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CAPITOLO 3: Otaku, il trend del Giappone contemporaneo 68


3.5 Il moe, dal consumo narrativo al consumo database 81


Okada ha suddiviso gli otaku in tre diverse generazioni basandosi principalmente al rapporto che essi avevano con il resto della società. Non è l'unico tuttavia che decide di proporre una divisione generazionale, ma con un principio differente. Si tratta della divisione operata da Azuma Hiroki nel suo saggio Otaku: Japan's database animals. Egli divide gli otaku in tre generazioni, in realtà molto simili tra loro. Vi è una prima generazione, composta da persone nate negli anni '60 e spettatori di Space battleship Yamato e Mobile suit Gundam. A essa seguono una seconda generazione, facente parte i nati durante gli anni '70 e una terza, che si compone di nati durante gli anni '80 e '90. Anche queste due generazioni crescono usufruendo delle vecchie opere. Tuttavia, i nati nella terza generazione hanno potuto assistere al cambiamento di direzione adottato dall'industria dell'animazione. Per molto tempo, la tendenza della popolazione otaku di dare preferenza alla qualità della narrazione e dell'impegno atto a costruire un determinato universo era teorizzato da Ōtsuka Eiji sotto il nome di "teoria del consumo delle grandi narrative". Secondo Ōtsuka, ogni singolo lavoro mediatico facente riferimento a un determinato franchise è costruito su un'unica struttura comune, da lui definita "grande narrativa". Perciò ognuna delle "piccole narrative", pur funzionando autonomamente, ha come obbiettivo comune ricreare e fornire una visione completa della grande narrativa. L'uomo prende come modello il famoso franchise media Mobile suit gundam, cominciato nel lontano 1979 e portato avanti fino al 2017 e probabilmente destinato a continuare. In esso ormai sono moltissime le storie e le saghe proposte sotto forma di fumetto, anime, film, romanzi e videogiochi, ma ognuno di essi rimane fedele alle regole e alla logica del grande universo narrativo. Ogni personaggio, ogni sviluppo storico avvenuto all'interno della saga, trova perfettamente posto nel grande disegno originale proposto dall'autore. i consumatori sono perciò portati a godere di ognuna di queste piccole narrative con l'unico scopo di comprendere la grande narrativa. Tuttavia, già ai tempi di Gundam, era molto diffusa la pratica di estrapolare i personaggi o l'universo di un

determinato franchise e costruire su esso delle vere e proprie opere originali. Il Comiket, la più grande fiera otaku del mondo, si basa proprio su questo principio e spesso diviene trampolino di lancio per la carriera di nuovi artisti. Azuma definisce le rielaborazioni creata dai fan dei "lavori derivativi". La loro crescente diffusione è parte della post modernità, dove la differenze tra ciò che è originale e le sue copie si affievolisce, portando alla creazione di "simulacri". In una società consumistica, dove non è più importante l'originalità di un'opera, la fine della popolarità del principio delle grandi narrative è inevitabile. A prendere il suo posto è la "teoria del database", ideata da proprio Azuma: gli otaku analizzano le varie piccole narrative, estrapolando gli elementi apprezzati, rielaborandoli per creare delle nuove narrative e personaggi. Secondo Otsuka, ogni persona ha il desiderio di raccontare una storia, ma risulta difficile per la maggior parte di esse crearne una dal nulla. Da qui nasce la tendenza di creare nuove narrative raggruppando elementi già preparati da terzi. Egli porta l'esempio degli adesivi della serie Bikkuriman, i quali si trovavano all'interno dei cioccolatini e wafer prodotti dalla famosa industria dolciaria Lotte. La popolarità ricevuta non era dovuta tanto dalla bontà del dolcetto o al design degli adesivi, ma dal potenziale narrativo. Infatti ogni personaggio raffigurato sugli adesivi ha un nome e sul retro una piccola descrizione su di esso e le relazioni con gli altri personaggi. Perciò, diventa un'ossessione collezionarli, per poter avere il quadro d'insieme, la "grande narrativa" costruita su "piccole narrative". Secondo Okada era proprio questo il tipo di consumo caratterizzante la prima generazione otaku. La domanda da porsi è su cosa si sia spostato l'interesse della classe otaku. La risposta risale all'emergere del concetto di moe, difficile da descrive in modo chiaro. Etimologicamente il termine deriva dal verbo moeru (もえる) , il quale può avere significato di "sbocciare" (萌え る), oppure "bruciare" (燃える). Il duplice utilizzo dei due caratteri è dovuto al fatto che questo termine ha avuto diffusione soprattutto online nei primi anni '90 e i computer spesso e volentieri scambiavano i due caratteri senza che venissero corretti prima di pubblicare il messaggio. Questo ha portato anche a un doppio significato, ossia non solo il sentimento nei confronti delle fanciulle animate, ma anche a indicare le fanciulle stesse. Spesso si tratta infatti di ragazzine in età adolescenziale, letteralmente "in sboccio". Il sentimento, scatenato appunto da un personaggio o da determinati accessori da esso indossati, può essere paragonato la desiderio sessuale, ma con una diversa accezione. Il moe è totalmente soggettivo, poiché ogni otaku può trovare moe elementi che per un altro non lo sono. Alcuni possono ritrovare questo sentimento di moe nelle famose orecchie da gatto (neko mimi), altri negli occhiali (megane). Tuttavia, è possibile riscontrare alcuni "standard", ritenuti moe dalla

maggior parte della popolazione otaku: essi sono fiocchi, costumi da cameriera, costumi da bagno scolastici. Nell'aspetto fisico lo sono gli occhi particolarmente grandi, piccola statura, età abbastanza giovane, almeno all'apparenza. Ma il moe non si ferma solo di fronte all'aspetto fisico, racchiude anche una serie di atteggiamenti e situazioni: un tipico esempio è l'atteggiamento classico da ragazzina affettuosa, sempre sorridente, con una voce molto acuta e spesso goffa. L'utilizzo di elementi adorabili e carini, kawaii in giapponese, indica però che il sentimento del moe non deve essere necessariamente collegato al desiderio sessuali. Gli elementi kawaii stimolano perlopiù sentimenti di conforto, felicità e gioia.


Sfruttando questa nuova tendenza, l'industria giapponese si è orientata sempre di più verso i cosiddetti moe anime. In questa categoria di anime le storie sono semplici: storie di tutti i giorni in contesti normali, come la scuola e la famiglia. Un particolare sub genere è lo "stile harem": un solo ragazzo vive circondato da un gruppo di bellissime ragazze, per la maggior parte infatuate di lui, o viceversa nel caso il target sia il pubblico femminile. Tendenzialmente questo genere di anime è il riadattamento del genere video ludici come i simulatori di appuntamenti. Lo stile harem è particolarmente popolare presso il pubblico femminile, che ha visto una vera e propria esplosione degli adattamenti dei giochi di genere otome. Tuttavia il tema dell'harem femminile verrà esplorato meglio nel prossimo capitolo. Nel corso del tempo le storie si sono semplificate sempre di più proprio per la presenza di personaggi moe: sono divenuti loro la vera attrattiva per un otaku, non la trama della storia in sé. Nei tempi dove regnava sovrano il genere scientifico, era il ruolo ricoperto da un personaggio all'interno della trama globale a renderlo attraente per il pubblico. Al giorno d'oggi è possibile decidere il proprio personaggio preferito al primo sguardo, poiché sicuramente avrà determinate caratteristiche che lo rendono moe e perciò attraente per una determinata fetta di pubblico. La diffusione sempre maggiore dei mass media ha giocato un ruolo fondamentale. Attualmente può accadere che la campagna mediatica volta alla promozione di un nuovo anime porti più fama dell'opera stessa. Per poter ottenere un simile effetto è necessario puntare anche sul rendere i personaggi attraenti al di fuori del ruolo poi giocato all'interno della trama. Normalmente, l'ordine del creazione di un franchise sarebbe il debutto del manga, seguito poi dall'adattamento anime e soltanto alla fine i derivati prodotti dai fan. Tuttavia nella società consumistica post moderna è molto più frequente che, ancora prima del rilascio ufficiale della serie animata, l'opera abbia già una nutrita schiera di appassionati, radunati grazie a una campagna mediatica serrata. Oppure, su permesso dell'autore, che addirittura vengano pubblicate delle antologie o delle novel. In una simile situazione di confusione su cosa sia 89 Un antologia è una raccolta di diversi lavori derivativi dei fan e pubblicati su autorizzazione dell'autore;

originale o meno, l'importanza dell'originalità viene gradualmente a mancare. L'esempio portato da Azuma, per descrivere al meglio l'importanza degli elementi moe nella società contemporanea, è il personaggio inizialmente conosciuto con il nome di Di Gi Charat, chiamata successivamente Dejiko, creato nel 1998. Dejiko si vede per la prima volta su From Gamers, la rivista promozionale della catena di negozi di Akihabara chiamata Gamer. Dal punto di vista dell'aspetto fisico è evidente che racchiude gran parte dei più popolari elementi moe del tempo, ossia i già citati occhi grandi, orecchie da gatto, l'uniforme da maid e in più i calzettoni in moda tra le studentesse degli anni '90. (Fig.15) Ma Deijko era solo questo, un personaggio carino, senza una personalità né una storia, un kyara (キャラ), differente dal kyarakutā (キャラクター), costruito sulla base della storia di cui fa parte. Tuttavia la popolarità del personaggio è tale dal portare alla creazione di due nuovi personaggi, Usada Hikaru (Rabi en Rose) e Petit Chara nel 1999 (Fig. 16-17), per arrivare a guadagnarsi perfino una serie animata nel 2000. Tutto ciò che ruota intorno a Di gi charat è proprio deciso dal gusto dei fan, in maniera diretta, come la scelta del nome di Dejiko attraverso un sondaggio, e indiretta. Ciò che rende così sicuro che si tratti di una tendenza è il ripetersi di questo fenomeno. Un esempio più recente è dato da Supersonico, personaggio nato come mascotte della casa produttrice di videogiochi Nitroplus nel 2006. Il successo è tale che la casa inizia una vera e propria campagna di marketing basata prima sulla vendita dell'immagine di Super Sonico, attraverso figure e gadget vari, solo per arrivare nel 2014 alla creazione di una serie anime. (Fig.18)


Dopo aver compreso che genere di sentimento, da cosa sia scatenato e nella sua diffusione, è necessario comprendere da dove abbia avuto origine. Gli studiosi del fenomeno sono concordi nel farlo risalire all'uscita, nel 1995, dell'ormai immortale opera di Hideaki Anno Shin seiki Evangerion (新世紀エヴァンゲリオン), conosciuta in tutto il mondo come Neon genesis Evangelion. Pur rimanendo indiscusso che Evangelion abbia una trama profonda e complicate tematiche affrontate in maniera realistica ed eccellente, ciò che ha veramente attirato gli otaku ai tempi dell'uscita non fu quello. In essa, con i personaggi di Misato, Rei e Asuka, si ritrovano tre diverse tipologie di personaggi moe divenute molto famose. Rei Ayanami è quieta, introversa, misteriosa e quasi inattiva. Ma è proprio in questo alone di mistero che si cela il suo potenziale, lasciato alla mente dello spettatore. Asuka invece è tutto il contrario di Rei, si irrita facilmente, è arrogante e molto rumorosa, rappresenta l'archetipo di quello che in gergo viene definito un personaggio tsundere. Esso si ottiene combinando i termini "tsun tsun" e "dere dere", rispettivamente "irritabile" e "dolce e timido". Infatti un personaggio

tsundere è rude soltanto all'apparenza, per nascondere la sua natura più dolce. Questo tipo di contraddizione di carattere è divenuto particolarmente famoso e apprezzato nel mondo degli otaku, tanto che ormai è possibile trovare un personaggio tsundere in quasi tutte le opere di animazione contemporanee. Misato, diversamente da Rei e Asuka, è un personaggio più adulto sia di fisico che di comportamento, una vera sorella maggiore per il protagonista. Misato fa parte proprio del tipo di personaggio onee-san. Questo genere di personaggi vengono particolarmente apprezzati perché fanno sentire protetto lo spettatore. Ad essi fa contrasto l'esatto opposto, il tipo imotō o "sorellina minore", il quale scatena un desiderio di protezione. 


Il creatore di Gundam, Yoshiyuki Tomino, fin da principio ha espresso la volontà di creare intorno a esso un vero e proprio universo, studiando ogni seguito con attenzione. Hideaki Anno, al contrario, non aveva pianificato alcun seguito. Invece, proprio al Comiket, lo studio Gainax stesso si adopera per la creazione di lavori derivativi a scopo pubblicitario. Arrivano persino alla creazione del videogioco Shin seiki ebangelion: Ayanami ikusei keikaku (新世紀 エヴァンゲリオン 綾波育成計画), traducibile come "Il progetto di crescita di Ayanami", dato che al giocatore è richiesto di prendersi cura di Ayanami Rei, uno dei personaggi principali. Da Evangelion in poi è quindi evidente il continuo aumentare della tendenza a creare personaggi con un ben preciso modello in mente. Da un occhio esterno potrebbe sembrare una forma di plagio, ma nell'ambiente viene considerato più una sorta di connessione, definita perlopiù come "parodie", "influenze" o anche "citazioni". Al giorno d'oggi è praticamente impossibile trovare un'opera che non presenti una caratteristica proveniente dal "database moe", il quale al massimo ha aggiunto nuove caratteristiche nel corso degli anni.

Fig.18

3.5.1 Moe boom e il cambiamento del mercato


Tutta la nuova tendenza portata dalla diffusione della cultura moe, come appena affermato, ha profondamente influenzato il mercato, dando alla luce il moe boom. Negli ultimi 20 anni infatti, la quantità di anime prodotti è aumentato in maniera spropositata. Per poter tenere fronte a una produzione così ampia è necessario sacrificarne la lunghezza, risultando in piccole serie composte da un massimo di 12 episodi, a costo di sacrificare la trama. Ma la realtà è che la frammentazione in più serie è data anche da ragioni economiche. Prima di tutto testare la reazione e il gradimento del pubblico, se la serie dovesse avere grande successo rimarrebbe sufficiente materiale per poterne creare una nuova e portare avanti il franchise. In caso di reazione negativa non si sarà sprecato un eccessivo capitale per una serie lunga. Inoltre la diluizione nel tempo permette di mantenere alta l'attenzione dei potenziali acquirenti. Qui possiamo ritrovare uno dei punti in cui il modello a database si può ritorcere contro l'industria: personaggi così simili tra loro sono facilmente godibili e apprezzabili, ma altrettanto sostituibili.La parola d'ordine per l'industria diviene il guadagno, spostando l'attenzione verso tipologie di anime più popolari non solo a livello nazionale, ma anche internazionale. Non si guarda più ai semplici ascolti televisivi, ma dalla diffusione sulle piattaforme online. Da lì si scelgono poi i prodotti favoriti da un pubblico che possiedono la possibilità economica di acquistare DVD, Bluray, figures, giocattoli e vari. Sempre in virtù del guadagno, l'industria finisce per scegliere la strada più sicura e semplice, producendo

opere che è sicuro incontrino i gusti degli otaku, limitando per certi versi gli artisti. Una volta pubblicata un'opera, sempre per poterne ricavare un maggiore guadagno, si attua un processo definito media mix. In esso, un personaggio particolarmente popolare, viene estrapolato dal suo contesto originale e trasportati in altre forme mediatiche. A volte si tratta di kyarakutā songu (キャラクターソング ) , audio drama dove i personaggi, spesso e volentieri in chiave 90 comica, esplorano meglio il loro ruolo o il rapporto con gli altri personaggi. A volte il media mix si ottiene rendendo determinati personaggi sponsor di prodotti e determinate catene. Famosissime sono le varie collaborazioni della famosa catena di kobini Lawson, dove non solo i personaggi si prestano come modelli, ma dove vengono anche venduti esclusivi gadget che è possibile soltanto lì. (Fig.19)

Fig.19 


Immagine promozionale della collaborazione tra Lawson 
 e la famosa serie Mahō Shōjo Madoka Magica

3.5.2 La delusione degli artisti

La nuova generazione di otaku e il conseguente cambio di direzione del mercato, portandolo a puntare tutto sull'appeal dell'aspetto fisico dei personaggi, non è visto in maniera negativa solamente da Okada. Hayao Miyazaki, colui che viene definito il padre dell'animazione giapponese, i cui capolavori sono riconosciuti in tutto il mondo per la loro bellezza, non è Canzone strettamente collegate ad un particolare anime o videogioco, rappresentante un determinato personaggio. Essa viene

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altrettanto felice. Miyazaki ha una carriera indubbiamente lunga, avendo iniziato a lavorare nel 1963 entrando nello studio d'animazione Toei, seguito dalla creazione dello studio Ghibli nel 1985, fino all'annuncio del suo ritiro nel 2013. In un lasso di tempo così lungo, l'uomo ha avuto modo non solo di vedere, ma di vivere in prima persona il cambiamento descritto finora. Miyazaki disprezza profondamente gli otaku, siano essi sotto forma di consumatori, ma soprattutto di produttori. Afferma che, trattandosi di persone interessate solo a loro stesse, non si fermano mai a guardare gli altri. Considerato che lui basa la sua creatività nell'osservare il mondo reale, trova una cosa del genere inaccettabile. Una simile affermazione, da parte di un personaggio dal peso di Miyazaki, fa molto riflettere.

Un altro artista è il già citato Hideaki Anno. Egli, nonostante siano stati gli otaku a fare la sua fortuna, li ritiene la ragione del declino dell'animazione giapponese. L'uomo, in un'intervista, afferma infatti che l'animazione giapponese ha ormai raggiunto il suo massimo picco e ad esso può succedere solo l'inevitabile declino. Prosegue affermando che l'animazione non scomparirà, ma non è certo che il Giappone riuscirà a mantenere il suo dominio nel campo. Soprattutto in virtù della crescente bravura di altri stati asiatici nel campo dell'animazione, come ad esempio la Corea. Ad alimentare quest'immagine è proprio lo stato stagnante dell'industria nipponica attuale, talmente interessata a guadagni facili, da non cercare di migliorarsi attraverso nuove idee e nuove tecniche.

Infine vi è Tomino Yoshiyuki , creatore del franchise di gundam. Secondo Otsuka, Tomino aveva come obbiettivo ricreare il conflitto tra Palestina e Israele. L'autore, con rammarico, si è ritrovato ad affermare che le nuove generazioni invece di considerare le implicazioni politiche del suo lavoro, si sono semplicemente innamorate dei suoi personaggi.