Capitolo secondo Il rischio come elemento imprescindibile
3. I rischi della fase operativa
La fase operativa, o di gestione stricto sensu, è la fase in cui si verifica la raccolta dei proventi derivanti dall’attività economica posta in essere. Tale fase costituisce un momento meno rischioso di quello della costruzione e collaudo, in quanto gli onere finanziari maggiori già sono stati esborsati.
A differenza della fase di costruzione, quella operativa dovrebbe estendersi il più a lungo possibile, al fine di riuscire a recuperare i costi di realizzazione dell’opera47 ed a realizzare un giusto guadagno, anche
se recentemente si è ritenuto che la gestione possa estendersi non oltre il periodo funzionale al recupero dell’investimento48.
45 Carrìere, Il project financing. Profili di compatibilità con l’ordinamento giuridico italiano, Padova, 1999, p. 67.
46 Cass, Civ., sez. II, 7 giugno 1991, n. 6452.
47 L’attuale normativa all’art. 143, comma 6, predispone che la concessione non abbia durata superiore a 30 anni, ma poco dopo al comma 8 già permette che sia valicata fino a 50 anni per le concessioni di importo superiore a 1 miliardo di euro, o qualora sia necessario “per il
perseguimento dell’equilibrio economico-finanziario degli investimenti”.
48 Ricchi, La nuova Direttiva comunitaria sulle concessioni e l’impatto sul Codice dei contratti
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Nonostante ciò, questo non vuol dire che sia una fase priva di rischi, in quanto potrebbe registrarsi una diminuzione dei flussi di cassa positivi fino addirittura alla loro estinzione.
La fase operativa, a sua volta presenta ulteriori49 sotto sequenze
temporali.
Una prima categoria di rischi è quella strettamente legata all’evoluzione dell’opera. Infatti, nel periodo che intercorre tra il collaudo e il pieno regime dell’impianto, il flusso di cassa si registrerà come insufficiente a coprire il debito, a causa dei costi di gestione assorbenti. Il secondo periodo, che corrisponde a quello di pieno regime, dovrebbe comportare una produzione efficiente con conseguenti flussi di cassa positivi, sufficienti a coprire i costi di gestione, ripagare il debito e iniziare ad accumulare guadagni. Infine, l’ultimo periodo è anche questo molto incerto, dato che le previsioni sui
nuova Direttiva comunitaria, in particolare quella sulle concessioni 2014/23/UE, all’ art. 18, definisce la durata della concessione connessa al valore della concessione e al PEF. In apertura l’articolo precisa che la concessione non deve avere durata illimitata, sia ab origine, sia mediante rinnovo. Al II comma invece, pone implicitamente un limite massimo quinquennale di durata della concessione, oltre il quale il tempo della concessione è determinato esclusivamente dal periodo “in cui si può ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli investimenti
effettuati nell’esecuzione dei lavori o dei servizi (e delle forniture), insieme con il ritorno sul capitale investito tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici”. In tal modo si può notare come anche nello specifico frangente del project financing sia importante modulare la durata della concessione al ritorno economico previsto, e
come una volta trascorso questo termine minimo ipotizzato dalla Direttiva di 5 anni, il mantenimento della concessione debba essere specificatamente motivato dal perseguimento dell’equilibrio economico finanziario dell’investimento fatto, pur comunque mantenendone il rischio gestionale, ma non pregiudicandone la libera concorrenza. In tal modo concessioni più brevi permetterebbero contratti più efficienti e convenienti per la p.a.
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rischi sono ormai datate e le strutture come il prodotto potrebbero risultare obsolete, in tale ultima fase si rinverrebbe nuovamente a un livello di rischio elevato.
Al di là di questa categoria di rischi, legata essenzialmente all’ordinario ciclo vita di un impianto, si prefigurano altri tipi di rischi nella fase di gestione.
In primo luogo, si ha il rischio d’impossibilità dell’impianto di funzionare secondo le attese del PEF, che si differenzia da quello della fase di collaudo, cioè della fase di costruzione, in quanto tali prestazioni diminuiscono il loro rendimento progressivamente. Questo rischio viene definito di performance e fa sì che l’impianto funzioni, ma a parità, ad esempio, di precedenti input, gli output vadano diminuendo, oppure altri fattori che non sono in relazione con le prestazioni che dovevano essere garantire, come fattori ambientali. Ciò comporta sia negatività in relazione ai mancati introiti, sia problemi nel caso che, tra le clausole contrattuali, vi siano take or pay contract50 e che quindi
l’impianto non sia in grado di produrre l’output previsto. Un esempio molto semplice è legato al cambiamento climatico, che comporta una diminuzione di vento in determinate aree geografiche ove erano stati
50 Gatti, op. cit., p. 211.
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realizzati impianti eolici, determinando un inferiore produzione di energia elettrica.
In secondo luogo, si ha il rischio legato al mercato e, più precisamente, alla domanda adeguata di tale bene o servizio che sia sufficiente ad assorbire l’offerta e, allo stesso tempo, ad assorbirla secondo il prezzo ipotizzato nel piano economico finanziario.
In entrambi i casi si avrebbe un livello di cash flow minore delle aspettative, con conseguente mancato guadagno fino addirittura a non coprire i costi di gestione e di rimborso del finanziamento stesso. In questi casi il rischio maggiore si ha quando i beni e servizi siano offerti all’utente finale, in quanto, ove gli studi di mercato risultino sbagliati, il cittadino non potrà essere obbligato in alcun modo ad acquistare un bene o un servizio scadente, poiché, in un mercato concorrenziale, potrà decidere di acquistarlo altrove.
Meno rischioso si presenta nel caso in cui i servizi siano prodotti per grandi aziende già individuate51, soprattutto nell’ipotesi in cui queste siano state promotrici e al tempo stesso facciano parte della stessa SPV e che quindi abbiamo stimolato il progetto stesso. In tal caso e nell’ipotesi di stipula di contratti take or pay52 i rischi saranno minimi,
51 Montani, op. cit., p. 24.
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infatti, nel suddetto contratto, si obbliga il cliente a versamenti periodici, che devono essere erogati anche nell’ipotesi in cui il servizio o il ritiro della merce non venga effettuato. A fronte di ciò, il cliente ha comunque il vantaggio che il prezzo per tali servizi non subirà variazioni.
Dal lato opposto della domanda, si hanno i rischi relativi al corretto approvvigionamento delle materie prime, cioè il rischio di forniture c.d.
supply risk. Tale rischio concerne che le materie prime, ma in generale
tutto ciò che è necessario alla produzione, non sia reperibile o non lo sia secondo i costi, la qualità e quantità previsti dal piano economico finanziario.
Tra i costi si devono annoverare anche quelli della mancata reperibilità di talune materie nella zona e, quindi, sia necessario ricorrere a prodotti se non di importazione, quantomeno che necessitino costi di trasporto aggiuntivi non preventivati. Secondo una prospettiva puramente economica, dovremmo considerare anche la forza lavoro tra le materie di produzione e, come tale, ove non vi sia personale qualificato locale, sarà necessario includere maggiori esborsi per sostenere tale movimento di capitale umano.
Il quarto rischio da analizzare è quello legato al management ed alla organizzazione della società. Infatti i finanziatori hanno un forte
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interesse nella corretta gestione del progetto, al fine di beneficiare dei flussi di cassa positivi e idonei a ripagare il finanziamento stesso. La corretta gestione sarà possibile grazie a un management esperto e a una forza lavoro di tipo flessibile, capace di adeguarsi alle esigenze dalla produzione; infatti, ove tale soggetto fosse incapace, si necessiterebbero contratti di O&M (Operations and Maintenance contract) per affidare la gestione ad un terzo soggetto.
Infine il quinto rischio è legato al costo di manutenzione dell’opera, che varierà notevolmente il relazione al tipo d’opera, soprattutto nel caso di impianti ad elevata tecnologia.