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I motivi della cessazione del pubblico interesse alla prosecuzione dell’opera

Analisi e soluzioni del contenzioso

2. La dichiarazione di cessazione del pubblico interesse dell’opera e la responsabilità della pubblica

2.1. I motivi della cessazione del pubblico interesse alla prosecuzione dell’opera

Nei casi ove la pubblica amministrazione non ravvisi più idonee motivazione alla prosecuzione dell’opera pubblica, e quindi si abbia una carenza del relativo interesse pubblico, può predisporre la revoca dell’atto amministrativo in via di autotutela.

La revoca è il risultato dell’attività discrezionale dell’amministrazione e non deriva dall’originaria illegittimità dell’atto essendo altresì necessaria la sussistenza di un interesse pubblico e attuale alla modificazione della situazione esistente a seguito di una nuova valutazione delle esigenze pubblicistiche.

Il potere che l’amministrazione esercita, come sancito dall’art. 21

quinquies della legge n. 241 del 1990 introdotto dalla legge n. 15 del

2005, ha subito recentemente alcune novelle normative, in particolare dal c.d. “decreto Sblocca Italia” n. 133 del 2014, che all’art. 25 inserisce due importanti novità alla originaria versione del disposto normativo. L’originaria disposizione permetteva alla pubblica amministrazione di “revocare per sopravvenuti motivi di pubblico

interesse, ovvero nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, un proprio precedente provvedimento amministrativo”.

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A seguito del Decreto Sblocca Italia, in primo luogo si permette la revoca, oltre che per sopravvenuti motivi di interesse pubblico, che rimane così invariato, nel caso di; mutamento della situazione di fatto

non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento; e nel

caso di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, salvo che

per i provvedimenti di autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.

La prima delle suddette modificazioni riguarda la revocabilità per il mutamento della situazione di fatto, per la quale si dispone che tale mutamento non doveva risultare prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento, in virtù del principio di buona fede e diligenza della pubblica amministrazione. Tale imprevedibilità del mutamento, in virtù della tutela del legittimo affidamento del privato, dovrà essere motivata mediante il confronto con l’analisi dei presupposti fattuali posta in essere dalla pubblica amministrazione al momento dell’adozione dell’atto. Tale analisi si pone alla base della motivazione dell’adozione dell’atto, che ex art. 3, comma 2, l. n. 241/1990, deve indicare i

presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che determinano la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.

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Dove la motivazione del provvedimento faccia trapelare che l’analisi svolta non sia stata particolarmente accurata, in quanto non ha posto in essere un’indagine esaustiva circa la situazione di fatto entro cui si andava a innestare il provvedimento da adottare, e conseguentemente non abbia per sua incuranza previsto il possibile mutamento della situazione di fatto concretamente realizzatosi, in tal caso la revoca non è giustificata dalla non prevedibilità del mutamento. La seconda modificazione concerne la nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, salvo nei casi di provvedimenti di

autorizzazione o di attribuzione di vantaggi economici.

Tale modificazione deve essere esaminata alla luce della sentenza del Consiglio di Stato, Ad. Plen., del 29 gennaio 2014, n. 6, che ribadisce, a seguito delle novità introdotte dalla l. n. 164/2014, la esclusione della possibilità della pubblica amministrazione di revocare il provvedimento favorevole originariamente concesso, in base a una nuova valutazione dell’originario interesse pubblico.

Senza nessuna pretesa di esaustività, le ragioni che inducono a tale esclusione si ravvedono nel fatto che, l’attribuzione di autorizzazione e in particolare di vantaggi economici, debbano essere distinti dai provvedimenti di natura concessoria, in particolare devono essere

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distinte le due fattispecie di concessione a privati di benefici pubblici e l’erogazione di denaro o meglio di finanziamento.

Tale finanziamento implica un tipo di rapporto giuridico differente dalla concessione e di tipo privatistico in quanto, nonostante si rinvengano ragioni pubblicistiche alla base di suddetti finanziamenti, essi sono caratterizzati da posizioni di diritto soggettivo, quindi non revocabili.

Le citate fattispecie non sembrano riconducibili alla giurisdizione del giudice amministrativo per carenza di potere, in quanto incidenti diritti soggettivi, e a maggior ragione in virtù dell’art. 133, lett. b, del Codice del Processo Amministrativo, che attribuisce alla giurisdizione ordinaria tutte le questioni patrimoniali inerenti a compensi vantati dal concessionario, per canoni, indennità e altri corrispettivi.

La revoca è quindi consentita non solo in base a sopravvenienze, ma anche per una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario, esercitando il c.d. ius poenitendi corredato da ampia discrezionalità66, ovviamente nel rispetto dei limiti appena ricordati.

Il provvedimento amministrativo può quindi essere revocato sia da parte dell’organo che lo ha emanato, sia da altro organo previsto dalla legge e con riguardo a una procedura di evidenza pubblica, deve

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ritenersi legittimo il provvedimento di revoca di gara disposto prima del consolidarsi della posizione delle parti ovvero precedentemente alla conclusione del contratto.

Tra i motivi più comuni di cessazione del pubblico interesse si ha: l’incompatibilità economica dell’attività oggetto di revoca, la quale costituisce, alla luce dei principi generali di contabilità pubblica e di consolidata giurisprudenza, un parametro sufficiente all’atto di ritiro in autotutela, in quanto circostanza oggettivamente impeditiva per la realizzazione dell’opera67.

Lo stesso Consiglio di Stato in più occasioni afferma che “è da

ritenersi adeguatamente motivata, in una procedura di project financing, la revoca del provvedimento di dichiarazione di pubblico interesse, ove si faccia riferimento ad alcuni profili di illegittimità dell’affidamento, come criticità tecnico-economiche del progetto scelto oppure altri aspetti che comportano una valutazione di inopportunità dell’opera68”.

Le ragioni economiche che motivano la revoca possono riferirsi anche al risparmio economico derivante dalla revoca stessa, proprio perché la ricordata disposizione ammette un ripensamento da parte

67 Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2012 n. 39.

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dell’amministrazione, a seguito di una nuova valutazione dell’interesse pubblico originario69.

Quindi è legittimo il provvedimento con cui la stazione appaltante procede in autotutela alla revoca dell’intera procedura di gara, a seguito di una forte diminuzione di trasferimenti fiduciari, nonché una nuova valutazione delle esigenze nell’ambito dei bisogni da soddisfare che comportano anche una modifica nelle modalità di aggiudicazione, per ottenere un risparmio economico70. La recente sentenza del Consiglio

di Stato, sez. V, del 29 giugno 2015, n. 3237, sottolinea gli estremi di applicabilità e le conseguenze della revocazione del provvedimento ai sensi dell’art. 21 quinquies, legge n. 241 del 1990 introdotte dalla legge n. 15 del 2005.

Nell’ipotesi di revoca dell’atto amministrativo ad efficacia durevole o istantanea, a causa di sopravvenuti motivi di pubblico interesse, esso diviene idoneo a produrre ulteriori effetti e può comportare un pregiudizio a danno dei soggetti direttamente interessati (quali promotore o altri partecipanti alla gara), ai quali l’amministrazione deve corrispondere un indennizzo, ma non anche per l’eventuale mancato guadagno, aldilà della puntuale e adeguata

69 Cons. Stato, sez. V, 6 maggio 2013, n. 2418. 70 Cons. Stato, sez. III, 24 maggio 2013, n. 2838.

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motivazione dell’interruzione dell’iter procedimentale, come ribadito dalla giurisprudenza dall’Unione Europea71.

2.2. La disciplina generale del risarcimento previsto dall’art. 21