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I motivi ornamentali tra l’occidente ed il mondo islamico

LA ‘ SFORTUNA ’ CRITICA DELL ’ OPUS SECTILE

III. I L MICROMODELLO E LA CLASSIFICAZIONE DEI MOTIVI ORNAMENTAL

2. I motivi ornamentali tra l’occidente ed il mondo islamico

Se nella storia dell’arte islamica l’ornamento ha un ruolo privilegiato, è possibile affermare che la geometria, nell’ornamento islamico, ha una funzione eccezionale552.

Nel Dictionary of Art si legge:

Another feature associated with Islamic ornament is geometry, which Islamic artists employed not only for the development of spatial and linear decoration but also as an organizing principle of ornament. In this context geometry has three functions: as a matrix into which other forms were interwoven, as a means to create coherence and infinity and as a decisive factor in the creation of overall patterns. The richness and variability of geometric patterns in Islamic art stem from subdivisions and linear extensions of the geometric network as well as from the continuous interlocking and overlapping of forms that bring about new sub-units and shapes. These principles also applied to vegetal motifs, as in the arabesque. The principle of geometry and coherence is also followed in the composition of three-dimensional ornament and muqarnas.

Closely linked with these principles is horror vacui, described more positively by Gombrich as amor infiniti.553

Nel brano sono contemplati tutti gli elementi precipui caratterizzanti l’ornamento geometrico islamico. In particolare l’horror vacui, «con cui è stata spesso definita

la decorazione islamica»554, consiste nell’attitudine di coprire tutto lo spazio disponibile, rispondendo all’esigenza funzionale, tipica della decorazione, di riempire le superfici. Questa tendenza nell’Islam conferisce centralità

industrializzazione delle arti decorative ed alla produzione seriale post-industriale. La riproducibilità dei motivi in opus sectile era più una componente funzionale che richiedeva conoscenze geometriche e capacità tecniche, ed esaltava le abilità della mano dell’uomo ed il senso vitalistico delle arti piuttosto che svilirli.

550 Sulle restrizioni della geometria cfr. in particolare: G

OMBRICH 1979,pp. 83-114.

551 Cfr. infra, par 2, pp. 148-155, in particolare p. 155.

552 Sulla geometria come intermediario cfr.: supra, Cap. II, par. 4, pp. 73-82, in particolare p. 81. 553

Cfr.: BAER 2002, p. 563.

554 G

all’ornamento, al punto che l’architettura, per quanto struttura portante, sembra ad esso subordinata.

Consideriamo ad esempio la tecnica dello stucco: esso, come nell’arte barocca, rappresenta una delle tecniche predilette nella produzione artistica islamica, la più appropriata e versatile per raggiungere effetti di trasfigurazione delle architetture e permutazione delle superfici, e si presta ad essere estesa ovunque.

Una […] paradossale proprietà dello stucco è che costituiva la più libera e insieme dipendente delle tecniche di decorazione architettonica […], un’ancella dell’architettura le cui forme potevano essere libere, non soggette all’architettura, e, rivestendo ogni parte di un edificio, potevano modificarne le qualità architettoniche e i lineamenti visibili della struttura. Possiamo […] concludere che la nuova cultura […] cercasse di enfatizzare la superficie rispetto alla forma e si dotasse degli strumenti che le permettevano di essere il più possibile libera dalle proprietà materiali di un oggetto o monumento. La sua era – o almeno avrebbe potuto diventare – un’arte dell’illusione, capace di far apparire le cose diverse da com’erano.555

Se lo stucco agisce estrinsecamente rispetto alla struttura architettonica, comportandosi come un’epidermide (Fig. 52), il brick style, in cui il mattone da elemento costruttivo diviene anche elemento decorativo556, si colloca all’opposto, ribaltando i termini tra funzione e decorazione (Fig. 53).

Questo intimo connubio tra struttura e forma, ottenuto mediante l’impiego di elementi modulari isotropi, ovvero i mattoni, riporta il discorso alla necessità di progettare, di allestire uno schema per la corretta disposizione degli elementi. Le

555 G

RABAR 1974, pp. 241-242.

556 Cfr.: G

RABAR 1992, p. 142. Il “brick style” costituisce un altro esempio in cui, come nell’opus sectile, struttura e forma sono intimamente connessi (cfr. supra, par. 1, p. 125), e rappresenta un felice connubio tra funzioni strutturali e funzioni ornamentali, tra funzionalità e dispendio (cfr. supra, Cap. I, par. 3, pp. 26-27.

Fig. 52. Samarra, Iraq, decorazioni in stucco,

sec. IX . Berlino, Museum fur Islamische Kunst. Da G. Curatola, La grande storia dell’arte – L’arte islamica, Milano 2006.

Fig. 53. Bukhara, Uzbekistan,

Mausoleo di Ismail, 907 ca. Da La storia dell’arte – L’arte Islamica, Electa 2006

conoscenze geometriche divengono fondamentali, e garantiscono alle tecniche di decorazione islamiche la possibilità di applicarsi ed estendersi su tutte le superfici, secondo rapporti di proporzionalità costanti ed armonici.

La geometria soprattutto è la disciplina nella quale arte e scienza si fondono, generando formule normative che rispondono egregiamente alla necessità di estendere l’ornamento a tutte le superfici, secondo quell’horror vacui che, grazie a Gombrich ed ai suoi raffinati discernimenti, possiamo ribattezzare amor infiniti557. Se nell’opus sectile classico romano la modularità degli elementi si adatta al riempimento di uno spazio, nell’ornamento islamico il reticolo geometrico si presta a riempire lo spazio, generando sistemi aperti atti ad estendersi idealmente su tutte le superfici disponibili, all’infinito.

In virtù delle sue proprietà, la geometria organizza la decorazione islamica, che perciò gode di alcuni principi fondamentali: la suddivisione, la ripetizione, l’intreccio, la connessione, la sovrapposizione558. Tali principi rispondono agli elementi che Carboni definisce sigilli ontologici del pensiero e della visibilità559. È possibile identificare le mansioni peculiari della geometria nella logica dell’ornamento islamico, in particolare: la funzione di disporre armonicamente gli elementi decorativi sulle superfici architettoniche o anche di scomporre regolarmente il piano per dare esatta collocazione alle singole unità; la funzione di estendere il pattern all’infinito; infine la funzione, fondamentale, di generare motivi ornamentali. La geometria è il più potente dei generatori, e le possibilità di creare motivi sono pressoché infinite. L’artigiano islamico può beneficiare di queste virtù, concedendosi libertà creative lontane dai vincoli delle rappresentazioni del mondo reale. Per mezzo della geometria l’artigiano può dare libero sfogo al piacere della creazione.

Le funzioni della geometria nell’ornamento islamico, ovvero scomporre o suddividere, estendere all’infinito, generare, sono tutte condensate nei pattern geometrici, negli schemi disegnativi, precisamente in ciò che è stato definito

reticolo geometrico regolare. Ancora una volta è possibile considerare che lo

schema disegnativo, per quanto non corrisponda necessariamente ad un particolare pattern, costituisce la matrice del pattern, mentre la scienza della 557 Cfr.: G OMBRICH 1979,p. 100. 558 Cfr.: Cfr.: B AER 2002, p. 563. 559 Cfr.: C

ARBONI 2001,p. 164. Nella percezione dell’ornamento ciò che procura piacere secondo Carboni non è il rappresentativo, ma «uno strato arcaico-fontale della percezione […], primitivo, pre-figurale […], il contrasto, l’armonia, l’intreccio, la connessione, la sovrapposizione…»

geometria può essere definita generatrice di matrici. Tutte le proprietà della geometria, compresa la modularità, si riflettono nel reticolo geometrico. Esso, più del modulo, racchiude i misteri della creazione dei motivi ornamentali.

Se ne accorse subito M. C. Escher, dando precocemente prova di come la geometria potesse rendere prodigiosa la creazione artistica.

Escher fu attratto in particolare dalla capacità degli artisti islamici di scomporre il piano regolarmente , dando luogo agli effetti di controscambio560 di cui egli stesso divenne in seguito maestro (Fig. 54 ).

Ma soprattutto Escher seppe mettere a frutto ciò che l’arte islamica indica chiaramente, ovvero che nella geometria può trovarsi il principio dell’arte decorativa.

Prima di Escher approdarono alle stesse valutazioni sull’ornamento islamico studiosi come Owen Jones e Jules Bourgoin.

Owen Jones dedicò le sue ricerche all’ornamento in generale561, ma giunse a formulare analisi proficue sull’ornamento islamico. Se nei suoi Principi

generali562 egli condensa i risultati delle sue osservazioni sull’ornamento,

560 Il controscambio consiste nel disegno di forme che possono essere al contempo figura e fondo.

In genere è sufficiente capovolgere l’immagine per controscambiare le figure percepite. Anche in questo caso gioca un ruolo determinante il dato cromatico. Cfr.: GOMBRICH 1979,pp. 109-111: «…maestri supremi del controscambio furono i disegnatori islamici, che modificavano i loro schemi a grigliato finché figura e sfondo non si corrispondessero nel modo più sorprendente...».

561

Cfr. supra, Cap. II, par. 6, pp. 100-101.

562 Cfr. supra, Cap. II, par. 6, pp. 101, note 445 e 446.

Fig. 54. M. C. Escher, schizzi eseguiti all’Alhambra nel 1936 e Genesi di una

tracciando una sorta di manuale del decoratore, in linea con il suo intento di promuovere l’arte della decorazione e dissuadere dalla sfortunata tendenza di copiare563, nelle sezioni testuali dedicate agli stili ornamentali Jones esibisce le sue capacità analitiche, identificando le proprietà intrinseche e le leggi che regolano ciascuna forma ornamentale.

Già nella proposizione 8, sintetica ed efficace, Jones condensa un principio fondamentale: «All ornament should be based upon a geometrical

construction»564. Molta cura viene dedicata inoltre al rispetto delle proporzioni ed all’analisi delle dinamiche percettive. La proposizione 9 dichiara: «…the whole

and each particular member should be a multiple of same simple units»565. L’affermazione riporta ancora una volta l’attenzione sulla scomponibilità del piano, sull’unità semplice, la cella elementare, il modulo la cui reiterazione e giustapposizione genera il pattern. Infine merita di essere menzionata la proposizione 14: «Colour is used to assist in the development of form, and to

distinguish objects or parts of objects one from another»566. Il dato cromatico, come osservato, gioca un ruolo fondamentale nella dinamica della percezione, nell’arrangiamento delle forme e nella generazione dei pattern567.

Le osservazioni critiche e l’analisi dell’arte islamica vengono significativamente suddivise da Jones, secondo criteri geografico - culturali, in sezioni differenti: Arabian Ornament, Moresque Ornament e Persian

Ornament568. In Arabian Ornament569 Jones rileva immediatamente le particolarità dell’ornamento di matrice orientale, in cui i singoli elementi, isolati ed emergenti dal fondo nell’arte classica greca e romana, vengono interconnessi tra loro, in una tensione verso l’illimitata estendibilità. La loro ripetizione genera

563 Cfr. supra, Cap. II, par. 6, pp. 100, nota 444. 564 J

ONES 1856, p. 5. Cfr. anche GRABAR 1992, p. 121-129.

565 Ibidem. 566

Ivi, p. 6.

567 Cfr.: supra, par. 1, p. 117 e p. 127.

568 Jones si colloca nel clima romantico in cui la tendenza è quella di distinguere gli stili in virtù di

criteri culturali ed ideologici (cfr. supra, Cap. II, par. 6, pp. 102, nota 448). Inoltre egli vedeva l’evoluzione dello stile di una civiltà secondo le dinamiche di progresso e declino tipiche del tempo (cfr.: supra, Cap. I, par. 3, pp. 22 e nota 91). Esplicita in tal senso la proposizione 13: «Flowers or other natural objects should not be used as ornaments, but conventional representations founded upon them sufficiently suggestive to convey the intended image to the mind, without destroying the unity of the object they are employed to decorate. Universally obeyed in the best periods of Art, equally violated when Arts declines» (cfr.: JONES 1856, p. 6). In pratica Jones ammette, anzi suggerisce la stilizzazione e l’astrazione degli elementi formali impiegati per decorare, ma mette in guardia dal rischio di perdita dell’organicità, connessa a suo avviso con il declino dell’arte (si veda anche Cap. II, par. 6, p. 103, nota 453).

569 J

inoltre ulteriori motivi, svelando varietà di forme nuove. A partire da tali principi si introduce l’ambiguità percettiva tipica dell’arte islamica570. Jones peraltro svela così una proprietà fondamentale del pattern islamico: l’intreccio. Essa determina l’impossibilità di identificare un modulo univoco. Si tratta praticamente di ciò che è stato definito disegno a sviluppo571, che secondo Grabar non può essere visto “monotticamente”, ovvero non può essere percepito in un solo modo572.

Seguendo le riflessioni di Jones i Mori avrebbero introdotto un altro elemento precipuo dell’ornamento islamico, ovvero la compresenza di due o più piani sovrapposti. Figura e fondo si mescolano o si scambiano reciprocamente.

Le pagine dedicate al Moresque Ornament573 mostrano un livello di approfondimento maggiore, probabilmente in virtù degli studi che Jones condusse all’Alhambra e che gli fecero acquisire un’intima conoscenza del monumento almohade574. Tra i principi generali dell’ornamento moresco che Jones individua, il primo, in cui l’autore coagula tutte le virtù dell’ornamento, sarebbe sufficiente non solo per definire le peculiarità della decorazione islamica, ma anche per comprendere il pensiero dell’autore:

We believe that true beauty in architecture results from that “repose which the mind feels when the eye, the intellect, and the affections are satisfied, from the absence of any want […] The Mohammedan, and Moors especially, have constantly regarded this rule; we never find a useless or superfluous ornament; every ornament arises quietly and naturally from the surface decorated. They ever regard the useful as a vehicle for the beautiful; and in this they do not stand alone: the same principle was observed in all the best periods of art: it is only when the art declines that true principles come to be disregarded; or, in an age of copying, like the present, when the works of the past are reproduced without the spirit which animated the originals.575

570 Cfr. supra, Cap. II, par. 4, pp. 75-82. 571 Cfr. supra, par. 1, p. 123.

572 La parola monoptic, altro efficace neologismo introdotto da Grabar, si riferisce a quegl’elementi

o forme che vengono percepite ad un unico sguardo (cfr.: GRABAR 1992, p. xxiv). Secondo Grabar in molti casi l’arte islamica non può essere percepita monoptically, poiché la principale proprietà operativa dei motivi geometrici è la ripetizione che genera a sua volta ulteriori motivi. La geometria non ha fine in se stessa, ma è «an intermediary to some other effect» (cfr.: ivi, pp. 141- 142.

573 J

ONES 1856, pp. 66-74.

574 Si tratta in particolare di una serie di rilievi in pianta ed in alzato: Jules Goury, Owen Jones,

Plans, Elevations, Sections and Details of the Alhambra, London 1842 – 1845.

575

Ivi, p. 67. La parte in corsivo nel testo di Jones corrisponde ad una delle sue proposizioni (la numero 4), evidentemente ricavata dalla contemplazione dell’ornamento islamico.

Sorprende che Jones abbia vivacemente indicato le funzioni primarie dell’ornamento islamico: conferire bellezza e procurare piacere576.

Ritornando alla proprietà fondamentale del pattern islamico, ovvero l’intreccio, Jones dedica un intero paragrafo ai motivi intrecciati ed alle loro proprietà geometriche, sottolineando che qualsiasi motivo è generato dall’intersezione di linee equidistanti. La maggiore conquista di Jones è quella di aver trovato, o almeno così pare, il principio generatore di tutti i motivi ornamentali islamici caratterizzati dall’intreccio geometrico, la matrice di tutti i

pattern. Si tratta, ovviamente, di reticoli geometrici regolari, in particolare due

griglie che Jones definisce diagrammi (Fig. 55).

Tali diagrammi sono governati dallo stesso principio: ad una griglia di rette perpendicolari equidistanti sono sovrapposte griglie differenti, roteate di quarantacinque gradi (Fig. 56).

576

Si tratta delle proprietà definite da Grabar attraverso i termini calliphoric e terpnopoietic. Cfr. supra, Cap. II, par. 4, p. 80.

Fig. 55. I diagrammi individuati da Owen Jones. Da Jones 1956, ed. 1986.

Fig. 56. I diagrammi di Jones illustrati in figura 55 si

basano sui medesimi principi, e consentono di sviluppare diversi motivi geometrici.

In effetti attraverso questi reticoli geometrici è possibile realizzare una quantità illimitata di motivi ornamentali. Jones, nelle illustrazioni delle sue tavole, ne individua un buon numero (Fig. 57).

La loro varietà dipende principalmente dai diversi elementi modulari che possono essere identificati attraverso le differenti disposizioni cromatiche. I moduli geometrici però non possono essere isolati facilmente, poiché si tratta sempre di

disegni a sviluppo che seguono principi di isotropia complessa. In altre parole

identificare un modulo non fornisce alcun esito. Più utile sembra essere lo schema costruttivo, il reticolo geometrico: quantomeno esso offre la possibilità di identificare le forme o celle elementari, che nel caso di una tarsia corrisponderebbero alle tessere stesse.

Il solo schema però, occorre ripeterlo, non permetterà di identificare un dato

pattern. L’importanza dello schema o reticolo geometrico, è stato detto all’inizio

del capitolo, consiste nel fatto che esso permette più del modulo di comprendere le dinamiche della creazione artistica.

In tal senso appare evidente la differenza tra la semplicità modulare delle decorazioni in opus sectile di epoca classica e la complessità degli schemi geometrici utili alla realizzazione dei motivi ornamentali islamici.

Fig. 57. Owen Jones, The Grammar of Ornament, Moresque Ornament, pl. XXXIX e pl.

Per quanto complicati, i motivi geometrici romani sono sempre riconducibili al quadrato, e le forme derivanti sono relativamente semplici. I decoratori islamici invece, attraverso la geometria quale generatore di forme, progettano e sviluppano schemi complessi, dando vita ad un’infinità di motivi e configurazioni nuove. Mentre il decoratore di epoca classica è un riempitore di spazi, che utilizza forme precostituite e modelli preesistenti per raggiungere il suo obbiettivo, il decoratore islamico è più un progettista dello spazio, un disegnatore di forme e modelli inediti577.

Jones attraverso il suo testo ambiva ad incoraggiare l’ideazione e la creazione di nuove decorazioni, fornendo gli strumenti e le norme per stimolare l’inventiva. Jules Bourgoin sembra abbia accolto questo invito.

Egli sviluppa quello che in Jones è solo un accenno, trasforma le proposizioni grammaticali dell’autore inglese in un’intera teoria dell’ornamento.

Anche Bourgoin sembra aver identificato le griglie generatrici di Jones, i reticoli geometrici che consentono la creazione di un’infinità di motivi (Fig. 58).

Ma l’autore francese si spinge oltre. Il suo metodo è puramente geometrico e scientifico; la sua teoria approda ad un livello estremamente raffinato, e attraverso deduzioni empiriche giunge a rivelare le norme universali per realizzare strutture geometriche complesse. Dalle griglie generatrici composte da linee rette Bourgoin giunge alle linee curve, risalendo alla circonferenza ed al suo centro, il punto, origine di tutta la geometria578 (Fig. 59).

577 Cfr.: G

OMBRICH 1979,p. 99.

578 Nell’Islam il punto è considerato simbolo dell’unità del divino, da cui prenderebbe forma la

molteplicità del creato (cfr. supra, Cap. II, par. 4, p. 65, nota 284). In effetti anche altri autori, ed in particolare Keith Critchlow, riconducono al punto ed al cerchio l’origine di tutti i motivi e di tutte le forme poligonali dell’ornamento islamico (cfr. infra, p. 147).

Bourgoin si dedica con passione allo studio ed all’analisi dell’arte islamica e dell’ornamento geometrico, e nel 1879 pubblica un intero volume dedicato agli intrecci: Les éléments de l’art arabe – Le trait des entrelacs. Bourgoin diviene esso stesso un decoratore, nel senso che si impossessa dei principi che regolano l’ornamento geometrico dell’Islam. La quantità di motivi realizzati svela la sua smania tassonomica, ma al contempo apre il nostro sguardo all’infinito orizzonte dei pattern geometrici dell’arte islamica (Fig. 60).

Fig. 59. Jules Bourgoin, Théorie de l’ornement, fig. 212. Da Bourgoin 1873.

Nel 1879 Bourgoin possiede già le chiavi interpretative per dispiegare il mondo dell’arte e dell’ornamento islamico:

Art arabe. Elégance et complexité par des involutions géométrique plus ou moins distinctes ou mêlées, et construites avec symétrie des figures abstraites, la flexion linéaire et une sorte de croissance organique: en d’autres termes, des thèmes purement géométriques que la graphique traduit par des épures, et que la technique met en œuvre en y enfermant la matière, tel est le fonds essentiel de l’art arabe.579

Poco più avanti Bourgoin è ancora più sintetico ed efficace: «L’ornement arabe

est tout en involutions de lignes»580.

L’approccio di Bourgoin è convincente ed esaustivo per una semplice ragione: egli affronta di petto le geometrie islamiche, si allena a svelarne i misteri, impara a padroneggiarle. Cimentandosi nella realizzazione dei motivi Bourgoin mette ordine, apprende profondamente, e riproduce. Se è vero che conosciamo effettivamente qualcosa quando sappiamo come si fa, Bourgoin ha davvero nozione profonda dell’ornamento islamico, e per questo è capace più di ogni altro di trasmettere la sua conoscenza e la sua passione.

Enfin, comme recommandation dernière, et c’est ici tout le secret des entrelacs, nous dirons qu’il faut attendre d’un exercice répété que le maniement de ces lignes en apparence inextricables devienne facile et familier.581

Il senso dell’ordine di Bourgoin lo induce infine a classificare, a suddividere le forme d’intreccio in serie o famiglie. Il criterio è semplice, e non si basa sulle forme elementari, né tantomeno sui moduli, ma semplicemente sui pattern sui motivi principali che la nostra percezione coglie all’interno dei reticoli geometrici che l’autore pazientemente raccoglie ed illustra.

La classification que nous avons adoptée pour la distribution des épures est la plus rationnelle, puisqu’elle repose sur les éléments généraux du tracé et sur les figures géométriques-types.582

579 J. Bourgoin, Les éléments de l’art arabe – Le trait des entrelacs, Paris 1879, p. 5.