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Piacere e contemplazione nelle decorazioni del medioevo mediterraneo

LA ‘ SFORTUNA ’ CRITICA DELL ’ OPUS SECTILE

5. Piacere e contemplazione nelle decorazioni del medioevo mediterraneo

È stato necessario elaborare le riflessioni generali sulle estetiche dell’ornamento islamico, esposte nel precedente paragrafo apparentemente lontano dal tema della dissertazione, non solo perché l’indagine dell’opus sectile medievale normanno include categorie ornamentali islamiche, ma soprattutto perché, come affermato da Grabar, tali riflessioni hanno carattere intellettuale ed ermeneutico per tutte le decorazioni375.

Attraverso la comprensione dell’ornamento islamico vengono sondati livelli interpretativi e valutativi altrimenti inconcepibili, e si aprono nuove possibilità critiche che ribaltano le logiche estetiche e gerarchiche tradizionali376.

Inoltre le concezioni estetiche dell’ornamento nel medioevo non potrebbero assolutamente prescindere dalla contemplazione del modo ornamentale islamico; sarebbe come osservare il panorama artistico attraverso un solo oculare del binocolo.

Infine il mio è un modesto benché ambizioso tentativo di effettuare un’analisi comparata delle estetiche medievali. Il frutto di un’indagine simile potrebbe consistere nel trovare le tangenze piuttosto che definire le lontananze.

Un’ipotesi, che ha preso forma affrontando gli argomenti trattati, consiste nell’idea che eventuali simmetrie siano il frutto di matrici culturali comuni.

percettive lo colpirono durante il soggiorno del 1936 in Andalusia (cfr.: B. Ernst, Lo specchio magico di M. C. Escher, Berlino 1990, in particolare pp. 35-41).

374 G

RABAR O.1992,p. 237. Con questo interrogativo provocatorio, con questa domanda retorica che ha un suo valore specifico nel gioco di rimando tra concetti, si chiude The mediation of ornament.

375 Cfr. supra, par. 4, p. 72, nota 319. Da ciò dipende anche il fatto che il precedente paragrafo, dal

titolo Estetiche dell’ornamento islamico, non poteva prescindere da una trattazione generale sulle estetica islamica. Volendo estrapolare una estetica dell’ornamento a partire dalle poetiche islamiche si perviene inevitabilmente a riflessioni generali sull’estetica del mondo islamico. Ciò dà la misura di quanto parlare di arte islamica o parlare di decorazione o di ornamento islamico non cambi la sostanza del discorso.

376

In tal senso se Ernst Gombrich, applicando le teorie percettive alla storia dell’arte, può essere considerato a buon diritto il continuatore dell’opera di Alois Riegl, Oleg Grabar, grazie alle sue interpretazioni scaturite dallo studio e dalla contemplazione dell’arte e dell’estetica islamica ed in virtù della sua originalissima Teoria degli intermediari nell’arte che esalta l’importanza delle forme significanti rispetto ai significati, si colloca nel panorama critico e storiografico come un nuovo Riegl, se è concesso un simile parallelo.

Mi riferisco in particolare alle concezioni neo – platoniche che hanno informato grossomodo tutto il mondo mediterraneo tardo – antico e medievale.

Grabar, a differenza di molti studiosi, è restio a credere che l’estetica classica e medievale dell’Islam possa essere stata in qualche modo influenzata direttamente da qualche dottrina, né tanto meno dal pensiero filosofico o dalla mistica in genere377. Ma non si tratta di presumere una diretta ascendenza della filosofia neo- platonica sulle arti, semmai di comprendere quale sia stata la portata delle filosofie platonico – aristoteliche e plotiniane nel concepimento e nello sviluppo del pensiero medievale, religioso ma non solo, nello spazio del mediterraneo. Lo stesso Grabar d’altra parte ammette che gli elementi impiegati per la creazione del linguaggio figurativo del nascente Islam sono per la maggior parte più antichi, tanto da considerare l’arte islamica come un’arte medievale, «una delle varianti

della ricca eredità dell’antichità classica.»378 Allo stesso modo possiamo presumere, ed è anche probabile, che non solo nell’arte, ma anche nella letteratura, nelle scienze e nella filosofia islamica persista il retaggio di un’antichità classica.

Che una dimensione platonica si connaturata nel pensiero e nella ideologia islamica, riflettendosi a sua volta nella concezione religiosa del divino, è comunque avvertibile proprio nei diversi atteggiamenti estetici dell’arte islamica, impegnati ad evitare il più accuratamente possibile la rappresentazione del mondo sensibile o la descrizione della realtà379. Proprio Grabar spiega:

Nessuna creazione dell’uomo può riflettere la realtà fisica poiché Dio solo rende ogni cosa permanente…380

La bellezza assoluta libera da funzioni, il carattere meraviglioso, l’ambiguità, il mistero, lo spirito contemplativo, non sarebbero necessariamente solo mansioni dell’arte islamica, ma anche il risultato di una dimensione platonica, introdotta nelle estetiche e nel pensiero musulmano secondo una logica religiosa e trascendentale che lo stesso Grabar riassume egregiamente con queste parole:

L’exprimable est exprimé par l’inexprimé, parce qu’exprimer directement impliquerait de créer une réalité, une vérité, qui risque de devenir

377

«…and it is in other ways than through philosophical or even literary thought practices that Islamic art must be approached […] I believe, even mystical sources and practices are not directly involved in visual experiences…» Cfr.: GRABAR O.1992,p. 233.

378 Cfr.: G

RABAR O.1992,p. 261.

379

Cfr. anche: supra, par. 4, pp. 63-68.

380 Cfr.: G

permanente et donc inacceptable, en fait impossible, selon la conception musulmane du divin.381

In definitiva potremmo arguire che una comunanza di matrici culturali sia il fondamento di possibili tangenze estetiche tra la cultura artistica medievale occidentale e quella islamica.

Ancora una volta è proprio Grabar a stimolare tali riflessioni. Lo studioso, considerando l’elaborazione dell’ornamento nell’arte islamica come il possibile riflesso di «un qualche atteggiamento della cultura islamica nel suo insieme», afferma:

Un parallelo lo troveremmo nel possibile rapporto tra la scolastica e la logica della costruzione gotica piuttosto che nella ben più esplicita traduzione in forma visiva del microcosmo medio-bizantino di Incarnazione e Salvezza.382

Volendo seguire la traccia indicata, è facile trovare dei parallelismi tra propensioni artistiche di mondi differenti.

Nel mondo islamico la proprietà dell’opera d’arte, dell’oggetto artistico, della decorazione in primo luogo, non è tanto quella di rappresentare quanto quella di abbellire, ma soprattutto quella di procurare piacere, meravigliare, sbalordire, estasiare, indurre alla contemplazione383.

Tra le eterogenee e a volte contrastanti linee estetiche documentate da diversi pensatori musulmani, quella di Al-Ghazzali (1058-1111) sembra muoversi proprio in questa direzione, esaltando la bellezza quale forma o riflesso dell’interiorità, bellezza la cui percezione e contemplazione procura gioia e piacere384.

Significative ed evidenti sono le tangenze con l’estetica di Ugo da San Vittore385 o di Suger386, ed in tal senso Al-Ghazzali rappresenterebbe un’altro dei rari uomini 381 Cfr.: G RABAR O.1996,pp. 186-187. 382 Cfr.: G RABAR O.1974,p. 254. 383

A proposito dello spirito ornamentale islamico Carboni scrive: «Al massimo di ordine corrisponde il massimo di entropia: perfettamente leggibili e indecifrabili allo stesso tempo. Lo spirito dimora nel principio della ripetizione allucinatoria che conduce alla trance». Cfr.: CARBONI 2001, p. 44.

384

Cfr.: GRABAR O.2001,pp. 46-48.

385 Cfr.: supra, par. 3, p. 59. In particolare possiamo trovare similitudini nella concezione vittorina

della bellezza invisibile che “traluce” in quella visibile, mentre la poetica della pulchritudo compacta ex multis concorrentibus in unum sembra ricalcare in qualche modo il principio di atomismo dell’arte islamica, sebbene Burchardt ha sottolineato come nell’arte gotica l’unità derivi dall’aggregazione del molteplice, mentre nella concezione islamica sarebbe il contrario: l’unità esiste a priori, mentre la moltitudine scaturirebbe dalla frammentazione quantitativa dei principi primi (cfr.: BURCKHARDT 1976,pp. 124-125).

386

Cfr.: supra, par. 3, pp. 54-56. Colpisce in particolare la sovrapponibilità delle concezioni estatiche dell’arte, vista come intermediario per comunicare col mondo sovrasensibile. Concezioni

che documentano del medioevo la critica in azione, riflesso e non principio di estetiche387.

In tutte queste manifestazioni lo spirito contemplativo sembra essere protagonista indiscusso, pur con delle sottili divergenze tra atteggiamenti cristiani e musulmani388. L’arte diviene l’intermediario grazie al quale l’osservatore è soggetto ad un ‘moto anagogico’ che attraverso il mondo sensibile lo conduce in quello sovrasensibile389.

Sebbene non sia possibile presumere che la cultura islamica sia stata influenzata dal pensiero dello pseudo – Dionigi, è indiscutibile che nell’arte romanica e gotica dell’occidente cristiano sia esistito un modo ornamentale.

È pur vero che le decorazioni delle facciate gotiche conservano una scala gerarchica di ciò che viene raffigurato, per cui il ruolo rappresentativo e narrativo di certi soggetti non subisce mai quell’offuscamento visivo che invece nell’arte islamica tende, attraverso l’ornamento, a rendere i significati meno immediatamente accessibili390. Ma molte decorazioni romaniche o gotiche sono sottoposte ad un alto grado di astrazione, al punto che certi motivi o apparati decorativi evocano maggiormente un modo ornamentale di tipo islamico che non una propensione verso il decorativismo di matrice classica o tardo – antica (Fig. 15). L’astrazione d’altra parte, liberando le forme da qualsiasi intento rappresentativo – mimetico, realizza il migliore modo per conferire all’ornamento la proprietà di veicolare bellezza pura, libera cioè da funzioni391, e attraverso questa procurare piacere, sensazione quest’ultima essenziale, da sempre connessa con la percezione di tutte le arti.

simili sono riscontrabili anche nella critica in azione di Paolo Silenziario (cfr.: supra, par. 3, p. 57- 58; infra, pp. 91-94 ).

387

Cfr.: supra, par. 3, pp. 43-44.

388 Grabar, riferendosi ai motivi geometrici, dice: «On pourrait avancer que […] sont des signes

visuels pour les passants ou bien pour les usagers des espaces construits qui exigent d’eux non pas, comme dans l’art chrétien, d’accomplir un acte (prier, relire l’historie sainte, aller à la messe), mais de s’arrêter pour se replier sur soi-même, et devenir quelqu’un. Les formes que l’on voit, dans leur aspect le plus original, ramènent l’homme à soi-même, et ne le poussent pas vers d’autres mondes», e ancora : «La chose créée, œuvre d’architecture ou objet, n’est pas une fine en soi mais mène à la transfiguration de celui qu’elle touche» (cfr. GRABAR O.1996,pp. 185-186).

389

Cfr. supra, par. 3, pp. 55-56. Verosimili coincidenze di atteggiamenti anagogici lascerebbero supporre una possibile diffusione del pensiero dello pseudo – Dionigi in area mediterranea non soltanto dall’impero bizantino verso l’occidente, ma anche verso l’oriente e l’Islam. Per quanto consapevoli della straordinaria importanza che ebbero gli intellettuali musulmani nella trascrizione e traduzione di testi greci antichi, tale meditazione resta comunque confinata in una eventuale ipotesi di studio e approfondimento della questione.

390 Cfr.: G

RABAR O.1992,pp. 27-33.

391 Cfr.: supra, Cap. I, par. 3, p. 16 e pp. 27-28. Significativo il fatto che Kant, nel definire la

pulchritudo vaga degli ornamenti, abbia rilevato la loro attitudine ad aumentare il piacere del gusto.

Allontaniamoci adesso dalle ipotetiche tangenze supposte per cogliere invece il frutto di comparazioni estetiche che inducono proficuamente, attraverso la meditazione sulle poetiche islamiche, a riflettere sui valori estetici ed ermeneutici dell’ornamento, ma anche sugli aspetti gnoseologici ed epistemologici della critica occidentale relativa a decorazione e ornamento.

Per l’arte islamica l’ornamento è intermediario per eccellenza, è una componente fondamentale e fondante del linguaggio artistico. Ciò che potrebbe essere interpretato come supplemento diviene fondamento dell’opera d’arte392. In relazione ai rapporti dialettici tra funzionale e accessorio, ergon e parergon, ed in conformità con il principio intrinseco di appropriatezza393, l’ornamento nasce per conferire bellezza e piacere, bellezza dell’opera d’arte e piacere per chi la contempla.

L’arte islamica esalterebbe l’ornamento al punto tale da farlo emergere dal fondo rendendo primarie le sue funzioni e trasformando il motivo sussidiario nel tema principale della decorazione394. L’ornamento acquista così una centralità straordinaria che sfugge ad un ordine gerarchico prestabilito. Esso sembra ascendere a principio dell’arte, sottraendosi a qualsiasi formulazione di giudizio concepito secondo logiche e concezioni occidentali della critica e dell’arte395. Detto con le parole di Grabar:

Quale che sia la spiegazione finale, questo è il livello al quale l’ornamento islamico acquisisce lo status intellettuale di opera d’arte, poiché solleva interrogativi fondamentali sul rapporto tra il visibile e il suo significato.396

392

Cfr. supra, Cap. I, par. 3, pp. 13-16.

393 Cfr. supra, Cap. I, par. 3, pp. 13-14.

394 Nel Dictionary of Art si legge: «one feature of this new approach is the transformation of

subsidiary motifs and designs into the main decorative theme» Cfr.: BAER 2002,p. 563.

395

Cfr. con quanto sostenuto da Oleg Grabar, supra, par. 4, pp. 71-72.

396 Cfr.: G

RABAR O.1974,p. 254.

Parigi, Notre-Dame, Portale di Sainte-Anne, particolare. Inizi del sec. XIII.

Cordoba, Madinat al-Zahra, Salòn Rico, particolare. 953-957.

Fig. 15.

Roma, Ara Pacis Augustae, particolare. 13-9 a. C.

Nell’arte islamica centralità e marginalità si confondono, mentre qualsiasi relazione tra significante e significato viene scardinata; l’ornamento, tradizionalmente supplemento, diviene fondamento, il parergon diviene protagonista, diviene esso stesso arte397.

L’Islam concepisce e realizza perfettamente quel ribaltamento dei termini tra arte e ornamento magistralmente espresso da Massimo Carboni398, riuscendo grazie tale capovolgimento a perseguire il suo intento: creare un’arte profondamente diversa, con una sua autonomia e identità.

Si trattò di un «modo assolutamente nuovo di contemplare e quindi di creare

opere d’arte»399.

È probabile che Ernst Gombrich avesse in mente l’arte dell’Islam quando ha scritto:

…alcune tra le grandi tradizioni degli stili ornamentali hanno trasceso i limiti della pura decorazione e sono state capaci di trasmutare la ridondanza in pienezza, e l’ambiguità in mistero.400