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CAPITOLO 3 : MODELLI DI PRICING

3.2. Modelli struttural

L’approccio strutturale per il pricing dei derivati creditizi comprende i modelli detti anche firm value models, i quali assumono il valore dell’impresa come base per la valutazione. L’approccio strutturale ha come obiettivo descrivere, mediante le caratteristiche intrinseche dell’emittente, l’andamento dell’attività complessiva dell’impresa e quindi la sua probabilità di default. Il punto di partenza di questa tipologia di modelli è il lavoro di Merton che individua il rischio di default nella possibilità che alla scadenza del debito il valore dell’attivo risulti inferiore al valore di rimborso della passività. Le fondamenta dell’approccio strutturale sono costituite dall’option pricing theory formulata da Black e Scholes e applicata al rischio di default da Merton. Il modello per la valutazione delle opzioni di Black e Scholes si muove in un contesto di neutralità verso il rischio, infatti gli input sono il prezzo corrente delle azioni e la relativa volatilità, il tempo di scadenza dell’opzione e il prezzo di esercizio ed infine il tasso free risk. Le ipotesi sulle quali si basa tale modello sono28:

• Il prezzo delle azioni segue un moto browniano geometrico di parametri (𝜇, 𝜎) costanti.

• Non esistono costi di transazione o tasse • Sono consentite le vendite allo scoperto

• I titoli vengono negoziati continuamente e sono perfettamente divisibili • Non esistono opportunità di arbitraggio prive di rischio

• Il tasso d’interesse free risk a breve è noto e costante

Nella option pricing theory è possibile formare un portafoglio, costituito da azioni e opzioni, privo di rischio e caratterizzato, in assenza di arbitraggi, da un rendimento pari al tasso d’interesse free risk. Il motivo dell’insensibilità di tale portafoglio rispetto all’andamento del mercato è che sia il prezzo dell’azione e sia quello dell’opzione29 sono influenzati entrambi dalle variazioni del prezzo dell’azione; il profitto o la perdita sulla posizione in titoli viene sempre compensato dalla perdita o dal profitto sulla posizione in opzioni. Così il valore complessivo del portafoglio alla fine del periodo è noto con certezza. C’è da ricordare che per restare privo di rischio il portafoglio deve essere continuamente ribilanciato così da essere immune dalle fluttuazioni aleatorie dei prezzi delle azioni; l’assenza di rischio vale solamente per un periodo istantaneamente breve di tempo e non per l’intera durata dell’opzione.

3.2.1. Modello di Merton

Basandosi sul lavoro di Black e Scholes, nel 1974 Merton ha sviluppato un modello per la valutazione dei titoli soggetti al rischio di default, il quale si presenta nel momento in cui il valore dell’azienda che ha emesso il titolo di debito scende sotto un livello prestabilito: cioè nel momento in cui viene meno la capacità di assolvere, con le proprie risorse, agli impegni assunti e quindi di estinguere i debiti. Egli assume una struttura patrimoniale dell’azienda semplificata. L’attivo è rappresentato dal valore economico, cioè di mercato e non contabile, delle attività (V). Il passivo è costituito da due classi di passività: il valore delle azioni, e quindi del capitale di rischio versato dagli azionisti (E)

29 Il prezzo di una call è perfettamente correlata positivamente con il prezzo del titolo sottostante; il prezzo di una put è perfettamente correlata, ma negativamente, con il prezzo del titolo sottostante.

che non potrà mai essere inferiore a zero data la responsabilità limitata dei soci; e dal valore del capitale di debito (D). Il capitale di debito è costituito esclusivamente da un’obbligazione zero coupon bond (ZCB), senza cedole, con rimborso pari al valore nominale K esigibile al tempo T.

In ogni istante, nel periodo che va dal momento della valutazione, t =0, all’istante T, maturity del debito, vale la relazione di equilibrio tra il valore degli assets e le fonti di finanziamento: 𝑉! = 𝐸! + 𝐷! .

Durante questo arco temporale l’impresa svolge la propria attività economica, che porta alla creazione o alla distruzione di valore e quindi alla modifica del valore delle attività30. Il valore sia delle azioni e sia delle obbligazioni è contingente al valore dell’impresa. L’attenzione è posta al momento in cui il debito diventa esigibile, poiché si assume che l’insolvenza si può verificare soltanto nell’istante T qualora il valore delle attività non sia sufficiente a ripagare il debito. Al tempo t = T, si possono avere due scenari:

• 𝑉! ≥ 𝐾 , il valore degli assets è maggiore del valore nominale del debito

e quindi gli obbligazionisti verranno interamente rimborsati mentre il valore delle azioni è pari alla parte residuale, ossia alla differenza tra il valore dell’attivo e il debito rimborsato. In questa circostanza si avrà che il valore del debito è uguale al valore nominale (𝐷! = 𝐾), e il valore delle azioni è pari a 𝐸! = 𝑉! – 𝐾, poiché ripagano il debito e intascano la differenza.

• 𝑉! < 𝐾 , il valore delle attività è inferiore al valore nominale del debito.

In questo scenario la società fallisce e il valore di mercato post-fallimento degli assets passa nelle mani degli obbligazionisti, che però è un valore inferiore al valore nominale del debito. L’ammontare della perdita dei creditori è quindi inversamente proporzionale al valore delle attività. Gli azionisti invece perdono il capitale versato. Così il valore delle azioni sarà

nullo (𝐸! = 0), mentre il valore del debito sarà pari al valore dell’attivo

(𝐷! = 𝑉! ).

I payoff, al tempo T, per gli azionisti e per gli obbligazionisti, cioè il valore delle azioni e delle obbligazioni, saranno :

𝐸! = max 𝑉! − 𝐾 , 0

𝐷! = min[ 𝑉! , 𝐾 ] = 𝑉! – max [𝑉! − 𝐾 , 0 ] = K – max[ 𝐾 − 𝑉! , 0 ]

Graficamente i payoff appena descritti saranno come un’opzione la cui attività sottostante è il valore dell’azienda:

Figura 10:

Fonte: elaborazione propria

Gli azionisti di una società possono essere visti come gli acquirenti di un’opzione call sul valore di mercato dei suoi assets; il valore dell’azione può essere considerato come il valore di un’opzione call sul valore di mercato delle attività della società, con scadenza t = T e con prezzo di esercizio pari al valore nominale del debito (K). Cioè gli azionisti iniziano a distribuirsi tra di loro il valore delle attività solamente in via residuale rispetto all’estinzione del debito; essi iniziano ad avere profitti solamente quando il valore delle attività supera il valore nominale del debito.

I sottoscrittori delle obbligazioni possono essere visti come detentori di una posizione composta dall’acquisto del debito societario e dalla vendita di un’opzione put sul valore di mercato delle attività della società con prezzo di

E D

esercizio pari al valore nominale del debito ( K ). Tale opzione put è venduta agli azionisti della società.31

Per la valutazione del valore delle azioni e delle obbligazioni, come accennato precedentemente, è necessario sapere il valore degli assets. Merton a tal proposito ipotizza che tale valore (𝑉!) evolve nel tempo secondo un Moto Browniano geometrico :

𝑑V = µ V 𝑑t + 𝜎! V 𝑑𝑧!

da cui:

𝑑𝑉

𝑉 = 𝜇 𝑑t + 𝜎! 𝑑𝑧!

In questa equazione differenziale stocastica che descrive l’evoluzione dei valori dell’attivo, µ è il tasso di rendimento istantaneo atteso dell’azienda, σ è la deviazione standard istantanea del rendimento dell’azienda. Entrambi i parametri sono considerati costanti. Infine 𝑑𝑧! è l’incremento di un moto browniano standard, cioè una variabile che segue un processo di Wiener così definito:

𝑑𝑧! = 𝜀 𝑑t

Il moto Browniano geometrico esposto poco prima ammette un’unica soluzione data da:

𝑉! = 𝑉! 𝑒 !!!! !!! !! !! ! !

Si deduce che il valore finale dell’attivo aziendale si distribuisce secondo una variabile casuale lognormale:

Il sentiero seguito dal valore dell’azienda nel corso del tempo sarà quindi costituita da una componente stocastica (𝜇𝑉 𝑑t) da cui dipende l’andamento tendenziale di V, ed una componente casuale (σV 𝑑𝑧!) che genera oscillazioni

intorno a 𝜇𝑉 𝑑t la cui ampiezza dipende da σV e quindi dalla volatilità del valore dell’attivo. L’ipotesi di non arbitraggio tra il valore degli assets e gli investimenti non rischiosi implica che il rendimento atteso dell’attivo sia pari al tasso free risk (𝜇 = 𝑟). Queste assunzioni ci permettono di valutare il valore delle azioni alla stregua di un’opzione call scritta sul valore dell’attivo aziendale e con strike price il valore nominale del debito utilizzando l’equazione di Black e Scholes:

𝐸! = 𝑉! 𝑁 𝑑! − 𝐾 𝑒!!(!!!) 𝑁(𝑑!) dove 𝑑! = ln 𝑉! 𝐾 + 𝑟 +!! 𝜎!! (𝑇 − 𝑡) 𝜎! 𝑇 − 𝑡 𝑑! =ln 𝑉! 𝐾 + 𝑟 −!! 𝜎!! (𝑇 − 𝑡) 𝜎! 𝑇 − 𝑡 = 𝑑!− 𝜎! 𝑇 − 𝑡

L’espressione N(·) indica la funzione di distribuzione di una variabile normale standardizzata, cioè la probabilità che una variabile normale standardizzata assume un valore inferiore a (·); 𝑟 è il tasso free risk ipotizzato costante; 𝑁(𝑑!)

rappresenta invece la probabilità che la call venga esercitata, e cioè la probabilità che l’impresa non vada in default.

Determinato il valore delle azioni (𝐸!), possiamo ricavare il valore iniziale del debito (𝐷!) esplicitandolo dalla formula 𝑉! = 𝐸! + 𝐷! , trattandolo come

passività residuale, rispetto alle azioni, a valere sugli assets dell’azienda.

𝐷! = 𝑉! − 𝐸! = 𝑉! – 𝑉! 𝑁 𝑑! − 𝐾 𝑒!! !!! 𝑁 𝑑 ! = 𝑉! 1 − 𝑁 𝑑! + 𝐾𝑒 !! !!! 𝑁 𝑑 ! = 𝑉! 𝑁 −𝑑! + 𝐾𝑒 !! !!! 𝑁 𝑑 !

Il valore del debito è costituito da due fattori: il primo termine di questa equazione, 𝑉! 𝑁 −𝑑! , rappresenta il recovery value , cioè il valore recuperato

dagli obbligazionisti in caso di default; mentre il secondo

termine, 𝐾𝑒 !! !!! 𝑁 𝑑! , è il valore nominale del debito che riceveranno in caso di non default, ponderato per la probabilità 𝑁 𝑑! e attualizzato al tasso free risk.

Se indichiamo con s lo spread sul tasso d’interesse privo di rischio al quale il debito è trattato al tempo t, con t < T, allora abbiamo:

𝐷! = 𝐾 𝑒! !!! !!!

da cui si ricava:

𝑠 = − 𝑇 − 𝑡1 ln 𝐾𝑒!!(!!!)𝑉! 1 − 𝑁(𝑑!) + 𝑁(𝑑!)

Da quest’ultima equazione si evince come nel modello di Merton la struttura a scadenza dei credit spread dipenda in modo cruciale dal merito creditizio dell’emittente, misurato dal rapporto tra debito e valore dell’impresa (leverage)32.

È facile intuire che al crescere del leverage dell’azienda si riduce la solidità strutturale e finanziaria ed aumenta la rischiosità. Ad un rapporto di leverage maggiore corrisponde un credit spread più alto, ad ogni scadenza T. L’andamento temporale degli spread , derivante dal modello di Merton, è differente in corrispondenza di diversi valori di leverage; diversi rapporti tra

debito e attività influiscono sulla curva degli spread in maniera differente al crescere dell’orizzonte temporale come mostrato nella seguente figura.

Figura 11:

Fonte: Leone P., Boido C. : “Rischio di credito e credit derivatives:modelli e strumenti”, CEDAM, Padova, 2004.

La struttura dei credit spread risulta inclinata positivamente, crescente, per le imprese con un leverage poco elevato. Ciò si traduce nel fatto che un’ulteriore miglioramento della qualità creditizia non ha effetti significativi sulla capacità di rimborso del debito, poiché il payoff del titolo a scadenza non può superare il limite del valore nominale; ma al tempo stesso al crescere dell’orizzonte temporale la qualità creditizia dell’impresa può peggiorare aumentando il rischio di default e così aumentando i credit spread. Discorso opposto vale per le imprese che presentano un alto livello di leverage, le quali sono caraterrizzate da una curva di credit spread inclinata negativamente(decrescente). In questo caso infatti c’è una significativa probabilità di insolvenza nel brevissimo periodo dovuta allo squilibrio delle fonti di debito rispetto alle fonti proprie. Tuttavia nel lungo periodo queste presentano una maggiore probabilità di miglioramento della qualità creditizia che fa ridurre lo spread. Le imprese con un leverage medio hanno una struttura dei credit spread a gobba: è crescente all’inizio, per via dell’alta probabilità di insolvenza nel brevissimo periodo, e decrescente poi quando ci si attende un miglioramento della qualità creditizia.

175 200 150 125 100 75 50 25 0 5 Maturity 15 10 20

Low medium leverage Medium leverage High medium leverage

High leverage Low leverage S pr ea d

Il modello di Merton riesce in definitiva a cogliere in modo efficiente e chiaro la relazione che intercorre tra la probabilità d’insolvenza di un’impresa e alcune sue caratteristiche endogene (valore di mercato delle attività e delle passività e volatilità dell’attivo), permettendo la determinazione dello spread di equilibrio di un emittente, data la sua rischiosità. A fronte di tali pregi però presenta anche delle limitazioni che nel tempo diversi autori, come vedremo più avanti, hanno cercato di superare attraverso delle modifiche. I limiti in questione sono33:

• Lo stato d’insolvenza può presentarsi solamente a scadenza del debito e non in un’epoca precedente rispetto alla maturity.

• Il debito è costituito esclusivamente da uno ZCB con una sola scadenza in T e un solo livello di seniority.

• Il tasso di interesse free risk è assunto costante per l’intero periodo di osservazione.

• Il processo di evoluzione di 𝑉! implica l’assunzione di lognormalità per il

valore degli assets dell’impresa, escludendo quindi possibili discontinuità (jump)nell’evoluzione temporali di 𝑉! .

• Sono osservabili prezzo e volatilità del capitale azionario solamente per le società quotate.

Il modello di Merton si può sicuramente definire pionieristico per quanto riguarda i modelli di pricing dei derivati creditizi di tipo strutturale, dove lo stato di solvibilità dell’impresa è endogeno poiché associato al valore degli assets. I limiti presentati poco sopra hanno spinto numerosi studiosi ad estendere tale modello, implementando elementi per renderlo più vicino alla realtà. Nel 1976 Black e Cox forniscono la soluzione ad alcuni limiti presenti nel lavoro di Merton. Nel loro lavoro essi ipotizzano che il default dell’impresa possa avvenire anche prima della scadenza (maturity) del debito. In questo lavoro l’impresa diventa insolvibile quando il valore dell’attivo scende al di sotto di un dato livello soglia o default barrier. L’azienda continua quindi ad essere solvibile quando il valore degli assets è maggiore del valore soglia, che costituisce quindi il livello minimo dell’attivo affinchè l’impresa sia solvibile. Il default si manifesta quando il processo stocastico che governa l’evoluzione degli assets

raggiunge la soglia minima (first passage time).34 In altre parole, quando il valore

dell’attivo raggiunge la soglia, che non corrisponde al valore nominale del debito, gli obbligazionisti possono costringere l’impresa a dichiarare bancarotta (safety covenant ) e quindi di appropriarsi del valore residuo della stessa che avviene rispettando la regola di priority35.

Il modello di Black e Cox permette di avere credit spread più vicini agli spread osservati sul mercato, ma non riesce a cogliere a pieno le complessità del rischio di credito. Più in particolare, oltre al vigoroso rispetto del grado di seniority del debito in caso di default disatteso nella realtà, il limite rilevante è costituito dalla costanza del tasso di interesse.

3.2.2. Modello di Longstaff e Schwartz

Lo sviluppo circa i modelli strutturali ha portato all’introduzione di strutture stocastiche dei tassi free risk abbandonando l’ipotesi di tassi costanti. La dinamica dei tassi di interesse rimane indipendente rispetto al valore degli assets fino al lavoro di Longstaff e Schwartz (1995), che estendono il modello di Black e Cox in due direzioni:incorporano il rischio del tasso di interesse oltre al rischio di insolvenza, che può avvenire anche prima della scadenza del debito, e inoltre permettono deviazioni dalla regola di assoluta priority così da essere più coerente con l’evidenza empirica.

La novità principale è che il tasso di interesse privo di rischio, che varia nel tempo secondo un processo stocastico, è legato all’andamento del valore dell’attivo: c’è una correlazione tra la struttura a termine dei tassi free risk e il processo legato alla dinamica degli assets dell’impresa. La diversa correlazione con il tasso di interesse permette di spiegare le differenze degli spread di debitori che appartengono alla stessa classe di rating36, ma per esempio appartengono a

differenti settori industriali e che risentono in maniera differente di variazioni di

34 Fonte: Leone P., Boido C. : “Rischio di credito e credit derivatives: modelli e strumenti”, CEDAM, Padova, 2004.

35 Black e Cox ammettono una struttura del capitale dell’impresa più complessa rispetto a Merton, costituita da diverse classi di debito caratterizzate da diversa seniority.

36 Fonte: Leone P., Boido C. : “Rischio di credito e credit derivatives: modelli e strumenti”, CEDAM, Padova, 2004.

tasso. Longstaff e Schwartz assumono che, come in Merton, l’evoluzione del valore degli assets sia espresso attraverso un moto Browniano geometrico :

𝑑𝑉 = 𝜇𝑉𝑑𝑡 + 𝜎𝑉𝑑𝑍!

dove 𝜎 è una costante e 𝑍! è un processo di Wiener standard.

La dinamica dei tassi free risk a breveè data dal modello di Vasicek :

𝑑𝑟 = 𝜁 − 𝛽𝑟 𝑑𝑡 + 𝜂𝑑𝑍!

con 𝜁, 𝛽 e 𝜂 sono costanti. Il rapporto 𝜁/ 𝛽 rappresenta il livello del tasso di lungo periodo; 𝜂 rappresenta il tasso di varianza istantaneo; il termine 𝑍! è un processo di Wiener standard. La correlazione istantanea tra 𝑍! e 𝑍! è pari a 𝜌𝑑𝑡.

Come in Black e Cox, anche qui c’è la definizione di un valore soglia K al di sotto del quale si verifica l’insolvenza per tutte le obbligazioni dell’impresa. Quindi se il valore dell’attivo arriva, anche prima della maturity, al valore soglia, V=K (K assunto costante), c’è l’insolvenza o la ristrutturazione e le attività dell’impresa vengono divise tra i vari detentori di diritti sull’impresa. In caso di default i creditori riceveranno ( 1 – w ) volte il valore nominale del debito a scadenza, con w37assunto costante. Un’altra assunzione riguarda il mercato che è

perfetto, privo di frizioni e le negoziazioni avvengono in tempo continuo. Tale assunzione permette di derivare la seguente equazione differenziale parziale che definisce il prezzo H( V, r, T ) di ogni contratto derivato, con payoff al tempo T, che dipende dal valore di V e di r:

! ! 𝜎

! 𝑉! 𝐻

!! + 𝜌 𝜎 𝜂 𝑉 𝐻!" + !! 𝜂! 𝐻!! + 𝑟 𝑉𝐻!+ 𝛼 − 𝛽𝑟 𝐻! − 𝑟𝐻 = 𝐻!

Il valore di un’obbligazione priva di rischio, con scadenza in T, è dato dal modello di Vasicek:

𝐷 𝑟, 𝑇 = 𝑒 ! ! ! !(!)!

dove

𝐴 𝑇 = 𝜂! 2𝛽!− 𝛼 𝛽 𝑇 + 𝜂! 𝛽!− 𝛼 𝛽! 𝑒!!" − 1 − 𝜂! 4𝛽! 𝑒!!!" − 1 𝐵 𝑇 = 1 − 𝑒!!" 𝛽

Il prezzo del titolo free risk ha un ruolo importante nella definizione del prezzo dell’obbligazione rischiosa, con scadenza al tempo T, ottenuto dalla seguente formula di pricing: 𝑃 𝑋, 𝑟, 𝑇 = 𝐷 𝑟, 𝑇 − 𝑤𝐷(𝑟, 𝑇)𝑄(𝑋, 𝑟, 𝑇) dove 𝑋 = 𝑉 𝐾 𝑄 𝑋, 𝑟, 𝑅, 𝑛 = !!!!𝑞! con 𝑞! = 𝑁 𝑎! . 𝑞! = 𝑁 𝑎! − 𝑞! 𝑁 𝑏!" !!! !!! . 𝑖 = 2,3,4 … . , 𝑛. 𝑎! = − ln 𝑋 − 𝑀 𝑖𝑇/, 𝑇 𝑆 𝑖𝑇/𝑛 . 𝑏!" = 𝑀 𝑗𝑇/𝑛, 𝑇 − 𝑀(𝑖𝑇/𝑛, 𝑇) 𝑆 𝑖𝑇/𝑛 − 𝑆(𝑗𝑇/𝑛) . 𝑀 𝑡, 𝑇 = 𝛼 − 𝜌𝜎𝜂 𝛽 − 𝜂! 𝛽!− 𝜎! 2 𝑡 + 𝜌𝜎𝜂 𝛽! + 𝜂! 2𝛽! exp −𝛽𝑇 exp 𝛽𝑡 − 1

+ 𝛽𝑟−𝛽𝛼!+𝛽𝜂!! (1 − exp −𝛽𝑡 ) − 2𝛽𝜂!! exp −𝛽𝑇 1 − exp −𝛽𝑡 .

𝑆 𝑡 = 𝜌𝜎𝜂 𝛽 + 𝜂! 𝛽!+ 𝜎! 𝑡 − 𝜌𝜎𝜂 𝛽! + 2𝜂! 𝛽! (1 − exp (−𝛽𝑡))

+ 𝜂!

2𝛽! 1 − exp −2𝛽𝑡 38.

L’equazione che indica il prezzo del titolo rischioso mostra come esso sia una funzione esplicita di X, r e T e dipenda dai parametri w, 𝛼, 𝛽, 𝜂!, 𝜎! e ρ. Scomponendo la suddetta equazione, notiamo che il primo termine, D(r,T), rappresenta il valore del titolo qualora fosse stato privo di rischio; il secondo termine, 𝑤𝐷 𝑟, 𝑇 𝑄 𝑋, 𝑟, 𝑇 , invece rappresenta lo sconto per il rischio di insolvenza dell’obbligazione. A sua volta quest’ultimo termine può essere scomposto in due componenti: wD(r,T) è il valore attuale della riduzione di valore che subisce il titolo in caso di default; Q(X,r,T) è la probabilità (neutrale al rischio39) che tale evento si verifichi.

Il parametro X, uguale al rapporto tra V e K è una statistica sufficiente per il rischio di default, e può quindi essere utilizzato come parametro proxy del merito creditizio o rating dell’impresa poiché è un buon indicatore della solidità strutturale dell’impresa.40

Il prezzo di un’obbligazione rischiosa risulta essere41:

• Crescente in X : poiché X=V/K, se X aumenta significa che il valore degli assets dell’impresa si allontana dall default barrier K, e quindi lo sconto rischiesto per il rischio di insolvenza si riduce.

• Decrescente in w : poiché in caso di default i creditori ottengono 1-w volte il valore nominale del debito a scadenza, allora se w aumenta significa che il valore residuo a loro disposizione diminuisce comportando una maggiore perdita di valore.

38 Fonte: Longstaff A., Schwartz E.S., “A simple approach to valuing Risky Fixed and Floating Rate Debt”, The journal of finance, Wiley for the American Finance Association, Whashington, 1995. 39 Q(X,r,T) può differire dalla effettiva probabilià di insolvenza perché nell’andamento nel tempo del valore di V c’è 𝜇𝑉, mentre nel processo neutrale al rischio deve esserci r.

40 Fonte: Delzio M.F., Maggiori P. : “Rischio di credito e derivati: modelli per il pricing”, Bancaria Editrice, Roma, 2004.

• Decrescente in T : infatti se aumenta la scadenza il valore del titolo privo di rischio D diminuisce e al contempo aumenta la probabilità di insolvenza neutrale al richio Q . Entrambi gli effetti portano alla riduzione del valore del debito.

• Generalmente decrescente in r : in questo caso ci sono due effetti in contrasto tra di loro. Se da un lato l’aumento di r provoca una riduzione del prezzo del titolo free risk D, dall’altro lato provoca una riduzione della probabilità d’insolvenza Q (se r è maggiore, V si allontanerà più velocemente da K). L’effetto di un incremento di r dipende da quale effetto prevale.42

Dopo aver mostrato come Longstaff e Schwarz sono arrivati alla definizione del loro modello è bene ricordare un limite che presenta, così come tutti i modelli strutturali. In questi modelli il valore degli assets nel tempo segue un processo stocastico diffusivo (moto Browniano geometrico) senza discontinuità o jump nel tempo. Ciò non permette di spiegare l’andamento dei tassi rischiosi per orizzonti temporali molto brevi, cioè quando la maturity tende a 0. Infatti in tali modelli lo spread, nel brevissimo periodo, è nullo.

Autori come Zhou e Schonbucher nei rispettivi lavori hanno cercato di andare oltre questo limite che caratterizza l’approccio strutturale al pricing dei credit derivatives. Essi hanno introdotto nel processo stocastico diffusivo i jump, che provocano cambiamenti repentini nell’evoluzione del valore dell’impresa nel

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