocastica dei credit spreads sia indipendente dal recovery rate e dipendente solamente dalla struttura dei tassi spot e dal processo che governa il default.

Il tasso risk free spot, r(u), è il rendimento di uno ZCB default free unitario con maturity T il cui valore all’epoca t di valutazione è:

𝑝 𝑡, 𝑇 = 𝑒! !!! ! !"

I due autori nel loro modello considerano un’obbligazione unitaria priva di cedole (ZCB) soggetta al rischio di default anch’essa con scadenza in T. I cash flows generati sono quindi pari a 1 nel caso in cui non si verifichino l’insolvenza del debitore a scadenza; nel caso di default invece pagherà una frazione (RR), con RR ∈ [0,1], di un titolo privo di rischio e con stessa maturity e struttura di pagamenti45. Il cash flow nell’istante in cui si verifica l’insolvenza sarà quindi

RR 𝑝 𝑡, 𝑇 .

Jarrow e Turnbull scompongono la struttura dei pagamenti del suddetto ZCB rischioso in termini di due titoli elementari:

45 Jarrow e Turnbull introducono l’ipotesi di equivalent recovery per definire il tasso di recupero. Le altre ipotesi utilizzate per la stima del parametro sono l’ipotesi di constant recovery e quella di fractional recovery.

• Zero recovery bond, il quale paga 1 unità di moneta al tempo T in caso di non default e nulla altrimenti.

• Full recovery bond, che invece paga RR 𝑝 𝑡, 𝑇 nell’istante in cui si verifica il default (𝜏) e nulla in caso di assenza d’insolvenza.

Figura 13: Raffigurazione alberi dei payoff dello ZCB e dei bond dopo la scomposizione

Fonte: Elaborazione propria

Il valore al tempo t dello zero recovery è pari al valore atteso (rispetto alla misura di probabilità impiegata) del payoff al tempo T scontato al tasso free risk:

𝑧𝑟 𝑡, 𝑇 = 𝑬[𝑝 𝑡, 𝑇 𝟏 𝝉!𝑻 ]

Associando a questo valore la funzione di sopravvivenza 𝑃𝑟[𝜏 > 𝑇], allora il prezzo del bond in questione sarà pari al flusso unitario scontato ad un tasso dato dalla somma del tasso privo di rischio e da uno spread richiesto per il rischio d’insolvenza che è proprio l’intensità istantanea di default. Abbiamo cioè:

Lo stesso ragionamento si può estendere alla valutazione del full recovery. Anche qui il valore del titolo sarà pari al valore atteso scontato al tasso privo di rischio:

𝑓𝑟 𝑡, 𝑇 = 𝑬[ 𝑝 𝑡, 𝑇 𝑝(𝜏, 𝑇)𝟏𝝉!𝑻 ]

Sfruttando l’ipotesi di equivalent recovery il valore del full recovery bond sarà:

𝑓𝑟 𝑡, 𝑇 = 𝑝 𝑡, 𝑇 Pr 𝜏 ≤ 𝑇 = 𝑒! !!! ! !" 1 − 𝑒! !!! ! !"

Una volta ricavati i valori dei due titoli elementari in cui è stato scomposto l’iniziale ZCB rischioso possiamo ricavare il valore del titolo soggetto a default, assumendo che il debitore non risulti insolvente nell’istante iniziale t. In particolare il valore dello ZCB sarà pari alla somma del valore dei due cash flow che può generare: al valore dello zero recovery zr(t,T), che rappresenta il pagamento promesso in caso di non insolvenza, si somma quindi il prodotto tra il recovery rate RR e il valore del full recovery fr(t,T), che rappresenta il pagamento che spetta a chi detiene l’obbligazione nel caso in cui si verifichi il default. Analiticamente abbiamo :

𝑣 𝑡, 𝑇 = 𝑧𝑟 𝑡, 𝑇 + 𝑅𝑅 ∙ 𝑓𝑟 𝑡, 𝑇 = 𝑃 𝑡, 𝑇 Pr 𝜏 > 𝑇 + 𝑅𝑅 ∙ Pr 𝜏 ≤ 𝑇 = 𝑒! !!!(!) 𝑒! !!! ! !"+ 𝑅𝑅 (1 − 𝑒! !!! ! !")

Infine, se assumiamo che il tasso free risk e l’intensità di default siano costanti nell’intervallo di tempo preso in considerazione, cioè 𝑟 𝑡 = 𝑟 𝑒 𝜆 𝑡 = 𝜆 , allora la formula per pricing sarà semplicemente:

Da questa equazione si vede chiaramente che per arrivare a definire il valore di un’obbligazione che incorpora il rischio di credito è necessario conoscere i parametri che spiegano la struttura del tasso free risk, l’intensità di default ed il recovery rate. La costanza assunta da Jarrow e Turnbull per 𝜆 e RR difficilmente riesce a spiegare adeguatamente la dinamica dei prezzi osservati sul mercato. Madan e Unal (1994) hanno messo in pratica un’interessante estensione del modello rendendo i due parametri casuali e legati ad altre variabili.

3.3.2. Modello di Jarrow, Lando e Turnbull

Nel 1997 Jarrow, Lando e Turnbull propongono un nuovo modello per il pricing dei derivati creditizi basato sulle matrici di transizione. Rispetto al precedente modello di Jarrow e Turnbull non assume che ci siano solamente due stati possibili del mondo, cioè default oppure non default, ma gli stati possibili sono tanti quanti le classi di rating. È infatti un rating model, la cui idea di fondo è che il credit spread relativo ad un determinato emittente di debito è funzione della classe di rating a cui appartiene e della relativa probabilità di default. Con questo approccio l’evoluzione del merito creditizio di un debitore viene esplicata attraverso le matrici di transizione i cui elementi corrispondono alla probabilità di migrazione, in un intevallo di tempo, da una classe di rating iniziale ad un’altra (upgrading se migliora e downgrading se peggiora) e di default.

Lo strumento matematico che consente la valutazione delle probabilità di transizione tra diversi rating è la catena di Markov (Markov chain). Ad ogni epoca una catena di Markov descrive la variabile aleatoria discreta che indica la probabilità di appartenenza ad ogni stato del mondo; le variazioni nel tempo della variabile dipendono esclusivamente dal valore corrente della variabile rimanendo indipendente dai valori precedenti. X(t) è la variabile che esprime il merito creditizio di un soggetto al tempo t. S={1,2,…Z-1, Z} è l’insieme finito delle determinazioni, stati, che X(t) può assumere nel tempo. Ogni stato possibile corrisponde ad una classe di rating ordinate dalla classe più elevata con alto

con il default(classe Z=default)46. Le probabilità di variazioni di stato subite da X(t) in un istante di tempo di ampiezza costante (step) sono rappresentate da una matrice quadrata Q, di dimensione ZxZ, chiamata matrice di transizione:

𝑄 =

𝑞!! ⋯ 𝑞!!

⋮ ⋱ ⋮

𝑞!! ⋯ 𝑞!!

All’interno della matrice, i singoli elementi 𝑞!" sono positivi e rappresentano la probabilità della variabile X(t) di passare, entro il periodo successivo, dalla classe i alla j. Nel generico periodo [t,t+1], 𝑞!" = 𝑃𝑟 𝑋!!! = 𝑗 𝑋! = 𝑖 . Inoltre, poiché le variazioni ammissibile sono circoscritte all’interno dello spazio S, allora per ogni riga, la quale rappresenta lo stato iniziale, la somma delle probabilità sarà sempre pari a 1. Questo è il ragionamento concernente le migrazioni di rating in un intervallo di tempo unitario. Se prendiamo in considerazione invece un periodo di tempo più esteso, costituito non più da un solo step ma da n step, dobbiamo considerare i possibili stati intermedi in cui il soggetto può migrare. Il termine 𝑞!"(𝑛) indica la probabilità che il sistema

iniziando dallo stato i termini nello stato j al termine degli n periodi considerati. Per esempio se assumiamo che gli step considerati siano due (n=2), il sistema nel primo step si sposterà dallo stato iniziale i verso uno dei possibili stati finali del primo periodo (h) con probabilità 𝑞!!, 𝑞!!, … . 𝑞!" . Al termine del primo step il sistema di troverà quindi nello stato finale h che costituirà lo stato iniziale per la transizione del secondo secondo periodo. Così nel secondo step ci si sposterà dallo stato iniziale h verso lo stato finale j con probabilità 𝑞!", 𝑞!", … . 𝑞!! , che

risultano essere indipendenti rispetto allo stato iniziale i del primo periodo. La probabilità che il sistema si muova lungo il percorso attraverso i nodi i-h-j è pari al prodotto tra la probabilità di passare dallo stato iniziale i allo stato finale del primo periodo h e la probabilità che al secondo step dallo stato iniziale h si passi allo stato finale j (𝑞!! ∙ 𝑞!!). Ma questo è solo uno dei percorsi che la variabile

può percorrere nei due periodi considerati; difatti lo stato iniziale i può trovarsi

46 Lo stato di default è uno stato assorbente, cioè una volta che il sistema arriva in tale stato non ne esce più. Ciò comporta che l’ultima riga della matrice presenta probabilità nulla per tutti gli stati finali diversi da Z, e probabilità unitaria per lo stato di insolvenza in corrispondenza dello stato finale Z.

allo stato j al termine dei due step transitando per ogni stato possibile Z appartenente allo spazio S.

In definitiva la probabilità di transizione da i a j in n periodi è data dalla somma delle probabilità di tutti i possibili sentieri che il processo può percorrere, e a sua volta ogni probabilità è pari al prodotto delle probabilità di ciascun nodo nel percorso che parte da i per culminare in j.

Questo processo ci permette di calcolare le probabilità associate all’evoluzione del merito creditizio di un emittente di debito nel corso della vita del titolo stesso e di arrivare così al pricing dei credit derivatives. Infatti tramite le matrici di transizione di rating (di solito riguardano le transizioni ad un anno) possiamo calcolare le probabilità di upgrading-downgrading o di default su un numero arbitrario di n anni47.

Jarrow, Lando e Turnbull nel loro modello fanno altre assunzioni, oltre alla completezza dei mercati e all’assenza di arbitraggi, al fine di arrivare al pricing. Ipotizzano , così come in Jarrow e Turnbull, che il recovery rate (RR) sia assunto costante ed esogeno. C’è indipendenza tra il credit spread e il tasso di recupero. L’indipendenza viene assunta dagli autori anche tra le probabilità di migrazione e i tassi di interesse risk free.

Si può definire così il prezzo, 𝑣! 𝑡, 𝑇 , di uno ZCB unitario con maturity T, che nel periodo di valutazione t si trova nella classe di rating iniziale i; questo sarà pari al valore atteso scontato al tasso free risk. Analiticamente abbiamo:

𝑣! 𝑡, 𝑇 = 𝐵 𝑡, 𝑇 [1 − 𝑞!" 𝑇 − 𝑡 + 𝑅𝑅 𝑞!"(𝑇 − 𝑡)]

dove B(t,T) è il prezzo in t di un titolo risk free che paga 1 unità di moneta al tempo T, e 𝑞!" è la probabilità di default cumulata. Da questa equazione si può notare come l’unico elemento della matrice di transizione che assume rilevanza ai fini del pricing è la probabilità di default associata alla classe di rating iniziale. Ciò perché solamente in caso di insolvenza il debitore non pagherà l’importo

nominale ma una sua frazione corrispondente al recovery rate RR; in tutti gli altri casi l’importo promesso verrà pagato.

Il modello in esame permette la valutazione dei derivati creditizi in cui il credit event sia costituito dal downgrade e/o dal upgrade. Tuttavia affinchè possa essere utilizzato come strumento di valutazione l’emittente del debito deve avere un rating assegnatogli da un’agenzia di rating; non solo, c’è bisogno anche che quest’ultima emetta le matrici di transizione che si riferisca al soggetto e che comunque non portino a stime distorte. Oltre ai vari problemi circa la significatività e una stima distorta dell’evento creditizio che si deduce dalla lettura delle matrici di transizione, l’ultima precisazione da fare riguarda le difficoltà del rating di anticipare repentini mutamenti del merito creditizio del debitore. L’attribuzione ad una classe di rating viene effettuata dalle agenzie specializzate attraverso l’analisi dei dati di bilancio che sono riferiti al passato dell’impresa a differenza invece dei prezzi di mercato che sono proiettati nel futuro in quanto incorporano le aspettative degli operatori.

CAPITOLO 4: L’IMPATTO DELLE VARIAZIONI DI RATING SUI

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